giovedì 5 novembre 2020

Il Provvedimento autorizzatorio unico regionale e la titolarità delle competenze dei vari enti coinvolti nel procedimento di autorizzazione

Il Consiglio di Stato (QUI) è stato chiamato a dirimere una controversia relativa alla titolarità della funzione di rilascio del Provvedimento Autorizzatorio Unico Regionale (di seguito PAUR) nell’ambito della disciplina della procedura di VIA regionale. 

La questione posta al giudizio del Consiglio di Stato attraverso la procedura del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica è la seguente. La introduzione del PAUR nella disciplina della procedura di VIA regionale comporta o meno una modifica delle competenze relative ai vari atti autorizzatori rientranti nella procedura di PAUR?

La domanda non è un ozioso formalismo non solo per la questione discussa nella causa in esame ma in generale visto che in vertenze che segue personalmente le istituzioni competenti tendono ad affermare (vedi le tesi della Provincia spezzina  sulla procedura d PAUR per il progetto di biodigestore proposto nel Comune di Vezzano Ligure - QUI) che con l'avvio della procedura di PAUR tutte le competenze anche istruttorie finiscono in mano dell'ente titolare del PAUR. Vedremo in questo post che non è assolutamente così... 


IL PAUR : NORMATIVA DI RIFERIMENTO

L’articolo 27-bis del DLgs 152/2006 introdotto con il DLgs n. 104/2017 prevede che: 1. Nel caso di procedimenti di VIA di competenza regionale il proponente presenta all’autorità competente un’istanza ai sensi dell’articolo 23, comma 1, allegando la documentazione e gli elaborati progettuali previsti dalle normative di settore per consentire la compiuta istruttoria tecnico-amministrativa finalizzata al rilascio di tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi comunque denominati, necessari alla realizzazione e all’esercizio del medesimo progetto e indicati puntualmente in apposito elenco predisposto dal proponente stesso. L’avviso al pubblico di cui all’articolo 24, comma 2, reca altresì specifica indicazione di ogni autorizzazione, intesa, parere, concerto, nulla osta, o atti di assenso richiesti.”

Come si vede nel caso di progetti soggetti a VIA di competenza regionale la procedura di PAUR è obbligatoria al fine di approvare in via definitiva il progetto soggetto a valutazione. Infatti l’articolo 27 del DLgs 152/2006 (Provvedimento unico in materiale ambientale) afferma che “1. Nel caso di procedimenti di VIA di competenza statale, il proponente può richiedere all’autorità competente che il provvedimento di VIA sia rilasciato nell’ambito di un provvedimento unico comprensivo di ogni autorizzazione, intesa, parere, concerto, nulla osta, o atto di assenso in materia ambientale, richiesto dalla normativa vigente per la realizzazione e l’esercizio del progetto.”. Invece l’articolo 27-bis, al già citato sopra comma 1,  perentoriamente afferma: “1. Nel caso di procedimenti di VIA di competenza regionale il proponente presenta all’autorità competente un’istanza ai sensi dell’articolo 23, comma 1…”.

Non casualmente l’articolo 27-bis del DLgs 152/2006 afferma al comma 7 ultimo capoverso afferma: “Resta fermo che la decisione di concedere i titoli abilitativi di cui al periodo precedente è assunta sulla base del provvedimento di VIA, adottato in conformità all’articolo 25, commi 1, 3, 4, 5 e 6, del presente decreto.” In altri termini risulta da questo passaggio normativo che se la VIA è negativa anche il PAUR lo dovrà essere.

A conferma della necessità che in caso di VIA regionale sia rispettato quanto previsto dall’articolo 27-bis citato si veda la sentenza della Corte Costituzionale  n°147 del 2019 (QUI) ha dichiarato la incostituzionalità di una normativa regionale che non rispettava la normativa in materia di provvedimento unico autorizzazione regionale, di efficacia della conferenza dei servizi in una procedura di VIA e di categorie di opere sottoponibili a VIA da parte delle Regioni.

In particolare secondo la Corte Costituzionale:

1. Relativamente al provvedimento unico autorizzatorio regionale la norma regionale viene dichiarata incostituzionale in quanto configurerebbe il provvedimento di VIA alla stregua di un atto autonomo che, ai sensi del successivo art. 25-bis, rubricato «Rapporto tra provvedimento di VIA e autorizzazione», sarebbe da integrare nell’atto autorizzativo rilasciato da altre strutture regionali e/o enti competenti. Questo in palese contrasto, secondo la Corte Costituzionale con l’articolo 27-bis del DLgs 152/2006 secondo il quale la procedura di VIA regionale non si conclude con un provvedimento di VIA, ma con la «determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi» che «costituisce il provvedimento autorizzatorio unico regionale e comprende il provvedimento di VIA e i titoli abilitativi rilasciati per la realizzazione e l’esercizio del progetto, recandone l’indicazione esplicita

