Il caso
dello sversamento di petrolio dai depositi IPLOM del Fegino a Genova ha
riproposto da tempo la questione della sicurezza e della prevenzione dei rischi
di incidenti per tutte quelle strutture che sono complementari agli impianti
assoggettati alla normativa Seveso (controllo del pericolo di incidenti
rilevanti connessi con sostanze pericolose).
Le
istituzioni competenti (Comune e Città Metropolitana di Genova, Regione e
organi tecnici di controllo) si sono limitati ad una interpretazione formalistica della legge nazionale che ha
recepito la Direttiva Seveso III secondo la quale la stessa non si applica: “d) al trasporto di sostanze pericolose in
condotte, comprese le stazioni di pompaggio al di fuori
degli stabilimenti soggetti
al presente decreto;”. In questo modo le conduttore che trasportano
idrocarburi come quelle del deposito
Iplom del Fegino restano fuori dai controlli rigorosi della normativa Seveso.
Ma come
stanno davvero le cose sul punto? Può essere sufficiente, anche in termini
giuridici oltreché tecnici una interpretazione da “ponzio pilato” come quella
sopra riportata?
Insieme con
il Comitato dei cittadini che da anni si occupa delle problematiche ambientali
sanitarie dell’impianto Implom del Fegino abbiamo da tempo (compresi gli atti
inviati alla Procura delle Repubblica ma anche quelli inviati alle istituzioni
competententi Città metrolitana e Regione in primo luogo ma con interrogazioni
parlamentari) posto la questione di una interpretazione estensiva delle
normativa Seveso alle conduttore che partono e/o arrivano ad impianti come
quello Iplom senza avere risposte chiare esauriente.
Eppure le
possibilità anche dentro il quadro normativo vigente nonché della giurisprudenza
e degli indirizzi operativi degli organi di controlli, di detta interpretazione
estensiva esistono. Ma ora finalmente in un documento ufficiale della UE la questione può prendere un indirizzo diverso e anche la stessa normativa può essere riletta in modo diverso come spiego in questo post...
LA NORMATIVA, LA GIURISPRUDENZA, LE
LINEE GUIDA SUL CONTROLLO DEGLI IMPIANTI SEVESO CHE DIMOSTRANO LA NECESSITÀ DI
UNA INTERPRETAZIONE ESTENSIVA DELL’AMBITO DI APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA
SEVESO
Le
definizioni ai sensi della normativa Seveso che permetterebbero una
interpretazione estensiva dell’ambito di applicazione della stessa
Secondo la
lettera a)
comma 1 articolo 3 dl DLgs 105/2015 è stabilimento ai sensi della
disciplina Seveso: “tutta
l'area sottoposta al controllo di un gestore,
nella quale sono presenti sostanze pericolose all'interno di uno o più
impianti, comprese le infrastrutture o le attività comuni o connesse;”.
Quindi anche
le infrastrutture connesse all’impianto, come ad esempio gli oleodotti al
servizio di depositi e raffinerie, possono essere, secondo una
interpretazione letterale della norma, soggette alla normativa sulle industrie
a rischio di incidente rilevante compreso il piano e programma ispezioni.
Si veda
anche le definizione di:
1. impianto ai
sensi della lettera
h) comma 1 articolo 3 del DLgs 105/2015: “h) «impianto»: un'unita'
tecnica all'interno di uno stabilimento e che si trovi fuori terra o
a livello sotterraneo, nel quale sono
prodotte, utilizzate, maneggiate o
immagazzinate le sostanze pericolose; esso comprende
tutte le apparecchiature, le strutture, le condotte, i macchinari,
gli utensili, le diramazioni ferroviarie private, le
banchine, i pontili che servono l'impianto, i moli, i magazzini e
le strutture analoghe, galleggianti o meno, necessari per il funzionamento di
tale impianto;"
2. di incidente
rilevante ai sensi della lettera o) comma 1 articolo 3 del DLgs 105/2015: “incidente
rilevante: un evento quale un'emissione, un incendio o un'esplosione di grande
entità, dovuto a sviluppi incontrollati che si verifichino
durante l'attività di uno stabilimento soggetto al presente decreto
e che dia luogo a un pericolo grave, immediato o differito,
per la salute umana o
l'ambiente, all'interno o all'esterno dello
stabilimento, e in cui intervengano una o più
sostanze pericolose;”
Non solo ma
come si ricava dall’allegato 2 al DLgs 105/2015 nel Rapporto di Sicurezza
devono essere identificati “gli impianti
e altre attività dello stabilimento che potrebbero presentare un pericolo di
incidente rilevante come pure sulla base delle informazioni disponibili,
identificazione degli stabilimenti adiacenti, nonché di
siti di attività che non rientrano nell'ambito di
applicazione del presente decreto e di aree, insediamenti e progetti urbanistici
che potrebbero essere all'origine o aumentare il rischio o le conseguenze di
incidenti rilevanti e di effetti domino;”
La
giurisprudenza che riconosce una interpretazione estensiva dell’ambito di
applicazione della stessa
Secondo la
interpretazione del Consiglio di Stato al di la della formale applicazione
della normativa sulle industrie a rischio di incidente rilevante occorre
analizzare nel merito e quindi nel caso singolo la possibile area di impatto
del potenziale incidente prodotto dalla attività dello stabilimento.
