E’ pubblicato in Gazzetta
il nuovo regolamento (vedi QUI) sull’utilizzo delle terre
e rocce da scavo che abroga il precedente decreto ministeriale 161/2012 (per un
esame di questo decreto ora abrogato vedi QUI.)
Di seguito una prima
analisi sui limiti più significativi di questo nuovo regolamento che semplifica
fortemente l’utilizzo di materiale che in realtà è sempre stato considerato per
anni rifiuto.
LA QUESTIONE DELL’AMIANTO E LA PRESENZA DI
SOSTANZE INQUINANTI NELLE TERRE E ROCCE DA SCAVO CONSIDERATE SOTTOPRODOTTI E
NON PIU’ RIFIUTI
Le terre e rocce da scavo,
declassificate come sottoprodotti e quindi non più soggette alla normativa sui
rifiuti, potranno contenere amianto.
Nella versione iniziale
dello schema di decreto il limite massimo era a 100 mg/kg. e il suggerimento veniva dall’Istituto
Superiore di Sanità considerato il limite di legge (NOTA (NOTA 1)
vigente troppo alto : 1000 mg/Kg.
Rilevo su questo aspetto
il parere contrario dell’apposita Sezione del Consiglio di Stato sullo schema
di regolamento (parere Numero 00390/2016 e data 16/02/2016) secondo il
quale la scelta di togliere il divieto della presenza di amianto dalle terre e
rocce di scavo: “non risulta
documentato da alcun atto depositato presso la Segreteria della Sezione da cui
possano evincersi i necessari elementi istruttori utilizzati
dall’Amministrazione stessa per raggiungere le succitate conclusioni e,
conseguentemente, che la scelta di superare il divieto della presenza di
amianto non risulta adeguatamente motivata nella relazione ministeriale, che
peraltro si è limitata a sostenere che tale modifica si è resa necessaria anche
perché “la formulazione pregressa, consistente nel divieto assoluto, non era
verificabile in concreto”.
Il limite
di concentrazione di amianto consentito resta quindi quello di 1000 mg/kg. Nell’Unione Europea le varie disposizioni vigenti indicano una
concentrazione limite di amianto dello 0,1%, equivalente a quella di 1000 mg/kg
contenuta nel Testo Unico Ambientale. Peccato che non esista una norma della UE
sul punto ma solo norme nazionali quindi il riferimento al vincolo del gold
plating non ha alcun valore giuridico. Infatti la legge 234/2012 (Norme
generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione
della normativa e delle politiche dell'Unione europea) al comma 2 articolo 32
afferma che “gli atti di recepimento di direttive dell’Unione europea non possono prevedere
l’introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli
minimi richiesti dalle direttive stesse”. Ma nel caso
specifico tali limiti non esistono basti leggere la direttiva quadro su rifiuti
2008/98/CE.
Il vero
motivo del mantenimento di un livello significativo di amianto anche nelle
terre e rocce da scavo non più considerate rifiuti, lo ammette la commissione
del Senato che ha chiesto di mantenere il vecchio limite con questa motivazione
emblematica: “La modifica del
limite, peraltro, rischia di paralizzare opere importanti, pur non recando
benefici ambientali. Qualora il limite di riferimento sull’amianto venisse
ridotto dai 1.000 mg/Kg attuali (limiti assunti in alcuni progetti di opere
importanti come quelle della Gronda di Genova o del Terzo Valico del Giovi) ai
100 mg/Kg, la gran parte dei materiali di zone amiantifere dovrebbe essere
smaltita con imponenti aumenti di costi.”!!!
