Alla audizione sul
progetto di biodigestore in località saliceti (Vezzano Ligure) nella IV Commissione del Consiglio Regionale ligure
ieri si è discusso tra l’altro della questione del contrasto tra la attuale
destinazione funzionale del PUC di Vezzano con la localizzazione del sito del
biodigestore. Si sono scontrate due tesi: la destinazione funzionale è zona
residenziale/agricola mentre per la Regione è industriale/artigianale.
Messa così la diatriba non
chiarisce i veri termini della questione che riguarda invece principalmente il
rapporto tra la eventuale e cmq futura, per ora, autorizzazione al progetto in
questione e la normativa che disciplina il rapporto tra questo atto e la
pianificazione urbanistica comunale
LA DISCIPLINA DEL RAPPORTO TRA
AUTORIZZAZIONI IMPIANTI RIFIUTI E PIANIFICAZIONE URBANISTICA COMUNALE
La legge interpretata in
modo letterale afferma che le autorizzazioni costituiscono varianti automatiche
ai piani urbanistici:
1. ex comma
6 articolo 208 del DLgs 152/2006 se l’impianto verrà assimilato agli impianti
di rifiuti
2. ex comma
3 articolo 12 DPR 387/2003 se l’impianto verrà assimilato (come il biodigestore
previsto per Isola del Cantone) agli impianti da fonti rinnovabili.
Prima questione da chiarire: il biodigestore è un
impianto di gestione rifiuti
Il progetto su Saliceti è
sicuramente assoggettabile alla disciplina dei rifiuti (quindi autorizzazione
ordinaria ex articolo 208 del DLgs 152/2006 o Autorizzazione Integrata
Ambientale (di seguito AIA) ex titolo III-bis alla Parte II del DLgs 15272006 a
seconda delle quantità e qualità dei rifiuti trattati). Come afferma recente
giurisprudenza : “Pare quindi non
potersi revocare in dubbio che le attività di compostaggio di rifiuti nonché
l’attività di trattamento anaerobico di rifiuti finalizzata alla creazione di
biogas e, dipoi, alla produzione di energia o calore, debbano essere annoverate
tra le attività di recupero dei rifiuti, la quale attività appartiene al ciclo
di gestione dei rifiuti (art. 183 lett. n D. L.vo 152/06) ed è quindi soggetta
alla relativa disciplina, nella quale è compresa la programmazione territoriale
di settore.” [NOTA 1]
La disciplina autorizzatoria applicabile al progetto
di biodigestore su Saliceti (Vezzano Ligure)
Quindi si applica, viste
le dimensioni del rifiuto organico trattato secondo il progetto, la disciplina
dell’AIA. Secondo il comma 11 articolo
29-quater del DLgs 152/2006: “Le
autorizzazioni integrate ambientali rilasciate ai sensi del presente decreto,
sostituiscono ad ogni effetto le autorizzazioni riportate nell'elenco
dell'Allegato IX alla Parte Seconda del presente decreto. A tal fine il
provvedimento di autorizzazione integrata ambientale richiama esplicitamente le
eventuali condizioni, già definite nelle autorizzazioni sostituite, la cui necessità
permane”. Quindi anche l’AIA
assorbendo la autorizzazione settoriale ex articolo 208 del DLgs 152/2006
produce l’effetto di variante al piano urbanistico comunale.
Occorre aggiungere per
ulteriore precisazione che il procedimento in corso relativo al progetto di
biodigestore su Saliceti è disciplinato dall’articolo 27-bis del DLgs 152/2006
(provvedimento autorizzatorio unico regionale, di seguito PAUR) che al comma 7
recita: “La determinazione motivata di
conclusione della conferenza di servizi costituisce il provvedimento
autorizzatorio unico regionale e comprende il provvedimento di VIA e i titoli
abilitativi rilasciati per la realizzazione e l'esercizio del progetto,
recandone l'indicazione esplicita”.
