L’articolo 5 del Decreto Legge n° 2 del 5 gennaio 2023 (QUI) modifica il Decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (QUI), recante disciplina della responsabilità amministrativa delle
persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di
personalità giuridica.
Relativamente
a stabilimenti industriali dichiarati di interesse strategico nazionale secondo
la legge 231/2012 (QUI) la cui gestione ha realizzato reati anche ambientali da
comportare una sanzione di interdizione della attività, si permette la
continuazione dell’attività affidata ad un commissario nominato come
amministratore straordinario. Il giudice
detta le prescrizioni necessarie alla continuazione della attività tenendo
conto dei provvedimenti autorizzativi delle autorità competenti rilasciati in
precedenza. "Tenere conto" come si sa ha
la valenza giuridica che in cucina ha una padellata di aria fritta!
Insomma
il famoso bilanciamento tra interessi di impresa e tutela di ambiente e salute
qui va a farsi benedire in contrasto, come vedremo nel post integrale che segue
questa breve introduzione, con la stessa giurisprudenza costituzionale ma anche
con l’ultima versione dell’articolo 41 della Costituzione (in realtà anche con la precedente) che chiaramente afferma
come l’iniziativa economica privata (ma anche pubblica ovviamente) non possa
svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute,
all’ambiente,
alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. In questo articolo non si
parla di bilanciamento tra economia e ambiente ma che comunque qualsiasi
attività economica non può recare danno a salute e ambiente.
Infine
la nuova normativa introduce due ulteriori novità sotto il profilo processuale
penale:
1. Se chi continua a gestire l’attività di interesse strategico nazionale
sulla base delle prescrizioni del giudice non risponderà comunque degli
eventuali illeciti anche ambientali commessi in questa attività se si è
limitato a rispettare le prescrizioni del giudice
2. Qualsiasi contenzioso contro le decisioni del giudice e/o del
gestore saranno di competenza del tribunale di Roma violando così il principio
costituzionale secondo cui “nessuno può essere distolto dal giudice
naturale precostituito per legge “(articolo 25 Costituzione)