LA QUESTIONE DELLA PRESENZA DI MATERIALE DI
ORIGINE ANTROPICA E INQUINANTE NELLE TERRE E ROCCE DI SCAVO NON PIÙ CONSIDERATE
RIFIUTI
Le terre e rocce da scavo
potranno contenere fino al 20% in peso materiali di “origine antropica” ,
l’allegato 10 al decreto in esame definisce la Metodologia per la
quantificazione dei materiali di origine
antropica ma in modo molto generico tanto che si afferma: “La valutazione non
e' finalizzata alla specifica delle singole classi merceologiche, bensi'
a separare il
terreno con caratteristiche
stratigrafiche e geologiche
naturali dai materiali origine antropica in modo che la presenza
di questi ultimi
possa essere pesata
La presenza di sostanze e
materiali di origine antropica oltre che inquinanti di origine naturale (vedi
amianto) nelle terre e rocce di scavo, non più considerate rifiuti, risulta in palese
contraddizione con l’articolo 185 del DLgs 152/2006 (tutt’ora in vigore), come
pure la lettera c) paragrafo 1 articolo 2 della Direttiva 2008/98, non
considera come rifiuto ilsuolo non contaminato e altro materiale allo
stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione, ove sia certo che
esso verrà riutilizzato a fini di costruzione allo stato naturale e nello
stesso sito in cui è stato escavato.
Inoltre il comma 4 di
detto articolo 185 afferma che il suolo escavato non contaminato e
altro materiale allo stato naturale, utilizzati in siti diversi da quelli in
cui sono stati escavati, non sono classificati come rifiuti se qualificati come
sottoprodotti o preventivamente trattati.
LA QUESTIONE DEI RESIDUI DI LAVORAZIONE DEI
MATERIALI LAPIDEI
Il nuovo regolamento
conferma la esclusione(già introdotta dall'art. 28, comma 1, legge n. 221 del
2015) dalla nozione di terre e rocce da
scavo, i residui della lavorazione dei materiali lapidei novità,
consentendo agli operatori di qualificarli come sottoprodotti quindi non più
rifiuti. In questo modo viene aggirato il minimo divieto che c'era nella
versione originale del Decreto 161/2012 alla presenza di sostanze pericolose
quali: flocculanti con acrilammide o poliacrilammide. Voglio
ricordare che l'acrilammide è un cancerogeno e La poliacrilamide è
utilizzata come agente flocculante nei limi da lavaggio di inerti.
UTILIZZO CON AUTOCERTIFICAZIONE DELLE TERRE
E ROCCE DI SCAVO NON CONSIDERATE RIFIUTI
La utilizzabilità delle
terre e rocce di scavo si fonda su una autodichiarazione del produttore di
questo materiale. Questo vale anche cantieri di grandi dimensioni come si
evince chiaramente dall’articolo 22 del nuovo regolamento. Non a caso il Consiglio di Stato in Adunanza Generale nel parere sul
nuovo Decreto ha chiesto di inserire l’obbligo di controlli randomizzati
(casuali) sul materiale utilizzato ma non è stato accolto.
CONCLUSIONI
Si conferma la volontà di
semplificare l’uso di un materiale che spesso nasconde sostanze pericolosamente
inquinanti. Questa semplificazione non potrà che favorire situazione come
quella, ma è solo un esempio in corso, del recupero ambientale della ex cava
Brina di Santo Stefano Magra trasformata, alla faccia delle autodichiarazioni
su materiali vergini e terre e rocce di scavo, in una discarica abusiva come da
provvedimento di sequestro di quel sito da parte della Procura della Repubblica
del Tribunale della Spezia.
NOTE
[1] nella
tabella 1 dell’allegato 5 al titolo V, della parte quarta del d.lgs. 152,
relativa alla concentrazione soglia di contaminazione nel suolo e nel
sottosuolo riferiti alla specifica destinazione d'uso dei siti da bonificare, è
riportato un valore per l’amianto di 1000 mg/ kg che, secondo quanto rilevato
in nota, “corrisponde al limite di rilevabilità della tecnica analitica
(diffrattometria a raggi X oppure I.R. - Trasformata di Fourier)”
Nessun commento:
Posta un commento