lunedì 7 novembre 2016

La Cassazione sui dragaggi a Spezia: considerazioni penali e politico-amministrative

La Sentenza della Cassazione n.46170 del 3 novembre 2016 (per il testo integrale vedi QUIha ribaltato la decisione del Tribunale di Spezia che aveva dissequestrato il cantiere di dragaggio dei moli Garibaldi e Fornelli.


La sentenza è importante in due direzioni.

La prima locale visto che sulla base di questa sentenza viene avvalorata la tesi della Procura del Tribunale di Spezia e degli avvocati della Legambiente spezzina sul potenziale danno ambientale al golfo dalla attività illecita di dragaggio.
La seconda nazionale in quanto per la prima volta dopo l’approvazione della introduzione della legge sui nuovi delitti ambientali è stata fornita dalla Cassazione la interpretazione sulle modalità di applicazione del delitto di inquinamento ambientale (articolo 452-bis [1] Codice Penale)

Ma già la stessa ordinanza del riesame del Tribunale spezzino pur dissequestrando l’area di dragaggio aveva riconosciuto:

1. le violazioni delle prescrizioni durante la attività di dragaggio
2. la consapevolezza da parte dei rappresentanti della ditta che svolgeva i dragaggi sulla presenza nell’area dragata di inquinanti pericolosi (vedi QUIsoprattutto se rilasciati nell’ambiente circostante.



IL PROVVEDIMENTO DI DISSEQUESTRO DEL TRIBUNALE DI SPEZIA AVEVA GIÀ DELINEATO GRAVI OMISSIONI E VIOLAZIONI
Il Provvedimento di dissequestro del cantiere di dragaggio del 22/1/2016, nonostante il suo apparente immediato favore verso chi gestiva il cantiere di dragaggio nella zona dei Moli Fornelli e Garibaldi, aveva comunque ammesso che: 
1. sono state violate le prescrizioni di dragaggio sistematicamente e più volte sia per il Molo Garibaldi che per il Molo Fornelli;
2. difficile pensare che la condotta abusiva di cui al punto 1 sia stata condotta senza consapevolezza e quindi in modo potenzialmente doloso e il reato di inquinamento ambientale ex articolo 452-bis è reato punito a titolo di dolo, l’ipotesi colposa è sanzionata dall’art. 452-quinquies.
3. la attività svolta anche nel Molo Fornelli non era di mero dragaggio ma anche di bonifica,

Ma  non aveva invece riconosciuto l'applicabilità del reato di inquinamento ambientale in termini di dimostrato danno ambientale eventualmente prodotto dalle sopra citate violazioni delle prescrizioni di dragaggio.

Vediamo intanto cosa ci sta dietro le tre violazioni già ammesse nelle motivazioni del provvedimento di dissequestro del Tribunale di Spezia



RELATIVAMENTE ALLE VIOLAZIONI DOLOSA DELLE PRESCRIZIONI
È certa la violazioni delle seguenti prescrizioni, fin dal provvedimento di dissequestro:
1. per la realizzazione del campo di bonifica e del successivo escavo a quota -11,00 è previsto l’impiego di panne galleggianti speciali, costituite da teli in poliestere ad alta resistenza resinati e vincolati tramite cavi di acciaio INOX austenitico a corpi morti adeguatamente posati sul fondale marino. Le panne dovranno corrispondere a caratteristiche tecniche e prestazionali tali da garantirne la resistenza e la durabilità durante le operazioni di esavo dei fondali, nonché l’impermeabilità ad eventuali particelle solide in risospensione. 
2. necessità di interrompere i lavori non solo quando si verificano rotture di panne ma anche quando vengano spostate  
3. minimizzazione od eliminazione della perdita di materiale con conseguente ridotta produzione di torbidità e di dispersione dei contaminanti 