Il Consiglio di Stato sezione IV sentenza n. 371 del 2015 che
appunto ritiene necessario valutare anche il rischio oltre l’area definita
dalle curve di danno del RIR [NOTA [1]] allegato
al Piano Urbanistico Comunale:
“rispetto al parere della CTR Vigili del
Fuoco, e che in particolare si concentrano sulla non applicabilità del decreto
legislativo 334/94 4 e della direttiva 96/82/CE al di fuori delle “curve di
danno” descritte dai rapporti di sicurezza redatti dai gestori dei stabilimenti
ed approvati dall’autorità di controllo, si osserva che la ratio del
parere (in regime di salvaguardia nelle more dell’aggiornamento della
strumentazione urbanistica generale) è quella di prevenire l’
“aggravamento” del rischio conseguente al nuovo insediamento, in termini
di tempi e modalità di sgombero, accesso dei mezzi di soccorso, effetto domino
etc., e non quello di limitarsi a verificare l’estensione spaziale degli
effetti pregiudizievoli dichiarata nei rapporti di sicurezza per le varie
ipotesi di incidente rilevante.
Per il resto deve chiarirsi che: a) la
circostanza che si tratta di un intervento edilizio di riqualificazione non
toglie che esso si traduca nella sostanza in un nuovo insediamento edilizio con
caratteristiche non solo funzionali ma anche dimensionali ed architettoniche
nuove, rilevanti ai fini dell’aggravamento del rischio; b) la
constatazione che il CTR Vigili del Fuoco abbia in altre occasioni escluso il
rischio per essere l’area collocata al di fuori delle “curve di danno” non è
sufficiente per giungere alla conclusione che, nelle generali valutazioni
dell’organo tecnico, questa circostanza sia stata sempre considerata dirimente,
essendo rilevante e significativo invece appurare “quanto” le altre aree considerate
fossero fuori dalle curve di danno o quale fosse il loro peso insediativo (questioni
non emergenti chiaramente dalle argomentazioni censorie); c) le obiezioni circa
la reale sussistenza dei rischi segnalati dall’organo tecnico attingono in gran
parte agli scenari incidentali descritti dal rapporto di sicurezza, che come
già chiarito non costituisce parametro sufficiente quando è in considerazione
lo sviluppo urbanistico ed insediativo, o formulano ipotesi tecniche che, lungi
dall’evidenziare ictus logici delle conclusioni, impingono sul merito
tecnico delle valutazioni.”
Il
coordinamento tra la normativa sulle infrastrutture critiche e quella sugli
impianti Seveso
Gli
oleodotti sono soggetti alla normativa sulle infrastrutture critiche ma non a
quella sulle industrie a rischio di incidente rilevante?
Con DLgs
11 aprile 2011, n. 61 sono state disciplinate (in attuazione
della Direttiva 2008/114/CE) le procedure per l'individuazione e la
designazione di Infrastrutture critiche europee (ICE), nei settori
dell'energia e dei trasporti, nonché le modalità di valutazione della sicurezza
di tali infrastrutture e le relative prescrizioni minime di protezione dalle
minacce di origine umana, accidentale e volontaria, tecnologica e dalle
catastrofi naturali.
