Il Consiglio di Stato (vedi QUI) ha
confermato la sospensione della sentenza del TAR Liguria che aveva
provvisoriamente sbloccato i lavori al centro di Piazza Verdi.
Ricordo
che il Comune di Spezia interpretando in modo artatamente forzato quella
sentenza aveva eliminato l’intero filare dei pini. Su questa forzatura e sulle
conseguenze della stessa, sia alla luce della attuale ordinanza del Consiglio di
Stato che della futura sentenza di merito se accogliesse la richiesta di
annullamento definitivo della sentenza del TAR Liguria ho spiegato QUI.
La nuova ordinanza del Consiglio di Stato è di grande rilievo perché non si limita ad
affermare la esistenza di un potenziale danno grave irreparabile se i lavori
continuassero al centro della piazza ma afferma alcuni principi di merito riprendendo
molte delle tesi che come ricorrenti abbiamo spesso affermato in questi mesi.
Di
seguito in grassetto e in corsivo i principi della ordinanza del Consiglio di
Stato con subito dopo una mia spiegazione del significato degli stessi rispetto
alle tesi del Comune di Spezia.
PRINCIPIO 1. “1) il rilievo ambientale della vicenda in relazione alla qualità degli
appellanti;”
Il
Controricorso del Comune sosteneva la non legittimazione a ricorrere contro la
sentenza del TAR Liguria da parte delle associazioni ambientaliste (VAS e
Legambiente) in quanto non eravamo di fronte alla disciplina di un settore strettamente inerente alla
materia ambiente (autorizzazione paesaggistica) ma a quello relativo ai beni
culturali (autorizzazione per vincolo storico-artistico).
Il
Consiglio di Stato ha, con l’affermazione
del sopra riportato principio, confermato il legame tra la qualità degli appellanti e il
rilievo ambientale della vicenda, quindi la loro piena legittimità ad agire in
giudizio nella vicenda di Piazza Verdi.
D’altronde da tempo la giurisprudenza
ordinaria e da ultimo anche quella amministrativa ha ammesso la possibilità di
intervenire in giudizio da parte delle associazioni ambientaliste anche in
materia urbanistica se le decisioni impugnate incidono su
profili a rilevanza ambientale.
E’
indubbia la rilevanza ambientale del progetto di Piazza Verdi confermata tra l’altro
dagli stessi atti del Comune a cominciare dalla delibera con la quale il
consiglio comunale ha deliberato di dare mandato alla giunta di partecipare al
bando europeo che ha poi finanziato anche il progetto in esame. In particolare gli
indirizzi progettuali contenuti in detta delibera per il progetto integrato del
Centro Storico facevano riferimento ai seguenti obiettivi tipicamente
ambientali: “ incremento dell'accessibilità e centralità delle
piazze del centro cittadino,
attraverso un riassetto del trasporto pubblico locale orientato alla decongestione del
traffico ed il potenziamento dei collegamenti filoviari ( trasporto pubblico sostenibile),”.
PRINCIPIO 2. “che i provvedimenti impugnati
concernono l’intero assetto architettonico e culturale di Piazza Verdi, e non
già il solo originario filare di pini, nelle more abbattuto;”
Si
tratta del principio affermato dall’inizio della vicenda piazza verdi dal
sottoscritto ma ancor di più dalle associazioni ricorrenti e dal comitato
per Piazza Verdi.
E’ al rapporto storico architettonico tra i pini e
l’intero immobile che occorre guardare. Ho sempre sostenuto che la questione
non è se i pini in se siano o meno di interesse culturale ai sensi del Codice
dei beni culturali. Gli alberi sono soggetti a vincolo "ex se" solo se
dichiarati monumentali altrimenti sono alberi come gli altri e possono avere
una valenza estetica, arborea fin che si vuole ma non culturale. I pini possono
diventare di interesse culturale e quindi non abbattibili, a prescindere dalla
loro stabilità, solo se rapportati al resto della Piazza.
