Presentata
bozza di Regolamento che riforma nuovamente la normativa sulla gestione delle
terre e rocce da scavo attualmente disciplinata dal Decreto 120/2017 (QUI) che a
sua volta aveva abrogato il precedente Decreto 161/2012 (QUI)
Il
testo tratta anche dei materiali di dragaggio e della possibilità di un loro
riutilizzo ma solo a terra mentre gli sversamenti in mare restano in vigore i
due Decreti ministeriali del 2016 come spiego nel post che segue. Si dichiarano insoddisfatti (QUI) gli
operatori portuali che speravano invece di poter applicare il nuovo regolamento
(che permette di classificare le terre e rocce di scavo come sottoprodotti e
non più rifiuti) anche per lo sversamento in mare dei fanghi di dragaggio.
In
realtà come dimostro nel post le semplificazioni a favore dello sversamento in
mare dei dragaggi e comunque una loro gestione molto facilitata sussistono già
nella vigente normativa e resta in sospeso un decreto ministeriale che potrebbe
ulteriormente permettere sversamenti senza procedura di sicurezza ambientale
adeguate nonostante che la Cassazione abbia spiegato da tempo che invece, a
prescindere dalla possibilità che la legge fornisce per gli sversamenti, questi
devono avvenire solo dopo istruttorie rigorose.
Vediamo di seguito su quale norma di legge si fonda il nuovo regolamento e come quest’ultimo interviene nel disciplinare la gestione dei materiali di dragaggio a terra, le rimozioni nelle critiche di Assoporti alla bozza di regolamento e come attualmente la normativa vigente e la giurisprudenza recente della Cassazione disciplinano lo sversamento di materiali di dragaggio in mare.
N.B. Sulla disciplina delle terre e rocce da scavo in generale nel nuovo Regolamento tornerò a breve con un nuovo post.
QUI trovate il
testo della bozza di Regolamento sulle terre e rocce di scavo presentata dal
Governo
QUI trovate la
scheda di confronto tra il testo del Decreto 120/2017 e quello del nuovo Regolamento
in fase di pubblicazione.
LA LEGGE CHE HA DELEGATO IL GOVERNO AD EMANARE IL NUOVO
REGOLAMENTO
L’articolo
48 del Decreto Legge 13/2023 convertito nella legge 41/2023 (QUI) prevede
che al fine di assicurare il rispetto delle tempistiche di attuazione del PNRR
per la realizzazione degli impianti, delle opere e delle infrastrutture ivi
previste, nonché per la realizzazione
degli impianti necessari a garantire la sicurezza energetica, entro centottanta
giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente
decreto, il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, di concerto
con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e sentito il Ministro
della salute, adotta un decreto avente ad oggetto la disciplina semplificata
per la gestione delle terre e delle rocce da scavo, con
particolare riferimento:
a)
alla gestione delle terre e delle rocce da scavo qualificate come sottoprodotti
ai sensi dell'articolo 184-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,
provenienti da cantieri di piccole dimensioni, di grandi dimensioni e di grandi
dimensioni non assoggettati a VIA o ad AIA, compresi quelli finalizzati alla
costruzione o alla manutenzione di reti e infrastrutture;
b)
ai casi di cui all'articolo 185, comma 1, lettera c) [NOTA 1],
del decreto legislativo n. 152 del 2006 (QUI), di
esclusione dalla disciplina di cui alla parte quarta del medesimo decreto del
suolo non contaminato e di altro materiale allo stato naturale escavato;
c)
alla disciplina del deposito temporaneo delle terre e delle rocce da scavo
qualificate come rifiuti;
d)
all'utilizzo nel sito di produzione delle terre e delle rocce da scavo escluse
dalla disciplina dei rifiuti;
e)
alla gestione delle terre e delle rocce da scavo nei siti oggetto di bonifica;
e-bis) ad ulteriori disposizioni di semplificazione
per i cantieri di micro-dimensioni, per i quali è attesa una produzione di terre
e rocce non superiore a 1.000 metri cubi;
f)
alle disposizioni intertemporali, transitorie e finali.