Questa
normativa si applica anche a oleodotti (se dichiarate infrastrutture
critiche) e prevede che venga predisposta a cura dell’operatore per
ogni infrastruttura come sopra elencata una analisi dei rischi ed un
conseguente piano di sicurezza. Questi due documenti vengono
coordinati con i documenti previsti dalla normativa sulle industrie a rischio
di incidente rilevante (piano di emergenza esterno, rapporto di sicurezza,
studio di di sicurezza integrato di area se esiste).
Una
normativa vecchissima ma tutt’ora in vigore e mai applicata
Ma se anche
fosse fondata questa interpretazione permissiva resta che, per queste condotte,
si applica una normativa ben più antica della quale si è dimenticato un
passaggio decisivo. Sto riferendomi al Decreto del 31 luglio
1934 (Approvazione delle norme di sicurezza per la lavorazione,
l'immagazzinamento, l'impiego o la vendita di oli minerali, e per il trasporto
degli oli stessi). Ebbene questo decreto al punto 61 afferma: “B) Le tubazioni (oleodotti) che possono
unire un deposito costiero ad un lontano stabilimento (vedasi n. 17), devono
invece uniformarsi ai seguenti criteri di massima: a) le condutture principali
devono evitare, per quanto possibile, i terreni non pianeggianti, i fiumi, le
paludi, gli stagni, ecc.;”.
I criteri
ed indirizzi tecnico-operativi per la valutazione delle analisi degli incidenti
rilevanti con conseguenze per l’ambiente
elaborate dal sistema arpa e
ispra nel 2013: confermano la necessità di valutare all’interno delle procedure
della normativa Seveso i rischi delle conduttore e infrastrutture esterne agli
impianti Seveso
L’obiettivo
del Rapporto, pubblicato nel 2013, è quello di fornire ai
tecnici del Sistema agenziale, ponendosi in ideale continuità con il precedente
Rapporto, criteri ed indirizzi tecnico-operativi da applicare per la
valutazione delle analisi degli incidenti rilevanti con conseguenze ambientali
originati dal rilascio incontrollato di sostanze eco-tossiche nelle acque
superficiali, quali fiumi, laghi, acque costiere e marine.
Per il testo
vedi QUI.
Secondo il
Rapporto Arpa e Ispra per la valutazione
degli incidenti Si rammenta che tre elementi devono essere
presenti affinchè si possa ipotizzare un rischio per
l’ambiente:
a) una
sorgente di pericolo;
b) una
via di migrazione/trasporto;
c) un
bersaglio vulnerabile dal punto di vista ambientale (recettore)
Dall’analisi
della tabella 2.2.3, del Rapporto in questione, si evince come la distribuzione sul territorio nazionale
dei prodotti petroliferi (~ 17500 kt) sia ripartita per circa il 58% (~ 10.000
kt) entro 100 metri dal reticolo fluviale e per circa il 47% (~ 8000 kt) in
prossimità della costa
La distribuzione
delle sostanze sia maggiormente concentrata entro la fascia di distanza di
cento metri e che tale distanza sia effettivamente rappresentativa di una
connessione diretta tra stabilimento/ricettore ambientale (reticolo fluviale).
