La sentenza è
importante in due direzioni.
La prima locale visto
che sulla base di questa sentenza viene avvalorata la tesi della Procura del
Tribunale di Spezia e degli avvocati della Legambiente spezzina sul potenziale
danno ambientale al golfo dalla attività illecita di dragaggio.
La seconda nazionale in quanto per la prima volta dopo l’approvazione della introduzione
della legge sui nuovi delitti ambientali è stata fornita dalla Cassazione la
interpretazione sulle modalità di applicazione del delitto di inquinamento
ambientale (articolo 452-bis [1]
Codice Penale)
Ma già la stessa ordinanza
del riesame del Tribunale spezzino pur dissequestrando l’area di dragaggio
aveva riconosciuto:
1. le violazioni delle
prescrizioni durante la attività di dragaggio
2. la consapevolezza
da parte dei rappresentanti della ditta che svolgeva i dragaggi sulla presenza
nell’area dragata di inquinanti pericolosi (vedi QUI) soprattutto se rilasciati
nell’ambiente circostante.
IL PROVVEDIMENTO DI
DISSEQUESTRO DEL TRIBUNALE DI SPEZIA AVEVA GIÀ DELINEATO GRAVI OMISSIONI E
VIOLAZIONI
Il Provvedimento di dissequestro del cantiere di
dragaggio del 22/1/2016, nonostante il suo apparente immediato favore verso chi
gestiva il cantiere di dragaggio nella zona dei Moli Fornelli e Garibaldi,
aveva comunque ammesso che:
1. sono state violate le
prescrizioni di dragaggio sistematicamente e più volte sia per il Molo
Garibaldi che per il Molo Fornelli;
2. difficile pensare che la condotta
abusiva di cui al punto 1 sia stata condotta senza consapevolezza e quindi in
modo potenzialmente doloso e il reato di inquinamento ambientale ex articolo
452-bis è reato punito a titolo di dolo, l’ipotesi
colposa è sanzionata dall’art. 452-quinquies.
3. la attività svolta anche nel
Molo Fornelli non era di mero dragaggio ma anche di bonifica,
Ma
non aveva invece riconosciuto
l'applicabilità del reato di inquinamento ambientale in termini di dimostrato
danno ambientale eventualmente prodotto dalle sopra citate violazioni delle
prescrizioni di dragaggio.
Vediamo intanto cosa ci sta dietro le
tre violazioni già ammesse nelle motivazioni del provvedimento di dissequestro
del Tribunale di Spezia
RELATIVAMENTE ALLE
VIOLAZIONI DOLOSA DELLE PRESCRIZIONI
È certa la
violazioni delle seguenti prescrizioni, fin dal provvedimento di dissequestro:
1. per la realizzazione del
campo di bonifica e del successivo escavo a quota -11,00 è previsto l’impiego
di panne galleggianti speciali, costituite da teli in poliestere ad alta
resistenza resinati e vincolati tramite cavi di acciaio INOX austenitico a
corpi morti adeguatamente posati sul fondale marino. Le panne dovranno
corrispondere a caratteristiche tecniche e prestazionali tali da garantirne la
resistenza e la durabilità durante le operazioni di esavo dei fondali, nonché
l’impermeabilità ad eventuali particelle solide in risospensione.
2. necessità di interrompere i
lavori non solo quando si verificano rotture di panne ma anche quando vengano
spostate
3. minimizzazione od
eliminazione della perdita di materiale con conseguente ridotta produzione di
torbidità e di dispersione dei contaminanti
Ora rispetto alla
violazione di queste prescrizioni sorge una prima domanda: quando
violavano le prescrizioni di dragaggio producendo fuoriuscite anomale di fanghi
i gestori del cantiere avranno avuto il dubbio che così facendo potevano
produrre un danno irreversibile all'ambiente e al nostro Golfo? Direi
che una indicazioni significativa la possiamo cogliere dagli atti ufficiali
degli enti competenti relativi alla procedura di autorizzazione e successivo
monitoraggio delle attività di dragaggio.
Il Verbale del
tavolo tecnico per il giorno 11.05.2015 con Comune della Spezia
Ass. all’Ambiente, Capitaneria di Porto, ARPAL, ASL 5 Spezzino e Soc.
Intercantieri Vittadello con Coop. San Martino (titolare delle draghe),
vedi QUI. In
questo verbale tra l'altro sia afferma: "La dott.ssa Colonna precisa che vista la frequenza con cui i tecnici
ARPAL hanno rilevato problemi nella gestione del campo panne se ne deduce che
l’impresa lavora in condizioni di criticità.....La dott.ssa Colonna spiega che
il campo fisso sarebbe più garantista ma non essendo utilizzabile in tale
contesto chiede se si possa ampliare il campo panne per ridurre i fenomeni
accidentali di rottura del campo stesso durante l’escavo......L’ing. Vettorazzi
spiega che maggiore è il campo panne più facilmente si crea il fenomeno “vela”
con maggiori possibilità che le panne si alzino e si strappino. L’ing.
