Lo scorso sabato ho
partecipato come relatore al Convegno organizzato dal Movimento tutela Val Basento sulle problematiche
ambientali di quella zona della provincia di Matera in particolare nel Comune
di Pisticci. QUI
trovate tutti gli interventi del Convegno.
Nel mio intervento ho trattato la tematica di come il parametro salute pubblica deve essere valutato e comunque preso in considerazione nelle procedure di Autorizzazione Integrata Ambientale (di seguito AIA) e di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA).
In particolare ho spiegato, in riferimento all’AIA di un impianto di trattamento di rifiuti pericolosi e non nel Comune di Pisticci (MT), come uno dei passaggi procedurali importanti sia il Parere che il Sindaco deve rilasciare come autorità sanitaria (ai sensi della normativa sulle industrie insalubri del 1934). Parere che nel caso specifico non è mai stato emesso in tutte le AIA rilasciate dal 2008 in poi!
La reazione del Sindaco del Comune interessato al mio intervento mi ha confermato come da parte di molti amministratori comunali (quindi non certo solo quello del Comune in questione) ci sia una rimozione di questa funzione che è distinta come vedremo da quella classica della normativa sulle industrie insalubri.
Il Sindaco da un lato non ha negato ( e come poteva d’altronde visto che è prevista dalla legge) la esistenza di questa funzione ma ha cercato di sminuirne il significato in termini sia tecnici che giuridico amministrativi. In particolare secondo il Sindaco:
1. non si tratterebbe di un parere ma di una mera presentazione di prescrizioni
2. si tratterebbe di una competenza disciplinata da una normativa (RD 1265/1934 industrie insalubri) ormai superata e comunque non applicabile al caso in questione.
Sulla tesi 1 la risposta è facile. Se non lo si vuole chiamare “parere” chiamiamolo “PIPPO” ma resta un fatto inoppugnabile: le prescrizioni all’interno di una conferenza dei servizi devono essere depositate e messe a verbale con un atto sistemico e ben motivato quindi di fatto, prima ancora che di diritto, un parere in termini procedimentali, altrimenti la presa di posizione del Sindaco rischierebbe di essere non coordinata anzi frammentata in tante singole richieste che si perderebbero nei verbali della conferenza dei servizi propedeutica al rilascio dell’AIA, depotenziando una funzione del Sindaco che come vedremo nella seconda part di questo post può essere molto utile se ben esercitata.
La tesi 2 va analizzata sotto due aspetti.
Il primo aspetto è che la normativa sulle industrie insalubri non è un dinosauro di epoca fascista ma una norma tenuta attualmente in vigore dal Decreto Ministeriale 5/9/1994 (QUI) che oltretutto elenca le industrie insalubri tra cui ci sono gli impianti di rifiuti come è noto. Ma la norma è anche applicata attualmente dalla giurisprudenza amministrativa come ho ampiamente spiegato in questi post QUI e QUI.
Il secondo aspetto invece riguarda il rapporto tra normativa delle industrie insalubri e parere del Sindaco all’interno del procedimento di autorizzazione ma anche revisione dell’AIA.
Qui, a mio avviso, ci sono lacune di conoscenza della materia da parte dei vari Sindaci che cercano scuse per non utilizzare questo potere che gli riconosce la legge (comma 6 articolo 29quater del DLgs 152/2006).
