venerdì 16 dicembre 2022

NUOVA RIFORMA DEI PORTI? PARLIAMO DELLE RIFORME GIÀ FATTE CONTRO LE LEGGI AMBIENTALI E LE COMUNITÀ LOCALI

Il nuovo Governo sta mettendo in cantiere l’ennesima riforma dei porti. Si vuole favorire una governance (parolina magica abusata per nascondere altro come vedremo) più efficiente da parte delle Autorità di sistema portuale.  

Ma le riforme che contano per i territori sono già avvenute e tutte in danno a norme ambientali (derogate e aggirate o non attuate come nel caso delle emissioni rumorose) al ruolo delle comunità locale e delle loro rappresentanze istituzionali e al ruolo delle stesse Regioni relativamente ai Consigli Regionali dimenticando cosa voglia dire pianificare lo sviluppo dei porti in armonia con i territori che li circondano come spiego da anni su questo blog (per esempio QUIQUI e QUI).

Vediamole queste “riforme”contro ambiente e territori …


 

RUMORE DAI PORTI

Il comma 1 articolo 11 legge 447/1995 secondo il quale il Ministro della Transizione Ecologica deve regolamentare tra l'altro le emissioni acustiche originate dal traffico marittimo. la norma è stata introdotta nella prima versione della legge 447/1995 e affermava che entro il 1996 detto regolamento doveva essere approvato. Poi le solite lobby hanno eliminato il riferimento temporale per cui questo regolamento ad oggi è rimasto lettera morta. Morale grazie a questa "NON ACCELERAZIONE” nella approvazione del regolamento il rumore dai porti vicino a grosse aree urbane (vedi i porti Liguri) è sostanzialmente fuori controllo e a poco servono le finte fasce di rispetto come quella realizzata, con inutili milioni di euro pubblici, a Spezia.  A questo possiamo aggiungere che, grazie proprie a questa lacuna normativa, la nuova zoonizzazione acustica a Spezia porterà le aree residenziali dei quartieri limitrofi al porto in classe 5 cioè con i limiti più alti come fossero solo aree industriali quando il porto (intesa come area di movimentazione di navi e container) dovrebbero al massimo stare in classe 4.


 

RISCHIO INCIDENTE RILEVANTE NEI PORTI

L’articolo 33 del DLgs 105/2015 (attuazione Direttiva Seveso III sul rischio incidenti rilevanti) ha abrogato il Decreto Ministeriale 16 maggio 2001, n.293 che disciplinava il Rapporto di Sicurezza che la Autorità Portuale doveva presentare e aggiornare per valutare in termini cumulativi (rispetto a tutte le attività a rischio nei porti) il rischio di incidente industriale. La questione è tutt’altro che meramente formale non solo perché nei porti (come quelli di Spezia e Genova ad esempio) sono presenti industrie e attività di per sé soggette alla normativa Seveso, ma anche per la presenza di sostanze pericolose sulle navi che entrano nei porti italiani potenzialmente associabili alle numerose collisioni che avvengono nei porti come dimostrato dagli studi riportati nel capitolo precedente.

Uno studio del sistema Agenzie Regionale Protezione dell’Ambiente (ARPA) e Corpo Nazionale Vigili del Fuoco (QUI) così conclude: “Con l'abrogazione del Decreto Ministeriale n°293 del 6 maggio 2001 è venuto meno l'obbligo di redazione del Rapporto Integrato di Sicurezza Portuale si configura una possibile "vacatio legis" che potrebbe portare ad una gestione non ottima di un'eventuale emergenza portuale soprattutto in caso di incidente rilevante proveniente da uno stabilimento Seveso o dalle sostanze pericolose presenti a qualsiasi titolo in ambito portuale tra cui si ricordano anche le condotte attualmente escluse dall’ambito di applicazione della Seveso III.

Ma questo studio non si limita a criticare passivamente la abrogazione ma individua un percorso tecnico e amministrativo per colmare la lacuna legislativa verificatasi.

