NewsLetter di Novembre (QUI) del
Gestore del Mercati Energetici (QUI) che contiene uno speciale sull’utilizzo del
carbone a livello mondiale.
Secondo i dati a consuntivo rilasciati dall’Agenzia Internazionale dell’Energia a luglio 20221, nel 2021 la domanda globale di carbone è aumentata del 5,8% su valori prossimi ai 7.950 milioni di tonnellate (Mt). Un aumento di oltre un punto percentuale rispetto a quanto stimato dalla stessa Agenzia di Parigi lo scorso marzo.
A trainare i consumi di
carbone nell’anno passato hanno concorso:
1. la
ripresa economica (+6% la crescita del PIL mondiale);
2. il succedersi di un inverno gelido seguito da
un’estate molto calda che ha sostenuto la domanda elettrica (+6% sul 2021);
3. l’aumento
continuo e straordinario dei prezzi del gas, che ha reso così maggiormente
conveniente la generazione a carbone, in aumento del 7% anno su anno.
In Italia la produzione di
energia da carbone torna in risalita: quasi un 1 GWh e +7% sul 2020. Erano nove
anni che non si registrava una performance di crescita.
Una dinamica rialzista
amplificatasi ancora di più nel 2022 a causa dello scoppio della guerra e della
riduzione dei volumi di gas provenienti dalla Russia.
LE STIME MONDIALI
Le stime relative al primo
semestre 2022 indicano consumi di carbone, a livello mondiale, in linea con il
pari periodo 2021 (per l’AIE -0,5%). A giustificare una domanda così sostenuta
sono soprattutto i prezzi del gas che frantumano record su record, risentendo
delle tensioni geopolitiche (e di riduzione dei flussi gas) susseguenti al
conflitto russo-ucraino, e che hanno incentivato ulteriormente lo switching
verso il carbone, soprattutto nella generazione elettrica. Una performance quella
del carbone che assume ancora più rilevanza, se si considera il contesto di
rallentamento economico che ha interessato un largo numero di paesi e che ha
pesato negativamente sui consumi energetici globali.
Merita però rilevare come,
da un punto di vista regionale, la crescita non sia stata generalizzata: ad
aree con consumi di carbone sostenuti si contrappongono paesi in cui si
registra una riduzione dei volumi richiesti. Tra i primi, spicca sicuramente
l’India che, dopo il +12% raggiunto nel 2021, nel primo semestre 2022 vede il
suo ricorso al carbone crescere di un nuovo +9% rispetto al pari periodo
dell’anno precedente. Un’espansione dell’elettrificazione del paese, unitamente
al proseguimento della crescita economica e a un’ondata eccessiva di caldo, ha
spinto l’uso del carbone nella generazione elettrica che, in questo comparto,
segna un +10%.
Anche per il 2023: +0,3%
l’incremento a livello globale stimato dall’Agenzia di Parigi che si declina in
+2,7% per l’India e + 1% per Cina (in riduzione invece le altre aree: Usa -4%,
EU -0,8% e resto del mondo -1,4%). Per il direttore esecutivo dell'AIE Fatih
Birol, tuttavia, “l'aumento del ricorso al carbone sembra essere relativamente
modesto e temporaneo”, tale da non comportare un incremento degli investimenti
in nuova capacità e da impattare, da un punto di vista delle emissioni, meno di
quanto preventivamente temuto. A questa lettura “più ottimista” però si
contrappone chi, con una visione più pragmatica dei fatti, teme che il contesto
geopolitico di crisi, i cui effetti esulano dai confini europei, possa
condizionare le dinamiche del mercato del carbone per un periodo più lungo, e
conseguentemente anche il processo di transizione energetica verso un sistema
net zero carbon.
AUMENTO CONSUMO CARBONE IN
EUROPA
La crisi energetica del
gas ha favorito un "ritorno al carbone" anche in Europa, che
complessivamente nel periodo in esame consuma un volume di questa commodity il
10% più elevato del corrispondente semestre del 2021, in ragione soprattutto
della maggiore richiesta nel comparto della generazione elettrica (+15%5).
La riduzione dei flussi di
gas russo in Europa, nonché fattori di convenienza economica e fattori
commerciali (i minori costi hanno imposto di diritto la produzione a carbone
nell’ordine di merito), hanno spinto diversi Stati europei a massimizzare (e in
alcuni casi riprendere dopo anni di stop) la produzione termoelettrica a
carbone. Secondo i dati rilasciati dal Fraunhofer Institut, nei primi dieci
mesi 2022, l’UE27 ha consumato il 9% in più di carbone rispetto al pari periodo
2021 per produrre elettricità, comparto in cui questa commodity ha sostituito
in parte il metano, dirottato alla ricostituzione degli stoccaggi, al fine di
centrare l’obiettivo di riempimento dell’ 80% entro il 1° novembre, statuito
dalle istituzioni comunitarie.
