giovedì 28 settembre 2023

Il dragaggio nei porti dopo il nuovo Regolamento su terre e rocce da scavo

Presentata bozza di Regolamento che riforma nuovamente la normativa sulla gestione delle terre e rocce da scavo attualmente disciplinata dal Decreto 120/2017 (QUI) che a sua volta aveva abrogato il precedente Decreto 161/2012 (QUI)

Il testo tratta anche dei materiali di dragaggio e della possibilità di un loro riutilizzo ma solo a terra mentre gli sversamenti in mare restano in vigore i due Decreti ministeriali del 2016 come spiego nel post che segue.  Si dichiarano insoddisfatti (QUI) gli operatori portuali che speravano invece di poter applicare il nuovo regolamento (che permette di classificare le terre e rocce di scavo come sottoprodotti e non più rifiuti) anche per lo sversamento in mare dei fanghi di dragaggio.

In realtà come dimostro nel post le semplificazioni a favore dello sversamento in mare dei dragaggi e comunque una loro gestione molto facilitata sussistono già nella vigente normativa e resta in sospeso un decreto ministeriale che potrebbe ulteriormente permettere sversamenti senza procedura di sicurezza ambientale adeguate nonostante che la Cassazione abbia spiegato da tempo che invece, a prescindere dalla possibilità che la legge fornisce per gli sversamenti, questi devono avvenire solo dopo istruttorie rigorose.

Vediamo di seguito su quale norma di legge si fonda il nuovo regolamento e come quest’ultimo interviene nel disciplinare la gestione dei materiali di dragaggio a terra, le rimozioni nelle critiche di Assoporti alla bozza di regolamento e come attualmente la normativa vigente e la giurisprudenza recente della Cassazione disciplinano lo sversamento di materiali di dragaggio in mare.

N.B. Sulla disciplina delle terre e rocce da scavo in generale nel nuovo Regolamento tornerò a breve con un nuovo post.  

QUI trovate il testo della bozza di Regolamento sulle terre e rocce di scavo presentata dal Governo

QUI trovate la scheda di confronto tra il testo del Decreto 120/2017 e quello del nuovo Regolamento in fase di pubblicazione.

 


LA LEGGE CHE HA DELEGATO IL GOVERNO AD EMANARE IL NUOVO REGOLAMENTO

L’articolo 48 del Decreto Legge 13/2023 convertito nella legge 41/2023 (QUI) prevede che al fine di assicurare il rispetto delle tempistiche di attuazione del PNRR per la realizzazione degli impianti, delle opere e delle infrastrutture ivi previste,  nonché per la realizzazione degli impianti necessari a garantire la sicurezza energetica, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e sentito il Ministro della salute, adotta un decreto avente ad oggetto la disciplina semplificata per la gestione delle terre e delle rocce da scavo,  con  particolare riferimento:

a) alla gestione delle terre e delle rocce da scavo qualificate come sottoprodotti ai sensi dell'articolo 184-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, provenienti da cantieri di piccole dimensioni, di grandi dimensioni e di grandi dimensioni non assoggettati a VIA o ad AIA, compresi quelli finalizzati alla costruzione o alla manutenzione di reti e infrastrutture;

b) ai casi di cui all'articolo 185, comma 1, lettera c) [NOTA 1], del decreto legislativo n. 152 del 2006 (QUI), di esclusione dalla disciplina di cui alla parte quarta del medesimo decreto del suolo non contaminato e di altro materiale allo stato naturale escavato;

c) alla disciplina del deposito temporaneo delle terre e delle rocce da scavo qualificate come rifiuti;

d) all'utilizzo nel sito di produzione delle terre e delle rocce da scavo escluse dalla disciplina dei rifiuti;

e) alla gestione delle terre e delle rocce da scavo nei siti oggetto di bonifica;

e-bis) ad ulteriori disposizioni di semplificazione per i cantieri di micro-dimensioni, per i quali è attesa una produzione di terre e rocce non superiore a 1.000 metri cubi;

f) alle disposizioni intertemporali, transitorie e finali.