Lo studio individua gli indirizzi per la redazione di un Piano di Emergenza Portuale (PEP) valido nel caso o meno di presenza di aziende Seveso e dovrà comprendere gli aspetti derivanti dallo stoccaggio, anche temporaneo, ed il trasporto di merci pericolose in ambito portuale.

Ovviamente nonostante il documento sia del 2016 ci fosse stato in questi qualcuno di quelli che urla di gioia per le zone logistiche semplificate che avesse chiesto l’approvazione di un protocollo che recepisca quanto chieste dalle Arpa e dai Vigili del Fuoco.


 

LE ZONE LOGISTICHE SEMPLIFICATE

L’articolo 48-quater della legge 120/2020 prevede che qualora in una Regione ricadano più Autorità di sistema portuale di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84, e nell'ambito di una delle dette Autorità rientrino scali siti in regioni differenti, la Regione é autorizzata ad istituire una seconda Zona logistica semplificata, il cui ambito ricomprenda, tra le altre, le zone portuali e retroportuali relative all'Autorità di sistema portuale che abbia scali in regioni differenti.

Sotto il profilo delle procedure anche a rilevanza ambientale sono ben più significative le semplificazioni previste per le zone economiche speciali ed estendibili anche alle Zone Logistiche Semplificate.

In particolare per i procedimenti amministrativi autorizzatori, per interventi nel perimetro delle ZLS, sono ridotti di un terzo i termini di cui: 

1. agli articoli 2 (termini ordinari di conclusione del procedimento) e 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (SCIA) QUI;

2. al Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Codice dell’Ambiente parte II), in materia di valutazione d'impatto ambientale (VIA), valutazione ambientale strategica (VAS) e autorizzazione integrata ambientale (AIA). In questo caso soprattutto per la VIA e la VAS siamo ad una ulteriore riduzione dei termini già prevista dalle recenti riforme (per la VAS QUI, per la VIA QUI nella seconda parte del post qui linkato) di queste procedure, in tal modo riducendo queste procedure a poco più di un bollino da staccare. Un esempio: per la VAS con le riduzioni dei termini di queste ZLS si arriva ad avere solo 15 giorni per presentare le osservazioni del pubblico (termine ridicolo per un piano o programma);  

3. al regolamento di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 2013, n.  59 (QUI), in materia di autorizzazione unica ambientale (AUA);

4. al codice di cui al Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (QUI), e al regolamento di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017, n.   31 (QUI), in materia di autorizzazione paesaggistica semplificata;

5. al testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, in materia edilizia;

6. all’articolo 18 della legge 28 gennaio 1994, n. 84 (QUI), in materia di concessioni demaniali portuali.

 

Ma non è finita qui, per le semplificazioni, perché il recentissimo Decreto Legge n° 36 del 30 aprile 2022 (QUI) all’articolo 37 modificando la sopra citata legge 205/2017 (istitutiva delle ZLS) rinvia ad un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che disciplinerà non solo le procedure di istituzione funzionamento e organizzazione delle ZLS ma anche le condizioni per l'applicazione delle misure di  semplificazione sopra elencate, con la possibilità di ulteriori semplificazioni.

Occorre aggiungere che nell’attesa del suddetto DPCM vige il DPCM n° 12 del 25 gennaio 2018 (QUI) che di fatto assegna la gestione delle zone economiche speciali e quindi per ora anche le ZLS, da un Comitato di indirizzo composto dal Presidente  dell'Autorità portuale, che lo presiede, da un rappresentante della Regione, o delle Regioni nel caso di ZES interregionale, da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri e da un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Insomma il livello locale non esiste neppure nella rappresentanza del Comune o dei Comuni interessati. Questo Comitato di indirizzo deciderà:

1. le attività amministrative necessarie a garantire l'insediamento di nuove imprese e la piena operatività delle imprese nella ZES

2. protocolli per semplificazioni delle procedure autorizzative che potranno quindi introdurre ulteriori deroghe alle norme ambientali elencate in precedenza.

Il Piano di sviluppo della ZES e quindi per ora anche della ZLS è definito dal Presidente della Regione (nessun passaggio dal Consiglio Regionale) sentiti (quindi un ruolo meramente consultivo) i Sindaci.