Simonelli spiega che anche il campo fisso durante l’escavo è soggetto parimenti
a rottura, in particolar modo in prossimità delle panne......La dott.ssa
Colonna spiega che i tecnici ARPAL non hanno verbalizzato tali circostanze per
evitare aspetti sanzionatori all’impresa. L’ing. Simonelli propone al
tavolo Consultivo di inserire nel verbale di ripresa lavori le raccomandazioni
necessarie peraltro già previste nel progetto.....C.F. Di Cecco chiede se
considerati i rischi emersi dall’utilizzo del campo di panne mobili, si possa
continuare ad utilizzare ancora tale soluzione senza correre rischi ambientali.
La dott.ssa Colonna spiega che il monitoraggio ARPAL è uno strumento utile a
rilevare la qualità di salute del Golfo nel tempo, quindi registra
efficacemente gli effetti cronici non quelli acuti e non permette quindi di
evidenziare immediatamente le situazioni di emergenza. Per queste ultime la
migliore indagine è quella visiva. In teoria, spiega, se realizzati e gestiti
correttamente sia il campo fisso che quello mobile dovrebbero essere efficaci e
garantisti da un punto di vista ambientale, ma a priori ARPAL non può
esprimersi sull’efficacia dell’impresa nell’ arginare eventuali criticità che
potrebbero nascere in corso d’opera operative......C.F. De Cecco chiede se la
Commissione Scientifica abbia valutato in prospettiva i rischi potenziali del
campo mobile per le future attività. La dott.ssa Colonna risponde che essendo
tali rischi connessi all’operatività dell’azienda non sono stati oggetto della
disamina della Commissione Scientifica."
Alla
luce di quanto sopra sorge una seconda domanda: le
autorità preposte di fronte a queste sistematiche violazioni perché non hanno
fermato i dragaggi e non hanno avviato una revisione completa delle tecniche di
dragaggio come peraltro indicava come prescrizione ulteriore il progetto di
Bonifica approvato nel 2006 per l'intero golfo spezzino?
Eppure la problematica era
chiara agli enti di controllo. la stessa Arpal che non ha esplicitamente
accusato il dragaggio ha nella sua relazione del febbraio 2015 affermato nella
parte finale in modo totalmente contraddittorio: “si ritiene opportuno rivedere le modalità di bonifica dragaggio in
quanto quelle utilizzate non forniscono sufficienti garanzie ambientali stante
la compresenza di siti sensibili nell’area portuale”.
La questione posta da
Arpal se affrontata in tempo utile sarebbe stata di grande rilievo considerato
che nella scelta della tecnica di dragaggio (quella a benna) non è stata
condotta una adeguata istruttoria tecnica che mettesse a confronto le tecniche
di dragaggio indicate da pagina 127 e seguenti del Progetto
Preliminare di Bonifica dell’ICRAM (atto amministrativo base per qualsiasi
intervento di dragaggio bonifica sul golfo spezzino).
Invece Arpal si limita
alla battuta sopra riportata senza farla seguire da conseguenze concrete
neppure in termini di valutazione preventiva di altre tecniche di dragaggio.
D’altronde la
superficialità del modo di procedere di tutti gli interlocutori istituzionali
di questa vicenda si evince dallo studio, commissionato dalla Autorità
Portuale, sui rischi di dispersione dei fanghi dalla attività di
dragaggio, che si limita a prendere come riferimento solo due scenari estremi:
1. rottura completa delle panne distribuite intorno
all’area di mare dragata
2. condizioni di mare estremamente sfavorevoli.
Non ci sono, in questo
studio, scenari relativi a situazione più puntuali legate alla violazione
di singole prescrizioni delle attività di dragaggio, che poi sono quelle che si
stanno puntualmente verificando.
Insomma da parte degli
enti pubblici preposti, nell’ambito delle loro rispettive funzioni e
competenze, emerge un atteggiamento “permissivo” verso le attività di dragaggio
gestite chiaramente (come ammesso perfino dalla ordinanza del riesame dl
Tribunale di Spezia)in palese violazione delle prescrizioni. Questo
atteggiamento “permissivo” è confermato dalla stessa sentenza della Cassazione
che nella pare finale afferma testualmente che il livello di torbidità delle
acque dopo il dragaggio è stato: “accertato
nonostante l'ARPAL avvisasse preventivamente dei controlli gli interessati, i
quali, opportunamente evitavano il dragaggio in previsione dei controlli…. (il Tribunale indica le dichiarazioni di una
persona informata sui fatti)”
SENTENZA DELLA CASSAZIONE
La sentenza della
Cassazione al fine di contestare la ordinanza del riesame del tribunale
spezzino fornisce la prima interpretazione sulle modalità di applicazione della
fattispecie di reato configurata dall’articolo 452-bis del Codice
Penale.
