Vorrei ricordare ai Sindaci che si lamentano per non essere dentro il Consiglio direttivo del Parco Montemarcello Magra Vara (anche oggi ad esempio quello di Lerici sul secolo XIX) che nel Consiglio sono presenti ben tre rappresentanti dei Comuni sul totale di 5. Che poi tra i tre ci debba essere il Sindaco con maggiore territorio interessato dal Parco è questione che va decisa dalla Comunità del Parco che designa i tre membri oltre a quello che rappresenta interessi generali (anche qui termine generico).
Semmai andrebbero meglio chiariti i parametri della rappresentanza...
ma questo lo deve fare il Consiglio stesso nel rispetto del comma 1 articolo 18 legge regionale 12/1995 che recita: "la composizione è definita dallo Statuto (vedi QUI) che prevede un'equilibrata rappresentanza delle comunità locali e degli interessi generali". Non solo ma anche con riferimento alla rappresentatività negli organi del Parco in rapporto alla porzione di territorio comunale interessato dall’area protetta la legge regionale 12/1995 al comma 1 articolo 11 recita: “ I
presidenti delle province e i sindaci dei comuni o loro delegati, nei cui
territori sono ricomprese le aree naturali protette, costituiscono la Comunità
dell’area naturale protetta, ciascuno con responsabilità pari alla quota di
partecipazione territoriale calcolata, nel rispetto di quanto previsto dal
presente comma, sulla base dei criteri stabiliti dalla Giunta regionale con
propria deliberazione. La quota di partecipazione è definita con riferimento
alla percentuale della superficie comunale compresa nell’area protetta, nonché
alla percentuale della quota di partecipazione del comune alla superficie
complessiva dell’area protetta e non può comunque eccedere, per ciascun comune,
il 49 per cento dell’intero organo collegiale. Alle province è riservata una
quota complessiva pari a un decimo.”
Ma la vera questione è che a mio avviso il livello politico mi pare continui a non capire
quale sia, soprattutto debba restare, la natura amministrativa di un ente parco e soprattutto la finalità
del Parco che gestisce.
LA GOVERNANCE DEL PARCO REGIONALE SECONDO
LA VIGENTE LEGISLAZIONE NAZIONALE E REGIONALE
In primo luogo si veda la
variegata composizione del Consiglio di Amministrazione (dove gli
enti locali sono ben presenti come Comunità del Parco e addirittura con le
ultime riforme della legge regionale 12/1995 sono di fatto maggioranza
potenziale (3 su 5 a parte il Presidente)
Ma al di la della
composizione dei Consigli direttivi degli Enti Parco la architettura istituzionale dell’Ente
Parco, disegnata dalla legge quadro sulle aree protette, non costituisce una
assoluta penalizzazione del livello istituzionale locale e tanto meno della
comunità locale, ci sono infatti nella legge sui parchi strumenti di
gestione e concertazione (previsti o prevedibili anche dalla legislazione
regionale in materia) per evitare questo rischio:
1. la
permanenza dei diritti reali e degli usi civici consuetudinari
2. l’intesa
obbligatoria con i Comuni per l’approvazione del piano del parco nelle aree di
promozione economico sociale
3. la
predisposizione da parte della Comunità del Parco del piano pluriennale
economico e sociale per la promozione delle attività compatibili.
4. la
possibilità di esercitare all’interno del parco attività collegate agli usi
locali se previste dal regolamento del parco e , in deroga alla normativa
generale sui parchi, ad eccezione della possibilità di modificare norme in
materia di divieto di attività venatoria.
5. la
possibilità per i Comuni di predisporre strumenti urbanistici in attuazione del
Piano del Parco (articolo 19 LR 12/1995)
QUALE COLLABORAZIONE DELL’ENTE PARCO CON I
COMUNI NEL QUADRO DELLA VIGENTE NORMATIVA
L’autonomia dell’Ente
Parco dai Comuni presenti sul territorio deve fondarsi non tanto su rigidi
criteri di rappresentanza (minor ruolo dei rappresentanti della Comunità negli
organismi di gestione degli enti parco) ma semmai sulla capacità dell’Ente Parco
di trasformare l’area protetta in occasione di sviluppo secondo i principi
della sostenibilità e con il coinvolgimento delle forze economiche e
sociali. In tal senso gli Enti da organismi di vigilanza e di gestione dei
poteri di nulla osta in perenne conflitto con le comunità locali, dovranno
trasformarsi in vere e proprie Agenzie
per lo sviluppo sostenibile dell’area parco utilizzando in tal senso
in primo lo strumento del Programma
Pluriennale di sviluppo (ex legge 394) come un Piano per lo sviluppo sostenibile
attuativo degli indirizzi del Piano del Parco nel quadro di una politica di
concertazione sociale e istituzionale secondo le forme della
Programmazione Negoziata e dell’Amministrazione per accordi ed i principi
dell’Agenda 21 locale e/o metodologie partecipative simili.
