L’ottima
inchiesta, apparsa sul Secolo XIX di
questi giorni, relativa ai dati
occupazionali del Porto spezzino ha riaperto in città la discussione sugli
impatti socio economici non tanto della attività portuali in se, dati questi
noti, ma piuttosto dei prospettati ampliamenti delle banchine come previsto dal
Piano Regolatore del Porto del 2006.
Al di la dei
dati quantitativi in se sulla occupazione che potrebbero sempre essere sottoposti a
doppia lettura a seconda del punto di vista da cui si parte (operatori portuali
da un lato, ambientalisti e residenti
dall’altro ad esempio), ancora una volta si conferma come quello che continua a
mancare a questa città è un metodo serio, condiviso, trasparente su come
valutare (non decidere ma appunto valutare) le scelte strategiche del nostro
territorio.
È una
discussione tutt’altro che oziosa perché se è vero che il Piano Regolatore del
Porto (di seguito PRP) è stato approvato
da tempo è altrettanto vero che le parti più rilevanti devono essere ancora
realizzate (terzo bacino, stazione crocieristica, waterfront ad esempio) ,
progetti che richiederanno comunque iter autorizzatori, in particolare per
crociere e waterfront ma anche in parte per il terzo bacino, che potrebbero
permettere di cambiare il modo di valutare le nuove decisioni.
Nel Convegno tenutosi nell’ormai lontano 23
Maggio 2007 nel salone
della Provincia della Spezia alla presenza delle massime autorità locali,
regionali e statali in materia di portualità, venne letta questa mia relazione
(io ero purtroppo in ospedale per una operazione) nella quale analizzando i limiti di
valutazione degli scenari economici del PRP indicavo un indirizzo metodologico
per aprire un confronto trasparente sulle future attuazioni del PRP allora appena
approvato dal Consiglio Regionale della Liguria. Un piano quadro quindi da
attuare con strumenti urbanistici nei diversi Ambiti del demanio portuale
compreso quello del Porto commerciale.
Affermavo in
quella relazione sui limiti economici del PRP: “ Questi limiti consistono nel dato di
fatto che il PRP ha visto nello sviluppo della movimentazione
container l’unico e realistico scenario vedendo tutto il resto al massimo un
corollario . Eppure tutti gli studi più
attenti sullo sviluppo della portualità non solo in Italia dimostrano un progressivo indebolimento del rapporto tra
i porti ed il sistema economico/territoriale locale di riferimento . Gli esperti parlano di localizzazione
indifferente, fenomeno i cui
caratteri di fondo si possono così riassumere :
1. molte attività legate al
ciclo del trasporto non sono più vincolate , nell’era dei trasporti intermodali
, alla localizzazione portuale;
2. la movimentazione dei
carichi fra la nave ed il trasporto terrestre ed il relativo crescente livello
di automazione riducono fortemente l’impiego del lavoro ed aumentano quello di
capitale;
3. l’impatto occupazionale
dipende sempre meno dalla componente relativa all’ammontare di traffico che
passa per il porto;
4. un capitale che può non essere localizzato nella regione
portuale per la progressiva
concentrazione in pochi grandi gruppi internazionali dei principali terminal
portuali escludendo così il sistema
economico locale del porto da buona parte dei benefici economici. Il rischio
molto reale è che il PRP arricchisca alla Spezia solo i terminalisti privati per i
quali è quasi indifferente che un container sia pieno o vuoto: il business si
realizza sulle tariffe di sbarco/imbarco e movimentazione.
Questi elementi di analisi sono
validi per il nostro porto , al di la di
quello che ne possa pensare il sottoscritto ? Ora io penso che avrebbe dovuto
essere il PRP ( nella sua analisi
fondativa) a dare risposte, risposte che non arrivano essendo questo
Piano tutto chiuso nel suo scenario pro
container “senza se e senza ma”
.
Era di uno studio di impatto portuale di cui avevamo bisogno in grado di utilizzare tecniche che consentano di quantificare gli effetti
positivi del porto sulla struttura economica locale .Questo studio avrebbe dovuto consentire
una descrizione ( quali -
quantitativa) delle relazioni esistenti tra porto ed economica locale
una misurazione( anche ripetuta e
monitorata nel tempo) dell’impatto economico regionale in virtù della presenza
del porto
di agire con modelli di simulazione
per quantificare le variazioni nell’impatto economico a seguito di nuovi
investimenti in infrastrutture.
Queste tesi
vennero riportate dal sottoscritto insieme con la dottoressa Patrucco nella
discussione del Tavolo di Confronto sulla attuazione del PRP, approvato con un
ordine del giorno del Consiglio Regionale. Tavolo che in realtà non è mai
decollato e che anzi è diventato solo ed unicamente un luogo dove la Autorità
Portuale comunicava le sue decisioni senza alcuna reale discussione preventiva.
Sul metodo
di valutazione del PRP ho scritto da tempo molti post come questo QUI, all’interno
del quale troverete altri link di approfondimento,
Ma la
questione del metodo di valutazione, sia sotto il profilo ambientale che socio
economico, è stata riproposta dal sottoscritto anche sulla questione del nuovo
Waterfront come pure della progettata stazione crocieristica. In particolare:
Sul rispetto delle procedure di legge e di pianificazione
sovraordinata del waterfront, vedi QUI.
Sul rispetto delle procedure di legge e pianificazione
sovraordinata per la stazione crocieristica vedi QUI.
Sulla valutazione dell’impatto
economico delle stazioni
crocieristiche vedi la seconda parte di questo post: (QUI).
A tutto
questo in questi ultimissimi anni si è aggiunta una tematica di grande rilievo:
il rischio di una bolla finanziaria che rischia di scoppiare sulla portualità
in generale per effetto della finanziarizzazione degli investimenti portuali
legata principalmente alle c.d. mega navi container, di cui ho trattato tempo
fa QUI.
Credo che in questa città siano maturi i
tempi per cominciare a discutere delle scelte strategiche dei prossimi decenni
fuori dalle logiche precostituite….. PROVIAMOCI!
Nessun commento:
Posta un commento