LE DIFFERENZE TRA NORMATIVA SULLE INDUSTRIE INSALUBRI E IL PARERE DEL SINDACO IN SEDE DI RILASCIO DELL’AIA
Intanto la norma che prevede questo Parere o "PIPPO" (si ripete: comma 6 articolo 29quater del DLgs 152/2006) è vero che cita a sua volta il Regio Decreto del 1934 (cioè la disciplina delle industrie insalubri) ma solo per specificare che il Parere del Sindaco in sede di AIA viene rilasciato appunto proprio dal Sindaco stesso (non da altri soggetti istituzionali) come massima Autorità Sanitaria presente sul territorio comunale come confermato dal Decreto Ministeriale del 1994. Però la normativa sulle industrie insalubri prevede che l’intervento del Sindaco avvenga solo dopo la classificazione di industria insalubre che richiede esplicito parere dell’ASL territorialmente competente e l’intervento del Sindaco è solo quello della ordinanza per limitare eventuali superamenti della normale tollerabilità da parte delle emissioni dell’industria insalubre (articolo 217), la regolamentazione della localizzazione delle industrie insalubri invece è competenza del Comune con appositi regolamenti (articolo 216). Quindi l’intervento del Sindaco è eventuale dipende solo dal verificarsi di un disagio sanitario prodotto dall’impianto.
Nella disciplina dell’AIA il Sindaco invece deve esprimere il proprio parere all’interno della Conferenza dei Servizi a prescindere dai disagi esistenti sia nel caso di revisione/aggiornamento di AIA esistente che di AIA nuova.
Ecco perché il ragionamento del Sindaco (la seconda tesi vedi sopra) non ha alcun fondamento.
Ma vediamo, nella PARTE II di questo post, i principi di questo Parere del Sindaco ( o chiamiamolo “PIPPO” come l’ho scherzosamente definito sopra) previsto all’interno della procedura di rilascio dell’AIA. Principi definiti dalla lettura coordinata delle norme della disciplina dell’AIA che chiamano in causa il ruolo del Sindaco ma anche, anzi soprattutto, dagli indirizzi della giurisprudenza amministrativa.
Riporto questi principi e indirizzi invitando i Sindaci che continuano a non rilasciare il suddetto Parere e/o “Pippo” in questione a comprendere che il mio scopo è solo quello di spiegare come funziona un loro potere e di invitarli ad esercitarlo, altri scopi non ne ho tanto meno quello di metterli in difficoltà ben consapevole, da ex amministratore comunale, come sia difficile svolgere il loro ruolo. Ma il modo migliore per svolgerlo a mio modesto parere è quello di usare tutti i poteri che hanno a disposizione nell’interesse dei cittadini che rappresentano.
E soprattutto evitate di citare solo quello che vi pare delle leggi magari per giustificare la vostra scelta di non esercitare questa funzione che la legge vi assegna! Grazie 😊
Nel mio intervento ho trattato la tematica di come il parametro salute pubblica deve essere valutato e comunque preso in considerazione nelle procedure di Autorizzazione Integrata Ambientale (di seguito AIA) e di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA).
In particolare ho spiegato, in riferimento all’AIA di un impianto di trattamento di rifiuti pericolosi e non nel Comune di Pisticci (MT), come uno dei passaggi procedurali importanti sia il Parere che il Sindaco deve rilasciare come autorità sanitaria (ai sensi della normativa sulle industrie insalubri del 1934). Parere che nel caso specifico non è mai stato emesso in tutte le AIA rilasciate dal 2008 in poi!
La reazione del Sindaco del Comune interessato al mio intervento mi ha confermato come da parte di molti amministratori comunali (quindi non certo solo quello del Comune in questione) ci sia una rimozione di questa funzione che è distinta come vedremo da quella classica della normativa sulle industrie insalubri.
Il Sindaco da un lato non ha negato ( e come poteva d’altronde visto che è prevista dalla legge) la esistenza di questa funzione ma ha cercato di sminuirne il significato in termini sia tecnici che giuridico amministrativi. In particolare secondo il Sindaco:
1. non si tratterebbe di un parere ma di una mera presentazione di prescrizioni
2. si tratterebbe di una competenza disciplinata da una normativa (RD 1265/1934 industrie insalubri) ormai superata e comunque non applicabile al caso in questione.
