La Corte Costituzionale con sentenza 239 pubblicata
lo scorso 29 novembre 2022 (QUI) ha
dichiarato la incostituzionalità della norma regionale che prevede: “i tagli
colturali, comprese le opere connesse di cui all'articolo 49 per la cui
esecuzione non sia necessario il rilascio di autorizzazione o concessione
edilizia, si attuano nelle forme previste ed autorizzate dalla presente legge,
costituiscono interventi inerenti esercizio di attività agro-silvo-pastorale e
per essi non è richiesta, ai sensi dell'articolo 149 del DLgs. n. 42/2004,
l'autorizzazione di cui all'articolo 146 del citato decreto legislativo”.
In pratica la norma regionale prevedeva che
non occorreva la autorizzazione paesaggistica se richiesta dalla presenza di
vincoli specifici ex piano paesaggistico regionale o dal vincolo forestale ex
lege (vedi lettera g comma 1 articolo 142 DLgs 42/2004 - QUI).
La norma regionale si pone quindi in contrasto
prima di tutto con l’articolo 117 della Costituzione che assegna la materia
ambiente alla competenza esclusiva dello Stato mentre le Regioni possono solo
emanare norme migliorative e non in deroga alle norme ambientali nazionali.
La norma regionale si pone in contrasto quindi
con l’articolo 149 del Codice dei beni culturali che elenca specificamente le
attività escluse dalla autorizzazione paesaggistica, ma anche con il DPR 31 del
2017 che in attuazione dello stesso articolo 149 del Codice definisce
puntualmente le varie tipologie di opere per le quali o è esclusa la
autorizzazione paesaggistica o è prevista la sua versione semplificata.
Infine la norma regionale impugnata si pone in
contrasto anche con il testo unico foreste in quanto interpreta la norma
nazionale di fatto estendendo le attività di taglio senza autorizzazione
paesaggistica.
Analizziamo nello specifico le motivazioni
della sentenza della Corte Costituzionale
MOTIVAZIONE DELLA SENTENZA
La Corte Costituzionale in precedenti sentenza
aveva già statuito che «la Regione non sarebbe competente, in una materia di
esclusiva spettanza dello Stato, ad irrigidire nelle forme della legge casi di
deroga al regime autorizzatorio, neppure quando essi fossero già desumibili
dall'applicazione in concreto della disciplina statale» (sentenza n. 139
del 2013 QUI,
confermata dalla sentenza n. 144 del 2021 QUI).
In altra materia, ma sempre con riferimento a
una previsione regionale che interveniva su un oggetto già disciplinato dallo
Stato nell'esercizio della sua potestà legislativa esclusiva, la Corte Costituzionale
ha affermato che «l'argomento della difesa della Regione, secondo cui la
norma regionale impugnata si limiterebbe ad esplicitare la disciplina
previdenziale corrente, senza produrre effetti innovativi sull'ordinamento,
quand'anche fondato, [...] non varrebbe comunque a consentire l'esercizio da
parte della Regione della funzione legislativa in materia, assegnata a titolo
esclusivo al legislatore statale» (sentenza n. 82 del 2018 QUI e n.
233 del 2015 QUI).
In questa nuova sentenza i precedenti appena
citati sono confermati in quanto, secondo la Corte, non vi è dubbio che la
disciplina del provvedimento autorizzatorio, così come l'individuazione delle
ipotesi di deroga, attiene al cuore della materia della tutela del paesaggio,
di esclusiva competenza statale ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera
s), Cost. (vedi sentenze n. 108 QUI, n. 106 (QUI) e n. 21 del
2022 QUI, n. 141
QUI e n. 138 del
2021 QUI). Per
questa ragione, l'interpretazione di una disposizione come l'art. 149 cod.
beni culturali (QUI), che
indica puntualmente, offrendone una definizione, le opere non soggette ad
autorizzazione paesaggistica, resta sottratta a qualsiasi possibilità di
intervento ad opera della legge regionale: l'interpretazione non può che
spettare agli organi chiamati ad applicare lo stesso art. 149 (pubblica
amministrazione e giudici comuni) e, se del caso, al legislatore statale che
intenda provvedervi in sede di interpretazione autentica.
Il necessario rispetto della competenza
esclusiva dello Stato nella materia AMBIENTE deriva, come ribadisce la Corte
nella nuova sentenza, dall'esigenza sostanziale di non mettere a rischio
quell'uniformità che l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. mira a
garantire: uniformità che sarebbe pregiudicata qualora le regioni potessero
vincolare con legge, nei loro territori, l'interpretazione dell'art. 149 cod.
beni culturali. È in questa logica che la giurisprudenza costituzionale esclude
la stessa possibilità della mera riproduzione di una disposizione legislativa
statale, in materia di competenza esclusiva dello Stato, in quanto anche «la
semplice novazione della fonte normativa costituisce comunque causa di
illegittimità della disposizione regionale» (sentenza n. 178 del 2018 QUI,
riguardante proprio la materia dell'autorizzazione paesaggistica).
Quindi continua la sentenza della Corte
Costituzionale, per le ragioni appena esposte, la norma impugnata si pone in
contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera s), anche a prescindere
dalla sua conformità o meno all'art. 149 cod. beni culturali. Da questa
affermazione la Corte osserva che la tesi della Regione Toscana (secondo la
quale la norma impugnata rappresenterebbe «una semplice e corretta
riproposizione» della disciplina statale) non risulta condivisibile.
