Nuovi
grandi dragaggi nel porto di Spezia annunciati dalla Autorità di Sistema
Portuale anche oggi sul Secolo XIX (vedi
titolo dal quotidiano di oggi qui a fianco.
Vorrei ricordare
alla Autorità che dichiarare che caratterizzeranno i fondali da dragare non è
una loro gentile concessione ma un obbligo di legge visto che siamo in un sito
di bonifica sia pure declassificato a regionale.
Vorrei inoltre
ricordare che non basta la caratterizzazione ma occorrerebbe anche una
valutazione per scenari di tecniche di dragaggio come indicata il dimenticato
Progetto Preliminare dell'ex Istituto di ricerche del mare (ICRAM) ora
assorbito nell'ISPRA.
Vorrei infine ricordare che la Cassazione (si la stessa che ha dimostrato la totale illegalità dei
dragaggi condotti qualche anno fa) ha chiarito come in generale i fanghi di
dragaggio non possono essere riversati in mare.
Ma vediamo più precisamente cosa dice la
recente giurisprudenza e la legge in materia di dragaggi soprattutto in siti di
bonifica
LA PROCEDURA
DI DRAGAGGIO NEI SITI DI BONIFICA E LA RECENTE GIURISPRUDENZA DELLA CASSAZIONE
Prima di trattare la normativa tecnica sul dragaggio nei porti proprio al fine di chiarire le procedure di autorizzazione occorre partire dall’articolo 5-bis della legge quadro sui porti (legge 84/1994) introdotto dall’articolo 48 della legge 27/2012. In particolare il comma 8 di detto articolo 5-bis recita: “8. I materiali provenienti dal dragaggio dei fondali dei porti non compresi in siti di interesse nazionale, ai sensi dell’articolo 252 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, possono essere immersi in mare con autorizzazione dell’autorità competente nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 109, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. I suddetti materiali possono essere diversamente utilizzati a fini di ripascimento, anche con sversamento nel tratto di spiaggia sommersa attiva, o per la realizzazione di casse di colmata o altre strutture di contenimento nei porti in attuazione del Piano regolatore portuale ovvero lungo il litorale per la ricostruzione della fascia costiera, con autorizzazione della regione territorialmente competente ai sensi dell’articolo 21 della legge 31 luglio 2002, n. 179.”
L’articolo 109 del DLgs 152/2006 (inserito nel capo IV sulle misure per tutelare i corpi idrici) ha come titolo Immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e attività di posa in mare di cavi e condotte) e così recita: “1. Al fine della tutela dell'ambiente marino e in conformità alle disposizioni delle convenzioni internazionali vigenti in materia, è consentita l'immersione deliberata in mare da navi ovvero aeromobili e da strutture ubicate nelle acque del mare o in ambiti ad esso contigui, quali spiagge, lagune e stagni salmastri e terrapieni costieri, dei materiali seguenti:
a) materiali di escavo di
fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi;
b) inerti, materiali geologici
inorganici e manufatti al solo fine di utilizzo, ove ne sia dimostrata la
compatibilità e l'innocuità ambientale;
c) materiale organico e
inorganico di origine marina o salmastra, prodotto durante l'attività di pesca
effettuata in mare o laguna o stagni salmastri.
2. L'autorizzazione
all'immersione in mare dei materiali di cui al comma 1, lettera a), è
rilasciata dalla regione, fatta eccezione per gli interventi ricadenti
in aree protette nazionali di cui alle leggi 31 dicembre 1982, n. 979 e 6
dicembre 1991, n. 394, per i quali è rilasciata dal Ministero dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare, in conformità alle modalità stabilite
con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle
politiche agricole e forestali, delle attività produttive previa intesa con la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data
di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.
3. L'immersione in mare di materiale di cui al comma
1, lettera b), è soggetta ad autorizzazione regionale, con esclusione
dei nuovi manufatti soggetti alla valutazione di impatto ambientale. Per le
opere di ripristino, che non comportino aumento della cubatura delle opere
preesistenti, è dovuta la sola comunicazione all'autorità competente.