Ora rispetto alla violazione di queste prescrizioni sorge una prima domanda: quando violavano le prescrizioni di dragaggio producendo fuoriuscite anomale di fanghi i gestori del cantiere avranno avuto il dubbio che così facendo potevano produrre un danno irreversibile all'ambiente e al nostro  Golfo? Direi che una indicazioni significativa la possiamo cogliere dagli atti ufficiali degli enti competenti relativi alla procedura di autorizzazione e successivo monitoraggio delle attività di dragaggio.
Il Verbale del tavolo tecnico per il giorno 11.05.2015 con Comune della Spezia Ass. all’Ambiente, Capitaneria di Porto, ARPAL, ASL 5 Spezzino e Soc. Intercantieri Vittadello con Coop. San Martino (titolare delle draghe), vedi QUI. In questo verbale tra l'altro sia afferma: "La dott.ssa Colonna precisa che vista la frequenza con cui i tecnici ARPAL hanno rilevato problemi nella gestione del campo panne se ne deduce che l’impresa lavora in condizioni di criticità.....La dott.ssa Colonna spiega che il campo fisso sarebbe più garantista ma non essendo utilizzabile in tale contesto chiede se si possa ampliare il campo panne per ridurre i fenomeni accidentali di rottura del campo stesso durante l’escavo......L’ing. Vettorazzi spiega che maggiore è il campo panne più facilmente si crea il fenomeno “vela” con maggiori possibilità che le panne si alzino e si strappino. L’ing. Simonelli spiega che anche il campo fisso durante l’escavo è soggetto parimenti a rottura, in particolar modo in prossimità delle panne......La dott.ssa Colonna spiega che i tecnici ARPAL non hanno verbalizzato tali circostanze per evitare aspetti sanzionatori all’impresa. L’ing. Simonelli propone al tavolo Consultivo di inserire nel verbale di ripresa lavori le raccomandazioni necessarie peraltro già previste nel progetto.....C.F. Di Cecco chiede se considerati i rischi emersi dall’utilizzo del campo di panne mobili, si possa continuare ad utilizzare ancora tale soluzione senza correre rischi ambientali. La dott.ssa Colonna spiega che il monitoraggio ARPAL è uno strumento utile a rilevare la qualità di salute del Golfo nel tempo, quindi registra efficacemente gli effetti cronici non quelli acuti e non permette quindi di evidenziare immediatamente le situazioni di emergenza. Per queste ultime la migliore indagine è quella visiva. In teoria, spiega, se realizzati e gestiti correttamente sia il campo fisso che quello mobile dovrebbero essere efficaci e garantisti da un punto di vista ambientale, ma a priori ARPAL non può esprimersi sull’efficacia dell’impresa nell’ arginare eventuali criticità che potrebbero nascere in corso d’opera operative......C.F. De Cecco chiede se la Commissione Scientifica abbia valutato in prospettiva i rischi potenziali del campo mobile per le future attività. La dott.ssa Colonna risponde che essendo tali rischi connessi all’operatività dell’azienda non sono stati oggetto della disamina della Commissione Scientifica." 

Alla luce di quanto sopra sorge una seconda domanda: le autorità preposte di fronte a queste sistematiche violazioni perché non hanno fermato i dragaggi e non hanno avviato una revisione completa delle tecniche di dragaggio come peraltro indicava come prescrizione ulteriore il progetto di Bonifica approvato nel 2006 per l'intero golfo spezzino?
Eppure la problematica era chiara agli enti di controllo. la stessa Arpal che non ha esplicitamente accusato il dragaggio ha nella sua relazione del febbraio 2015 affermato nella parte finale in modo totalmente contraddittorio: “si ritiene opportuno rivedere le modalità di bonifica dragaggio in quanto quelle utilizzate non forniscono sufficienti garanzie ambientali stante la compresenza di siti sensibili nell’area portuale”.
La questione posta da Arpal se affrontata in tempo utile sarebbe stata di grande rilievo considerato che nella scelta della tecnica di dragaggio (quella a benna) non è stata condotta una adeguata istruttoria tecnica che mettesse a confronto le tecniche di dragaggio indicate da pagina  127  e seguenti del Progetto Preliminare di Bonifica dell’ICRAM (atto amministrativo base per qualsiasi intervento di dragaggio bonifica sul golfo spezzino). 
Invece Arpal si limita alla battuta sopra riportata senza farla seguire da conseguenze concrete neppure in termini di valutazione preventiva di altre tecniche di dragaggio.

D’altronde la superficialità del modo di procedere di tutti gli interlocutori istituzionali di questa vicenda si evince dallo studio, commissionato dalla Autorità Portuale, sui rischi di dispersione dei fanghi dalla attività di dragaggio, che si limita a prendere come riferimento solo due scenari estremi:
1. rottura completa delle panne distribuite intorno all’area di mare dragata
2. condizioni di mare estremamente sfavorevoli.
Non ci sono, in questo studio, scenari relativi a situazione più puntuali legate alla violazione di singole prescrizioni delle attività di dragaggio, che poi sono quelle che si stanno puntualmente verificando.

Insomma da parte degli enti pubblici preposti, nell’ambito delle loro rispettive funzioni e competenze, emerge un atteggiamento “permissivo” verso le attività di dragaggio gestite chiaramente (come ammesso perfino dalla ordinanza del riesame dl Tribunale di Spezia)in palese violazione delle prescrizioni. Questo atteggiamento “permissivo” è confermato dalla stessa sentenza della Cassazione che nella pare finale afferma testualmente che il livello di torbidità delle acque dopo il dragaggio è stato: “accertato nonostante l'ARPAL avvisasse preventivamente dei controlli gli interessati, i quali, opportunamente evitavano il dragaggio in previsione dei controlli…. (il Tribunale indica le dichiarazioni di una persona informata sui fatti)