 

 


LA QUESTIONE DEI MATERIALI DAI DRAGAGGI IN MARE

La prima rilevante novità è nella definizione di terre e rocce da scavo ai fini della applicazione del nuovo regolamento, rientrano anche il suolo, il materiale roccioso e i sedimenti escavati derivanti da attività finalizzate alla realizzazione di un'opera, tra le quali:

1. scavi in genere da dragaggi

2. opere infrastrutturali comprese le infrastrutture portuali.

 

Subito dopo però l’articolo 3 della bozza di regolamento afferma che “1. Il presente regolamento non si applica ai conferimenti di terre e rocce da scavo in mare o in ambiti ad esso contigui, quali spiagge, lagune e stagni salmastri e terrapieni costieri, già disciplinati dall'articolo 109 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.”

Questo significa che i fanghi di dragaggio relativamente al loro sversamento in mare resteranno sottoposti alla disciplina specifica vale a dire:

1. se il dragaggio avviene in aree interessate da siti di bonifica di interesse nazionale si applica il Decreto ministeriale 15 luglio 2016 n. 172: “Regolamento recante la disciplina delle modalità e delle norme tecniche per le operazioni di dragaggio nei siti di interesse nazionale, ai sensi dell'articolo 5-bis, comma 6, della legge 28 gennaio 1994, n. 84” (QUI)

2. se il dragaggio avviene in aree senza siti di bonifica di interesse nazionale si applica Decreto 15 luglio 2016, n. 173: “Regolamento recante modalità e criteri tecnici per l'autorizzazione all'immersione in mare dei materiali di escavo di fondali marini.” (QUI).

Invece si applicherà il nuovo regolamento quando approvato se i materiali di dragaggio verranno portati a terra.

 

Assoporti ha criticato la bozza di regolamento perché sperava che superasse il Decreto n° 173/2016 al fine di applicare le nuove facilitazioni anche allo sversamento in mare dei materiali di dragaggio. In particolare, se il nuovo regolamento fosse stato applicato anche ai dragaggi superando quello del 2016 i fanghi di dragaggio anche quelli da sversare in mare sarebbero stati, a date condizioni, considerati sottoprodotti quindi non più disciplinati dalla normativa sui rifiuti.

Occorre ricordare che non casualmente Il Ministero Ambiente ha risposto (QUI) ad un interpello (QUI) sulle questioni della gestione del materiale di dragaggio.

In sintesi, secondo il Ministero, le operazioni di recupero dei materiali di dragaggio devono sempre avvenire nel rispetto di quanto prescritto dall’art. 184-quater D.lgs. 152/2006 (QUI), anche qualora siano effettuate direttamente in sito/ciclo produttivo in quanto fino a completamento della procedura di detto articolo i materiali di dragaggio restano rifiuti e devono essere accompagnati nel loro trasporto dal FIR ((formulazione identificazione rifiuti ex art. 193  DLgs 152/2006). La dichiarazione di conformità, pertanto, dovrà essere redatta all’esito delle operazioni di recupero, ma prima della verifica delle autorità competenti, ossia prima dell’ultimo adempimento utile per poter qualificare, ai sensi dell’art. 184-quater, D.lgs. 152/2006, come non rifiuti i materiali in parola.

 

In realtà gli operatori portuali sembrano incontentabili visto che l’articolo 4 della legge 156/2021 (QUI) è stato modificato l’articolo 184-quater del DLgs 152/2006 introducendo un nuovo comma 5-bis con un indirizzo chiaro "riutilizzo" in ambienti marino costieri significa anche sversare in mare il materiale escavato. D'altronde il nuovo comma 5-ter diventa norma di chiusura prevedendo un nuovo decreto che disciplini questo "riutilizzo"! I due commi 5bis e 5-ter sopra citati sono stati abrogati dall'articolo 19 del Decreto Legge 181/2023 ma cambia poco visto quello che prevede il nuovo regolamento (QUI) sulle terre e rocce di scavo relativamente al riutilizzo dei materiali di dragaggio e la delega al Cipom della riforma dei dragaggi (QUI)

Certamente il nuovo decreto non esiste ancora ma la norma che permetta in modo ancora più semplificato lo sversamento esiste e il decreto previsto potrebbe sempre essere emanato.

