sabato 7 dicembre 2019

Parco Montemarcello Magra: quale ruolo attivo dei Comuni senza distruggere il Parco


Vorrei ricordare ai Sindaci che si lamentano per non essere dentro il Consiglio direttivo del Parco Montemarcello Magra Vara (anche oggi ad esempio quello di Lerici sul secolo XIX) che nel Consiglio sono presenti ben tre rappresentanti dei Comuni sul totale di 5. Che poi tra i tre ci debba essere il Sindaco con maggiore territorio interessato dal Parco è questione che va decisa dalla Comunità del Parco che designa i tre membri oltre a quello che rappresenta interessi generali (anche qui termine generico).
Semmai andrebbero meglio chiariti i parametri della rappresentanza...

ma questo lo deve fare il Consiglio stesso nel rispetto del comma 1 articolo 18 legge regionale 12/1995 che recita: "la composizione è definita dallo Statuto (vedi QUI) che prevede un'equilibrata rappresentanza delle comunità locali e degli interessi generali". Non solo ma anche con riferimento alla rappresentatività negli organi del Parco in rapporto alla porzione di territorio comunale interessato dall’area protetta la legge regionale 12/1995 al comma 1 articolo 11 recita: “ I presidenti delle province e i sindaci dei comuni o loro delegati, nei cui territori sono ricomprese le aree naturali protette, costituiscono la Comunità dell’area naturale protetta, ciascuno con responsabilità pari alla quota di partecipazione territoriale calcolata, nel rispetto di quanto previsto dal presente comma, sulla base dei criteri stabiliti dalla Giunta regionale con propria deliberazione. La quota di partecipazione è definita con riferimento alla percentuale della superficie comunale compresa nell’area protetta, nonché alla percentuale della quota di partecipazione del comune alla superficie complessiva dell’area protetta e non può comunque eccedere, per ciascun comune, il 49 per cento dell’intero organo collegiale. Alle province è riservata una quota complessiva pari a un decimo.”

Ma la vera questione  è che a mio avviso il livello politico mi pare continui a non capire quale sia,  soprattutto debba restare, la natura amministrativa di un ente parco e soprattutto la finalità del Parco che gestisce.



LA  GOVERNANCE DEL PARCO REGIONALE SECONDO LA VIGENTE LEGISLAZIONE NAZIONALE E REGIONALE
In primo luogo si veda la variegata composizione del Consiglio di Amministrazione (dove gli enti locali sono ben presenti come Comunità del Parco e addirittura con le ultime riforme della legge regionale 12/1995 sono di fatto maggioranza potenziale (3 su 5 a parte il Presidente)
Ma al di la della composizione dei Consigli direttivi degli Enti Parco  la architettura istituzionale dell’Ente Parco, disegnata dalla legge quadro sulle aree protette, non costituisce una assoluta penalizzazione del livello istituzionale locale e tanto meno della comunità locale, ci sono infatti nella legge sui parchi strumenti di gestione e concertazione (previsti o prevedibili anche dalla legislazione regionale in materia) per evitare questo rischio:
1. la permanenza dei diritti reali e degli usi civici consuetudinari
2. l’intesa obbligatoria con i Comuni per l’approvazione del piano del parco nelle aree di promozione economico sociale
3. la predisposizione da parte della Comunità del Parco del piano pluriennale economico e sociale per la promozione delle attività compatibili.
4. la possibilità di esercitare all’interno del parco attività collegate agli usi locali se previste dal regolamento del parco e , in deroga alla normativa generale sui parchi, ad eccezione della possibilità di modificare norme in materia di divieto di attività venatoria.
5. la possibilità per i Comuni di predisporre strumenti urbanistici in attuazione del Piano del Parco  (articolo 19 LR 12/1995)


QUALE COLLABORAZIONE DELL’ENTE PARCO CON I COMUNI  NEL QUADRO DELLA VIGENTE NORMATIVA
L’autonomia dell’Ente Parco dai Comuni presenti sul territorio deve fondarsi non tanto su rigidi criteri di rappresentanza (minor ruolo dei rappresentanti della Comunità negli organismi di gestione degli enti parco) ma semmai sulla capacità dell’Ente Parco di trasformare l’area protetta in occasione di sviluppo secondo i principi della sostenibilità e con il coinvolgimento delle forze  economiche e sociali. In tal senso gli Enti da organismi di vigilanza e di gestione dei poteri di nulla osta in perenne conflitto con le comunità locali, dovranno trasformarsi in vere e proprie Agenzie per lo sviluppo sostenibile dell’area parco utilizzando in tal senso in primo lo strumento del Programma Pluriennale di sviluppo (ex legge 394) come un Piano per lo sviluppo sostenibile attuativo degli indirizzi del Piano del Parco nel quadro di una politica di concertazione sociale e istituzionale  secondo le forme della Programmazione Negoziata e dell’Amministrazione per accordi ed i principi dell’Agenda 21 locale e/o metodologie partecipative simili.



