venerdì 9 dicembre 2022

Corte Costituzionale NO ai tagli colturali senza autorizzazione paesaggistica

La Corte Costituzionale con sentenza 239 pubblicata lo scorso 29 novembre 2022 (QUI) ha dichiarato la incostituzionalità della norma regionale che prevede: “i tagli colturali, comprese le opere connesse di cui all'articolo 49 per la cui esecuzione non sia necessario il rilascio di autorizzazione o concessione edilizia, si attuano nelle forme previste ed autorizzate dalla presente legge, costituiscono interventi inerenti esercizio di attività agro-silvo-pastorale e per essi non è richiesta, ai sensi dell'articolo 149 del DLgs. n. 42/2004, l'autorizzazione di cui all'articolo 146 del citato decreto legislativo”.

In pratica la norma regionale prevedeva che non occorreva la autorizzazione paesaggistica se richiesta dalla presenza di vincoli specifici ex piano paesaggistico regionale o dal vincolo forestale ex lege (vedi lettera g comma 1 articolo 142 DLgs 42/2004 - QUI).

La norma regionale si pone quindi in contrasto prima di tutto con l’articolo 117 della Costituzione che assegna la materia ambiente alla competenza esclusiva dello Stato mentre le Regioni possono solo emanare norme migliorative e non in deroga alle norme ambientali nazionali.

La norma regionale si pone in contrasto quindi con l’articolo 149 del Codice dei beni culturali che elenca specificamente le attività escluse dalla autorizzazione paesaggistica, ma anche con il DPR 31 del 2017 che in attuazione dello stesso articolo 149 del Codice definisce puntualmente le varie tipologie di opere per le quali o è esclusa la autorizzazione paesaggistica o è prevista la sua versione semplificata.

Infine la norma regionale impugnata si pone in contrasto anche con il testo unico foreste in quanto interpreta la norma nazionale di fatto estendendo le attività di taglio senza autorizzazione paesaggistica.

 

Analizziamo nello specifico le motivazioni della sentenza della Corte Costituzionale

 

 

MOTIVAZIONE DELLA SENTENZA

La Corte Costituzionale in precedenti sentenza aveva già statuito che «la Regione non sarebbe competente, in una materia di esclusiva spettanza dello Stato, ad irrigidire nelle forme della legge casi di deroga al regime autorizzatorio, neppure quando essi fossero già desumibili dall'applicazione in concreto della disciplina statale» (sentenza n. 139 del 2013 QUI, confermata dalla sentenza n. 144 del 2021 QUI).

In altra materia, ma sempre con riferimento a una previsione regionale che interveniva su un oggetto già disciplinato dallo Stato nell'esercizio della sua potestà legislativa esclusiva, la Corte Costituzionale ha affermato che «l'argomento della difesa della Regione, secondo cui la norma regionale impugnata si limiterebbe ad esplicitare la disciplina previdenziale corrente, senza produrre effetti innovativi sull'ordinamento, quand'anche fondato, [...] non varrebbe comunque a consentire l'esercizio da parte della Regione della funzione legislativa in materia, assegnata a titolo esclusivo al legislatore statale» (sentenza n. 82 del 2018 QUI e n. 233 del 2015 QUI).

 

In questa nuova sentenza i precedenti appena citati sono confermati in quanto, secondo la Corte, non vi è dubbio che la disciplina del provvedimento autorizzatorio, così come l'individuazione delle ipotesi di deroga, attiene al cuore della materia della tutela del paesaggio, di esclusiva competenza statale ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. (vedi sentenze n. 108 QUI, n. 106 (QUI) e n. 21 del 2022 QUI, n. 141 QUI e n. 138 del 2021 QUI). Per questa ragione, l'interpretazione di una disposizione come l'art. 149 cod. beni culturali (QUI), che indica puntualmente, offrendone una definizione, le opere non soggette ad autorizzazione paesaggistica, resta sottratta a qualsiasi possibilità di intervento ad opera della legge regionale: l'interpretazione non può che spettare agli organi chiamati ad applicare lo stesso art. 149 (pubblica amministrazione e giudici comuni) e, se del caso, al legislatore statale che intenda provvedervi in sede di interpretazione autentica.

 

Il necessario rispetto della competenza esclusiva dello Stato nella materia AMBIENTE deriva, come ribadisce la Corte nella nuova sentenza, dall'esigenza sostanziale di non mettere a rischio quell'uniformità che l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. mira a garantire: uniformità che sarebbe pregiudicata qualora le regioni potessero vincolare con legge, nei loro territori, l'interpretazione dell'art. 149 cod. beni culturali. È in questa logica che la giurisprudenza costituzionale esclude la stessa possibilità della mera riproduzione di una disposizione legislativa statale, in materia di competenza esclusiva dello Stato, in quanto anche «la semplice novazione della fonte normativa costituisce comunque causa di illegittimità della disposizione regionale» (sentenza n. 178 del 2018 QUI, riguardante proprio la materia dell'autorizzazione paesaggistica).


Quindi continua la sentenza della Corte Costituzionale, per le ragioni appena esposte, la norma impugnata si pone in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera s), anche a prescindere dalla sua conformità o meno all'art. 149 cod. beni culturali. Da questa affermazione la Corte osserva che la tesi della Regione Toscana (secondo la quale la norma impugnata rappresenterebbe «una semplice e corretta riproposizione» della disciplina statale) non risulta condivisibile.

