mercoledì 20 settembre 2023

Imposte progressive per una transizione ecologica e solidale

Uno studio (QUI) dell’Istituto Superiore dell’Economia della Scuola Sant’Anna di Pisa dimostra come la transizione ecologica non possa essere affrontata rimuovendo la diffusa regressività fiscale che favorisce sempre di più la parte più ricca della popolazione e impedisce di mettere a disposizione delle Pubbliche Amministrazioni le risorse necessarie per affrontare in modo non solo efficace ma solidale la transizione ecologica.

Su come affrontare i costi sociali della transizione ecologica ne avevo già trattato QUI e QUI.

 

Lo Studio dell’Istituto Superiore dell’Economia Scuola Sant’Anna di Pisa parte dal dato oggettivo per cui l’Unione Europea deve aumentare le risorse significative per finanziare una transizione verde giusta.

Allo stesso tempo, in molti paesi dell’UE si registra una diffusa regressività fiscale.

Lo studio fornisce prove che dimostrano come il grado di progressività dei sistemi fiscali è sceso a tal punto che anche le classi di reddito più ricche pagano aliquote fiscali effettive inferiori rispetto ai gruppi a reddito medio e basso. Tutto questo comporta l’aumento delle disparità senza alcun effetto visibile sulla crescita o sull’occupazione.

Lo studio, quindi, propone di ripristinare un certo grado della progressività perduta attraverso il passaggio ad una riforma fiscale a livello europeo che comprenda:

1. un’imposta sul patrimonio applicata all’1% più ricco della popolazione,

2. un’imposta sulle plusvalenze non realizzate,

3. un aumento sostanziale dell’imposta minima sugli utili aziendali.

 

Lo studio mostra che le entrate generate da tali decisioni sarebbero consistenti.

 

Più specificamente, un’imposta sul patrimonio dell’UE potrebbe generare risorse pari all’1% del PIL dell’UE.

Una tassa sulle plusvalenze non realizzate negli ultimi 5 anni consentirebbe all’UE di raccogliere quasi il 2% del suo PIL (0,4% annuo).

Infine, a livello comunitario un’imposta societaria minima compresa tra il 15% e il 25% potrebbe generare entrate aggiuntive corrispondenti allo 0,5% e all’1,5% del PIL dell’UE.

Un tale nuovo flusso di risorse potrebbe essere impiegato per finanziare sia la mitigazione che le politiche di adattamento necessarie per fronteggiare l’emergenza climatica.

In questo modo, il pacchetto degli interventi fiscali dello studio qui esaminato, consentirebbe ai paesi dell’UE di ridurre congiuntamente la disuguaglianza, aumentare la l’equità del loro sistema fiscale, riducendo le emissioni di gas serra e smorzando le conseguenze sociali dell’impatto degli eventi climatici estremi. La proposta di riforma fiscale potrebbe quindi contribuire a rimettere in sesto le economie dell’UE su un percorso sostenibile e inclusivo.

 

Lo studio, secondo gli autori, è solo il primo passo nella progettazione di un sistema fiscale più equo e rispettoso del clima.

Una valutazione completa dell’impatto e del potenziale gettito dell’imposta richiedono ulteriore lavoro. Innanzitutto, deve essere effettuata un’ampia analisi di sensitività sui ricavi stimati, variando le ipotesi sottostanti.

In secondo luogo, devono essere effettuate ulteriori analisi per valutare il possibile deflusso di capitali innescato dalle politiche fiscali a livello europeo.

Tuttavia, data la regressività in atto sui sistemi fiscali dell’UE, le conclusioni generali, secondo gli autori dello studio, reggono fermamente: c’è ampio spazio per imporre tasse più alte per coloro che appartengono all’1% più ricco della distribuzione della ricchezza nell’UE.

 

 VEDI ANCHE LO STUDIO PROMOSSO DAL GRUPPO DEI VERDI AL PARLAMENTO UE : QUI.

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