SINTESI
DEL PRESENTE POST
Con la riattivazione dell’interesse verso la mancata bonifica del
sito di Pitelli determinato dai recenti ritrovamenti di interramenti abusivi di
rifiuti pericolosi, si è riaperta la discussione anche sulle responsabilità istituzionali dei controlli e delle bonifiche nella aree
inquinate. Su questo tema, che
ho già affrontato nei miei post in questo blog ai quali rinvio (vedi QUI), ho avuto modo di
leggere varie interpretazioni su un aspetto non secondario: le modalità di
bonifica delle aree militari inquinate, rientranti o meno nel perimetro del
sito di Pitelli.
Nel post che segue dimostrerò quanto ora sintetizzo in
questa introduzione:
1. le aree militari nel momento
in cui risultassero inquinate devono essere oggetto di apposite comunicazioni
da parte delle autorità militari anche alle autorità civili (Prefetto, Regione, Enti Locali);
2. alle autorità civili (Prefetto, Regione, Enti Locali) devono essere comunicati tutti i passaggi della attività di bonifica
3. le modalità di bonifica alle
aree militari, compresi i parametri per definire l’inquinamento nonché le
tecniche di bonifica e/o
messa in sicurezza, sono le stesse previste le aree civili: Prefetto, Regione, Provincia, Comune.;
4.tutte la procedura di bonifica dal momento della caratterizzazione
fino alla approvazione del progetto di bonifica e successivo monitoraggio
devono vedere il coinvolgimento delle autorità civili: Prefetto, Ministero Ambiente (siti di interesse nazionale),
Regione, Provincia, Comune. Questo avviene attraverso l’istituto della
conferenza dei servizi;
5. i dati, i documenti relativi
alle procedura di bonifica sono pubblicabili ed accedibili salvo ragioni
superiori di difesa nazionale, che ad esempio nel caso del nostro golfo non
hanno alcuna rilievo, come non ne avevano nel caso del recente trasporto radioattivo
nel nostro golfo (vedi QUI) o nella vicenda della
demolizione della bettolina militare davanti al quartiere di Marola (vedi QUI);
6. i controlli ambientali all'interno delle aree militari resta di competenza delle autorità militari ma nelle aree limitrofe le autorità civili (Comune e Provincia) possono predisporre monitoraggi e nel caso si dimostrino pericoli di dispersione degli inquinanti dalle aree militari a quelle civili, mantengono i loro poteri di diffida ed ordinanza a cominciare da quelli del Sindaco come massima Autorità Sanitaria nel territorio del Comune.
Quindi non rispondono al vero due affermazioni, che ho letto purtroppo
anche da fonti ambientaliste, secondo cui:
1. nelle aree militari da bonificare le autorità civili non hanno mai avuto poteri
2. dopo
la declassificazione del sito di bonifica nelle aree militari delle colline di
Pitelli: Ministero
dell’Ambiente, Regione ed Enti Locali non avrebbero più poteri di intervento.
Non è così!
E’ vera invece un'altra cosa e cioè che se il sito di bonifica di
Pitelli fosse rimasto nazionale la procedura anche nelle aree militari sarebbe
rimasta nella titolarità del Ministero dell’Ambiente con la partecipazione di
una rappresentante della Difesa alle conferenze dei servizi istruttorie e
decisorie. Ora con la
declassificazione del sito da nazionale a regionale, la titolarità delle
procedura di bonifica torna in mano ai rappresentanti militari per le aree
militari e a regione/enti locali per quelle civili. Questa è forse una delle tante “ragioni”
che hanno spinto gli enti locali, probabilmente in accordo con le autorità
militari a chiedere la declassificazione del sito. Ma questo non significa come
spiego abbondantemente nelle note che seguono (si vedano per comodità di lettura le parti in rosso) che Ministero
dell’Ambiente, Regioni, Enti Locali non abbiano alcun titolo ad intervenire
nelle bonifiche: aree militari della zona di Pitelli comprese!.
Aggiungo infine che molti degli atti indicati nelle note che seguono dovrebbero essere già stati prodotti dalle autorità militari e quindi sono accedibili da chiunque sia interessato, anzi secondo la recente normativa sulla trasparenza sia le autorità militari che ad esempio il Comune di Spezia sono obbligati per legge a pubblicarli nei loro siti istituzionali (vedi QUI).