Sulla tesi 1 la risposta è facile. Se non lo si vuole chiamare “parere” chiamiamolo “PIPPO” ma resta un fatto inoppugnabile: le prescrizioni all’interno di una conferenza dei servizi devono essere depositate e messe a verbale con un atto sistemico e ben motivato quindi di fatto, prima ancora che di diritto, un parere in termini procedimentali, altrimenti la presa di posizione del Sindaco rischierebbe di essere non coordinata anzi frammentata in tante singole richieste che si perderebbero nei verbali della conferenza dei servizi propedeutica al rilascio dell’AIA, depotenziando una funzione del Sindaco che come vedremo nella seconda part di questo post può essere molto utile se ben esercitata.
La tesi 2 va analizzata sotto due aspetti.
Il primo aspetto è che la normativa sulle industrie insalubri non è un dinosauro di epoca fascista ma una norma tenuta attualmente in vigore dal Decreto Ministeriale 5/9/1994 (QUI) che oltretutto elenca le industrie insalubri tra cui ci sono gli impianti di rifiuti come è noto. Ma la norma è anche applicata attualmente dalla giurisprudenza amministrativa come ho ampiamente spiegato in questi post QUI e QUI.
Il secondo aspetto invece riguarda il rapporto tra normativa delle industrie insalubri e parere del Sindaco all’interno del procedimento di autorizzazione ma anche revisione dell’AIA.
Qui, a mio avviso, ci sono lacune di conoscenza della materia da parte dei vari Sindaci che cercano scuse per non utilizzare questo potere che gli riconosce la legge (comma 6 articolo 29quater del DLgs 152/2006).
Intanto la norma che prevede questo Parere o "PIPPO" (si ripete: comma 6 articolo 29quater del DLgs 152/2006) è vero che cita a sua volta il Regio Decreto del 1934 (cioè la disciplina delle industrie insalubri) ma solo per specificare che il Parere del Sindaco in sede di AIA viene rilasciato appunto proprio dal Sindaco stesso (non da altri soggetti istituzionali) come massima Autorità Sanitaria presente sul territorio comunale come confermato dal Decreto Ministeriale del 1994. Però la normativa sulle industrie insalubri prevede che l’intervento del Sindaco avvenga solo dopo la classificazione di industria insalubre che richiede esplicito parere dell’ASL territorialmente competente e l’intervento del Sindaco è solo quello della ordinanza per limitare eventuali superamenti della normale tollerabilità da parte delle emissioni dell’industria insalubre (articolo 217), la regolamentazione della localizzazione delle industrie insalubri invece è competenza del Comune con appositi regolamenti (articolo 216). Quindi l’intervento del Sindaco è eventuale dipende solo dal verificarsi di un disagio sanitario prodotto dall’impianto.
Nella disciplina dell’AIA il Sindaco invece deve esprimere il proprio parere all’interno della Conferenza dei Servizi a prescindere dai disagi esistenti sia nel caso di revisione/aggiornamento di AIA esistente che di AIA nuova.
Ecco perché il ragionamento del Sindaco (la seconda tesi vedi sopra) non ha alcun fondamento.
Ma vediamo, nella PARTE II di questo post, i principi di questo Parere del Sindaco ( o chiamiamolo “PIPPO” come l’ho scherzosamente definito sopra) previsto all’interno della procedura di rilascio dell’AIA. Principi definiti dalla lettura coordinata delle norme della disciplina dell’AIA che chiamano in causa il ruolo del Sindaco ma anche, anzi soprattutto, dagli indirizzi della giurisprudenza amministrativa.
Riporto questi principi e indirizzi invitando i Sindaci che continuano a non rilasciare il suddetto Parere e/o “Pippo” in questione a comprendere che il mio scopo è solo quello di spiegare come funziona un loro potere e di invitarli ad esercitarlo, altri scopi non ne ho tanto meno quello di metterli in difficoltà ben consapevole, da ex amministratore comunale, come sia difficile svolgere il loro ruolo. Ma il modo migliore per svolgerlo a mio modesto parere è quello di usare tutti i poteri che hanno a disposizione nell’interesse dei cittadini che rappresentano.
