La Corte di Giustizia
della UE con sentenza pubblicata lo scorso 10 novembre 2022 (QUI) ha chiarito quando
è necessaria la Valutazione di Incidenza per tutela i siti Habitat (Direttiva 1992/43
sulla tutela della biodiversità QUI) relativamente
ad una attività esistente (allevamento ittico) la cui autorizzazione è stata
modificata dalla autorità nazionale competente.
La sentenza al di la del caso in esame parla per rimanere al caso degli allevamenti a situazioni presenti ad esempio, in varie zone d’Italia relativamente agli allevamenti di bestiame come maiali, polli etc. per i quali spesso le autorizzazioni ai singoli impianti e le modifiche agli stessi non tengono conto della presenza di molti impianti simili nelle stessa zona.
Si seguito ri riporta una sintesi divulgativa della sentenza della Corte di GIustizia e nella seconda parte una descrizione del fatto e delle motivazioni della sentenza.
LA DECISIONE IN SINTESI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE
1. Se l’attività mantiene le
condizioni precedenti non è necessaria la Valutazione di Incidenza nuova
2. Se però l’autorizzazione
non ha tenuto conto dell’impatto cumulativo che altri progetti esistenti nella
zona possa incidere sui siti Habitat occorre oltre alla nuova autorizzazione
anche una Valutazione di Incidenza
3. Se lo strumento di Pianificazione
(nel caso della sentenza un Piano di Bacino) che comprende l’attività in
questione ha fissati limiti alle emissioni inquinanti per tutti gli impianti
simili a quella che richiede la prosecuzione dell’attività la nuova Valutazione
di Incidenza per questa ultima attività risulterà necessaria salvo che la
Valutazione di Incidenza complessiva del Piano siano state esaustive nel
valutare preventivamente l’impatto complessivo sia della attività da proseguire
che di quelle altre presenti nella zone.
Vediamo meglio le domande rivolte dal giudice nazionale alla Corte di Giustizia e come quest'ultima le ha interpretate
IL FATTO DA CUI NASCE LA CONTROVERSIA
La società ’AquaPri è proprietaria di un impianto di allevamento ittico situato nella baia di Småland, in prossimità di un sito Natura 2000 che ospita diversi tipi di habitat naturali terrestri e acquatici nonché varie specie di uccelli selvatici. L’attività di tale impianto consiste nell’allevamento di trote dette «iridee», che comporta l’emissione o lo scarico nell’ambiente di azoto, fosforo, rame e antibiotici.
Nel corso del 2006,
l’AquaPri ha chiesto di essere autorizzata ad aumentare la quantità di azoto
che poteva essere emessa dal suo impianto in una proporzione di 0,87
tonnellate, portandola da 15,6 tonnellate a 16,47 tonnellate. L’autorità
competente ha concesso l’autorizzazione richiesta dall’AquaPri
L’autorizzazione è stata
impugnata di fronte ai giudizi nazionali che l’hanno annullata perché
l’autorizzazione concessa all’AquaPri con la decisione del 27 ottobre
2006 non era stata preceduta da una valutazione di incidenza conforme ai
requisiti di cui all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43 (tutela
biodiversità), in quanto tale valutazione aveva riguardato l’incidenza
individuale del progetto di cui trattasi, ma non la questione se tale progetto,
considerato congiuntamente ai tre impianti vicini, potesse avere incidenze
significative sul sito Natura 2000 vicino al quale si trovano tali diversi
impianti, inoltre la quantità di azoto emessa da tale impianto, congiuntamente
a quelle emesse dai tre impianti vicini, potesse avere incidenze significative
sul sito in questione.
