Su come si doveva
procedere per impedire l’ennesimo centro di vendita a Spezia in danno del commercio di vicinato, il c.d. superbrico nell'area ex SIO a Spezia, ho già avuto modo di scrivere molto ( vedi QUI).
Voglio qui riportare
passaggi fondamentali di una sentenza del Consiglio di Stato N° 8801/2019 (QUI)
pubblicata lo scorso 24 Dicembre, su un
caso ligure ( Ventimiglia) di una media struttura di
vendita (proposto dalla società Talea, Società
di Gestione Immobiliare s.p.a.,)
Qui un Progetto
Urbanistico Operativo presentato come mero aggiornamento del PUC vigente in
realtà è stato dichiarato come variante sostanziale anche per la presenza della
media struttura di vendita che si poneva
in contrasto con quanto previsto dal PUC nel Distretto di trasformazione interessato
che prevedeva solo “funzioni tipicamente
commerciali e di connettivo urbano come botteghe artigianali e pubblici
esercizi e non, come invece prevedeva il PUO l'accorpamento di tutte le
superfici di vendita nella parte Est del Distretto, all'interno di un'unica
struttura di vendita (assimilabile ad una Media Struttura di Vendita
alimentare)".
Da cui, come riconosce la sentenza del Consiglio di Stato, un aumento
insostenibile del carico urbanistico (rispetto al vigente PUC) “nonostante l’invarianza della superficie
complessivamente destinata al commercio, la variante comporta un obiettivo
incremento del carico urbanistico complessivo, poiché l’insediamento di una
media struttura di vendita nel secondo sub-ambito, in luogo di una pluralità di
esercizi di vicinato, è idoneo ad attirare clientela proveniente da un più
vasto bacino di utenza [...]”.
Da cui anche la non corretta applicazione della VAS al
caso in esame come statuito dalla sentenza del Consiglio di Stato in esame
Ma al di la del caso specifico mi corre l’obbligo di
citare altri passi della interessante sentenza
del Consiglio di Stato che afferma principi generali in materia di rapporti tra
pianificazione urbanistica comunale e programmazione delle strutture
commerciali con buona pace di tutti i discorsi sulla liberalizzazione del
commercio ( di derivazione UE) che legherebbe le mani ai Comuni nel bloccare in
grandi e medi esercizi commerciali.
Vediamoli questi passaggi della sentenza del Consiglio
di Stato. Il Consiglio di Stato relativamente al divieto di apertura di esercizi commerciali diversi da
quelli di vicinato con SV non superiore a 250 mq afferma quanto segue:
"su tale divieto, non ha alcuna incidenza la normativa
europea e nazionale in materia di liberalizzazione delle attività economiche.
Al riguardo, la Sezione (cfr., ad esempio, la sentenza
n. 5029 del 22 agosto 2018; da ultimo, vedi anche 20 marzo 2019, n. 1831) ha
già avuto modo di confutare la tesi secondo cui un vincolo urbanistico di
destinazione possa assumere, in radice, un carattere di restrizione della
concorrenza o, comunque, di attenuazione della libertà d’impresa.
Inoltre, la Sezione ha anche confutato la tesi secondo
cui i principi in materia di liberalizzazione delle attività economiche
potrebbero consentire ai Comuni di travolgere o comunque diversamente
interpretare la disciplina recata dagli strumenti urbanistici generali."
In particolare “La libera iniziativa economica dei
costruttori e il godimento delle aree fabbricabili devono pur sempre sottostare
ai provvedimenti nei quali si concreta, legittimamente, il governo del
territorio. La complessa normativa statale che ha introdotto principi di
liberalizzazione nel settore commerciale, adeguando l'ordinamento nazionale ai
principi di concorrenza recati dal diritto comunitario europeo, non ha infatti
mai preteso di annullare, sostituire o rendere inefficace la normativa comunale
sul governo del territorio, ma semmai ha previsto nell'ambito dell'ordinato
assetto della pianificazione la rilevanza degli stessi principi secondo un
modello di proporzionalità delle limitazioni urbanistiche apposte dall'autorità
comunale” (20 luglio 2017, n. 3754; cfr. anche, IV Sez., 4 maggio 2017, n.
2026).
Ed inoltre “La liberalizzazione del mercato dei
servizi sancita dalle norme comunitarie e dai provvedimenti legislativi, che vi
hanno dato attuazione, non può dunque essere intesa in senso assoluto come
primazia del diritto di stabilimento delle imprese ad esercitare sempre e
comunque l'attività economica, dovendo, anche tale libertà economica,
confrontarsi con il potere, demandato alla Pubblica amministrazione, di
pianificazione urbanistica degli insediamenti, ivi compresi quelli produttivi e
commerciali” (sentenza n. 3754/2017, cit.). “D’altro canto, il piano regolatore è appunto lo strumento attraverso
cui trovano composizione i vari interessi espressi dal territorio e la sua
stessa formazione consente l’emersione di quei “motivi imperativi di interesse
generale” ai quali, secondo i principi comunitari, vanno ricondotti i limiti
all’esercizio delle attività economiche (sentenza n. 1831/2019, cit.).”
Cosa si può aggiungere a tutto
questo? Solo una battuta: cari
commercianti non fidatevi di quelli che in campagna elettorale vi dicono di
difendervi oppure si inventano regole e principi normativi in realtà facilmente
aggirabili. Questi signori vi prendono
per il c…
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