E soprattutto evitate di citare solo quello che vi pare delle leggi magari per giustificare la vostra scelta di non esercitare questa funzione che la legge vi assegna! Grazie 😊
PARTE II
I PRINCIPI DI
LEGGE E GLI INDIRIZZI DELLA GIURISPRUDENZA SUL PARERE DEL SINDACO NELLE PROCEDURE
DI AIA
IL PARERE SANITARIO E’ DI COMPETENZA DEL
SINDACO E NON DELLA GIUNTA E RIENTRA QUINDI NELLE SUE COMPETENZE DI MASSIMA
AUTORITA’ SANITARIA E QUINDI NON PUO’ ESSERE RILASCIATO DAL DIRIGENTE.
Afferma la sentenza
del TAR Lazio sezione Latina n. 819
del 2009:
“..emerge l’attribuzione di una competenza
nominativamente specificata, particolarmente rilevante quanto al valore da
attribuire ad eventuali precedenti avvisi ed alle disposizioni che
ordinariamente concernono la distribuzione e la titolarità dei poteri amministrativi.
In altri termini la riprodotta disposizione assegna al sindaco, e solo a
questi, in un ambito ben individuato, il potere di dettare le “prescrizioni” di
cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265… quanto
invece, all’aspetto che involge l’indicata competenza dirigenziale, sfugge alla
ricorrente che detta espressa assegnazione, risulta coerente con il sistema
delineato dal D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 265, il quale oltre che ad attribuire
ogni potere gestorio alla dirigenza comunale, testualmente prevede all’articolo
107, comma 4, che “Le attribuzioni dei dirigenti, in applicazione del principio
di cui all’articolo 1, comma 4, possono essere derogate soltanto espressamente
e ad opera di specifiche disposizioni legislative.”.
IL PARERE SANITARIO NON PUO’ ESSERE
SUPERATO/SOSTITUITO DAL PARERE ARPA-ASL
Si veda sempre la sentenza
del TAR Lazio sez. Latina del 2009:
”deve obiettarsi che le autorità
richiamate e presenti in conferenza (ARPAT, ASL ndr.) si esprimono a tutela
dell’ambiente, nel mentre le prescrizioni di cui ai citati articoli 216 e 217
sono espressamente richieste ed oggetto di una previsione che si aggiunge e che
si inserisce nella fase antecedente al rilascio. In realtà ancora una volta,
alla tesi della ricorrente si oppone l’articolo 5, comma 14, del D. Lgs.
59/2005 il quale, oltre a prevedere l’acquisizione delle “prescrizioni” del
sindaco, testualmente contempla che “L’autorità competente, ai fini del
rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, acquisisce, …, … il parere …
delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente negli
altri casi per quanto riguarda il monitoraggio ed il controllo degli impianti e
delle emissioni nell’ambiente.”. L’impostazione qui disattesa in definitiva,
oltre che ad essere contrastata dal dato positivo, comporterebbe una non
condivisibile duplicazione, da escludersi perché la citata normativa ascrive a
competenze diverse la tutela di distinti interessi (alla ASL quella correlata
alle emissioni; al sindaco quella rapportata al possibile “pericolo o danno per
la salute pubblica”
A conferma si veda
T.A.R. Marche, Sezione I, 25 luglio 2013 che ribadisce la autonoma distinzione del Parere
Sanitario del Sindaco rispetto agli atti e funzioni di altri enti preposti alla
tutela ambientale: “3.8 Non è altresì
condivisibile l’affermazione di parte ricorrente per cui il parere del sindaco
come autorità sanitaria che non potrebbe investire aspetti ambientali, dato che
l’inquinamento e comunque l’impatto di una discarica non può essere considerato
privo di aspetti sanitari. Del resto, per quanto riguarda la inquadrabilità del
parere del Sindaco tra quelli delle autorità di cui al più volte citato art. 14
c. quater, il Collegio ritiene che, come già osservato in giurisprudenza, in
materia di rifiuti tale ruolo non possa che essere riconosciuto. Si deve
infatti rilevare lo strettissimo legame intercorrente tra la tutela
dell'ambiente e l'incomprimibile diritto di cui all'art. 32 [NOTA 1] della Carta Fondamentale”.