La maggior
parte delle aziende a rischio di incidente rilevante che trattano o stoccano
prodotti petroliferi e sostanze ecotossiche (sopra soglia) in prossimità di un
corpo idrico superficiale, operano nelle vicinanze di corsi d’acqua di
rilevante interesse da un punto di vista delle dimensioni, della capacità di
veicolare sostanze o della diretta connessione con il comparto marino costiero
Soluzioni
tecniche e procedurali per la
prevenzione e per la mitigazione delle conseguenze nel caso di
mantenimento delle condizioni di criticità: approfondire le caratteristiche della
sorgente di contaminazione (ubicazione ed estensione dell’area di pertinenza
dell’unità logica, attività nuova od esistente), tipologia e quantitativi
presunti delle sostanze contaminanti coinvolte;
Nei
Rapporti di Sicurezza sono stati
riscontrati, in genere, aspetti ritenuti critici :
quali quelli relativi alla carenza di trattazione specifica e
dettagliata degli eventi riguardanti la dispersione in mare. Tutte le aziende
che hanno rappresentato l’evento si sono limitate ad una descrizione dei dispositivi
(panne galleggianti e attrezzature antinquinamento disponibili) atti a contrastare
l’evento. Non viene, in genere, sviluppata, una descrizione di dettaglio delle
metodologie utilizzate per l’intervento, dell’indicazione dei dati
fisico-chimici che dovrebbero sottendere l’intervento tecnico, di una qualunque
disamina dei processi di diffusione che potrebbero avvenire durante
l’emergenza;
Per quanto
riguarda i punti sopra citati, appare opportuno sottolineare che per Regioni con molti impianti ubicati lungo le coste, la trattazione
del possibile fenomeno di sversamento di prodotti pericolosi in mare non può
essere trascurata e anzi deve assumere una posizione di rilievo all’interno
dello studio di sicurezza; in questi casi l’analisi delle possibili
conseguenze incidentali non può prescindere da uno studio specifico
che tenga conto (stimandone anche l’incertezza) delle incidenze dei venti,
delle correnti e degli altri processi di diffusione che possono determinare il
percorso dell’inquinante in mare ed il suo stato durante la permanenza in acqua
Misure
di prevenzione: Tubazioni
di collegamento terra-piattaforma a mare:
Controlli regolari (almeno una volta all'anno) con pig intelligente [NOTA 2]
o con mezzo alternativo che preveda il controllo sistematico di tutti i punti
delle tubazioni di collegamento terra-piattaforma a mare
I monitoraggi
e lo studio specifico previste dai sopra esposti criteri e indirizzi tecnico
operativi di Arpa – Ispra andavano e andrebbero ad oggi coordinati con l’aggiornamento
del “REGOLAMENTO GENERALE DI SICUREZZA E
AMBIENTE” adottato, restare al caso del Fegino, da Iplom e Sertec, ai quali
contrattori e dipendenti dovranno fare riferimento nello svolgimento delle
attività.
In questo
regolamento ma anche relativamente alla Politica di Prevenzione degli Incidenti
Rilevanti Iplom si impegna tra l’altro: “Identificare
i pericoli d’incidente rilevante connessi con le proprie attività e adottare
adeguati provvedimenti di prevenzione;” [NOTA 3] . Quindi
tra i pericoli connessi al deposito IPLOM del Fegino rientrano sicuramente
quelli legati alla gestione dell’oleodotto.
LA NOVITÀ CHE VIENE DALLA
COMMISSIONE UE
Lo scorso
maggio 2017 a cura del Servizio per i
rischi e la sostenibilità ambientale delle tecnologie, delle sostanze chimiche,
dei cicli produttivi e dei servizi idrici e per le attività ispettive dell’ISPRA,
è stato pubblicato un documento (vedi QUI) molto
significativo anche ai fini del ragionamento svolto fino ad ora.
Il documento
proveniente dalla Commissione UE contiene le risposte ad alcuni quesiti
specifici sull’implementazione della Direttiva 2012/18/CE1 (Seveso III) posti
alla Commissione Europea dalle autorità nazionali degli Stati Membri. Essi
riguardano questioni tecniche emerse nell’attuazione della direttiva
2012/18/CE, nota come Seveso III, e di quelle precedenti.
In
particolare il primo
quesito riportato nel documento è il seguente: “Qual è la relazione tra
Direttiva Seveso III e la Convenzione n.174 del 1993 dell’OIL (Organizzazione
Internazionale del Lavoro) sulla prevenzione degli incidenti industriali
maggiori, soprattutto riguardo alle condotte e alle installazioni nucleari?”
La
Commissione ha così risposto: “Gli Stati Membri che hanno ratificato in
tutte le sue parti la Convenzione n. 174 del 1993 dovrebbero aver implementato
misure coerenti con quest’ultima. Nelle aree che non sono soggette alle
prescrizioni della direttiva, per esempio le condotte, si ritiene che gli Stati
Membri estenderanno l’ambito di applicazione della direttiva Seveso III
all’interno della propria legislazione nazionale oppure che adotteranno
specifici distinti provvedimenti.”
Appare
chiarissima la dichiarazione della Commissione che conferma la possibilità di
estendere l’applicazione della normativa Seveso anche agli oleodotti o comunque
condutture che trasportano sostanze pericolose che sono comunque connesse con tali
impianti. Il tutto in coerenza con la interpretazione estensiva sopra esposta.
