La Corte Costituzionale
con sentenza n° 235 pubblicata lo scorso 28 novembre (QUI) ha dichiarato incostituzionale una norma regionale
che prevedendo la modifica della perimetrazione di un Parco Regionale non aveva
coinvolto gli enti locali nel procedimento di approvazione di detta modifica.
La Corte riconosce
preliminarmente che deve essere
quindi condivisa l'affermazione della difesa regionale secondo cui la scelta
dell'atto legislativo come strumento per la riperimetrazione del parco costituiva
un percorso obbligato, giacché, mancando il piano e non essendo in discussione
la sua adozione, non vi è dubbio che la riperimetrazione stessa non poteva che
avvenire tramite legge regionale.
Ciò che tuttavia non
risulta rispettato, nel procedimento che ha condotto all'approvazione della
previsione regionale impugnata, è
l'obbligo di partecipazione "qualificata" delle province, delle
comunità montane e dei comuni previsto dalla citata lettera a) del comma 1
dell'art. 22, secondo cui «[t]ale partecipazione si realizza [...] attraverso
conferenze per la redazione di un documento di indirizzo relativo all'analisi
territoriale dell'area da destinare a protezione, alla perimetrazione
provvisoria, all'individuazione degli obiettivi da perseguire, alla valutazione
degli effetti dell'istituzione dell'area protetta». Un coinvolgimento
"rinforzato", dunque, che non si esaurisce nella semplice
«partecipazione degli enti locali interessati», prevista dalla lettera c) del
comma 1 dell'art. 22 della legge n. 394 del 1991 (QUI) per la «gestione dell'area
protetta», ma esige il rispetto di tutte le specifiche condizioni e modalità di
partecipazione analiticamente individuate alla detta lettera a) del comma 1 di detto art. 22.
Più precisamente, non
risulta che siano state effettuate le prescritte «conferenze per la redazione
di un documento di indirizzo relativo all'analisi territoriale dell'area da
destinare a protezione», né che tale documento d'indirizzo sia stato
predisposto, né ancora che siano state operate l'«analisi territoriale»,
l'«individuazione degli obiettivi da perseguire» e la «valutazione degli
effetti dell'istituzione dell'area protetta sul territorio», sulla cui base
espressamente «si realizza» la partecipazione, secondo quello che la legge
quadro statale sulle aree protette qualifica espressamente come principio
fondamentale per la disciplina delle aree naturali protette regionali.
La difesa regionale ha
dimostrato, attraverso la produzione delle delibere dei Consigli comunali, dei
verbali delle riunioni della Comunità del parco e di altri atti idonei a tale
scopo, che, in effetti, un coinvolgimento degli enti sui cui territori insiste
l'area del parco vi è stato. Tuttavia, né da tale documentazione, né da altro
elemento addotto dalla difesa della resistente, risulta in alcun modo che siano
state rispettate le specifiche condizioni procedimentali fissate dall'art. 22,
comma 1, lettera a) legge 394/1991, a garanzia della prescritta "qualificata"
partecipazione delle autonomie alla scelta di riperimetrazione dell'area.
Si tratta di condizioni
dirette, all'evidenza, a far sì che la partecipazione degli enti locali
interessati all'istruttoria sia effettivamente idonea a incidere sulla scelta
da assumere all'esito del procedimento di istituzione del parco (e di sua
modifica). Ciò che a sua volta presuppone che la stessa istruttoria si fondi su
una corretta rappresentazione fattuale delle aree su cui si interviene, operata
tramite un'adeguata analisi territoriale, e che le finalità perseguite
corrispondano a obiettivi preventivamente individuati e tengano conto degli
effetti previsti, così come pretende la logica di ogni corretta scelta
pubblica, prima ancora che l'art. 22, comma 1, lettera a), della legge n. 394
del 1991.
Tutto questo è mancato nel
procedimento di formazione della decisione regionale di riperimetrazione
provvisoria del parco naturale regionale da cui la dichiarazione di
incostituzionalità.
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