Quindi il Consiglio di Stato nel principio numero 2
riconosce il legame tra il filare e la piazza ma soprattutto vuole affermare che proprio per
questo legame, anche se per il momento sono stati abbattuti (e la sentenza di
merito deciderà definitivamente se in modo legittimo, nonché legale o meno), occorra guardare al rapporto tra l’intera piazza soggetta a vincolo ed il
progetto prima autorizzato e poi sospeso per valutare se la continuazione dei
lavori al centro della piazza possa o meno produrre un danno grave e
irreparabile alla face dell’intero immobile (pertinenze arboree comprese) così
come si è definita storicamente.
PRINCIPIO 3. “che la fattispecie dell’art.10 comma 4
lettera g) del Codice dei beni culturali e del paesaggio concerne la tutela
della piazza come bene culturale, vale a dire come testimonianza materiale di
civiltà (cfr. art. 1 comma 2), e non come espressione di un’opera specifica
dell’ingegno;”
Questo
Principio è molto importante perché lega l’interesse culturale della piazza non
solo agli aspetti strettamente artistici architettonici (pensiamo al palazzo
delle poste) ma al principio generale del Codice dei Beni Culturale per cui: “La tutela e la valorizzazione del
patrimonio culturale concorrono a preservare la memoria della comunità
nazionale e del suo territorio…” (comma 2 articolo 1
del Codice).
Ecco quindi
che anche le pertinenze
arboree ed in particolare il filare dei pini (che come visto sopra per il Consiglio di Stato è indifferente che siano stati abbattuti sotto il profilo
del possibile danno grave e irreparabile potenzialmente prodotto dal proseguo
della esecuzione del progetto Buren Vannetti nella parte centrale della Piazza)
possono risultare, anche se non di un particolare valore in se artistico/architettonico, parte della memoria della comunità spezzina ed in generale della
storia del nostro Paese.
PRINCIPIO 4. “l’autonomia della verifica del relativo
interesse storico e culturale rispetto alla vicenda autorizzatoria;”
Questo
è un principio di grande rilievo ai fini di quella che sarà la futura decisione
di merito del Consiglio di Stato (il prossimo 27 gennaio 2015).
Il
Comune nel suo ricorso al TAR Liguria e nel suo controricorso al Consiglio di
Stato ha sempre sostenuto che l’autorizzazione del novembre 2012, con la quale
la Soprintendenza licenziò il progetto Buren Vannetti, aveva esaurito la questione della
verifica dell’interesse storico della piazza e delle sue pertinenze (compreso
il filare dei pini). In sostanza il
Comune ha sempre sostenuto che, essendo la piazza ultrasettantennale ed essendo vincolata
ex lege, con la autorizzazione del progetto Buren Vannetti del
novembre 2012 si era ammessa, da un lato la inutilità della procedura di
verifica dell’interesse culturale come prevista da un apposito
decreto ministeriale (per il
testo vedi QUI)
e dall’altro la possibilità di eliminare il filare dei
pini. Come se la autorizzazione del
novembre 2012 avesse anche fotografato la portata dell’interesse storico e
culturale della piazza, fotografia sviluppata avendo in sovrapposizione il
progetto Buren Vannetti a prescindere da quella che era stata la evoluzione storica della piazza.
Noi abbiamo sempre sostenuto che invece l’autorizzazione
del novembre 2012, ordinando (viene usato il termine “necessaria” non a caso da parte della Soprintendenza) la
procedura di verifica dell’interesse culturale, aveva in qualche modo dichiarato
l’obbligo di approfondire l’interesse culturale della piazza proprio per
evitare che ci fossero contraddizioni tra il progetto approvato in generale ed
aspetti particolari dell’interesse culturale non valutati nella relazione
della dott.sa Ratti (direttrice delle Istituzioni Culturali spezzine) in sede di bando per la selezione dei progetti, come pure nella
domanda di autorizzazione stessa.
Ora finalmente il Consiglio di Stato da
ragione alla nostra tesi affermando che l’autorizzazione in se non può essere
esaustiva della verifica dell’interesse storico e culturale di un immobile. Questo
ha una conseguenza inevitabile, anche se non espressa direttamente dalla
ordinanza del Consiglio di Stato (siamo nella fase cautelare e non nel merito
non dimentichiamolo), e cioè che, come da
noi affermato fin dall’inizio, la richiesta di avviare la procedura di verifica
dell’interesse culturale (contenuta nella autorizzazione del novembre 2012) aveva carattere prescrittivo e il non averla avviata ha prodotto la
illegittimità che ha consentito nel giugno 2013 la sospensione parziale della
autorizzazione stessa da parte della Soprintendenza.
