Ho avuto modo di leggere la copia degli atti e
delle lettere tra il Comune di Spezia e
gli organi del Ministero dei Beni Culturali che si stanno occupando della
richiesta di revisione del progetto di riqualificazione di Piazza Verdi alla
luce della verifica dell’interesse archeologico svolta sulla piazza nei mesi
scorsi.
Come è noto tutta la vicenda si è, per ora,
conclusa con la decisione della Giunta Federici di impugnare al TAR l’atto delle
Soprintendenze Archeologica e delle Belle Arti e Paesaggio con il quale si
chiede al Comune di modificare il progetto secondo le prescrizioni in esso
indicate.
Sulla legittimità o meno di questi atti e scambi
epistolari ci sarà tempo per intervenire e anch’io esprimerò la mia opinione.
Anche perché la documentazione che il Comune ha prodotto su richiesta del
Consigliere Comunale Giulio Guerri risulta incompleta in quanto mancano quattro
documenti fondamentali:
1. Relazione Soprintendenza
Archeologica del 18/6/2015 prot. n. 330 che risponde alle richieste di
chiarimenti del Direttore Generale Archeologia
2. Le 2 Relazioni della Soprintendenza
Archeologica del 21/7/2015 prot. n. 8615 e del 27/7/2015 prot. n. 8837 che
contengono la verifica preventiva dell’interesse archeologico della piazza
3. L’Atto di Indirizzo del
Direttore Generale Belle Arti e Paesaggio del 31/7/2015 prot. n. 18289 che
interviene sulle contraddizioni tra i ritrovamenti del Politeama e del
quartiere del Torretto con la attuale visione della Piazza dopo i lavori svolti
dal Comune
Quello che voglio invece dimostrare in questo post è, attraverso la analisi del testo dei documenti relativi a questa
nuova controversia su Piazza Verdi, che il Comune aveva comunque deciso fin
dall’inizio di non adeguarsi a qualsiasi decisione che sarebbe emersa dalla
verifica dell’interesse archeologico da parte degli organi competenti del
Ministero dei Beni Culturali. In sostanza c’è stata fin dall’inizio una
pregiudiziale del Comune verso l’attività del Ministero e dei suoi organi
questo nonostante che il Comune fosse in difetto fin dall’inizio visto che non
aveva svolto la obbligatoria, per legge, verifica preventiva dell’interesse
archeologico (vedi QUI).