Particolarmente
significativo è il riferimento alla Convenzione della Organizzazione Internazionale del
Lavoro n. 174 del 1993 relativa: prevenzione degli incidenti
industriali maggiori vedi QUI.
La Convenzione
OIL n. 174 del 1993
si applica
tra l’altro anche trasporti al di fuori del sito di una installazione se
attraverso condotte (lettera c) comma 3 articolo 1).
La Convenzione impone al gestore
tra l’altro:
1. misure tecniche di manutenzione ed ispezione
sistematica dell’installazione;
2. piani e procedure di emergenza
efficaci, con procedure mediche di emergenza, da applicare sul sito in caso di
incidente maggiore o di minaccia di un tale incidente, come pure la verifica e
la valutazione periodica dell’efficacia di questi piani e di queste procedure e
la loro revisione se necessario
3. informazioni adeguate a
lavoratori e autorità competenti quindi anche alla comunità locale interessata
4. un rapporto di sicurezza
sulla base delle informazioni di cui ai punti precedenti e da aggiornare
periodicamente anche su richiesta della autorità competente che quindi può
intervenire sulla valutazione dei rischi a prescindere dalla volontà del
gestore
5. dopo un incidente un rapporto dettagliato
con le misure per non ripeterlo
La Convenzione
impone alle autorità competenti
Le autorità
competenti devono garantire la predisposizione di un piano di emergenza esterno
con adeguata informazione delle popolazioni interessate
L’autorità
competente deve disporre di un personale debitamente qualificato, formato e
competente che possa fare affidamento a mezzi, tecnici e specialisti
sufficienti per ispezionare, 5 svolgere inchieste, fornire valutazione e
consulenze su questioni trattate nella Convenzione ed assicurare il rispetto
della legislazione nazionale.
Collocazione
delle installazioni a rischio di incidenti maggiori
L’autorità competente
deve elaborare una politica globale di collocazione che preveda una separazione
congrua tra le installazioni a rischio di incidenti maggiori progettate e le
zone residenziali, le zone di lavoro, come pure le attrezzature pubbliche, e,
nel caso di installazioni esistenti, che preveda ogni misura adeguata.
Questa politica si deve ispirare ai principi generali enunciati nella parte II
della Convenzione che sono quelli: di precauzione e prevenzione (contenuti nei
Trattati UE e della applicazione delle migliori tecnologie disponibili.
CONCLUSIONI
Dall’esame
delle normativa sopra esposta riletta alla luce della risposta della Commissione
UE risulta quanto segue:
1. anche per la Commissione UE è necessario
allargare la applicazione della normativa Seveso alle condotte;
2. il collegamento tra Direttiva Seveso e
Convenzione Oil rafforza entrambe in quanto una integra l’altra;
3. il collegamento con la Direttiva Seveso di
cui al punto 2. È rilevante soprattutto
se vista dal punto di vista delle conduttore/condotte alle quali la Convenzione
è direttamente applicabile sin dal 1993 in modo esplicito. A conferma che
Seveso o meno sia i gestori delle Iplom (per rimanere a questo esempio
significativo di incidente rilevante) che le Autorità Competente potevano
usarla per applicare adeguate misure di prevenzione, cosa che allo stato dei
fatti non appare sia stata.
4. diventa fondamentale una azione verso le Regioni e il Governo per dare attuazione operativa e anche giuridico amministrativo a quanto sopra esposto!
NOTE
[1] Il
RIR elaborato tecnico sul rischio di incidente rilevante è il documento
allegato al Piano Urbanistico Comunale volto a pianificare il territorio
nelle aree limitrofe allo stabilimento a rischio di incidente rilevante in modo
da prevenire situazioni di rischio e soprattutto evitare di aumentarlo
questo rischio costruendo in modo non coordinato con le esigenze, ad esempio,
di una eventuale evacuazione in caso di incidente. Per costruire o costruito si
fa riferimento non solo agli edifici ma anche alle infrastrutture e ogni
attività che possa aumentare il rischio incidentale.
[2] Tale
controllo consiste nell’ispezionare internamente la condotta mediante uno
strumento in grado di individuare, localizzare e dimensionare una serie di
informazioni, su caratteristiche o anomalie della tubazione.
[3] http://iplom.it/index.php?c=HSEQ&sc=Sicurezza&ly=1#top
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