2. Relativamente alla conferenza dei servizi la norma regionale viene dichiarata incostituzionale in quanto prevede che i soggetti competenti in materia territoriale e ambientale possano esprimere il loro parere ANCHE «nell’ambito della conferenza di servizi indetta dalla struttura competente. In questo modo, secondo la Corte Costituzionale la conferenza di servizi è dunque relegata, dalla legge regionale impugnata, a un ruolo  meramente consultivo e marginale, secondo una previsione che contrasta con il disegno normativo prefigurato dall’art. 27-bis del cod. ambiente. In virtù di tale disposizione, la conferenza di servizi assurge a sede decisoria di adozione del provvedimento di VIA regionale, secondo una previsione teleologicamente connessa agli effetti “unitari” di detto provvedimento [NOTA 1]


 

IL PAUR E I SINGOLI PROVVEDIMENTI COMPRESI NELLA PROCEDURA UNITARIA SECONDO LA CORTE COSTITUZIONALE

Secondo la Corte Costituzionale (sentenza 198/2018  - QUI) il PAUR  non sostituisce i diversi provvedimenti emessi all’esito dei procedimenti amministrativi, di competenza eventualmente anche regionale, che possono interessare la realizzazione del progetto,  ma li ricomprende nella determinazione che conclude la conferenza di servizi (comma 7, del nuovo art. 27-bis cod. ambiente, introdotto dall’art. 16, comma 2, del d.lgs. n. 104 del 2017).

Esso ha, dunque, una natura per così dire unitaria, includendo in un unico atto i singoli titoli abilitativi emessi a seguito della conferenza di servizi che, come noto, riunisce in unica sede decisoria le diverse amministrazioni competenti.

Secondo una ipotesi già prevista dal Decreto legislativo 30 giugno 2016, n. 127 (Norme per il riordino della disciplina in materia di conferenze di servizi, in attuazione dell’articolo 2 della legge 7 agosto 2015, n. 124) e ora disciplinata dall’art. 24 del decreto legislativo censurato, il provvedimento unico regionale non è quindi un atto sostitutivo, bensì comprensivo delle altre autorizzazioni necessarie alla realizzazione del progetto.

Evidente, allora, la riconducibilità della disposizione alla competenza esclusiva in materia ambientale, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.

 

 

Il CONSIGLIO NON PRENDE UNA POSIZIONE NETTA MA RINVIA AD UN APPROFONDIMENTO DA PARTE DEL GOVERNO

Il Consiglio di Stato nel decidere sul ricorso straordinario al Presidente della Repubblica in relazione al quesito iniziale di questo post  si limita a prendere atto delle diverse posizioni tra la Regione interessata (Puglia) e la Provincia rinviando ad un approfondimento da parte Dipartimento del coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio, coadiuvato dal Ministero dell’Ambiente. 

In realtà come risulta dal testo del Consiglio di Stato il Dipartimento e il Ministero dell’Ambiente si sono pronunciati con chiarezza sul quesito se la titolarità del PAUR debba restare all’ente che ha la titolarità della VIA.

Infatti la Presidenza del Consiglio dei Ministri, nella relazione conclusiva del procedimento relativo al ricorso straordinario al Presidente della Repubblica qui esaminato afferma che  la invarianza delle competenze in materia di VIA sarebbe dimostrata anche dall’inquadramento del procedimento delineato dall’art. 27-bis del d.lgs. n. 152 del 2006 nel modello generale della conferenza di servizi, che “costituisce un modulo organizzativo di semplificazione ed ottimizzazione temporale del procedimento, al fine del miglior raccordo delle amministrazioni nei procedimenti pluristrutturali destinati a concludersi con decisioni connotate da profili di complessità, nel quale restano integri i poteri e le competenze delle amministrazioni partecipanti (Cons. Stato, sez. V, 9 dicembre 2003, n. 8080) e che non comporta modificazione o sottrazione delle competenze, né modificazione della natura o tipo d'espressione volitiva o di scienza che le amministrazioni sono tenute ad esprimere secondo la disciplina di più procedimenti amministrativi connessi o di un solo procedimento nel quale siano coinvolti vari interessi pubblici”, sicché “il nuovo procedimento delineato dal legislatore con l'art. 27-bis del d.lgs. n. 152/2006 non comporta uno spostamento di competenze, ma solo la concentrazione in un'unica sede procedimentale, secondo il modello della conferenza di servizi, di sub-procedimenti che sono, e restano, nella titolarità delle amministrazioni rispettivamente competenti”, non rendendosi in alcun modo necessario “il correlato trasferimento di risorse umane, finanziarie e strumentali”.

