Dopo l’archiviazione dell’esposto che chiedeva di indagare su presunti reati commessi nella stesura del dichiara della relazione storica allegata la bando per la selezione del progetto di “riqualificazione” di Piazza Verdi, la Direttrice della Istituzione per i servizi Culturali del Comune di Spezia rilascia una lunga intervista al Secolo XIX (vedi QUI).
In
particolare mi ha colpito questo passaggio dove la dottoressa afferma: “La questione degli alberi era marginale
rispetto all’analisi della piazza. Dicevo solo se avessero più o meno di
cinquant’anni (requisito in vigore all’epoca per stabilire una tutela, ndr),ma non era stata
richiesta una perizia sui pini”.
Posso
umanamente comprendere la difesa della dottoressa da un punto di vista personale
come pure la sua soddisfazione per l’archiviazione dell’esposto, e tralascio per il momento
la questione della archiviazione in sede penale, visto che non ho ancora avuto il testo
del decreto e non è mia abitudine commentare in questo blog atti di istituzioni non ancora letti.
Voglio
invece dimostrare di seguito come la affermazione sopra riportata non abbia alcun fondamento amministrativo anzi non corrisponde ne alla verità dei fatti e degli atti ne alla vigente normativa in materia peraltro citata impropriamente dalla stessa dottoressa.
LA INFONDATEZZA DOCUMENTALE DELLA DICHIARAZIONE DELLA DIRETTRICE DELLE
ISTITUZIONI CULTURALI SPEZZINE
La
relazione della dottoressa Ratti sulla ricostruzione storica di Piazza Verdi afferma
testualmente (pagina 4): “Nel 1933 la facies della
piazza può dirsi conclusa: le due cortine nord e sud sono state realizzate, il
collegamento con via Veneto è stato attuato e l’unica direttrice via Chiodo -
via Veneto è ben percepibile dalla piazza che non ha alberature centrali, che
saranno messe a dimora solo nel dopoguerra con incomprensione totale del senso
della piazza stessa e delle prospettive che da essa si aprivano su via Chiodo
da una parte e su via Veneto dall’altra.
La piazza come completata negli anni Trenta si presentava
come slargo delimitato
dalle cortine continue dei palazzi pubblici e privati ed
aveva dei larghi marciapiedi
centrali, in luogo degli attuali pini marittimi che furono
collocati circa dieci anni
dopo la seconda guerra mondiale.”
Quindi
non è vero quello che afferma la dottoressa Ratti e cioè che il filare era questione
secondaria. E’ la sua relazione che lo fa diventare secondario nel senso che lo considera “una incomprensione totale del senso della piazza” collocato “circa dieci anni dopo la seconda guerra
mondiale” sic!
LA DIRETTRICE
DELLE ISTITUZIONI CULTURALI SPEZZINE ERA IN GRADO, ESERCITANDO CORRETTAMENTE LE
SUE FUNZIONI, DI PREVENIRE L’ERRORE SULLA DATAZIONE DEI PINI
A
questo punto la domanda che dovrebbe sorgere da parte di chiunque abbia a cuore
la corretta gestione di una istituzione pubblica (la dottoressa è una dirigente
della pubblica amministrazione) è la seguente: La dottoressa era in grado di
evitare un errore così macroscopico?
Un’eventuale difficoltà
nel reperimento di materiale bibliografico inerente l’origine e l’evoluzione
storico-architettonica della piazza viene smentita dal medesimo bando che,
all’articolo 2, recita: “E’ inoltre
disponibile una bibliografia storica contenente i testi reperibili presso la
Biblioteca della Palazzina delle Arti del Comune della Spezia, dove poter
reperire ulteriori informazioni di carattere storico-artistico relative alla
Piazza”.
Ora, la bibliografia
riportata in allegato alla relazione, non comprendendo atti documentali,
fotografie e addirittura riprese filmate, che pur si trovano dentro l’archivio
storico della Biblioteca Mazzini, dimostrando così la superficialità con la quale la
relazione è stata stesa, non solo in relazione alla datazione della
collocazione dei pini, ma in generale all’evoluzione storico-architettonica
della parte centrale della piazza quale elemento fondante, anche se non unico,
dell’immobile complessivamente sottoposto a vincolo.