4. L'immersione in mare dei materiali di cui al comma
1, lettera c), non è soggetta ad autorizzazione.”
Il porto di Spezia e il
golfo in cui è collocato rientrano nel sito di bonifica di Pitelli che è stato
però declassificato da nazionale a regionale con Decreto Ministeriale
11/1/2013. Ad avviso di chi scrive questa decisione è illegittima come ho
ampiamente dimostrato (QUI), tesi confermata da una sentenza del TAR Lazio per un sito declassificato in
quella regione (QUI).
Comunque non essendo mai
stata impugnata almeno con riferimento
al sito di Pitelli la suddetta declassificazione è ormai diventata pienamente
efficace.
Quindi ai sensi
dell’articolo 5-bis legge 84/1994 si applica la procedura dell’articolo 109
comma 2 secondo il quale come abbiamo visto, vedi parti sottolineate
l’autorizzazione alla immersione dei materiali di escavo da fondali marini
spetta alla Regione.
Quanto sopra ha comportato che ora alla immersione in mare dei materiali di dragaggio in area portuale non si applica la normativa più rigorosa: il Decreto ministeriale 15 luglio 2016 n. 172: “Regolamento recante la disciplina delle modalità e delle norme tecniche per le operazioni di dragaggio nei siti di interesse nazionale, ai sensi dell'articolo 5-bis, comma 6, della legge 28 gennaio 1994, n. 84” (QUI). Al dragaggio nel porto di Spezia si applica invece il Decreto 15 luglio 2016, n. 173 (QUI): “Regolamento recante modalità e criteri tecnici per l'autorizzazione all'immersione in mare dei materiali di escavo di fondali marini.”
COME FUNZIONA LA PROCEDURA SECONDO DETTO DECRETO N° 173 DEL 15 LUGLIO 2016?
1. Caratterizzazione e classificazione dei materiali (articolo 3)
Ai fini del rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 1, comma 1, il richiedente provvede con oneri a proprio carico, alla caratterizzazione, alla classificazione e alla individuazione delle possibili opzioni di gestione dei materiali secondo le modalità tecniche di cui all'allegato che forma parte integrante del decreto. Questo allegato come si può vedere richiede una analisi dell’area interessata dall’escavo (vedi scheda inquadramento area di escavo articolo 6 del Decreto in esame) e dalla possibile successiva immersione avendo come riferimento lo stato dell’inquinamento, le situazioni di pregio anche naturalistico delle aree circostanti. Devono poi essere classificati i materiali scavati. Inoltre:
- devono essere fornite informazioni da riportare nei rapporti di prova relativi alle indagini eco tossicologiche;
- chi gestisce la procedura sia gli esecutori ma anche gli enti di controllo devono dimostrare il rispetto dei criteri di integrazione ponderata per la valutazione delle risultanze ecotossicologiche nonché dei criteri di integrazione ponderata per l'elaborazione dei dati chimici
- occorre inoltre individuare i livelli chimici di riferimento locali sotto il profilo ambientale.
Infine l’allegato fornisce
indicazioni tecniche per la gestione dei materiali di escavo ma anche per le
tecniche di escavo , a seconda della tipologia di aree marine interessate.
Come si vede quindi
l’istruttoria che porta alla autorizzazione non è comunque una mera
autocertificazione ma richiede un iter di valutazione tecnica molto rilevante
che diventa più complesso proprio se sia il punto di escavo che le aree
contermini (nel caso in esame il golfo di Spezia) vedano la presenza sia di
fonti rilevanti di inquinamento anche stabilizzato che di aree di pregio
naturalistico e attività di tipo economico turistico. Infatti relativamente a
queste ultime il paragrafo 3.1.1 dell’allegato al punto 4 usa proprio il termine “specie di
interesse commerciale” in riferimento alla descrizione/analisi delle
popolazione ittiche presenti nell’area vasta contermine sia al punto di
immersione dei materiali.