In coerenza a questa impostazione il Ministero dell’Ambiente opera un richiamo al documento “CreiamoPA” pubblicato sul portale del Ministero, capitolo 2.1.4 (QUI),  “Ambito di applicazione e natura preminente della valutazione d’impatto ambientale. Il ruolo dell’autorità competente in materia di VIA e l’immutato assetto di competenze autorizzative), in base al quale “Tale presupposto applicativo – la necessità che si tratti di progetti sottoposti a VIA regionale - comporta due ulteriori conseguenze. La prima, più immediata e evidente dalla lettura della norma, è che l’“autorità competente” è rappresentata dalla «pubblica amministrazione con compiti di tutela, protezione e valorizzazione ambientale individuata secondo le disposizioni delle leggi regionali o delle Province autonome» (cfr. art. 7-bis, D.lgs. 152/2006). La seconda, è che la VIA, pur essendo solo uno dei provvedimenti che andranno a comporre il provvedimento finale, assume un carattere preminente. In altri termini, il legislatore nell’elaborazione del procedimento autorizzatorio unico regionale ha ritenuto opportuno attribuire alla VIA un ruolo di presupposto per l’applicazione della disciplina, ma altresì di presupposto per il rilascio del titolo autorizzativo. In caso di VIA negativa, infatti, anche il PAUR avrà contenuto negativo. Ciò risulterà ancor più evidente dall’esame del comma 7 che verrà condotto in seguito (cfr. in particolare l’ultimo capoverso che recita: «Resta fermo che la decisione di concedere i titoli abilitativi di cui al periodo precedente è assunta sulla base del provvedimento di VIA»)”.

Il Consiglio di Stato pone, nel non decidere con parere definitivo sulla controversia posta in sede di ricorso straordinario, un dubbio in  quanto afferma: “ … Non vi è pertanto dubbio sul fatto che il provvedimento unico in materia ambientale, in caso di VIA statale, come l’omologo provvedimento autorizzatorio unico regionale di cui all’art. 27-bis, in caso di VIA regionale, costituiscano un qualcosa di diverso e un “di più” rispetto al provvedimento di valutazione degli impatti ambientali di cui all’art. 25 del d.lgs. n. 152 del 2006, posto che, a differenza di quest’ultimo, che ha natura ed effetti solo preliminari e (art. 26) deve sempre essere integrato nell'autorizzazione e in ogni altro titolo abilitativo alla realizzazione dei progetti, i provvedimenti unici degli artt. 27 e 27-bis comprendono, oltre al provvedimento di VIA, tutti i titoli abilitativi necessari per la realizzazione e l'esercizio del progetto, tra i quali (arg. ex art. 27), l’autorizzazione integrata ambientale, l’autorizzazione riguardante la disciplina degli scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee, l’autorizzazione paesaggistica, l’autorizzazione culturale, l’autorizzazione riguardante il vincolo idrogeologico, l’autorizzazione antisismica di cui all'articolo 94 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, etc., ferma restando la “preminenza” del provvedimento di VIA, sulla base del quale “la decisione di concedere i titoli abilitativi di cui al periodo precedente è assunta”.

Peccato che sul punto come abbiamo visto sopra si è pronunciata con altrettanta chiarezza la Corte Costituzionale in particolare la sentenza n° 198 del 2019 peraltro proprio su ricorso, non accolto, di molte Regioni che ha stabilito come il PAUR non modifica la titolarità delle competenze sulle singole autorizzazioni coinvolte nel procedimento ma  le ricomprende nella determinazione che conclude la conferenza di servizi”. Quindi è chiaro che la titolarità del procedimento di PAUR spetta all’ente che è titolare, secondo la legislazione regionale vigente al momento dell’avvio del singolo procedimento, della competenza della VIA. Ovviamente le Regioni possono sempre modificare questa titolarità della VIA ma, come nel caso esaminato nel ricorso in oggetto, se detta titolarità in relazione allo specifico procedimento è della Provincia allora spetta alla Provincia il PAUR.


 



[NOTA 1]Corollario normativo di tale previsione è l’art. 14, comma 4, della legge n. 241 del 1990, nella versione novellata dal d.lgs. n. 104 del 2017, il quale prevede che «[q]ualora un progetto sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale di competenza regionale, tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi comunque denominati, necessari alla realizzazione e all’esercizio del medesimo progetto, vengono acquisiti nell’ambito di apposita conferenza di servizi, convocata in modalità sincrona ai sensi dell’articolo 14-ter, secondo quanto previsto dall’articolo 27-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152». Come questa Corte ha già affermato, infatti, l’art. 27-bis del d.lgs. n. 152 del 2006 e l’art. 14 comma 4 della l. n. 241 del 1990 «sono espressione di un unico disegno riformatore» che «individua un punto di equilibrio tra l’esigenza di semplificazione e di accelerazione del procedimento amministrativo, da un lato, e la “speciale” tutela che deve essere riservata al bene ambiente, dall’altro» (sentenza n. 246 del 2018).”

 

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