Il carattere
approssimativo delle ricerche svolte dalla dottoressa Ratti appare ancor più
evidente in considerazione del ruolo da lei rivestito all’interno
dell’Istituzione dei Servizi Culturali del Comune della Spezia, entro cui è
inquadrata la stessa Biblioteca Mazzini.
Sulla reperibilità della
documentazione in oggetto vogliamo altresì ricordare che l’articolo 30, dal titolo significativo “Obblighi conservativi”,
del Codice dei
Beni Culturali recita: “ 1. Lo Stato,
le Regioni, gli altri enti pubblici territoriali nonché ogni altro ente ed
istituto pubblico hanno l’obbligo di garantire la sicurezza e la conservazione
dei beni culturali di loro appartenenza ……. 4. I soggetti indicati al comma 1 hanno l'obbligo
di conservare i propri archivi nella loro organicità e di ordinarli.
I soggetti medesimi hanno altresì l'obbligo di inventariare i propri
archivi storici, costituiti dai documenti relativi agli affari esauriti da
oltre quaranta anni ed istituiti in sezioni separate.”
Quindi è responsabilità del Comune conservare archivi completi dei beni soggetti al
vincolo ex Codice dei Beni Culturali di sua proprietà. Gli archivi devono
quindi essere conservati, ordinati e inventariati, e quindi non smembrati, in
coerenza con quanto affermato dal comma
2 articolo 20 del Codice. Questo
obbligo di modalità di tenuta degli archivi si applica ai beni che hanno
ottenuto la dichiarazione di interesse culturale o per i quali detta
dichiarazione discenda ex lege dalla loro ultrasettantennalità come nel
caso dell’insieme dell’immobile Piazza Verdi.
L’obbligo di tenuta degli archivi
completi e attendibili si lega quindi a quello di conservazione del bene
soggetto a vincolo ex comma 3 articolo 1 del Codice. Quindi gli errori e le lacune di ricostruzione
storica della piazza evidenziati,
prima di tutto dalla relazione allegata al bando che ha portato alla
selezione del progetto Buren Vannetti ma anche dalle note successive
degli uffici comunali competenti, sono frutto della violazione delle
norme sopra indicate sulla corretta tenuta degli archivi comprovanti
l’interesse storico culturale architettonico ed artistico della piazza.
Come si vede ancora una volta il rispetto della legalità costituisce tutt’altro che un problema meramente
burocratico o formale, ma una palese dimostrazione della incapacità o assenza
di volontà di gestire il nostro patrimonio storico architettonico che
appartiene a tutti noi come afferma il comma 2 dell’articolo 1 del Codice
secondo il quale: “2. La tutela e
la valorizzazione del patrimonio culturale concorrono a preservare la memoria
della comunità nazionale e del suo territorio”.
LA RELAZIONE
DELLA DIRETTRICE DELLE ISTITUZIONI CULTURALI NON È UNA SEMPLICE PERIZIA È UN
ATTO COGENTE ALL’INTERNO DEL BANDO DI SELEZIONE DEI PROGETTI PER LA “RIQUALIFICAZIONE” DI PIAZZA VERDI
Nella
intervista al Secolo XIX citata all’inizio di questo post la dottoressa Ratti
dichiara “non era stata richiesta una
perizia sui pini”.
Infatti
alla dottoressa era stato richiesto molto di più che una semplice perizia sui
pini: una relazione da allegare al bando
di selezione del progetto che definisse la storia della piazza dalla sua
costituzione in poi. Una relazione fatta su un immobile soggetto a vincolo ex
lege quindi senza una procedura di verifica che avesse definito preliminarmente
i contenuti reali dell’interesse storico e culturale della Piazza comprese le
sue pertinenze ovviamente anche quelle arboree.