Peraltro visti gli indirizzi ultrasemplificatori e derogatori del Governo attuale il nuovo DPCM che dovrebbe prevedere una disciplina specifica per le ZLS riprodurrà sicuramente il suddetto modello di governo anche per queste.


 

DRAGAGGI SENZA SE E SENZA MA

Sui dragaggi invece si è previsto una normativa favorevole ai porti interni a siti di bonifica regionale (vedi Spezia) in barba al fatto che un sito di bonifica regionale o nazionale resta sempre un sito inquinato. Utilizzando questa normativa si vuole spandere i fanghi di dragaggio al largo del golfo di Spezia a proposito di “a cosa servono le semplificazioni”.  

Ma ai “semplificatori” non basta mai per cui con la legge 108/2021 (QUI) è stato previsto addirittura un  Piano nazionale di dragaggi “sostenibili” solito aggettivo da operazioni di Greenwashing. Questa norma prevede addirittura che le attività di dragaggio nelle infrastrutture portuali del territorio nazionale e nelle acque marino-costiere sono dichiarati interventi di pubblica utilità e indifferibili e urgenti e costituiscono, ove occorra, variante al piano regolatore portuale e al piano regolatore del sistema portuale. Quindi si draga a prescindere dalle destinazioni contenute nel PRSP del demanio portuale: una follia! 

Ma non è ancora sufficiente l’azione di demolizione delle tutele ambientali perché con l’articolo 4 della legge 156/2021 (QUI) è stato modificato l’articolo 184-quater del DLgs 152/2006 introducendo un nuovo comma 5-bis con un indirizzo chiaro "riutilizzo" in ambienti marino costieri significa anche sversare in mare il materiale escavato. D'altronde il nuovo comma 5-ter diventa norma di chiusura prevedendo un nuovo decreto che disciplini questo "riutilizzo"! Ora essendoci già una normativa (articolo 109 dlgs 152/2006 - Decreto 173/2016 di cui ho trattato ampiamente QUI) il nuovo decreto servirà per aprire nuove e più facile possibilità di dragare senza troppi vincoli, altrimenti una nuova norma non avrebbe alcun senso.

 

 

MODIFICA DISCIPLINA PIANIFICAZIONE OPERE PORTUALI

L’articolo 48 della legge 120/2020 modifica l’articolo 5 della legge 84/1994 introduce un silenzio assenso del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici che prima non c’era e soprattutto si taglia fuori l’organo istituzionale Regione visto che l’approvazione non c’è più ma resta l’adozione in Comitato Portuale.  Ovviamente nessun riferimento alle linee guida del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici sulle modalità di approvazione e modifica dei Piani Regolatori di sistema portuale (QUI).

L’articolo 4 della legge 156/2021 (QUI) modifica l’articolo 5 della legge quadro sui porti (QUI) che disciplina sia il Documento di Programmazione Strategica di Sistema (DPSS) che il Piano Regolatore DI Sistema Portuale (PRSS).

La cosa che emerge con chiarezza è che le semplificazioni ulteriori introdotte con questa ennesima riforma della legge quadro sui porti vanno in direzione multipla:

1.aggirare il più possibile la applicazione di procedure di valutazione ambientale nelle scelte strategiche di pianificazione dell’uso del demanio portuale, a cominciare dalla Valutazione Ambientale Strategica;

2. accentrare le decisioni sull’approvazione degli strumenti di programmazione e pianificazione portuale nelle mani delle Autorità di Sistema Portuale tagliando fuori le Regioni ed in primo luogo i Consigli Regionali;

3. ridurre sempre di più le scelte di pianificazione del demanio portuale a decisioni “tecniche” attraverso l’ampio uso dell’adeguamento tecnico funzionale anche in contrasto con le stesse linee guida sui Piani Regolatori di Sistema Portuale approvate nel 2017 dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici che non casualmente vede applicato ai suoi pareri un assurdo meccanismo di silenzio assenso;

4. esclusione dell’interesse paesaggistico attraverso la equiparazione degli ambiti portuali alle zone omogenee B del Decreto 1444 del 1968 (QUI).

