mercoledì 13 luglio 2016

Ex Cava Brina Santo Stefano Magra: occhio al regolamento su terre e rocce da scavo

Leggo sul Secolo XIX di oggi che  Arpal  e Polizia Provinciale hanno effettuato nuovi rilievi sul cantiere di “riqualificazione” della ex cava Brina in località Ponzano Magra.
Ovviamente non ho elementi di conoscenza di cosa gli organi di vigilanza abbiano rilevato durante la loro ispezione.  Una delle questioni che resta però in dubbio su questa attività è quella legata alla presenza di amianto. Amianto presente in passato come presenza naturale e che portò al sequestro dell’area ma amianto che potrebbe tornare in questa area proprio dai lavori di riqualificazione e con tanto di avvallo di legge.
Quello che, le autorità che hanno autorizzato a suo tempo il progetto di riqualificazione di questa area, non hanno minimamente preso in considerazione è l’arrivo di un discusso nuovo regolamento sulla gestione delle terre e rocce da scavo. 

Come è noto agli addetti ai lavori le terre e rocce da scavo sono tutt’ora considerati rifiuti ma grazie ad una normativa permissiva in vigore ormai da quale anno sono stati “declassificati” a sottoprodotti e possono quindi essere utilizzati anche per lavorazioni come quella della riqualificazione della ex cava Brina ed infatti la autorizzazione prevede proprio l'utilizzo di questo materiale. 

Ma cosa c’è nelle terre e rocce di scavo non più considerati rifiuti, dalla vigente normativa nazionale?
1. scavi in genere (sbancamento, fondazioni, trincee, ecc.);
2. perforazione,  trivellazione,  palificazione,   consolidamento, ecc.;
3. opere infrastrutturali in  generale  (galleria,  diga,  strada,ecc.);
4. materiali  litoidi  in  genere  e  comunque  tutte   le   altre plausibili  frazioni  granulometriche  provenienti   da   escavazioni effettuate negli alvei, sia dei corpi  idrici  superficiali  che  del reticolo  idrico  scolante,  in  zone  golenali  dei  corsi  d'acqua, spiagge, fondali lacustri e marini;

I riporti[1] possono contenere entro certi limiti materiale inquinato[2]



QUESTA NORMATIVA ITALIANA CONTRADDICE SIA IL TESTO UNICO AMBIENTALE CHE LA DIRETTIVA EUROPEA SUI RIFIUTI
Ora l’articolo 185 del DLgs 152/2006 (tutt’ora in vigore), come pure la lettera c) paragrafo 1 articolo 2 della Direttiva 2008/98,  non considera come rifiuto il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione, ove sia certo che esso verrà riutilizzato a fini di costruzione allo stato naturale e nello stesso sito in cui è stato escavato. 
Inoltre il comma 4 di detto articolo 185 afferma che il  suolo escavato non contaminato e altro materiale allo stato naturale, utilizzati in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati, non sono classificati come rifiuti se qualificati come sottoprodotti o preventivamente trattati.  
Quindi risulta con chiarezza come secondo la Direttiva della UE non si possa escludere dalla definizione di rifiuto il suolo contaminato e/o materiale artificiale. Il Decreto 161/2012 afferma esattamente il contrario.
Si sostiene ([3]) che i materiali da scavo contaminati o meno: “non possono derivare da attività di demolizioni in corso d'opera” , citando il comma 2 articolo 3 del Decreto 161 secondo il quale: “Sono  esclusi  dall'ambito   di   applicazione   del   presente regolamento i rifiuti  provenienti  direttamente  dall'esecuzione  di interventi di demolizione di edifici o altri manufatti  preesistenti([4]),
la cui gestione è  disciplinata dal DLgs 152/2006”.  Il punto è che introducendo la possibilità di considerare sottoprodotto anche materiali contaminato si crea un presupposto di aggiramento della normativa sui rifiuti, compresi i vincoli dello stesso Decreto 161, difficilmente controllabile. Questo a prescindere dai contrasti con la normativa gerarchicamente superiore come analizzato in vari punti del presente Commento Sistematico.