Quindi
la relazione, proprio in assenza di una procedura di verifica dell’interesse
culturale, diventava ancora più rilevante
sotto il profilo non solo tecnico o scientifico ma soprattutto giuridico
amministrativo. La vera natura ed
efficacia giuridico amministrativa è indicata dallo stesso Bando che ha portato
alla selezione del progetto Buren Vanneti. Recita
infatti l’articolo 2 di detto Bando: “il
progetto è inserito in un Programma Integrato di rigenerazione del Centro città
proposto nell’ambito del bando regionale POR-FESR, i cui elementi principali
sono descritti ed illustrati nella relazione allegata al presente bando.
Nella medesima relazione sono indicati e illustrati, quali elementi di riflessione
per la formulazione di
corrette ipotesi di intervento, le caratteristiche della piazza, le sue
trasformazioni nel tempo, il suo ruolo nell’organizzazione della struttura
urbana della città e quindi l’attuale quadro delle esigenze pubbliche e private.”
Quindi
la relazione storica della dottoressa Ratti quale parte integrante del Bando aveva
carattere prescrittivo incidendo in modo decisivo nella predisposizione dei
progetti in gara e nella loro successiva selezione da parte della apposita
commissione.
LA DIRETTRICE
NON SI È CONFUSA SOLO SULLE DATE DI COLLOCAZIONE DEL FILARE DEI PINI MA ANCHE
SULLA INTERPRETAZIONE EX LEGE DI QUELLA DATE, VIGENTE ALL’EPOCA DELLA STESURA DELLA SUA
RELAZIONE ALLEGATA AL BANDO DI SELEZIONE DEL PROGETTO DI “RIQUALIFICAZIONE” DI PIAZZA VERDI
La dottoressa sul Secolo XIX nella intervista citata all’inizio
del post ripropone una questione che aveva già posto in un'altra intervista al
Secolo XIX del 9 luglio 2013 nella quale affermava: ” “nel 2009 avevano oltre sessant’anni. Quindi, per la legge di
allora, erano pienamente tutelati ed io non ho falsificato un bel nulla”.
Questa fase dimostra
ulteriormente la scarsa cultura amministrativa della dottoressa. Se i pini
fossero stati tutelati ex lege all’epoca della stesura della relazione (2009) e
grazie anche alla sua relazione, non si comprende come abbia potuto
vincere il concorso un progetto che prevedeva
l’abbattimento dei pini. Tanto più che mancava una vera e propria
procedura di verifica dell’interesse culturale della piazza in tutte le sue
componenti, arboree comprese.
Infatti se è vero che gli immobili, e/o le loro
componenti, soggetti a vincolo storico architettonico possono
essere modificati a determinate condizioni decise dalla istruttoria di
autorizzazione (articolo 21 del Codice dei Beni Culturali) e/o di
valutazione (procedura di verifica dell’interesse culturale ex articolo 12 del
Codice dei Beni Culturali), è altrettanto vero che è proprio grazie alla
relazione della dott.sa che questo è stato possibile.
LA
DIRETTRICE NELLA VARIE INTERVISTE CHE HA RILASCIATO SU PIAZZA VERDI NON HA MAI
RISPOSTO A QUESTE DOMANDE
La
dottoressa Ratti in una dichiarazione al quotidiano La Nazione (cronaca della
Spezia) in data 8/7/2013 afferma: "appena vidi il video sulla Liberazione in
cui si vedevano i pini della piazza, comunicai tutto al Comune".
Se quanto affermato
dalla dottoressa è vero, e visto che lo afferma lei e non ha mai
smentito queste dichiarazioni siamo tenuti a pensare che sia proprio così,
ancor di più risulta necessario chiarire tutta una serie di questioni
rilevanti considerato l’attività della dottoressa nel caso in esame ha inciso sul
contenuto di un bando pubblico e su una procedura di assegnazione di un
progetto pubblico finanziato da investimenti consistenti altrettanto pubblici.
Sorgono quindi molte
domande alle quali avrebbero dovuto e dovrebbero rispondere anche tutti gli altri dirigenti
degli enti che hanno esercitato un ruolo
nella istruttoria svolta per il procedimento di selezione e poi
autorizzazione del progetto, a cominciare dal responsabile del procedimento Ing. Claudio Canneti.
Domande che non sono state approfondite neppure
dalla Procura e dal GIP come risulta dalla richiesta e dal successivo decreto di
archiviazione all’esposto contro il comportamento istituzionale della dottoressa
Ratti nella vicenda di Piazza Verdi.