IL PARERE SANITARIO DEL SINDACO È
OBBLIGATORIO
Vista la autonomia del
Parere Sanitario come riportata dalla giurisprudenza sopra citata questo
atto nelle procedure di AIA è obbligatorio perché propedeutico a
perfezionare l’atto finale cioè l’AIA esercitando una funzione quella di
Autorità sanitaria non assorbita dall’AIA come dimostra l’elenco ex allegato IX
alla parte II del DLgs 152/2006.
D’altronde la conferma di
questa tesi sta nella lettera del comma
6 articolo 29-quater DLgs 152/2006. Questo comma oltre a prevedere che il
Parere Sanitario del Sindaco sia “acquisito dalla Conferenza dei Servizi”
afferma ulteriormente che detta Conferenza deve acquisire anche: “la proposta dell'Istituto superiore per la
protezione e la ricerca ambientale, per le installazioni di competenza statale,
o il parere delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione
dell'ambiente, per le altre installazioni, per quanto riguarda le modalità di
monitoraggio e controllo degli impianti e delle emissioni nell'ambiente.” Ora
è indiscutibile che la lettera della legge appena citata metta il Parere del
Sindaco, sullo stesso piano, al fine di una completa istruttoria per il
rilascio dell’AIA, di altri pareri di enti che devono per legge partecipare
alla Conferenza dei Servizi esprimendo il loro punto di vista pena la
incompletezza della istruttoria che comporterebbe la illegittimità
del provvedimento finale di autorizzazione.
D’altronde quando la legge
ha voluto riconoscere la non obbligatorietà dell’intervento del Sindaco
nell’ambito di un procedimento di AIA lo ha fatto. Si veda il comma 7 [NOTA 2] articolo 29-quater del DLgs 152/2006 dove non casualmente si usa il
termine “il sindaco, qualora lo ritenga necessario
nell'interesse della salute pubblica.. può chiedere il riesame dell’AIA”
IL PARERE NEGATIVO DEL SINDACO PUO’ ESSERE
DI OSTACOLO AL RILASCIO DELLA AUTORIZZAZIONE
Ritorniamo sempre alla
sentenza del TAR Latina del 2009
dove i ricorrenti contro il mancato rilascia dell’AIA per parere sanitario
negativo del Sindaco affermavano: “il parere negativo del sindaco
del comune di Pontinia non sarebbe poi di ostacolo al rilascio
dell’autorizzazione integrata ambientale, stante la collocazione nella
conferenza di servizi a carattere istruttorio, connotazione che implicherebbe
la possibilità di superare detto parere e di rilasciare la richiesta
autorizzazione;”
La sentenza del TAR
chiarisce la non fondatezza dei ricorrenti affermando quanto segue “dal dato positivo, si desume che l’autorità
procedente deve comunque concludere nei termini fissati i lavori della
conferenza e che, per il caso di dissenso manifestato dal titolare di
attribuzioni inerenti ad un cd. interesse sensibile, alla stessa è preclusa la
possibilità di assumere una determinazione favorevole collocandosi la
competenza ad un distinto livello. Il che si è verificato nella fattispecie
nella quale il dissenso, veicolato dal parere sindacale negativo, investe un
interesse sensibile (quello “alla tutela della salute e della pubblica
incolumità” di cui agli articoli 14 - quater, comma 3, legge 241/1990 e 217
R.D. 1265/1934); dissenso che, in quanto tale, non poteva essere superato e/o
composto nella citata sede ed è stato correttamente presupposto dalla provincia
al fine di attivare la conferenza permanente Stato Regioni”
In particolare il comma 1 dell’articolo 14 quinquies (che
ha ripreso il sopra citato articolo 14-quater comma 3 nelle legga 241/1990)
afferma sul punto del dissenso in conferenza dei servizi: “1. Avverso la determinazione motivata di
conclusione della conferenza, entro 10 giorni dalla sua comunicazione, le
amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale,
dei beni culturali o alla tutela della salute e della pubblica incolumità dei
cittadini possono proporre opposizione al Presidente del Consiglio dei ministri
a condizione che abbiano espresso in modo inequivoco il proprio motivato
dissenso prima della conclusione dei lavori della conferenza. Per le
amministrazioni statali l'opposizione è proposta dal Ministro competente..”