Si veda in particolare il punto 3.2. dell’allegato “Indicazioni tecniche per le modalità di escavo, trasporto e immersione dei materiali dragati” secondo il quale: “Le modalità di escavo, trasporto e immersione devono essere tali da non comportare un peggioramento delle condizioni ambientali preesistenti nelle aree circostanti l'area di attività ed in particolare arrecare disturbo per le risorse di interesse alieutico.” Aggiunge detto punto 3.2. : “A tal fine l'attività di escavo, trasporto e immersione, devono essere programmate in dettaglio e monitorate, ponendo particolare attenzione alle vie/aree di eventuale dispersione del materiale verso zone di valenza ambientale.”
2. Parere obbligatori (articolo 4)
Secondo il comma 4: “Ai fini del rilascio dell'autorizzazione l'autorità competente acquisisce il parere della commissione consultiva locale per la pesca e l'acquacoltura, ove istituita, o degli uffici regionali competenti, che attesti la sostenibilità delle attività previste con riguardo alle risorse alieutiche e la loro compatibilità con la pesca e l'acquacoltura, nonché i pareri delle autorità marittime competenti per le aree interessate. Qualora le suddette amministrazioni non si esprimano nei termini previsti dalle norme vigenti, superato il termine di sessanta giorni dalla richiesta, l'Autorità competente può procedere comunque all'adozione del provvedimento finale congruamente motivato.”
3. Conclusione procedimento di autorizzazione (articolo 4)
90 giorni dalla presentazione
della domanda.
4. Durata autorizzazione (articolo 4)
L'autorizzazione é valida per l'intera durata dei lavori di
escavo e comunque non oltre trentasei mesi dalla data di rilascio, fatto salvo
quanto previsto nel successivo articolo 6.
5. Verifiche, vigilanza, e monitoraggio (articolo 8)
Le verifiche di ottemperanza alle prescrizioni contenute
nell'autorizzazione sono svolte dall'autorità
competente. La vigilanza sul regolare svolgimento delle attività viene
espletata dal Corpo delle capitanerie di porto - Guardia costiera.
Restano in
capo al medesimo Corpo e
agli altri organi di polizia giudiziaria, l'accertamento e la repressione di eventuali violazioni.
Le attività di
monitoraggio di cui all'allegato, sono svolte con oneri a carico del
soggetto titolare dell'autorizzazione. Le relative risultanze devono essere
illustrate in apposita relazione tecnica,
che deve essere inviata all'autorità competente secondo le modalità definite
nel provvedimento di autorizzazione.
Il comma 8 dell’articolo 4 del Decreto precisa ulteriormente: “8. L'autorizzazione all'immersione deliberata in mare, in zone ricadenti in aree protette nazionali di cui alle leggi 31 dicembre 1982, n. 979 e 6 dicembre 1991, n. 394, è rilasciata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previo nulla osta dell'ente parco o dell'ente gestore dell'area marina protetta, nel rispetto delle specifiche misure di salvaguardia, per i soli materiali di escavo che, in base alle risultanze della caratterizzazione, risultino compatibili con la classe di gestione A di cui all'allegato del presente decreto.”.