Ecco le domande:
1. la
Direttrice come ha avuto conoscenza del video che mostra i pini già alti nel
1945?
2. perché
la Direttrice non ha effettuato a quel punto una ulteriore ricerca che avrebbe
dimostrato, anche sotto il profilo di atti ufficiali delle istituzioni
competenti all’epoca, la reale data della collocazione degli alberi?
3. in
quale data è stata inviata la comunicazione nella quale la Direttrice rilevava
l'errore di datazione della collocazione dei pini nella Piazza Verdi?
4. la
comunicazione è stata scritta od orale?
5. la
comunicazione chiede o allega una revisione della relazione allegata al Bando
che ha avviato il concorso di selezione del progetto di riqualificazione di
Piazza Verdi ?
6. la comunicazione della Direttrice è stata protocollata
dal Comune?
7. il
Comune ha formalmente riposto alla comunicazione della Direttrice? se si è al
protocollo dei due enti?
8. se
la comunicazione della Direttrice è stata ricevuta prima della data del verbale
di aggiudicazione della gara (5/4/2013), perchè il Comune non ha
provveduto ad avviare una immediata sospensione del bando in sede di
autotutela?
9. la
comunicazione della Direttrice è stata inviata anche alla Soprintendenza? In
quale data?
10. se
la data di ricezione della Comunicazione della Direttrice è precedente al6/11/2012 (data
del rilascio della autorizzazione da parte della Soprintendenza) perchè questo
ente non ha tenuto conto, nella sua attività istruttoria e autorizzatoria,
della rilevante novità contenuta nella comunicazione della Direttrice?
11. se
la data di ricezione della comunicazione della Direttrice è precedente alla
lettera del 15/4/2013 con la quale la Soprintendenza per i
Beni Architettonici risponde all’esposto del comitato di cittadini contro il
progetto selezionato, perché la stessa non ne ha tenuto conto? Infatti in
questa lettera la Soprintendenza ribadisce: “ è stato considerato che
le opere in progetto - che introducono nuove pavimentazioni e elementi di
arredo – non comportano alcuna interferenza diretta con componenti
storiche, poiché sia le attuali pavimentazioni e quote, sia l’alberatura
centrale rappresentano elementi di alterazione del disegno architettonico
originario, con cui non può essere riconosciuto in sé alcun valore storico
artistico, anche in quanto privi del requisito dei 70 anni indispensabile per
la sottoposizione a tutela ai sensi della parte II del DLgs 42/2004 e s.m.i.”
12. se
la comunicazione della Direttrice, come è molto probabile, è precedente al
17/6/2013, perché il dirigente del Comune responsabile del procedimento in
oggetto, in una lettera, datata in quel giorno, agli organi periferici
del Ministero dei Beni Culturali afferma: ““pare
altresì che anche le essenze arboree poste sull’asse longitudinale della Piazza
abbiano subito nel tempo impianti e rimaneggiamenti così che l’età delle
essenze arboree ivi presenti potrebbero avere meno di anni 70”.?
ricevo e pubblico il seguente commento
RispondiEliminaAffermare provandolo che la ricostruzione cronologica di una piazza è errata non è stalking ma solo rispetto di quanto emerso da una corretta indagine documentale.
Se poi i cittadini, che solo in un secondo tempo hanno potuto accedere ai documenti, hanno dimostrato una cronologia riconosciuta vera, significa che sono più bravi loro
Resta da spiegare la posizione di un funzionario che oltre ad avere sbagliato si atteggia anche a perseguitata dalle Associazioni di cittadini, che una sentenza del tribunale locale ha ritenuto non legittimati ad opporsi alle datazioni ufficiali.
Peccato che nello stesso giorno il Consiglio di Stato attribuisse a quegli stessi cittadini un ruolo legittimo per contrastare le decisioni autoreferenziali di un sindaco che sulla scorta di quella errata ricostruzione cronologica aveva ottenuto dalla Soprintendenza di Genova l’iniziale autorizzazione ai lavori
Enrico Pandolfo