Peraltro, nonostante le lamentele degli operatori portuali, con la legge 108/2021 (QUI) è stato previsto addirittura un Piano nazionale di dragaggi “sostenibili”. Questa norma prevede addirittura che le attività di dragaggio nelle infrastrutture portuali del territorio nazionale e nelle acque marino-costiere sono dichiarati interventi di pubblica utilità e indifferibili e urgenti e costituiscono, ove occorra, variante al piano regolatore portuale e al piano regolatore del sistema portuale.

Gli operatori portuali hanno la memoria corta visti le innumerevoli norme semplificatorie intervenute in questi anni a favore dello sviluppo dei porti e spesso in deroga a norme ambientali rilevanti, vedi QUI

 


 

GLI SVERSAMENTI IN MARE SECONDO IL DECRETO 173/2016 E LA GIURISPRUDENZA DELLA CASSAZIONE

Peraltro, il Decreto vigente, attualmente applicabile ai dragaggi (il n°173/2016) prevede l’immersione in mare dei fanghi di dragaggio sia pure a determinate condizioni. Per analizzare la procedura del Decreto 173/2016 si veda questo post QUI, dove tratto il caso dell’ipotizzato sversamento in mare dei fanghi di dragaggio del porto di Spezia.

Evidentemente per gli operatori portuali queste condizioni sono “esagerate” forse vorrebbero una sorta di liberalizzazione degli sversamenti magari con protocolli gestiti da loro direttamente e dalle Autorità di Sistema Portuale? Intanto incombe il decreto, per ora non emanato e neppure presentato in bozza, previsto dal riformato articolo 184-quater del DLgs 152/2006.

Agli operatori portuali occorre ricorda l’importante pronunciamento della Cassazione su come debba essere applicata la procedura di sversamento dei fanghi di dragaggio prevista dal vigente Decreto 173/2016. Si tratta della sentenza Sez. III n. 45844 del 12 novembre 2019 (QUI).

La sentenza dopo avere ricostruito le procedure di autorizzazione disciplinate dal Decreto 15 luglio 2016 n° 173 così conclude in relazione al dragaggio in area portuale: Il dragaggio di sedimenti marini per il mantenimento, il miglioramento o il ripristino delle funzionalità di bacini portuali, della riapertura di foci fluviali parzialmente o totalmente ostruite, per la realizzazione di infrastrutture in ambito portuale o costiero o per il prelievo di sabbie a fini di ripascimento sono, invero, attività che denotano complessi interventi di modifica o ricostituzione e riorganizzazione dei siti, dal significativo impatto ambientale. Come tali compatibili, diversamente dalla fattispecie di cui all’art. 2 lett. f) [NOTA 2] citata, con l’interessamento di significative quantità di materiali sommersi e con la previsione e elaborazione di ampi progetti oltre che con lo spostamento di sedimenti anche in aree distanti e/o distinte da quelle di movimentazione. Così da rendere necessario e giustificare un regime di autorizzazione e controllo quale quello espressamente previsto per la predetta fattispecie.”

Insomma, dragare in area portuale non è un semplice spostamento di sedimenti (vedi lettera f articlo2 del Decreto 173/2016 sopra richiamata) che non richiede autorizzazioni (vedi lettera b comma 2 articolo 1 Decreto 15 luglio 2016 n°173) ma richiede invece una istruttoria complessa come indicato dagli articoli 3 e seguenti di detto Decreto n°173.




[NOTA 1] c) il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione, ove  sia certo che esso verrà riutilizzato a fini di costruzione allo stato naturale e nello stesso sito in cui è stato  escavato, le ceneri vulcaniche, laddove riutilizzate in sostituzione di materie prime all'interno  di cicli produttivi, mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente né mettono in pericolo la salute umana;

[NOTA 2]f) spostamenti in ambito portuale: movimentazione dei sedimenti all'interno di strutture portuali per le attività di rimodellamento dei fondali al fine di garantire l'agibilità degli ormeggi, la sicurezza delle operazioni di accosto ovvero per il ripristino della navigabilità, con modalità che evitino una dispersione dei sedimenti al di fuori del sito di intervento”. 


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