LA QUESTIONE DEI MATERIALI DAI DRAGAGGI IN MARE
La
prima rilevante novità è nella definizione di terre e rocce da scavo ai fini
della applicazione del nuovo regolamento, rientrano anche il suolo, il
materiale roccioso e i sedimenti escavati derivanti da attività finalizzate
alla realizzazione di un'opera, tra le quali:
1. scavi in genere da dragaggi
2. opere infrastrutturali comprese le infrastrutture portuali.
Subito
dopo però l’articolo 3 della bozza di regolamento afferma che “1. Il
presente regolamento non si applica ai conferimenti di terre e rocce da scavo
in mare o in ambiti ad esso contigui, quali spiagge, lagune e stagni salmastri
e terrapieni costieri, già disciplinati dall'articolo 109 del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152.”
Questo
significa che i fanghi di dragaggio relativamente al loro sversamento in mare
resteranno sottoposti alla disciplina specifica vale a dire:
1.
se il dragaggio avviene in aree interessate da siti di bonifica di interesse
nazionale si applica il Decreto ministeriale 15 luglio 2016 n. 172: “Regolamento
recante la disciplina delle modalità e delle norme tecniche per le operazioni
di dragaggio nei siti di interesse nazionale, ai sensi dell'articolo 5-bis,
comma 6, della legge 28 gennaio 1994, n. 84” (QUI)
2.
se il dragaggio avviene in aree senza siti di bonifica di interesse nazionale
si applica Decreto 15 luglio 2016, n. 173: “Regolamento recante
modalità e criteri tecnici per l'autorizzazione all'immersione in mare dei
materiali di escavo di fondali marini.” (QUI).
Invece
si applicherà il nuovo regolamento quando approvato se i materiali di dragaggio
verranno portati a terra.
Assoporti ha criticato la bozza di regolamento perché sperava che
superasse il Decreto n° 173/2016 al fine di applicare le nuove
facilitazioni anche allo sversamento in mare dei materiali di dragaggio. In
particolare, se il nuovo regolamento fosse stato applicato anche ai dragaggi
superando quello del 2016 i fanghi di dragaggio anche quelli da sversare in
mare sarebbero stati, a date condizioni, considerati sottoprodotti quindi non
più disciplinati dalla normativa sui rifiuti.
Occorre
ricordare che non casualmente Il Ministero Ambiente ha risposto (QUI) ad un
interpello (QUI) sulle
questioni della gestione del materiale di dragaggio.
In
sintesi, secondo il Ministero, le operazioni di recupero dei materiali di
dragaggio devono sempre avvenire nel rispetto di quanto prescritto dall’art.
184-quater D.lgs. 152/2006 (QUI), anche qualora siano effettuate direttamente in sito/ciclo
produttivo in quanto fino a completamento della procedura di detto articolo i
materiali di dragaggio restano rifiuti e devono essere accompagnati nel loro
trasporto dal FIR ((formulazione identificazione rifiuti ex art. 193 DLgs 152/2006). La dichiarazione di
conformità, pertanto, dovrà essere redatta all’esito delle operazioni di
recupero, ma prima della verifica delle autorità competenti, ossia prima
dell’ultimo adempimento utile per poter qualificare, ai sensi dell’art.
184-quater, D.lgs. 152/2006, come non rifiuti i materiali in parola.
In realtà gli operatori portuali sembrano incontentabili visto che l’articolo 4 della legge 156/2021 (QUI) è stato modificato l’articolo 184-quater del DLgs 152/2006 introducendo un nuovo comma 5-bis con un indirizzo chiaro "riutilizzo" in ambienti marino costieri significa anche sversare in mare il materiale escavato. D'altronde il nuovo comma 5-ter diventa norma di chiusura prevedendo un nuovo decreto che disciplini questo "riutilizzo"! I due commi 5bis e 5-ter sopra citati sono stati abrogati dall'articolo 19 del Decreto Legge 181/2023 ma cambia poco visto quello che prevede il nuovo regolamento (QUI) sulle terre e rocce di scavo relativamente al riutilizzo dei materiali di dragaggio e la delega al Cipom della riforma dei dragaggi (QUI)
Certamente
il nuovo decreto non esiste ancora ma la norma che permetta in modo ancora più
semplificato lo sversamento esiste e il decreto previsto potrebbe sempre essere
emanato.