MA IL PEGGIO ARRIVERÀ A  BREVE CON IL NUOVO REGOLAMENTO  SU TERRE E ROCCE DI SCAVO
Il nuovo decreto che sta per essere pubblicato dopo aver svolto l’iter di legge, prevede tra l’altro:
1. le terre e rocce da scavo potranno contenere amianto sia pure entro certi limiti quantitativi (limite massimo di 100 mg/kg.). Rilevo su questo aspetto il parere contrario dell’apposita Sezione del Consiglio di Stato (parere[5] Numero 00390/2016 e data 16/02/2016) secondo il quale la scelta di togliere il divieto della presenza di amianto dalle terre e rocce di scavo: “ non risulta documentato da alcun atto depositato presso la Segreteria della Sezione da cui possano evincersi i necessari elementi istruttori utilizzati dall’Amministrazione stessa per raggiungere le succitate conclusioni e, conseguentemente, che la scelta di superare il divieto della presenza di amianto non risulta adeguatamente motivata nella relazione ministeriale, che peraltro si è limitata a sostenere che tale modifica si è resa necessaria anche perché “la formulazione pregressa, consistente nel divieto assoluto, non era verificabile in concreto”.
2. le terre e rocce da scavo potranno contenere fino al 20% in peso materiali di “origine antropica sostanzialmente non definiti dal testo del nuovo decreto, essendo la definizione di cui alla lettera e) articolo 2 del decreto piuttosto generica;
3. esclude, dalla nozione di terre e rocce da scavo, i residui della lavorazione dei materiali lapidei novità, consentendo agli operatori di qualificarli come sottoprodotti quindi non più rifiuti. In questo modo viene aggirato il minimo divieto che c'era nel Decreto 161/2012 (esaminato sopra) alla presenza di sostanze pericolose quali:  flocculanti con acrilammide o poliacrilammide. Voglio ricordare che l'acrilammide è un cancerogeno e La poliacrilamide è utilizzata come agente flocculante nei limi da lavaggio di inerti.
4. la utilizzabilità delle terre e rocce di scavo si fonda su una autodichiarazione del produttore di questo materiale. Questo vale anche cantieri di grandi dimensioni che producono le terre da abbancare nella futura discarica di Saturnia come si evince chiaramente dall’articolo 22 del decreto in fase di pubblicazione.  Non a caso il Consiglio di Stato in Adunanza Generale nel parere sul  nuovo Decreto ha chiesto di inserire l’obbligo di controlli randomizzati (casuali) sul materiale utilizzato ma per ora non è stato accolto.



PER UN APPROFONDIMENTO SULLA NORMATIVA SULLE TERRE E ROCCE DI SCAVO VEDI QUI 




[1] Per il materiale da riporto l’allegato 9 al Decreto 161/2012 intende i riporti come  “per lo più una miscela eterogenea  di terreno naturale e  di  materiali  di  origine  antropica..” quindi possono contenere anche materiale inquinante non naturale.
[2] calcestruzzo,  bentonite,   polivinilcloruro (PVC),  vetroresina,  miscele  cementizie  e   additivi   per   scavo meccanizzato
[3]  M. Santoloci e V. Vattani  in  greenreport.it    del 2/4/2013  http://www.greenreport.it/_archivio2011/?page=default&id=21232
[4]  Secondo la Circolare Ministero Ambiente n.13338 del 14/05/2014 “Si rileva che le disposizioni di cui all’articolo 41 comma 3 della legge 98/2013 (relative al materiale di riporto vedi paragrafo in questo commento INTERPRETAZIONE AUTENTICA DEL CONCETTO DI MATERIALE DI RIPORTO) devono ritenersi unicamente applicabili a riporti storici, ovvero formatisi a seguito di conferimenti avvenuti antecedentemente alla entrata in vigore del DPR 10 settembre 1982 n. 915, che per la natura dei rifiuti e per le modalità di deposito, non integrino la fattispecie di discarica abusiva. Tra dette modalità, a titolo di esempio, si ricordano: la irreversibile trasformazione dello stato dei luoghi e l’ingente quantitativo di rifiuti oggetto di ripetuti e sistemativi abbandoni”.

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