In particolare la Cassazione con la sentenza in esame ha chiarito il
significato degli elementi fondanti la fattispecie di questo reato
per poi arrivare ad annullare la ordinanza del riesame:
Ricordo che l’articolo
452-bis prevede tre elementi per realizzare la fattispecie del reato di
inquinamento ambientale:
1. condotta abusiva
2.condotta che cagiona una
compromissione o un deterioramento dell’ambiente significativi
3. condotta che
cagiona una compromissione o deterioramento dell’ambiente misurabili:
Vediamo come la Cassazione
ha interpretato le condizioni di applicabilità di questi tre elementi
costitutivi della fattispecie astratta di reato:
Condotta abusiva
La Cassazione riconosce un
concetto ampio di condotta «abusiva», comprensivo non soltanto di quella posta
in essere in violazione di leggi statali o regionali, ancorché non strettamente
pertinenti al settore ambientale, ma anche di prescrizioni amministrative.
La definizione di
ambiente compromesso e deteriorato
Secondo la Cassazione
l’ambiente a cui si riferisce l’articolo 452-bis sono l’acqua e l’aria senza
delimitazione spaziali. Precisa però la Cassazione: “È tuttavia evidente che, in ogni caso, l'estensione e l'intensità del
fenomeno produttivo di inquinamento ha comunque una sua incidenza,
difficilmente potendosi definire «significativo» quello di minimo rilievo, pur
considerandone la più accentuata diffusività nell'aria e nell'acqua rispetto a
ciò che avviene sul suolo e nel sottosuolo.”
Conclude poi sul punto la
Cassazione: “La questione, tuttavia, non
si pone nel caso in esame, risultando dall'ordinanza impugnata (pag. 7) che
l'area interessata dall'intervento bonifica ha un'estensione di 85.000 mq.”
Concetto di
compromissione o deterioramento dell’ambiente
Afferma sul punto la
Cassazione
Per compromissione
si deve intendere uno “squilibrio funzionale”, perché incidente
sui normali processi naturali correlati alla specificità della matrice
ambientale o dell'ecosistema
Per deterioramento uno
“squilibrio strutturale”,
caratterizzato da un decadimento di stato o di qualità di matrice ambientale
(aria, acqua, suolo etc.) o dell’ecosistema.
Dove per entrambi,
conclude sul punto la Cassazione non si deve intendere un qualcosa che
squilibri in modo irreversibile oppure reversibile, in quanto la reversibilità
della compromissione o del deterioramento non assume rilievo: “se non come uno degli elementi di
distinzione tra il delitto in esame e quello, più severamente punito, del disastro
ambientale di cui all'art. 452-quater[2] cod.
pen.” Infatti per quest’ultimo la norma usa la dizione di alterazione
irreversibile dell’equilibrio dell’ecosistema.
Concetto di
significativo e misurabile nella compromissione e deterioramento
Secondo la Cassazione i
due concetti di significativo e misurabile non devono essere riferiti al
semplice superamento di limiti degli inquinanti previsti dalla legge ambientale
di settore: “il cui superamento, come è
stato da più parti già osservato, non implica necessariamente una situazione di
danno o di pericolo per l'ambiente, potendosi peraltro presentare casi in cui,
pur in assenza di limiti imposti normativamente, tale situazione sia di
macroscopica evidenza o, comunque, concretamente accertabile.”
LE CONCLUSIONI DELLA CASSAZIONE SULLA
ORDINANZA DEL RIESAME DEL TRIBUNALE SPEZZINO
Alla luce della
interpretazione della fattispecie di reato di inquinamento ambientale, sopra
riportata, la Cassazione ha deciso di annullare la ordinanza del Tribunale
spezzino. Quest’ultimo aveva escluso la compromissione o il deterioramento
consistente e qualificabile ritenendo non rilevante, in quanto non più
verificatasi, una moria di molluschi avvenuta nel 2015.
Quali sono le
critiche della Cassazione alla ordinanza del tribunale spezzino
Una visione del concetto
di compromissione e/o deterioramento del bene ambiente (il golfo in questo
caso) caratterizzata da una irreversibilità che come abbiamo visto non è
previsto dalla fattispecie di reato descritta dall’articolo 452-bis.
Ciò ha portato i giudici
spezzini, sempre secondo la Cassazione, a prendere in considerazione solo quei
dati fattuali astrattamente riconducibili alla condizione di irrimediabilità
tendenziale del danno: “lasciando in
disparte, evidentemente perché non ritenuti rilevanti, altri aspetti dei quali
viene invece dato atto in altre parti del provvedimento, quali, ad esempio, la
presenza nei fanghi fuoriusciti dall'area di bonifica, di sostanze tossiche
quali i metalli pesanti ed idrocarburi policiclici aromatici (questi ultimi
qualificati anche come cancerogeni e mutageni), la cui presenza nelle acque,
indipendentemente dagli effetti letali sulla fauna, può determinarne la
contaminazione”.