Come si evince dalla
istruttoria che deve essere seguita per l’autorizzazione come descritta sopra
(ex allegato al Decreto 173/0216) occorre valutare l’area vasta dal punto di
escavo come quello di immersione. Nel caso del golfo di Spezia sussiste la
presenza sia di aree protette che di siti Habitat a cominciare il Parco
naturale regionale di Portovenere ed essere inserita come Zona Speciale di Conservazione IT1345104 “ISOLA PALMARIA”
nell’ambito della rete Natura 2000. E’
indiscutibile che questo aspetto debba essere considerato nella istruttoria
della autorizzazione. Il fatto che sia il punto di escavo che quello di possibile
immersione possa non rientrare nella perimetrazione di detti siti protetti non
è sufficiente considerato che
Secondo la Corte di Giustizia (sentenza 7 novembre 2018 causa C461-17 (QUI) la normativa sui siti habitat: “sottopone al meccanismo di tutela ambientale ivi previsto qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito”. Non solo ma le stesse Linee guida UE sulla valutazione di incidenza affermano che: “Relativamente al campo di applicazione geografico, le disposizioni dell’articolo 6 paragrafo 3 della Direttiva 92/42/CEE non sono limitate a piano e progetti concernenti esclusivamente un sito protetto e prendono anche in considerazione sviluppi al di fuori del sito ma che possono avere incidenze significative su esso.”.
Da quanto sopra esposto risulta che nel caso in oggetto e tenuto conto di una lettura integrata del citato comma 8 articolo 4 nella istruttoria per il rilascio della autorizzazione all’escavo e immersione occorra coinvolgere il gestore dell’ente Parco nonché del sito habitat contermine alla zona di cantiere. Non solo ma visto che la citata sentenza della Corte di Giustizia cita l’articolo 6 della Direttiva Habitat 92/43/CEE che al comma 3 richiede una valutazione di incidenza per gli interventi che possano in qualche modo danneggiare il sito protetto, interventi come abbiamo visto anche (in termini areali) esterni al perimetro del sito Habitat.
Ma c’è di più non dimentichiamo che anche se il sito di Pitelli non è più considerato SIN tutta l’area del golfo dentro diga rientra in un sito di bonifica regionale inserito nella anagrafe dei siti di bonifica della Regione Liguria (QUI).
Ora il fatto che un SIN sia declassificato a SIR non significa che non debba essere bonificato e non significa quindi che interventi all’interno del perimetro del SIR richiedano non solo una istruttoria specifica a questi ma anche il rispetto delle procedure e dei parametri della normativa sulle bonifiche.
Si veda Tar Veneto con sentenza n. 276 del
4/3/2014 (QUI) che, al di la della controversia
specifica che affronta, afferma sul piano dei principi generali quanto segue:
“……..non è vero che la sopravvenuta
esclusione dell’area della parte ricorrente dal perimetro del sito di interesse
nazionale abbia fatto venir meno i presupposti normativi per l’effettuazione
della bonifica, dato che la necessità o meno della bonifica prescinde
dall’inclusione nel perimetro di interesse nazionale. Infatti così come
l’inclusione di un’area nel perimetro dei siti di interesse nazionale non
comporta una presunzione assoluta di inquinamento tale da comportare l’obbligo
di eseguire la bonifica dei terreni (come si evince dallo stesso DM 23 febbraio
2000, con il quale è stata effettuata la perimetrazione, e che ha precisato che
all'interno dell'area perimetrata deve essere eseguita l'attività di
caratterizzazione al fine di accertare le effettive condizioni di
inquinamento), allo stesso modo la sua esclusione dal perimetro del sito di
interesse nazionale non comporta di per sé all’esclusione degli obblighi di
bonifica. Infatti l’obbligo della bonifica è determinato solamente dal
superamento o meno di determinate soglie di sostanze contaminanti, e l’unico
effetto ricollegabile dall’inclusione nella perimetrazione del sito di
interesse nazionale, è il radicamento della competenza in materia, in deroga
alle regole ordinarie, in capo al Ministero dell’Ambiente ai sensi dell’art.
17, comma 14, del DLgs. 5 febbraio 1997, n. 22.”