SENTENZA DELLA CASSAZIONE
La sentenza della Cassazione al fine di contestare la ordinanza del riesame del tribunale spezzino fornisce la prima interpretazione sulle modalità di applicazione della fattispecie di reato configurata dall’articolo 452-bis del Codice Penale.
In particolare la Cassazione con la sentenza in esame ha chiarito il significato degli elementi fondanti la fattispecie di questo reato per poi arrivare ad annullare la ordinanza del riesame:
Ricordo che l’articolo 452-bis prevede tre elementi per realizzare la fattispecie del reato di inquinamento ambientale:
1. condotta abusiva
2.condotta che cagiona una compromissione o un deterioramento dell’ambiente significativi
3. condotta che cagiona una compromissione o deterioramento dell’ambiente  misurabili:
Vediamo come la Cassazione ha interpretato le condizioni di applicabilità di questi tre elementi costitutivi della fattispecie astratta di reato:

Condotta abusiva
La Cassazione riconosce un concetto ampio di condotta «abusiva», comprensivo non soltanto di quella posta in essere in violazione di leggi statali o regionali, ancorché non strettamente pertinenti al settore ambientale, ma anche di prescrizioni amministrative.

La definizione di ambiente compromesso e deteriorato
Secondo la Cassazione l’ambiente a cui si riferisce l’articolo 452-bis sono l’acqua e l’aria senza delimitazione spaziali. Precisa però la Cassazione: “È tuttavia evidente che, in ogni caso, l'estensione e l'intensità del fenomeno produttivo di inquinamento ha comunque una sua incidenza, difficilmente potendosi definire «significativo» quello di minimo rilievo, pur considerandone la più accentuata diffusività nell'aria e nell'acqua rispetto a ciò che avviene sul suolo e nel sottosuolo.
Conclude poi sul punto la Cassazione: “La questione, tuttavia, non si pone nel caso in esame, risultando dall'ordinanza impugnata (pag. 7) che l'area interessata dall'intervento bonifica ha un'estensione di 85.000 mq.”

Concetto di compromissione o deterioramento dell’ambiente
Afferma sul punto la Cassazione
Per compromissione si deve intendere uno  “squilibrio funzionale”, perché incidente sui normali processi naturali correlati alla specificità della matrice ambientale o dell'ecosistema
Per deterioramento uno “squilibrio strutturale”, caratterizzato da un decadimento di stato o di qualità di matrice ambientale (aria, acqua, suolo etc.) o dell’ecosistema.

Dove per entrambi, conclude sul punto la Cassazione non si deve intendere un qualcosa che squilibri in modo irreversibile oppure reversibile, in quanto la reversibilità della compromissione o del deterioramento non assume rilievo: “se non come uno degli elementi di distinzione tra il delitto in esame e quello, più severamente punito, del disastro ambientale di cui all'art. 452-quater[2] cod. pen.” Infatti per quest’ultimo la norma usa la dizione di alterazione irreversibile dell’equilibrio dell’ecosistema.


Concetto di significativo e misurabile nella compromissione e deterioramento
Secondo la Cassazione i due concetti di significativo e misurabile non devono essere riferiti al semplice superamento di limiti degli inquinanti previsti dalla legge ambientale di settore: “il cui superamento, come è stato da più parti già osservato, non implica necessariamente una situazione di danno o di pericolo per l'ambiente, potendosi peraltro presentare casi in cui, pur in assenza di limiti imposti normativamente, tale situazione sia di macroscopica evidenza o, comunque, concretamente accertabile.


LE CONCLUSIONI DELLA CASSAZIONE SULLA ORDINANZA DEL RIESAME DEL TRIBUNALE SPEZZINO
Alla luce della interpretazione della fattispecie di reato di inquinamento ambientale, sopra riportata, la Cassazione ha deciso di annullare la ordinanza del Tribunale spezzino. Quest’ultimo aveva escluso la compromissione o il deterioramento consistente e qualificabile ritenendo non rilevante, in quanto non più verificatasi, una moria di molluschi avvenuta nel 2015.

Quali sono le critiche della Cassazione alla ordinanza del tribunale spezzino
Una visione del concetto di compromissione e/o deterioramento del bene ambiente (il golfo in questo caso) caratterizzata da una irreversibilità che come abbiamo visto non è previsto dalla fattispecie di reato descritta dall’articolo 452-bis.
Ciò ha portato i giudici spezzini, sempre secondo la Cassazione, a prendere in considerazione solo quei dati fattuali astrattamente riconducibili alla condizione di irrimediabilità tendenziale del danno: “lasciando in disparte, evidentemente perché non ritenuti rilevanti, altri aspetti dei quali viene invece dato atto in altre parti del provvedimento, quali, ad esempio, la presenza nei fanghi fuoriusciti dall'area di bonifica, di sostanze tossiche quali i metalli pesanti ed idrocarburi policiclici aromatici (questi ultimi qualificati anche come cancerogeni e mutageni), la cui presenza nelle acque, indipendentemente dagli effetti letali sulla fauna, può determinarne la contaminazione”.