Infatti
solo attraverso la procedura di verifica dell'interesse culturale, si poteva valutare ciò che poteva
essere abbattuto, modificato, eliminato, dell’immobile Piazza Verdi
che fino alla autorizzazione del novembre 2012 era solo, astrattamente, vincolato ex lege. D’altronde
questo principio era affermato da tempo dalla Direttiva 10/10/2012 del Ministero Beni Culturali secondo
la quale: “Discende
pianamente dalla lettura della lettera g) comma 4
articolo 10 ,
insieme a quelle di cui all'articolo
10, comma 1 e all'articolo 12, comma 1, del Codice,
che, in ogni caso, anche tutte le pubbliche piazze, vie, strade e altri
spazi urbani per i quali non sia stato emanato un
puntuale provvedimento di vincolo, ma
appartenenti a soggetti pubblici e realizzate da oltre settanta anni, sono
comunque sottoposte interinalmente all'applicazione del regime di
tutela della Parte Seconda del Codice (e, quindi,
anche alle previsioni del citato art. 20, comma 1),
fino a quando non sia effettuata la procedura di
verifica dell'interesse culturale di cui all'articolo 12 del
Codice. Ne discende altresì, secondo i noti
principi, che l'applicazione del regime speciale di
tutela potrà cessare unicamente a seguito di
svolgimento della procedura di verifica dell'interesse
culturale con esito negativo“
PRINCPIO 5. “che, in riferimento al complessivo bene di
interesse pubblico tutelato, l’esecuzione della sentenza può comportare un
pregiudizio grave e irreparabile, rispetto alla valutazione e alla cura
dell’interesse pubblico in questione, cura che compete all’Amministrazione dei
beni culturali e del paesaggio;”
L’ultimo
principio affermato dalla ordinanza del Consiglio di Stato non è altro che la
logica conseguenza dei primi 4 principi sopra esaminati. Infatti:
se
le associazioni ricorrenti erano legittimate ad agire in giudizio contro il
progetto Buren Vannetti (principio 1)
se
il filare dei pini va valutato in rapporto all’intera piazza e alla
conformazione storica culturale della sua face e quindi qualsiasi progetto di modifica dovrà rispettare tale rapporto (principio 2)
se
l’intera piazza (pertinenze arboree
comprese) va valutata, sotto il profilo dell’interesse storico culturale, non
solo per i suoi pregi architettonici ed artistici ma anche per quello che nel
suo insieme rappresenta per la identità storica della comunità spezzina e
nazionale (principio 3)
se
solo con la procedura di verifica dell’interesse culturale dell’intero immobile
Piazza Verdi (pertinenze arbore comprese) si poteva arrivare a modificare la
face storica della stessa (principio 4)
Se
si afferma tutto ciò allora è inevitabile che la sentenza del TAR Liguria resti
sospesa fino al merito per evitare che, proseguendo nella realizzazione del
progetto Buren Vannetti, si produca un danno grave e irreparabile ad un immobile
soggetto ad un vincolo storico culturale da definirsi appunto proprio sulla
base della sentenza di merito.
ULTIMA
RIFLESSIONE
Ovviamente
vedremo cosa il Consiglio di Stato deciderà nel merito ma al di la delle
questioni giuridiche credo che l’Amministrazione Comunale dovrebbe seriamente
riflettere se davvero valga la pena, perdendo anche nel merito, rischiare pesanti conseguenze legali ed
amministrative ma anche di responsabilità contabili.
Forse è arrivato il
momento di tornare alla politica trovare una mediazione sul progetto di
rifacimento di piazza Verdi che tenga conto anche di coloro che, come dimostrato dalla
ordinanza del Consiglio di Stato, non sono dei “falsari,
squallidi approssimatori” come li apostrofò il Sindaco Federici, ma dei
cittadini attivi e consapevoli che volevano e vogliono difendere la identità
storica della loro città.
Ma per fare questo occorre venga sconfitta la cultura autoritaria che quasi sempre ha caratterizzato lo stile di governo del Sindaco Federici.
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