Peraltro, nonostante le lamentele degli operatori portuali, con la legge 108/2021 (QUI) è stato previsto addirittura un Piano nazionale di dragaggi “sostenibili”. Questa norma prevede addirittura che le attività di dragaggio nelle infrastrutture portuali del territorio nazionale e nelle acque marino-costiere sono dichiarati interventi di pubblica utilità e indifferibili e urgenti e costituiscono, ove occorra, variante al piano regolatore portuale e al piano regolatore del sistema portuale.
Gli operatori portuali hanno la memoria corta visti le innumerevoli norme semplificatorie intervenute in questi anni a favore dello sviluppo dei porti e spesso in deroga a norme ambientali rilevanti, vedi QUI.
GLI
SVERSAMENTI IN MARE SECONDO IL DECRETO 173/2016 E LA GIURISPRUDENZA DELLA
CASSAZIONE
Peraltro,
il Decreto vigente, attualmente applicabile ai dragaggi (il n°173/2016) prevede
l’immersione in mare dei fanghi di dragaggio sia pure a determinate condizioni.
Per analizzare la procedura del Decreto 173/2016 si veda questo post QUI, dove
tratto il caso dell’ipotizzato sversamento in mare dei fanghi di dragaggio del
porto di Spezia.
Evidentemente
per gli operatori portuali queste condizioni sono “esagerate” forse vorrebbero
una sorta di liberalizzazione degli sversamenti magari con protocolli gestiti
da loro direttamente e dalle Autorità di Sistema Portuale? Intanto incombe il
decreto, per ora non emanato e neppure presentato in bozza, previsto dal
riformato articolo 184-quater del DLgs 152/2006.
Agli
operatori portuali occorre ricorda l’importante pronunciamento della Cassazione
su come debba essere applicata la procedura di sversamento dei fanghi di
dragaggio prevista dal vigente Decreto 173/2016. Si tratta della sentenza Sez.
III n. 45844 del 12 novembre 2019 (QUI).
La sentenza dopo avere ricostruito le procedure di autorizzazione disciplinate dal Decreto 15 luglio 2016 n° 173 così conclude in relazione al dragaggio in area portuale: “Il dragaggio di sedimenti marini per il mantenimento, il miglioramento o il ripristino delle funzionalità di bacini portuali, della riapertura di foci fluviali parzialmente o totalmente ostruite, per la realizzazione di infrastrutture in ambito portuale o costiero o per il prelievo di sabbie a fini di ripascimento sono, invero, attività che denotano complessi interventi di modifica o ricostituzione e riorganizzazione dei siti, dal significativo impatto ambientale. Come tali compatibili, diversamente dalla fattispecie di cui all’art. 2 lett. f) [NOTA 2] citata, con l’interessamento di significative quantità di materiali sommersi e con la previsione e elaborazione di ampi progetti oltre che con lo spostamento di sedimenti anche in aree distanti e/o distinte da quelle di movimentazione. Così da rendere necessario e giustificare un regime di autorizzazione e controllo quale quello espressamente previsto per la predetta fattispecie.”
Insomma,
dragare in area portuale non è un semplice spostamento di sedimenti (vedi lettera
f articlo2 del Decreto 173/2016 sopra richiamata) che non richiede
autorizzazioni (vedi lettera b comma 2 articolo 1 Decreto 15 luglio
2016 n°173) ma richiede invece una istruttoria complessa come indicato dagli articoli
3 e seguenti di detto Decreto n°173.
[NOTA 1] c)
il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel
corso di attività di costruzione, ove
sia certo che esso verrà riutilizzato a fini di costruzione allo stato
naturale e nello stesso sito in cui è stato
escavato, le ceneri vulcaniche, laddove riutilizzate in sostituzione di
materie prime all'interno di cicli
produttivi, mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente né
mettono in pericolo la salute umana;
[NOTA 2]
“f) spostamenti in ambito portuale: movimentazione dei sedimenti all'interno
di strutture portuali per le attività di rimodellamento dei fondali al
fine di garantire l'agibilità degli ormeggi, la
sicurezza delle operazioni di accosto ovvero per il ripristino della
navigabilità, con modalità che evitino una dispersione dei sedimenti
al di fuori del sito di intervento”.
Nessun commento:
Posta un commento