Quindi i principi anche in termini di efficacia delle autorizzazioni
interne al PAUR restano validi. Sul
punto ha chiarito definitivamente la Corte Costituzionale (sentenza n°198/2018):
“Il
provvedimento unico non sostituisce i diversi provvedimenti emessi all’esito
dei procedimenti amministrativi, di competenza eventualmente anche regionale,
che possono interessare la realizzazione del progetto, ma li ricomprende
nella determinazione che conclude la conferenza di servizi (comma 7, del
nuovo art. 27-bis cod. ambiente, introdotto dall’art. 16, comma 2, del d.lgs.
n. 104 del 2017).”
LA INTERPRETAZIONE DELLA GIURISPRUDENZA SULLA
DISCIPLINA DEL RAPPORTO TRA AUTORIZZAZIONI IMPIANTI RIFIUTI E PIANIFICAZIONE
URBANISTICA COMUNALE
Quindi
discorso chiuso? Il Comune territorialmente competente non può fare nulla? Non
direi proprio perché le norme sopra descritte vanno intepretate alla luce della
giurisprudenza che ha chiarito due questioni essenziali:
1. a che livello di pianificazione (nazionale, regionale,
provinciale, locale) si applica la norma che prevede che l’autorizzazione all’impianto
rifiuti vada in variante alla pianificazione vigente
2. cosa si intende per automaticità della variante per effetto della
autorizzazione
Come vedremo le due
questioni si tengono insieme e non possono essere separate.
Livello di pianificazione a cui è applicabile la
automaticità della variante
Consiglio di Stato con sentenza n. 5658 del 11/12/2015 interpreta il già citato comma 6 articolo 208
del DLgs 152/2006 ricordando che questo fa riferimento solo allo strumento
urbanistico comunale e non ad altri piani sovraordinati al livello locale (ad
esempio piani territoriali di coordinamento provinciali, piani regionali
territoriali, piani paesaggistici etc.) Afferma il Consiglio di Stato: “il comma 6 dell’art. 208 fa esplicito
richiamo allo <<strumento urbanistico>> declinato oltre tutto al
singolare, il che rafforza ulteriormente l’idea che la disposizione si
riferisce alla compromissione del solo potere urbanistico rilevante per il
singolo comune nel cui territorio si vuole installare l’infrastruttura;…”.
In altri termini secondo
il Consiglio di Stato l’autorizzazione all’impianto di gestione rifiuti può
costituire variante urbanistica, ai sensi del citato comma 6 articolo 208 del
DLgs 152/2006, solo con riferimento ai piani di livello comunale e locale. Il
che significa che se il prospettato impianto andasse in variante ad altri
strumenti di pianificazione non solo non ci sarebbe variante automatica ma
addirittura per quei piani occorrerebbe la VAS.
Conclude sul punto il
Consiglio di Stato: “la legge statale ha
individuato il punto di equilibrio fra i contrapposti interessi coniugando il
massimo della semplificazione burocratica facente capo ai tre livelli di
governo territoriale (regione, provincia e comune) relativamente agli atti e
provvedimenti individuali, con la compromissione dei poteri pianificatori al
minore livello possibile (che è quello urbanistico comunale);”.
Quale livello di automaticità della variante per
effetto della autorizzazione
Il Consiglio di Stato con
sentenza n° 4734 del 2019 (in relazione ad un impianto di trattamento rifiuti) ha
avuto modo di affermare che è la Conferenza dei Servizi la sede dove verificare
l’applicazione di detta automaticità, per cui solo in quella sede si potrà
dimostrare che la applicazione della norma che prevede che la autorizzazione
all’impianto costituisce variante automatica al PUC vigente non comporti
impatti ambientali sociali ed economici non superabili [NOTA 2].