Quanto sopra significa che con il progetto di dragaggio occorre sia presentato un progetto di bonifica secondo gli indirizzi normativi del titolo v del dlgs 152/2006 che andranno coordinati con l’allegato al decreto173/2016 sopra esaminato ed in particolare dei seguenti paragrafi e capitoli:
1. paragrafo 1.2.
analisi delle principali pressioni che insistono sull'area
2. paragrafo 1.8. informazioni
sulle caratteristiche chimiche
dei sedimenti dell'area di escavo
3. paragrafo 1.11. informazioni
sulle precedenti attività
di monitoraggio ambientale (vedi caratterizzazione sito di bonifica di
pitelli)
4. Capitolo
2 - caratterizzazione e
classificazione dei materiali dell'area di escavo di fondali
marini e relative appendici
Ne si può tentare di far passare il progetto di dragaggio all’interno del SIR come un mero intervento manutentivo applicando quindi procedure semplificate anche di derivazione regionale. Recentemente la Corte Costituzionale con sentenza n° 119 del 2019 (QUI) ha dichiarato la legittimità costituzionale di norma regionale che, secondo l’Avvocatura di Stato, avrebbe esteso la procedura semplificata ivi prevista, prima limitata agli interventi di dragaggio manutentivi da attuare nelle vie di navigazione interna, a quelli da effettuare in mare, in violazione dell’art. 109 cod. ambiente. Secondo la sentenza della Corte Costituzionale detta norma regionale non contrasta con l’art. 109 cod. ambiente. Mentre quest’ultimo riguarda l’immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e attività di posa in mare di cavi e condotte, la disposizione regionale fa riferimento agli interventi di dragaggio manutentivi, per i quali stabilisce che «le procedure autorizzative sono circoscritte alla sola acquisizione delle verifiche e dei pareri necessari al conferimento e al riutilizzo dei materiali nel rispetto della vigente normativa di valenza ambientale e sanitaria». Essa precisa dunque espressamente che, per la fase successiva al dragaggio (quella che si traduce nel riutilizzo del materiale scavato), va rispettata la vigente normativa di tutela ambientale. Contrariamente a quando assunto nel ricorso, dunque, la norma regionale impugnata non rende inoperante l’art. 109 cod. ambiente.
Come si vede la Corte
Costituzionale non solo prevede una procedura ordinaria per l’escavo dei
fondali portuali ma addirittura anche nella ipotesi del dragaggio manutentivo
conferma che devono essere rispettate le norme ambientali interferenti che ho
ricostruito in precedenza.
Infine su come interpretare la disciplina delle procedure di dragaggio e relativa immissione in mare di materiale escavato da ultimo è intervenuta la Cassazione con sentenza Sez. III n. 45844 del 12 novembre 2019 (QUI)
La sentenza dopo avere ricostruito le procedure di autorizzazione disciplinate dal Decreto 15 luglio 2016 n° 173 così conclude in relazione al dragaggio in area portuale: “Il dragaggio di sedimenti marini per il mantenimento, il miglioramento o il ripristino delle funzionalità di bacini portuali, della riapertura di foci fluviali parzialmente o totalmente ostruite, per la realizzazione di infrastrutture in ambito portuale o costiero o per il prelievo di sabbie a fini di ripascimento sono, invero, attività che denotano complessi interventi di modifica o ricostituzione e riorganizzazione dei siti, dal significativo impatto ambientale. Come tali compatibili, diversamente dalla fattispecie di cui all’art. 2 lett. f) [NOTA 1] citata, con l’interessamento di significative quantità di materiali sommersi e con la previsione e elaborazione di ampi progetti oltre che con lo spostamento di sedimenti anche in aree distanti e/o distinte da quelle di movimentazione. Così da rendere necessario e giustificare un regime di autorizzazione e controllo quale quello espressamente previsto per la predetta fattispecie.”