QUALE RUOLO ATTIVO DEI COMUNI NELLA PIANIFICAZIONE E GESTIONE DEL TERRITORIO DEL PARCO NEL QUADRO DELLA VIGENTE NORMATIVA
I parametri per il rilascio del nulla osta dell’Ente Parco, sugli interventi nel territorio dell’area  protetta, sono contenuti nel Piano del Parco e nel Regolamento. In questo senso sarà opportuno che tali strumenti di disciplina del territorio protetto contengano indicazioni puntuali in ordine alle diverse attività consentite nelle singole zone con particolare riferimento alle aree a minor intensità di  tutela. Sarà utile anche procedere all’elaborazione di una dettagliata casistica, con riferimento alle categorie di interventi ed opere di cui al comma 2 dell’art.11 della legge 394/1991 (l’elenco delle attività che dovranno essere disciplinate dal Regolamento), questo perché nella legge 394 tali categorie presentano contorni sfumati che finirebbero per assegnare all’Ente Parco una discrezionalità così ampia in ordine alla compatibilità del singolo intervento da rendere evanescente ogni effettiva possibilità di controllo.
D’altronde la chiave per fondare giuridicamente il suddetto ragionamento è nella stessa legge  quadro nazionale delle aree protette. L’art. 22.2 della legge 394 introduce una precisazione affermando “la partecipazione  degli enti locali alla definizione del piano del parco”, partecipazione che ha valenza costituzionale visto che viene considerata principio fondamentale di riforma economico -sociale. Questa norma esprime alla lettera la necessità del parere obbligatorio e non vincolante da parte degli Enti locali su Piano e Regolamento del Parco, ma potrebbe anche riferirsi alla predisposizione di un Documento di Indirizzo  preliminare sia all’istituzione dell’area protetta che alla stesura del Piano e Regolamento del Parco alla cui stesura  partecipino anche gli Enti Locali magari facendolo approvare con un accordo ai sensi della legge 241/1990 o del testo unico enti locali.
Non solo ma la norma suddetta potrebbe anche essere  interpretata nel senso di applicare ai parchi regionali quanto previsto per quelli nazionali dall’art.12.4 (legge 349/1991) per il quale relativamente alle aree di promozione economica e sociale il piano del parco è approvato dalla Regione d’intesa con Ente Parco e Comuni.  
Infine occorre ricordare che la legge regionale ligure vigente in materia di aree protette (legge regionale 12/1995) prevede al comma 5 articolo 11 che: “La Comunità ha, inoltre, funzione consultiva dell’Ente di gestione dell’area protetta. In particolare, esprime parere obbligatorio o vincolante, secondo le previsioni dello Statuto”. Ora lo statuto del Parco Montemarcello Magra Vara all’articolo 27 non prevede in nessun caso pareri vincolanti della Comunità del Parco ma ciò non esclude che invece questi vengano inseriti ad esempio in relazione alle aree meno vincolate del piano del parco, al regolamento delle attività del Parco , alla stessa approvazione del piano pluriennale economico sociale e non limitarsi a fare concorrere, la Comunità del Parco, alla predisposizione delle indicazioni per la sua elaborazione come invece afferma lo statuto all’articolo 27.

È chiaro però che queste modifiche del ruolo e delle funzioni dei Comuni e della Comunità Parco non possono aggirare la ratio che sta alla base della istituzione dei Parchi. In questo senso il ruolo dell'Ente Parco deve restare quello di un soggetto amministrativo ad elevata specializzazione tecnico scientifica, con una rilevante indipendenza dalle strutture di derivazione politico rappresentativa. Questo proprio per la diversa rappresentanza di interessi tra i due Enti. L’Ente Parco quindi deve perseguire la finalità di conservazione/valorizzazione del patrimonio naturale, non attraverso un processo di continua contrattazione corporativa tra Comuni ed Enti, ma all’interno di un sistema di procedure e strumenti di gestione il più possibile oggettive e scientifiche attuate attraverso responsabilità tecniche precise e trasparenti. 




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