Nel giudizio di ricorso in
secondo grado contro la decisione del giudice nazionale sono state sollevate
domande pregiudiziali di interpretazione della norma comunitaria in rapporto al
caso in esame, sospendendo il processo in sede nazionale in attesa della
intepretazione della Corte di Giustizia che è arrivata con la sentenza qui
esaminata di seguito
LE DOMANDE PREGIUDIZIALI PRESENTATE ALLA CORTE DI GIUSTIZIA
1. Se l’articolo 6,
paragrafo 3 [NOTA 1],
della direttiva [92/43] debba essere interpretato nel senso che esso si applica
in una situazione come quella del caso di specie in cui è richiesta
un’autorizzazione a continuare l’operatività di un allevamento ittico
esistente, laddove l’attività e le emissioni di azoto e di altri nutrienti di
tale allevamento ittico sono rimaste invariate rispetto all’attività e alle
emissioni autorizzate nel 2006, ma in cui, in relazione all’autorizzazione
precedente dell’allevamento ittico, non è stata effettuata una valutazione
dell’attività complessiva e degli effetti cumulativi di tutti gli allevamenti
ittici nella zona, dal momento che le autorità competenti hanno valutato
unicamente le emissioni aggiuntive totali di azoto e di altre sostanze
provenienti dall’allevamento ittico interessato.
2. Se, ai fini della risposta alla prima questione, sia rilevante il fatto che il piano nazionale di gestione del bacino idrografico per gli anni dal 2015 al 2021 tenga conto della presenza degli allevamenti ittici nella zona, nella misura in cui tale piano prevede un quantitativo determinato di azoto al fine di garantire che gli allevamenti ittici esistenti nella zona possano sfruttare le loro attuali autorizzazioni di emissione e le emissioni effettive degli allevamenti ittici si mantengono nei limiti stabiliti.
3. Qualora in una situazione come quella del caso di specie debba essere effettuata una valutazione ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva [92/43], se l’autorità competente sia tenuta a prendere in considerazione, nell’ambito di tale valutazione, i limiti delle emissioni di azoto previsti nel piano di gestione del bacino idrografico per gli anni dal 2015 al 2021 e ogni altra informazione e valutazione pertinente che possa risultare dal piano di gestione del bacino idrografico e dal piano Natura 2000 per la zona».
LE RISPOSTE DELLA CORTE DI
GIUSTIZIA ALLE DOMANDE PREGIUDIZIALI
Risposta a domanda 1: L’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, deve essere interpretato nel senso che:
1. la prosecuzione, a
condizioni invariate, dell’attività di un impianto già autorizzato in fase di
progetto non deve, in linea di principio, essere soggetta all’obbligo di
valutazione previsto a tale disposizione.
2. Tuttavia, nel caso in
cui, da un lato, la valutazione che ha preceduto tale autorizzazione abbia
riguardato unicamente l’incidenza di tale progetto considerato singolarmente, a
prescindere dalla sua combinazione con altri progetti, e, dall’altro, detta
autorizzazione subordini tale prosecuzione all’ottenimento di una nuova
autorizzazione prevista dal diritto interno, quest’ultima deve essere preceduta
da una nuova valutazione conforme ai requisiti di detta disposizione.
Risposta a domande 2 e 3: L’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, della direttiva 92/43 deve essere interpretato nel senso che: per determinare se sia necessario subordinare la prosecuzione dell’attività di un impianto che sia già stato autorizzato in fase di progetto in esito a una valutazione non conforme ai requisiti di tale disposizione, a una nuova valutazione conforme a tali requisiti e, in caso affermativo, per effettuare tale nuova valutazione, si deve tener conto delle valutazioni effettuate nel frattempo, come quelle che hanno preceduto l’adozione di un piano nazionale di gestione del bacino idrografico e di un piano Natura 2000 relativi, segnatamente, alla zona in cui si trova il sito sul quale tale attività può avere incidenze, qualora dette valutazioni precedenti siano pertinenti e qualora le constatazioni, le valutazioni e le conclusioni in esse contenute siano complete, precise e definitive.
[NOTA 1] "3. Qualsiasi
piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito
ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o
congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna
valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di
conservazione del medesimo"
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