Rispetto a questa sentenza il Pianto Triennale delle opere (2020-2022) per il porto spezzino prevede la possibilità di sversare in mare i sedimenti del dragaggio. A questo proposito, fermo restando tutto quello scritto sopra, si legga questo passaggio della sentenza della Cassazione: “Ed invero, a fronte della citata disciplina di cui al suindicato paragrafo 3.4. dell’allegato tecnico al DM 173/2016, il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare con il “Manuale della movimentazione dei sedimenti marini” (agosto 2006) ha significativamente evidenziato come “in ambiente sommerso il semplice spostamento di sedimenti in aree immediatamente contigue è compatibile unicamente in relazione al ripristino della navigabilità in ambito portuale o di corsi d’acqua nonchè al fine di realizzare imbasamenti di opere marittime o agevolare l’operatività portuale. Tale attività viene ritenuta ambientalmente compatibile solo alle seguenti condizioni:
i quantitativi coinvolti siano inferiori a 25 .000
mc3;
i sedimenti coinvolti siano di classe A (1 e 2) o di
classe B1 […];
l’area sulla quale vengono spostati i sedimenti abbia
le caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche dell’area di provenienza;
sia da escludere qualsiasi impatto su biocenosi
sensibili presenti in loco”.
Si fa notare che i quantitativi rimossi secondo le indicazioni del Piano Triennale sono 1 milione di m3, siamo ben lontani dai 25.000 m3 di cui tratta la sentenza della Cassazione citando il Manuale (QUI) del Ministero dell’Ambiente sulla movimentazione dei sedimenti marini. Oltre al suddetto manuale nella istruttoria per l’autorizzazione del dragaggio e immersione in oggetto occorrerà prendere in considerazione anche le "Linee guida sulle analisi granulo metriche dei sedimenti marini " (QUI)approvate con Delibera del Consiglio del Sistema Nazionale a rete per la Protezione dell’Ambiente (SNPA). Queste Linea Guida hanno l’obiettivo di fornire indicazioni sulle procedure metodologiche da seguire per una corretta analisi granulometrica di sedimenti marini. Il documento, aggiornato e condiviso dal SNPA, è rivolto a tutti quei soggetti pubblici e privati che, nell’ambito della normativa vigente, debbano eseguire una caratterizzazione o un monitoraggio ambientale in ambito marino.
Non solo ma per i lavoratori del cantiere di dragaggio,visto che siamo in un sito di bonifica devono essere seguite le “Linee guida per la gestione dei rischi dei lavoratori nei siti contaminati” (QUI). Si ricorda che per sito contaminato si intende, ai sensi del DLgs 152/2006, un sito nel quale i valori delle concentrazioni soglia di rischio degli inquinanti risultano superati.
Inail , attraverso il suo Dipartimento Innovazioni Tecnologiche e Sicurezza degli Impianti Prodotti e Insediamenti Antropici, ha predisposto le Linee Guida dove si analizzano:
1. La procedura di analisi di rischio sanitario di cui al Titolo V Parte quarta del D.Lgs. 152/2006;
2. La gestione del rischio chimico per i lavoratori nei siti contaminati;
3. La gestione del rischio biologico per i lavoratori nel settore della bonifica dei siti contaminati;
4. Attività inerenti l’accordo di collaborazione
RECONnet. Questa ultima è la
Rete Nazionale sulla gestione e la Bonifica dei Siti Contaminati, ideata e costruita dal Dipartimento di Ingegneria Civile dell'Università di Roma "Tor Vergata", nasce da un accordo tra Università, Istituti di Ricerca ed Agenzie Ambientali
CONCLUSIONI
Dall’analisi sopra svolta
si chiarisce come dragare in area portuale non è un semplice spostamento di
sedimenti che non richiede autorizzazioni (vedi lettera b) comma 2 articolo 1
Decreto 15 luglio 2016 n°173) o procedure semplificate ma richiede invece una
istruttoria complessa come indicato dagli
articolo 3 e seguenti di detto Decreto n°173 compresa .
[NOTA 1] “f) spostamenti in ambito portuale: movimentazione dei sedimenti all'interno di strutture portuali per le attività di rimodellamento dei fondali al fine di garantire l'agibilità degli ormeggi, la sicurezza delle operazioni di accosto ovvero per il ripristino della navigabilità, con modalità che evitino una dispersione dei sedimenti al di fuori del sito di intervento”.
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