 

 

CONCESSIONI DEMANIALI NEI PORTI: NUOVA DISCIPLINA PENSATA ANCHE PER I DEPOSITI PETROLIFERI A GENOVA

L’articolo 5 della legge 118/2022 (QUImodifica l’articolo 18 della legge quadro sui porti relativamente alla disciplina delle concessioni di aree e banchine a chi svolge operazioni portuali ai sensi dell’articolo 16 della legge quadro che secondo detta norma: “1. Sono operazioni portuali il carico, lo scarico, il trasbordo, il deposito, il movimento in genere delle merci e di ogni altro materiale, svolti nell'ambito portuale. Sono servizi portuali quelli riferiti a prestazioni specialistiche, complementari e accessorie al ciclo delle operazioni portuali. I servizi ammessi sono individuati dalle Autorità di sistema portuale, o, laddove non istituite, dalle autorità marittime, attraverso una specifica regolamentazione da emanare in conformità dei criteri vincolanti fissati con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione.”

La parte più significativa, almeno sotto il profilo di vicende liguri come quella dello spostamento dei depositi chimici nel porto di Genova, riguarda la nuova disciplina sua accordi tra Autorità di Sistema Portuale e privati per le procedure di affidamento delle concessioni, disciplina applicabile anche ai depositi petroliferi e chimici. Un emendamento introdotto all’articolo in questione che sembra pensato apposta per il caso genovese e che va ad aggiungersi al discutibile e contraddittorio parere del Consiglio sui Lavori Pubblici relativamente all'avvallo della procedura semplificata seguita dalla Autorità di Sistema Portuale per decidere lo spostamento dei depositi genovesi (QUI). 

In particolare Secondo il comma 6 del nuovo articolo 18 della legge quadro sui porti nell'ambito delle procedure di affidamento delle concessioni in aree portuali e/o di demanio portuale, l'Autorità di sistema portuale o, laddove non istituita, l'autorità marittima possono stipulare accordi con i privati ai sensi dell'articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241, ferma restando l'esigenza di motivare tale scelta e di assicurare il rispetto dei principi di trasparenza, imparzialità e non discriminazione tra tutti gli operatori interessati alla concessione del bene.

Le suddette concessioni o accordi possono comprendere anche la realizzazione di opere infrastrutturali da localizzare preferibilmente in aree sottoposte ad interventi di risanamento ambientale ovvero in aree abbandonate e in disuso.

Secondo il comma 12 del nuovo articolo 18 legge quadro sui porti le disposizioni sopra riportate si applicano anche ai depositi e stabilimenti di prodotti petroliferi e chimici allo stato liquido, nonche' di altri prodotti affini, siti in ambito portuale.

 

Infine secondo il comma 5 nuovo articolo 18 legge quadro sui porti le concessioni per l'impianto e l'esercizio dei depositi e stabilimenti di cui all'articolo 52 del codice della navigazione e delle opere necessarie per l'approvvigionamento degli stessi, dichiarati strategici ai sensi della legge 23 agosto 2004, n. 239 (lettera i) comma 7 articolo 1 - QUI), hanno durata almeno decennale.  Anche qui per esempio le nuove concessioni per attraccare nei porti il trasporto dei cosiddetti combustibili alternativi (prima di tutto il gnl) c’entra sicuramente.

L’articolo 52 del Codice della Navigazione riguarda: “Le concessioni per l'impianto e l'esercizio di depositi e stabilimenti, i quali siano situati anche soltanto in parte entro i confini del demanio marittimo o del mare territoriale, ovvero siano comunque collegati al mare, a corsi d'acqua o canali marittimi, sono fatte a norma delle disposizioni del presente titolo. Per l'impianto e l'esercizio di stabilimenti o di depositi costieri di sostanze infiammabili o esplosive é richiesta, inoltre l'autorizzazione del ministro per le comunicazioni. L'impianto e l'esercizio dei depositi e stabilimenti predetti sono sottoposti alle disposizioni di polizia stabilite dall'autorità marittima. L'impianto e l'esercizio dei depositi e stabilimenti di cui al secondo comma sono sottoposti inoltre alle speciali disposizioni in materia.”

 

 

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