Secondo detta sentenza del
Consiglio di Stato sono corrette le conclusioni cui è pervenuto il Tar – senza
impingere certamente nella discrezionalità delle valutazioni rimesse alla
conferenza di servizi e all’autorità deliberante – per cui “non è consentito negare l’approvazione del
progetto di un impianto ai sensi dell'art. 208, giustificando il diniego con la
formale mancanza del previo rilascio di titoli ed autorizzazioni presupposte,
in quanto, costituendo il provvedimento regionale finale anche atto sostituivo
di quelle, la conferenza diviene proprio il luogo procedimentale in cui deve
essere discussa la possibilità attuale di ottenimento di siffatte condizioni
presupponenti”.
Conclude il Consiglio di
Stato: “La tesi del Tar è condivisibile. Il
Collegio osserva che la norma dell’art. 208, comma 6, del d.lgs. n. 152/2006,
che attribuisce valenza di variante urbanistica agli atti di approvazione dei
progetti di realizzazione/ampliamento di discariche quando l’ente competente
approva il progetto, non possa certo essere interpretata nel senso che un
progetto debba essere approvato necessariamente”.
Ovviamente il Comune non
potrà limitarsi ad un no generico in conferenza dei servizi ma motivare con: “un’indagine in concreto sulla situazione
infrastrutturale della zona piuttosto che essere “astrattamente ricondotte alla
destinazione urbanistica dell'area.”
Insomma i giochi non sono fatti per niente anche perché
la non conformità urbanistica, a prescindere dal ragionamento svolto sopra
relativo alla autorizzazione in variante al piano urbanistico comunale deve
essere valutata anche nella VIA (e la VIA abbiamo visto fa parte del
procedimento di PAUR).
LA VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE E LA NON
CONFORMITÀ URBANISTICA
Il Consiglio di Stato (Sez.
VI, 28/8/2008 n° 4097, QUI)
ha precisato che nella VIA “La conformità urbanistica del progetto alle
previsioni urbanistiche comunali […] costituisce, contrariamente a quanto
prevede l’appellante, elemento indispensabile della valutazione." NON SOLO MA in
coerenza con quanto sopra la questione della conformità dell’opera agli
strumenti di pianificazione deve essere intesa nel senso che il
giudizio di conformità deve essere reso con riferimento anche agli
eventuali profili di tutela ambientale. Si veda anche TAR Basilicata
805/2004 (QUI).
Più recentemente TAR
Campania n. 2279 del 2018 (vedi QUI)
ha affermato che la compatibilità di un impianto di rifiuti con una determinata
destinazione funzionale (agricola o meno) prevista dalla pianificazione
urbanistica deve essere valutato non in astratto ma in concreto rispetto cioè
alle caratteristiche ambientali naturalistiche sanitarie socio economiche del
sito interessato. In particolare il TAR Campania precisa: “il riscontrato vizio
di non conformità delle opere assentite con le previsioni urbanistiche date dal
PRG per l’area di insistenza dell’impianto (avente destinazione a zona E –
agricola). Anche in questo caso, allora, ritiene il Collegio che non possano
non valere le considerazioni prima svolte circa la non incompatibilità
dell’impianto con le ridette prescrizioni di zona, specie allorché non siano
state effettuate valutazioni di tipo concreto (e non meramente astratto, come
invece fatto dal Comune).”
Valutazioni in concreto
appunto ma comunque la non conformità urbanistica è elemento di valutazione per
dimostrare la non compatibilità ambientale del sito con il progetto di impianto
sottoposto a VIA!
[NOTA 2] “Alla luce di tale natura della conferenza di servizi,
la sentenza impugnata ha sottolineato che, in tale sede, i partecipanti non
sono chiamati ad esprimersi in qualità di titolari di autonome competenze, ma
di interlocutori di un confronto che si conclude con un provvedimento della regione;
esso, ove sia di approvazione, ai sensi del citato art. 208, comma 6, secondo
periodo, << sostituisce ad ogni effetto
visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e
comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e
comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei
lavori>>. Perciò, nella
conferenza “avrebbe concretamente dovuto essere esaminata la conformità
alle prescrizioni urbanistiche comunali di una possibile modificazione di
destinazione d’uso dell'impianto e della realizzazione di nuove opere connesse,”
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