lunedì 19 dicembre 2022

I Sindaci che non sanno distinguere i limiti di legge dai danni alla salute pubblica dell’inquinamento

Continuo a leggere e soprattutto a scontrarmi con prese di posizioni di Sindaci amministratori locali e politicanti vari di ogni colore politico, dichiarazioni confuse: 1. sul rapporto tra rispetto dei limiti di legge e danni alla salute pubblica

2. sulla rimozione del ruolo dei Sindaci nella tutela della salute pubblica da inquinamento ambientale come risulta da varie norme di legge in primis il Testo unico leggi sanitarie (articolo 217 QUI) e l'articolo 117 dlgs 112/1998 (QUI) per non parlare di una sterminata giurisprudenza amministrativa. 

Su questi aspetti ho anche scritto un lungo report pubblicato QUI. In questo post nuovo voglio solo ricordare alcuni principi generali sul rapporto tra inquinamento e salute pubblica e gli indirizzi della giurisprudenza sul rapporto tra rispetto dei limiti di legge degli inquinanti e rischio sanitario in atto a prescindere da detti limiti.

 

 

I dati e i nuovi indirizzi normativi e operativi della UE

Eppure il Rapporto 2022 (QUI) della Agenzia Europea per l’Ambiente  ha dimostrato come l’Italia risulti al primo posto per il rapporto tra decessi prematuri dovuti al PM2,5 (polveri ultrafini) e al settimo per il rapporto tra biossido di azoto (NO2) e malattie come il diabete mellito.

Eppure, la Proposta (QUI) da parte della Commissione UE della nuova Direttiva sulla qualità dell’aria (al di là dei suoi tempi di approvazione e recepimento da parte degli Stati membri) qualche indirizzo operativo immediato lo darebbe da subito se ci fossero amministratori e politici che mettono al primo posto “la tutela della salute dei cittadini che rappresentano:

1.  aggiornamento dei punti di monitoraggio quando emergono superamenti dei limiti dell’OMS a prescindere che corrispondano a quelli di legge;
2. più punti di campionamento per raccogliere dati a lungo termine sugli inquinanti atmosferici contemplati dalla direttiva.

E chi se non prima di tutto il Sindaco potrebbe applicare tutto questo visto che è riconosciuto come la massima autorità per la tutela della salute pubblica nel territorio comunale?

 


Una visione riduzionista dell'inquinamento

Dietro alla rimozione dei danni alla salute pubblica a prescindere dal formale rispetto dei limiti di legge degli inquinanti sussiste, soprattutto da parte della politica politicante, una visione che rimuove alcuni concetti di fondo dell'ambientalismo scientifico:

1. l'effetto dose risposta che è sempre individuale. da cui la rimozione delle valutazione di impatto e di danno sanitario preventive ed ex post come accade in quasi tutti i processi decisionali a rilevanza ambientale, nonché la frase: “l’attività è nei limiti di legge”.

2. la estrema varietà e speciazione sempre più sofisticata degli inquinanti soprattutto secondari, a prescindere dalle quantità degli inquinanti primari classici (ossidi di azoto e di zolfo e polveri),

3. l'effetto moltiplicatore della sommatoria degli inquinanti (per es. il c.d. PM10  che si forma in atmosfera a partire da altri inquinanti primari come ossidi di azoto, ossidi di zolfo, ammoniaca e composti organici.  Il PM10 secondario contribuisce alla concentrazione in aria di polveri sottili per oltre il 50% questo a parità di inquinanti complessivi prodotti). 

4. la specificità del sito perché i cittadini non vivono in un pianeta astratto ma in territori specifici dove il livello di inquinamento frutto degli effetti cumulativi è molto molto diverso tra le varie situazioni.  

Per non parlare di quando sento perfino dei medici confondere le complesse e lente indagini epidemiologiche con studi mirati di danno sanitario in aree a rischio, confusione inventata ad hoc per continunare a non fare nulla! 

 

Tutto questo in un quadro in cui la giurisprudenza nazionale di ultimo grado (Consiglio di Stato e Cassazione) stanno assumendo un indirizzo che invece tiene conto della portata innovativa dei suddetti principi se concretamente applicati nei processi procedimenti decisionali.

 

Di seguito alcuni esempi...

 

Cassazione: la salute si tutela non solo con i limiti di legge ma anche con ulteriori prescrizioni

La sentenza della Cassazione penale 34517/2017 (QUI) riguarda  l’ampiezza del potere prescrittivo dell’autorità competente, ma anche indirettamente degli organi di vigilanza inseribili in una autorizzazione ambientale.

Articolo 279 comma 2 DLgs 152/2006 (QUI) individua oltre al rispetto dei valori limite di emissione ex lege e delle prescrizioni autorizzatorie anche ulteriori prescrizioni successive che possono emergere da controlli, oppure ordinanze delle autorità Sindaco, nella sua funzione di massima autorità sanitaria sul territorio comunale, da valutare caso per caso magari per situazioni non chiare di inquinamento che richiedono un intervento precauzionale la cui violazione comporta l’attivazione della procedura amministrativa prevista dall’articolo 278 del DLgs 152/2006 (diffida, sospensione fino alla revoca  della autorizzazione).

Quale è la finalità di questo potere “estensivo” nelle prescrizioni autorizzatorie secondo la Cassazione?  Afferma la Cassazione: “in questo modo, l’ordinamento realizza un meccanismo di tutela anticipata del bene ambientale, pienamente giustificata dalla natura collettiva di un interesse di preminente rilievo”, questo interesse è prima di tutto la salute dl cittadino!

 

Consiglio di Stato, sentenza n°983 del 2019 (QUI): i Sindaci supportati dalle ASL territorialmente competenti possono impedire o limitare ulteriori attività inquinanti nel territorio comunale.

Il Consiglio di Stato conferma come gli aspetti di valutazione dell’impatto sulla salute pubblica devono avere un preciso posto nella istruttoria di valutazione e autorizzazione ambientale. In particolare, per il Consiglio di Stato la mancata valutazione del danno alla salute pubblica in atto costituisce vizio di eccesso di potere quando le concrete evidenze istruttorie dimostrino la sussistenza di un serio pericolo per la salute pubblica. L’Amministrazione che in tali casi non la effettui incorre, pertanto, nel tipico vizio dell’eccesso di potere sotto il profilo del mancato approfondimento istruttorio, sintomatico della disfunzione amministrativa.

 

 

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