Il punto è che questi
elementi fattuali erano ben presenti agli stessi giudici del riesame. Afferma
infatti la Cassazione nelle premesse della sua sentenza: “I giudici del riesame danno altresì atto di altri dati fattuali, tra i
quali assumono rilievo, per ciò che concerne la vicenda in esame: la
documentata presenza, nell'area da bonificare, di sedimenti fino a 100 cm. che
denotano una significativa contaminazione di metalli pesanti ed idrocarburi
policiclici aromatici (viene, a tale scopo, testualmente citato il contenuto
del progetto di bonifica); la piena consapevolezza, da parte dei responsabili
dell'azienda incaricata dei lavori, della condotta abusiva,…”.
CONCLUSIONI GENERALI
Da quanto sopra descritto
emergono le seguenti riflessioni anche di prospettiva:
1. c’è sta una violazione reiterata e sistematica delle
prescrizioni autorizzatorie nella attività di dragaggio per i moli Garibaldi e
Fornelli;
2. questa violazione è avvenuta in aree del golfo
caratterizzate dalla presenza di rilevanti inquinanti pericolosi per ambiente e
salute;
3. la violazione sistematica delle prescrizioni è
avvenuta nella piena consapevolezza di quello che stava accadendo sia da parte
della ditta, che degli enti preposti ad autorizzazioni e controlli;
4. gli enti di
controllo, prima di tutto l’Arpal ma non solo, pur riconoscendo i rischi nelle
attività in corso, le violazioni in atto, la necessità di impostare
diversamente sia la tecnica di dragaggio che le modalità di monitoraggio, nulla hanno
fatto per fermare l’attività di dragaggio in corso;
5. una mancanza di approccio indipendente da parte degli
enti di controllo per cui le modalità di controllo e monitoraggio erano
concordate con la ditta che svolgeva l’attività non per garantire il rispetto
delle prescrizioni ma piuttosto per garantire che dalle violazioni derivassero
sanzioni per la ditta che potessero in qualche modo ritardare i tempi di
dragaggio.
In sostanza si conferma
una Pubblica Amministrazione che vive nella costante opacità amministrativa
fondata:
a) sul mancato rispetto delle distinzioni di ruoli e
funzioni tra i diversi enti e all’interno degli stessi enti
b) su istruttorie sia di autorizzazione che di
monitoraggio confuse non trasparenti e quindi sempre interpretabili secondo
“convenienze” del momento.
Necessità di una
profonda riforma dell’Arpal
Se avevamo dei dubbi emerge
da tutta questa vicenda la necessità di una profonda riforma dell’Arpal che
rimetta la centro le questioni
- della sua autonomia amministrativa e finanziaria e
quindi della sua autonomia dalla politica,
- delle procedure di controllo ambientale (secondo le
linee guida europee),
- delle professionalità esistenti e da acquisire.
Per
raggiungere questo obiettivo non sarà sufficiente un commissariamento che
rischia solo di gettare ulteriore discredito sull'ente pubblico Arpal,
eventualmente se emergeranno responsabilità personali si potrà disporre la
interdizione di singoli dirigenti e funzionari ma questo lo dovrà decidere la
magistratura competente. Quello che invece occorre è un vero piano di riordino
di tutto il settore dei controlli ambientali compreso il ruolo del sistema
della prevenzione sanitaria con un vero coordinamento tra i due settori.
Una bella scommessa ma da
perseguire se vogliamo uscire dai processi penali per entrare nella logica
della buona amministrazione nell’interesse generale del cittadino.
[1] Art. 452-bis. (Inquinamento ambientale). - “E' punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 100.000 chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili:
1) delle acque o dell'aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;
2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.”
[2] Art. 452-quater. (Disastro ambientale). – “Fuori dai casi previsti dall'articolo 434,
chiunque abusivamente cagiona
un disastro ambientale e' punito
con la reclusione da cinque a
quindici anni.
Costituiscono disastro ambientale
alternativamente: 1) l'alterazione irreversibile dell'equilibrio di
un
ecosistema; 2)
l'alterazione
dell'equilibrio di un
ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente
onerosa e conseguibile solo con
provvedimenti eccezionali; 3) l'offesa
alla pubblica incolumita'
in ragione della rilevanza del fatto per l'estensione della
compromissione o dei suoi effetti lesivi
ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo.
Quando il disastro e' prodotto in
un'area naturale protetta
o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico,
artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie
animali o vegetali protette, la pena e' aumentata.”
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