Tradotto in caso di
dissenso espresso dal parere sanitario del Comune si rinvia alla intesa Governo
Regione che solo se non raggiunta comporterà una apposita deliberazione del
Consiglio dei Ministri……quindi come dire un serie di passaggi non semplici se
il Comune presentasse un Parere Sanitario ben motivato.
A conferma di quanto sopra
si veda il T.A.R. Marche, Sezione I, 25 luglio 2013 che chiarisce a
sua volta cosa succede se in Conferenza dei Servizi alti enti si
oppongono al parere del Sindaco:
“non è condivisibile la
tesi di parte ricorrente per cui la Regione, in quanto autorità procedente,
avrebbe dovuto superare i pareri negativi e imporre il proprio parere favorevole.
Ciò anche a prescindere dal disposto dell’art. 14 quater della legge 241/90, in
quanto l’impostazione di parte ricorrente sembra contraria alla natura stessa
della Conferenza di servizi, che è volta alla composizione e al confronto degli
interessi delle autorità coinvolte”.
Di conseguenza, per
stabilire quali siano le posizioni prevalenti dovrà tenersi conto del ruolo che
le diverse amministrazioni assumono in sede di conferenza. Ciò porta,
ovviamente a valutate con particolare attenzione al dissenso proveniente dagli
enti esponenziali di comunità territoriali (Tar Marche.418/2013, cit.)”.
Sul punto si veda anche TAR
Lombardia sez. Brescia n°1225/2017 confermata dalla sentenza del Consiglio
n° 983 del 2019) [NOTA 3]
COSA DEVE CONTENERE IL PARERE SANITARIO DEL
SINDACO NELLA PROCEDURA DI AIA
Il TAR Sicilia sentenza n. 1524 del 2015 afferma
quanto segue:
1. Le
prescrizioni devono essere “lato sensu” tecniche al fine di prevenire o
impedire eventuali pericoli di danni per la salute pubblica
2. le
prescrizioni che se non accolte possono bloccare la autorizzazione deve essere
fondate da congrua e seria attività istruttoria sui paventati inconvenienti
sanitari e che si sia vanamente tentato di eliminarli
3. il
Comune può discostarsi dai pareri favorevoli resi da altre autorità sanitarie
ed ambientali solo in caso di assoluta insufficienza, carenza e approssimazione
degli stessi e qualora sussistano allegazioni che provino oltre ogni dubbio
l’inattendibilità dei pareri e la sussistenza di comprovati elementi che
dimostrino la sussistenza di inconvenienti sanitari
Come si vede quindi anche
questa sentenza non mette in discussione il potere del Sindaco di rilasciare il
Parere ma semmai i contenuti dello stesso ma se questo potere non viene
esercitato ovviamente non sapremo mai se i contenuti sussistevano o meno!