Il punto è che questi elementi fattuali erano ben presenti agli stessi giudici del riesame. Afferma infatti la Cassazione nelle premesse della sua sentenza: “I giudici del riesame danno altresì atto di altri dati fattuali, tra i quali assumono rilievo, per ciò che concerne la vicenda in esame: la documentata presenza, nell'area da bonificare, di sedimenti fino a 100 cm. che denotano una significativa contaminazione di metalli pesanti ed idrocarburi policiclici aromatici (viene, a tale scopo, testualmente citato il contenuto del progetto di bonifica); la piena consapevolezza, da parte dei responsabili dell'azienda incaricata dei lavori, della condotta abusiva,…”.



CONCLUSIONI GENERALI
Da quanto sopra descritto emergono le seguenti riflessioni anche di prospettiva:
1. c’è sta una violazione reiterata e sistematica delle prescrizioni autorizzatorie nella attività di dragaggio per i moli Garibaldi e Fornelli;
2. questa violazione è avvenuta in aree del golfo caratterizzate dalla presenza di rilevanti inquinanti pericolosi per ambiente e salute;
3. la violazione sistematica delle prescrizioni è avvenuta nella piena consapevolezza di quello che stava accadendo sia da parte della ditta, che degli enti preposti ad autorizzazioni e controlli;
4.  gli enti di controllo, prima di tutto l’Arpal ma non solo, pur riconoscendo i rischi nelle attività in corso, le violazioni in atto, la necessità di impostare diversamente sia la tecnica di dragaggio  che le modalità di monitoraggio, nulla hanno fatto per fermare l’attività di dragaggio in corso;
5. una mancanza di approccio indipendente da parte degli enti di controllo per cui le modalità di controllo e monitoraggio erano concordate con la ditta che svolgeva l’attività non per garantire il rispetto delle prescrizioni ma piuttosto per garantire che dalle violazioni derivassero sanzioni per la ditta che potessero in qualche modo ritardare i tempi di dragaggio.

In sostanza si conferma una Pubblica Amministrazione che vive nella costante opacità amministrativa fondata:
a) sul mancato rispetto delle distinzioni di ruoli e funzioni tra i diversi enti e all’interno degli stessi enti
b) su istruttorie sia di autorizzazione che di monitoraggio confuse non trasparenti e quindi sempre interpretabili secondo “convenienze” del momento.

Necessità di una profonda riforma dell’Arpal
Se avevamo dei dubbi emerge da tutta questa vicenda la necessità di una profonda riforma dell’Arpal che rimetta la centro le questioni
- della sua autonomia amministrativa e finanziaria e quindi della sua autonomia dalla politica,
- delle procedure di controllo ambientale (secondo le linee guida europee),
- delle professionalità esistenti e da acquisire.
Per raggiungere questo obiettivo non sarà sufficiente un commissariamento che rischia solo di gettare ulteriore discredito sull'ente pubblico Arpal, eventualmente se emergeranno responsabilità personali si potrà disporre la interdizione di singoli dirigenti e funzionari ma questo lo dovrà decidere la magistratura competente. Quello che invece occorre è un vero piano di riordino di tutto il settore dei controlli ambientali compreso il ruolo del sistema della prevenzione sanitaria con un vero coordinamento tra i due settori. 
Una bella scommessa ma da perseguire se vogliamo uscire dai processi penali per entrare nella logica della buona amministrazione nell’interesse generale del cittadino. 








[1]  Art. 452-bis. (Inquinamento  ambientale).  -  “E' punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da  euro  10.000  a  euro 100.000  chiunque  abusivamente cagiona una compromissione o  un deterioramento significativi e misurabili:
1)  delle  acque o dell'aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo; 
2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.” 

[2] Art. 452-quater. (Disastro ambientale). – “Fuori dai casi previsti dall'articolo  434,  chiunque  abusivamente   cagiona   un   disastro ambientale e' punito con la reclusione da  cinque  a  quindici  anni.
Costituiscono disastro ambientale alternativamente:  1)   l'alterazione   irreversibile   dell'equilibrio   di    un
ecosistema; 2)  l'alterazione  dell'equilibrio  di  un  ecosistema  la  cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo  con provvedimenti eccezionali;  3)  l'offesa  alla  pubblica  incolumita'  in   ragione   della rilevanza del fatto per l'estensione della compromissione o dei  suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte  a pericolo.  Quando il disastro e' prodotto in  un'area  naturale  protetta  o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale,  storico,  artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di  specie  animali o vegetali protette, la pena e' aumentata.”



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