QUALE RUOLO ATTIVO DEI COMUNI NELLA PIANIFICAZIONE E
GESTIONE DEL TERRITORIO DEL PARCO NEL QUADRO DELLA VIGENTE NORMATIVA
I parametri per il rilascio
del nulla osta dell’Ente Parco,
sugli interventi nel territorio dell’area protetta, sono contenuti
nel Piano del Parco e nel Regolamento. In questo senso sarà
opportuno che tali strumenti di disciplina del territorio protetto contengano
indicazioni puntuali in ordine alle diverse attività consentite nelle singole
zone con particolare riferimento alle aree a minor intensità
di tutela. Sarà utile anche procedere all’elaborazione di una
dettagliata casistica, con riferimento alle categorie di interventi ed opere di
cui al comma 2 dell’art.11 della legge 394/1991 (l’elenco delle
attività che dovranno essere disciplinate dal Regolamento), questo perché nella
legge 394 tali categorie presentano contorni sfumati che finirebbero per
assegnare all’Ente Parco una discrezionalità così ampia in ordine alla
compatibilità del singolo intervento da rendere evanescente ogni effettiva
possibilità di controllo.
D’altronde la chiave per
fondare giuridicamente il suddetto ragionamento è nella stessa
legge quadro nazionale delle aree protette. L’art. 22.2 della
legge 394 introduce una precisazione affermando “la partecipazione degli enti locali alla definizione del piano
del parco”, partecipazione che ha valenza costituzionale visto che viene
considerata principio fondamentale di riforma economico -sociale. Questa norma
esprime alla lettera la necessità del parere obbligatorio e non vincolante da
parte degli Enti locali su Piano e Regolamento del Parco, ma potrebbe anche
riferirsi alla predisposizione di un Documento
di Indirizzo preliminare sia all’istituzione dell’area protetta che
alla stesura del Piano e Regolamento del Parco alla cui
stesura partecipino anche gli Enti Locali magari facendolo approvare con un accordo ai sensi della legge 241/1990 o del testo unico enti locali.
Non solo ma la norma
suddetta potrebbe anche essere interpretata nel senso di applicare ai parchi regionali quanto previsto per quelli
nazionali dall’art.12.4 (legge 349/1991) per il quale relativamente alle aree di promozione economica e sociale
il piano del parco è approvato dalla Regione d’intesa con Ente Parco e
Comuni.
Infine occorre ricordare
che la legge regionale ligure vigente in materia di aree protette (legge
regionale 12/1995) prevede al comma 5 articolo 11 che: “La Comunità ha, inoltre, funzione consultiva dell’Ente di gestione
dell’area protetta. In particolare, esprime parere obbligatorio o
vincolante, secondo le previsioni dello Statuto”. Ora lo statuto del
Parco Montemarcello Magra Vara all’articolo 27 non prevede in nessun caso
pareri vincolanti della Comunità del Parco ma ciò non esclude che invece questi
vengano inseriti ad esempio in relazione alle aree meno vincolate del piano del
parco, al regolamento delle attività del Parco , alla stessa approvazione del
piano pluriennale economico sociale e non limitarsi a fare concorrere, la Comunità del Parco, alla predisposizione delle indicazioni
per la sua elaborazione come invece afferma lo statuto all’articolo 27.
È chiaro però che queste
modifiche del ruolo e delle funzioni dei Comuni e della Comunità Parco non possono aggirare la ratio che sta alla base
della istituzione dei Parchi. In questo senso il ruolo dell'Ente Parco deve
restare quello di un soggetto amministrativo ad elevata specializzazione
tecnico scientifica, con una rilevante indipendenza dalle strutture di
derivazione politico rappresentativa. Questo proprio per la diversa
rappresentanza di interessi tra i due Enti. L’Ente Parco quindi deve perseguire la finalità di
conservazione/valorizzazione del patrimonio naturale, non attraverso un
processo di continua contrattazione corporativa tra Comuni ed Enti, ma all’interno di un sistema di procedure e
strumenti di gestione il più possibile oggettive e scientifiche attuate
attraverso responsabilità tecniche precise e trasparenti.
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