Il
TAR del Lazio (vedi QUI) ha annullato il Decreto del Ministero dell’Ambiente 11 gennaio del 2013 con il
quale sono stati declassificati da nazionali a regionali numerosi siti di
bonifica, tra questi come è noto anche quello di Pitelli.
Il
TAR ha annullato il suddetto Decreto sulla base del ricorso della Regione Lazio "in riferimento a quanto in esso disposto per il sito del Bacino del Fiume
Sacco" cioè uno dei siti declassificati dal Decreto.
Ma
è chiaro che le motivazioni che hanno portato il TAR Lazio ad annullare il
Decreto valgono indirettamente anche per gli altri siti compreso quello di
Pitelli oggetto anche questo ultimo di due ricorsi pendenti uno al Tar Liguria
(della associazione VAS) e l’altro al TAR Lazio (della associazione
Legambiente).
In
vari miei post prima ancora che il decreto venisse pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale ho affermato la sua illegittimità
vedi ad esempio QUI.
L’INTERPRETAZIONE
DEL MINISTERO DELL’AMBIENTE
Il
Decreto del Ministero dell’Ambiente, ora annullato, si fondava su due presupposti
1. per definire i siti inquinati da considerare di rilevanza nazionale
occorre tenere in considerazione anche il nuovo criterio introdotto dalla legge
134/2012 :
presenza di raffinerie, impianti chimici integrati e acciaierie, attività
di produzione/estrazione amianto
2. per
essere classificato come nazionale il sito deve rispettare tutti i parametri
del comma 2 dell’articolo 252 del DLgs 152/2006 (TU ambientale) quindi
anche e soprattutto quello nuovo riportato al punto 1 di cui sopra.
LA MIA
INTERPRETAZIONE
Di
contro a questa interpretazione io ho sempre affermato che il nuovo criterio
(raffinerie etc.) si andava ad aggiungere agli altri criteri e non li abrogava
ne direttamente ne indirettamente.
Aggiungevo
quindi che anche dopo la riforma della legge 134/2012 il dettato del comma 2 articolo
252 (DLgs 152/2006 che disciplina le
condizioni per dichiarare i siti di interesse nazionale) restava chiarissimo: non
occorrono tutti i parametri contemporaneamente per
definire come nazionale un sito di bonifica ma ne bastano anche solo alcuni.
In realtà la ratio di tutto l'articolo 252
è nel comma 1 che recita: " I siti di interesse nazionale,
ai fini della bonifica, sono individuabili in relazione alle
caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti , al
rilievo dell'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario
e ecologico nonché di pregiudizio per i beni culturali e ambientali ".
I parametri, quindi, sono solo dei criteri
specificativi di questa ratio (del comma 1 articolo 252 sopra riportato) ma è
chiaro che quello che conta per definire un sito di interesse nazionale è
quanto affermato proprio nel detto comma 1:
1. le dimensioni ampie
dell’inquinamento,
2. la pericolosità degli
inquinanti,
3. il rischio sanitario,
4. il pregiudizio di aree con
vincoli paesaggistici.
Aggiungevo
che non erano assolutamente fondate le tesi del Sindaco Federici secondo le
quali il trasferimento dei siti di bonifica nazionali alle Regioni avrebbe
semplificato le procedure di bonifica degli stessi. Anzi sostenevo e sostengo
che in questo modo avremmo perso i finanziamenti nazionali per la bonifica
(peraltro già falcidiati dalle varie finanziarie di questi anni) caricando esclusivamente
sulle scarne finanze regionali un costo non sopportabile.
LA SENTENZA
DEL TAR LAZIO
La
sentenza del TAR Lazio accoglie pienamente le mie tesi sopra riportate infatti
afferma:
“ il
regime straordinario di cui all’art. 252 del Codice dell’Ambiente offre
garanzie di interventi, rapidità e snellezza di procedure, notevolmente
maggiori rispetto a quelle del regime ordinario di cui all’art. 242. Non può
negarsi dunque la legittimazione e l’interesse della Regione ad insorgere per
pretendere il rispetto delle competenze di legge, sia per finalità di miglior
tutela dei valori ambientali (in conformità a quanto sancito dal legislatore
statale), sia per evitare che oneri procedimentali e finanziari vengano
addossati indebitamente all’Ente Regione con riferimento a valori che
trascendono la limitata sfera degli interessi locali.”
“La novella
del 2012, con l’introduzione del requisito di cui al comma 2 bis, ha aggiunto un ulteriore parametro
lasciando peraltro inalterati quelli preesistenti. Si tratta, in altre
parole, di criteri che variamente combinati devono (o possono) portare l’Amministrazione
a riconoscere quella grave situazione di compromissione e di rischio ambientali
tale da implicare (a prescindere dalle cause che l’hanno determinata) il
superiore interesse nazionale;……”
“I principi e i criteri direttivi
enunciati all'art. 252, comma 2,
del decreto legislativo n. 152 del 2006, concorrono
alla individuazione dei SIN ma non vanno considerati quali requisiti che ogni
sito deve possedere contemporaneamente. E questo in conformità sia allo
spirito della normativa che alla concreta attuazione che negli anni ne è stata
data.”
“…..E d’altra
parte è anche condivisibile in proposito l’assunto per cui, se veramente fosse
necessaria, per l’individuazione (o il mantenimento) di un SIN, la necessaria
compresenza di tutti i requisiti di cui al comma 2 dell’art. 252 del Codice
dell’Ambiente, non si spiegherebbe (se non alla stregua di una patente e
reiterata illegittimità) l’inclusione nel novero dei SIN stessi di molteplici
siti insistenti nel territorio di una sola Regione e quindi in contrasto con
quanto richiesto dall’art. 252, comma 2, lettera f)[1],
del D.Lgs. n. 152/2006 medesimo.”
Non mi pare necessario commentare ulteriormente….a questo punto mi sembra ovvio che tutta la questione della declassificazione dei siti di bonifica di interesse nazionale andrà radicalmente rivista compreso quello di Pitelli!
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