IL SINDACO COSA RISCHIA SE SULLA BASE DI UN
PARERE ADEGUATO FOSSE ARRIVATO AD EMETTERE UNA ORDINANZA SANITARIA CONTRO
L’INQUINAMENTO OD OTTENERE LA SOSPENSIONE DI UNA AUTORIZZAZIONE O IL DINIEGO
DEL RILASCIO DELLA STESSA
Ce lo spiega una
recentissima sentenza del Consiglio
di Stato (826/2018) che, riformando una sentenza del TAR della regione
interessata che annullava per un vizio di forma una ordinanza sindacale, ha
affermato che non ci può essere condanna al risarcimento a carico del Comune.
Perché? In base al
principio di precauzione
“18.2. Nel caso di specie, non si può configurare in nessuna forma la
colpa dell’Amministrazione perché la sentenza che ha statuito sulla domanda di
risarcimento, in conseguenza dell’annullamento delle ordinanze del Sindaco del
comune di Castel Volturno per un vizio formale delle stesse, non ha tenuto
conto del contesto di grave danno all’ambiente e alla salute, del principio di
precauzione e della complessa vicenda procedimentale attivata per la bonifica
delle aree.
18.5. Nel caso di specie, l'accertato difetto di istruttoria va, infatti, rapportato all'esigenza di una immediata tutela dell'incolumità pubblica in coerenza con la finalità preventiva e cautelare del potere esercitato (cfr. Consiglio di Stato sez. III, 11 luglio 2014, n. 3547).
Cosicché, l’annullamento giurisdizionale per vizi ”formali”, che non intacca sostanzialmente la discrezionalità dell'agire della p.a., non dà spazio per alcun risarcimento del danno, poiché la pretesa alla legittimità formale del provvedimento viene adeguatamente ristorata con l'eliminazione del vizio formale stesso, non potendosi accertare la spettanza o meno del sottostante bene della vita (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. V, 10 febbraio 2015, n. 675).”
18.5. Nel caso di specie, l'accertato difetto di istruttoria va, infatti, rapportato all'esigenza di una immediata tutela dell'incolumità pubblica in coerenza con la finalità preventiva e cautelare del potere esercitato (cfr. Consiglio di Stato sez. III, 11 luglio 2014, n. 3547).
Cosicché, l’annullamento giurisdizionale per vizi ”formali”, che non intacca sostanzialmente la discrezionalità dell'agire della p.a., non dà spazio per alcun risarcimento del danno, poiché la pretesa alla legittimità formale del provvedimento viene adeguatamente ristorata con l'eliminazione del vizio formale stesso, non potendosi accertare la spettanza o meno del sottostante bene della vita (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. V, 10 febbraio 2015, n. 675).”
[NOTA 1] La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettivita`, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
[NOTA 2] “7. In presenza di circostanze intervenute successivamente al rilascio dell'autorizzazione di cui al presente titolo, il sindaco, qualora lo ritenga necessario nell'interesse della salute pubblica, può, con proprio motivato provvedimento, corredato dalla relativa documentazione istruttoria e da puntuali proposte di modifica dell'autorizzazione, chiedere all'autorità competente di riesaminare l'autorizzazione rilasciata ai sensi dell'articolo 29-octies.”
[NOTA 3]
“1. Nell’ambito del procedimento di rilascio dell’AIA
il Comune e l’ASL hanno espresso distintamente parere negativo. 2. In ragione
della contrapposizione tra gli Enti coinvolti, con determinazione dirigenziale
la Provincia ha attivato la procedura prevista dall’art. 14-quater, comma 3,
della L. n. 241/1990 per la remissione della questione all’esame del Consiglio
dei Ministri. 3. Nel caso specifico il Consiglio dei Ministri ha riconosciuto
la fondatezza del dissenso di Comune e Asl ed ha concluso che, allo stato, non
sussiste la possibilità di procedere alla realizzazione del progetto. 4.sulla base
della deliberazione del Consiglio dei Ministri,la Provincia quale autorità
titolare della funzione di rilascio dell’AIA ha disposto il definitivo rigetto
della istanza da parte della società che voleva realizzare l’impianto di
rifiuti.”
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