L'intervento di taglio colturale è regolato, come visto, dall'art. 149, comma 1, lettera c), cod. beni culturali, che limita l'esonero dall'autorizzazione paesaggistica al caso in cui il taglio sia autorizzato «in base alla normativa in materia» e sia eseguito in un bosco vincolato ex lege. La giurisprudenza amministrativa conferma che l'assoggettamento del taglio colturale alla specifica disciplina di cui al citato art. 149, comma 1, lettera c), esclude che tale particolare tipo di intervento possa ricadere anche fra quelli genericamente inerenti all'esercizio dell'attività agro-silvo-pastorale, esonerati dall'autorizzazione paesaggistica ai sensi della lettera b) dello stesso art. 149, comma 1 (Consiglio di Stato, sezione prima, parere n. 1233 del 2020 QUI; sezione terza, sentenza 13 febbraio 2020, n. 1124 QUI; sezione sesta, sentenza 20 luglio 2018, n. 4416 QUI; sezione sesta, sentenza 10 febbraio 2015, n. 717 QUI; Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia, sezione prima, sentenza 22 aprile 2014, n. 160 QUI).

 

Soluzione, questa, che risulta coerente con il D.P.R. n. 31 del 2017 (paesaggistica semplificata e interventi esclusi dalla autorizzazione paesaggistica QUI), dal momento che il punto A.19 dell'Allegato A riconduce all'art. 149, comma 1, lettera b), solo attività minori relative ai boschi, mentre le «pratiche selvicolturali» in generale (comprendenti anche il taglio colturale) sono ricondotte dal punto A.20 all'art. 149, comma 1, lettera c).

 

 

 

IL CONTRASTO DELLA NORMA REGIONALE CON IL TESTO UNICO FORESTE E NORMATIVA SUCCESSIVA IN MATERIA DI TAGLI FORESTALI

Secondo il comma 13 articolo 7 del DLgs 34/2018 (testo unico foreste QUI) sono esclusi dalla autorizzazione paesaggistica  le pratiche selvicolturali intese come i tagli, le cure e gli interventi volti all'impianto, alla coltivazione, alla prevenzione di incendi, al trattamento e all'utilizzazione dei boschi nonchè alla produzione prodotti forestali spontanei non legnosi: tutti i prodotti di origine biologica ad uso alimentare e ad uso non alimentare, derivati dalla foresta o da altri terreni boscati e da singoli alberi, escluso il legno in ogni sua forma. L’esclusione si fonda sul dato normativo per cui dette attività sono parificate a quelle della lettera c) comma 1 articolo 149 Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio: “il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste ancorché percorsi o danneggiati dal   fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento

Su questa base, il Consiglio di Stato, nel citato parere n. 1233 del 2020 QUI, ha affermato che l'esonero di cui all'art. 149, comma 1, lettera c), si applica solo se il taglio colturale dev'essere eseguito in un bosco vincolato ex lege (nel medesimo senso, TAR Lombardia, sezione staccata di Brescia, ordinanza 24 marzo 2017, n. 163; Ufficio legislativo del MIBACT, parere 8 settembre 2016, n. 25553 QUI).

Anche le più recenti norme statali cioè l'art. 7, comma 12 [NOTA 1], t.u. foreste e l'art. 36, comma 3 [NOTA 2], del d.l. n. 77 del 2021, come convertito, smentiscono la tesi secondo la quale l'esonero del taglio colturale dall'autorizzazione paesaggistica potrebbe operare anche nelle aree vincolate ai sensi dell'art. 136 (immobili e aree di notevole interesse pubblico) cod. beni culturali.

Ne consegue che la norma della legge reg. Toscana impugnata, secondo il quale l'esonero del taglio colturale dall'autorizzazione paesaggistica si applica anche nelle aree vincolate ai sensi dell'art. 136 cod. beni culturali (eccetto «quelle in cui la dichiarazione di notevole interesse pubblico riguardi in modo esclusivo i boschi»), non presenta un valore meramente esplicativo del significato dell'art. 149 cod. beni culturali. Quindi secondo la Corte Costituzionale anche sotto questo ulteriore profilo, la disposizione impugnata viola l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione agli artt. 146 e 149 cod. beni culturali.

 



[NOTA 1] Con i piani paesaggistici regionali, ovvero con specifici accordi di collaborazione stipulati tra le regioni e i competenti organi territoriali del Ministero dei beni e delle   attività culturali e del turismo vengono concordati gli interventi previsti ed autorizzati dalla normativa in materia, riguardanti le pratiche selvicolturali, la  forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione,  da  eseguirsi  nei  boschi tutelati ai  sensi  dell'articolo 136 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, e ritenuti paesaggisticamente compatibili con  i valori espressi nel provvedimento di vincolo.

 

[NOTA 2] Sono soggetti ad autorizzazione paesaggistica semplificata:

a) interventi selvicolturali di prevenzione dei rischi secondo un piano di tagli dettagliato;

b) ricostituzione e restauro di aree forestali degradate o colpite da eventi climatici estremi attraverso interventi di riforestazione e sistemazione idraulica;

c)  interventi di miglioramento delle caratteristiche di resistenza e resilienza ai cambiamenti climatici dei boschi.

 

 

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