L’aumento rispetto
all’anno precedente è riscontrabile almeno fino al mese di agosto, mentre si
registra una lieve flessione (-3,7%) a settembre, che diviene più marcata
(-15%) ad ottobre, e ascrivibile non tanto a un’inversione del trend, quanto ad
un generale calo della domanda di energia (visto il caldo anomalo e la crisi
che morde l’industria) e a un crollo dei prezzi del gas che nel solo mese di
ottobre perdono oltre il 60% su settembre e il 20% su base annua. A riprova di
ciò i dati ci dicono che la quota di carbone sul mix elettrico rimane comunque
al 17%, in linea con il pari mese dell’anno scorso.
DIFFICOLTÀ A TROVARE ALTRE
FONTI DIVERSE DAL CARBONE
Ad una richiesta di
carbone in crescita, però, ha fatto da contraltare la difficoltà a reperire
forniture alternative a quelle russe, oggetto di embargo a partire dal 10
agosto scorso. La Russia, infatti, oltre che principale esportatore di gas
verso l’Europa ha rifornito, nel 2021, il Vecchio Continente di circa il 70%
del carbone termico utilizzato per produrre energia elettrica e calore. Un
carbone che per la sua alta qualità, la scarsa quantità di zolfo contenuta e il
suo elevato potere calorico non è facile da sostituire con qualsiasi altra
tipologia, a meno di avere prestazioni meno efficienti delle centrali e rischio
di problemi tecnici alle stesse.
È stata la stessa
Commissione Europea, promotrice di target sempre più ambiziosi e stringenti in
materia ambientale, a contemplare un maggior utilizzo del carbone nel suo
REPowerEU12, il programma messo a punto dopo lo scoppio della guerra, per
tagliare il cordone ombelicale che lega il continente al metano russo. In
particolare, nella seconda Comunicazione del 18 maggio 2022, si cita
testualmente “in parallelo parte della capacità attuale riservata al carbone
potrebbe essere usata più a lungo di quanto inizialmente previsto e potrebbero
svolgere un ruolo anche l'energia nucleare e le risorse interne di gas”.
Scheda delle iniziative
di alcuni Stati Membri
COSA SUCCEDE IN ITALIA PER
IL CARBONE
L’Italia, così come
delineato nella Strategia energetica nazionale (SEN) del 2017 e nel PNIEC del
2019, si era data il 2025 come data per la graduale cessazione della produzione
elettrica a carbone, con un primo significativo step al 2023. E di fatto, negli
ultimi due anni è stata dismessa quasi 1 GW di capacità termoelettrica a
carbone, di cui 605 MW nel 2020.
Complici una ripresa
dell’economia, dopo il periodo buio della pandemia, e il caro gas, la
produzione netta a carbone, torna in risalita: quasi un 1 GWh e +7% sul 2020.
Erano nove anni che non si registrava una performance di crescita.
Una dinamica rialzista
amplificatasi ancora di più nel 2022 a causa dello scoppio della guerra e della
riduzione dei volumi di gas provenienti dalla Russia. Secondo le stime del
Fraunhofer Institute, infatti, nei primi dieci mesi del 2022, le centrali
termoelettriche a carbone hanno prodotto il 68% in più di elettricità rispetto
al corrispondente periodo 2021 (+122% sul 2020 e +20% sul 2019), con punte che
a luglio superano i 2 GWh. Il dato non stupisce: oltre che per la sua
economicità rispetto al gas, un maggior ricorso al carbone è stato contemplato
dal governo come una delle opzioni percorribili per sostituire il gas naturale
che la Russia ha tolto dal mercato, tanto da prevederne nel Piano di
Contenimento dei consumi, presentato a inizio settembre dal Mite, il massimo
utilizzo possibile delle centrali.
Secondo il Piano, 1,8 mld
(su 8,2) dovrebbero essere i mc di gas risparmiati grazie all’utilizzo dal 1°
agosto 2022 al 31 marzo 2023 degli impianti a carbone e olio combustibile, a
cui vanno sommati altri 290 mln mc ottenibili dall’utilizzo degli impianti a
bioliquidi, che però verrebbero fatti funzionare a gasolio. Alla presentazione
del piano ha fatto seguito a metà settembre la pubblicazione da parte di Terna
dell’elenco delle centrali per cui è prevista la massimizzazione (cioè
l’operatività a pieno ritmo) e che passeranno nel regime di remunerazione
amministrata delle cosiddette unità essenziali ordinarie, vale a dire quelle
dalle quali la rete non può prescindere, come previsto da una delibera di ARERA
(Deliberazione 13 settembre 2022 430/2022/R/EEL, 13 settembre 2022). Gli impianti a carbone attualmente operativi e per
i quali scatta la massimizzazione e il nuovo assetto regolamentare sono le
centrali a carbone Enel di Brindisi Sud, Fusina (2 gruppi su 4), Sulcis e
Torrevaldaliga nord, Fiumesanto di EP Produzione e Monfalcone di A2A per una
potenza complessiva, immediatamente utilizzabile di 5.501 MW, più la centrale a
olio combustibile di S. Filippo del Mela (A2A).
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