L'intervento di taglio colturale è regolato,
come visto, dall'art. 149, comma 1, lettera c), cod. beni culturali, che
limita l'esonero dall'autorizzazione paesaggistica al caso in cui il taglio sia
autorizzato «in base alla normativa in materia» e sia eseguito in un
bosco vincolato ex lege. La giurisprudenza amministrativa conferma che
l'assoggettamento del taglio colturale alla specifica disciplina di cui al
citato art. 149, comma 1, lettera c), esclude che tale particolare tipo
di intervento possa ricadere anche fra quelli genericamente inerenti
all'esercizio dell'attività agro-silvo-pastorale, esonerati dall'autorizzazione
paesaggistica ai sensi della lettera b) dello stesso art. 149, comma 1 (Consiglio
di Stato, sezione prima, parere n. 1233 del 2020 QUI; sezione
terza, sentenza 13 febbraio 2020, n. 1124 QUI; sezione
sesta, sentenza 20 luglio 2018, n. 4416 QUI; sezione
sesta, sentenza 10 febbraio 2015, n. 717 QUI;
Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia, sezione prima,
sentenza 22 aprile 2014, n. 160 QUI).
Soluzione, questa, che risulta coerente con il
D.P.R. n. 31 del 2017 (paesaggistica semplificata e interventi esclusi
dalla autorizzazione paesaggistica QUI), dal
momento che il punto A.19 dell'Allegato A riconduce all'art. 149, comma 1,
lettera b), solo attività minori relative ai boschi, mentre le «pratiche selvicolturali»
in generale (comprendenti anche il taglio colturale) sono ricondotte dal punto
A.20 all'art. 149, comma 1, lettera c).
IL CONTRASTO DELLA NORMA
REGIONALE CON IL TESTO UNICO FORESTE E NORMATIVA SUCCESSIVA IN MATERIA DI TAGLI
FORESTALI
Secondo il comma 13
articolo 7 del DLgs 34/2018 (testo unico foreste QUI) sono
esclusi dalla autorizzazione paesaggistica
le pratiche selvicolturali intese come i tagli, le cure e gli interventi
volti all'impianto, alla coltivazione, alla prevenzione di incendi, al
trattamento e all'utilizzazione dei boschi nonchè alla produzione prodotti
forestali spontanei non legnosi: tutti i prodotti di origine biologica ad uso
alimentare e ad uso non alimentare, derivati dalla foresta o da altri terreni
boscati e da singoli alberi, escluso il legno in ogni sua forma. L’esclusione
si fonda sul dato normativo per cui dette attività sono parificate a quelle
della lettera c) comma 1 articolo 149 Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio:
“il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione,
le opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e
nelle foreste ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento”
Su questa base, il Consiglio di Stato, nel
citato parere n. 1233 del 2020 QUI, ha
affermato che l'esonero di cui all'art. 149, comma 1, lettera c), si applica
solo se il taglio colturale dev'essere eseguito in un bosco vincolato ex lege
(nel medesimo senso, TAR Lombardia, sezione staccata di Brescia, ordinanza
24 marzo 2017, n. 163; Ufficio legislativo del MIBACT, parere 8
settembre 2016, n. 25553 QUI).
Anche le più recenti norme statali cioè l'art.
7, comma 12 [NOTA 1],
t.u. foreste e l'art. 36, comma 3 [NOTA 2], del
d.l. n. 77 del 2021, come convertito, smentiscono la tesi secondo la quale
l'esonero del taglio colturale dall'autorizzazione paesaggistica potrebbe
operare anche nelle aree vincolate ai sensi dell'art. 136 (immobili e aree di
notevole interesse pubblico) cod. beni culturali.
Ne consegue che la norma della legge reg.
Toscana impugnata, secondo il quale l'esonero del taglio colturale
dall'autorizzazione paesaggistica si applica anche nelle aree vincolate ai
sensi dell'art. 136 cod. beni culturali (eccetto «quelle in cui la
dichiarazione di notevole interesse pubblico riguardi in modo esclusivo i
boschi»), non presenta un valore meramente esplicativo del significato
dell'art. 149 cod. beni culturali. Quindi secondo la Corte Costituzionale anche
sotto questo ulteriore profilo, la disposizione impugnata viola l'art. 117,
secondo comma, lettera s), Cost., in relazione agli artt. 146 e 149 cod. beni
culturali.
[NOTA 1] Con i piani paesaggistici regionali, ovvero
con specifici accordi di collaborazione stipulati tra le regioni e i competenti
organi territoriali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo vengono
concordati gli interventi previsti ed autorizzati dalla normativa in materia, riguardanti
le pratiche selvicolturali, la
forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di
conservazione, da eseguirsi
nei boschi tutelati ai sensi
dell'articolo 136 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio,
e ritenuti paesaggisticamente compatibili con
i valori espressi nel provvedimento di vincolo.
[NOTA 2] Sono soggetti ad autorizzazione paesaggistica
semplificata:
a) interventi
selvicolturali di prevenzione dei rischi secondo un piano di tagli dettagliato;
b) ricostituzione e restauro
di aree forestali degradate o colpite da eventi climatici estremi attraverso interventi
di riforestazione e sistemazione idraulica;
c) interventi di miglioramento delle caratteristiche
di resistenza e resilienza ai cambiamenti climatici dei boschi.
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