In Adunanza di
sezione il Consiglio di Stato su ricorso straordinario al Presidente della
Repubblica di un gestore di telefonia mobile con apposito parere (QUI) lo
respinge relativamente a quattro motivi:
1. evitare una nuova viabilità di accesso al cantiere che
possa aumentare il consumo di suolo nel territorio interessato
2. possibilità di realizzare l’antenna in altro sito ma
senza obbligo per l’autorità locale nel caso di diniego di autorizzazione per
tutela dell’interesse paesaggistico
3. tutela del paesaggio con adeguata motivazione della
autorità che ha negato la realizzazione dell’impianto in quanto ha saputo
descrivere con logica e precisione i caratteri paesaggistici del sito e gli
impatti negativi che su di esso sarebbero stati prodotti se fosse stata
realizzata l’antenna
4. il ruolo della pianificazione delle autorità locali (Provincia
Autonoma in questo caso, ma stesso discorso vale nelle regioni a statuto ordinario,
per i Comuni) nel permettere una corretta localizzazione delle antenne di
telefonia mobile
Vediamo più precisamente le motivazioni del Parere con il quale il ricorso del gestore è stato respinto…
OGGETTO
DELLA DECISIONE
Con determinazione del
dirigente del Servizio autorizzazioni e valutazioni ambientali della Provincia
autonoma di Trento è stata respinta l’istanza congiunta di due gestori di
telefonia mobile di autorizzazione per i lavori di riconfigurazione della
stazione radio base esistente. In particolare i gestori avevano manifestato la
necessità, a seguito della disdetta del contratto di locazione, di
rilocalizzare una stazione radio base a suo tempo realizzata sulla copertura di
un edificio di proprietà privata e di aver a tal fine individuato un'area
idonea, a circa 200 metri di distanza dall'abitato, dove, non esistendo altri
edifici idonei, poter realizzare una struttura di supporto a palo, di altezza
adeguata ad assicurare la diffusione del segnale e il rispetto della disciplina
radioprotezionistica vigente
LE MOTIVAZIONI DEL PARERE DEL CONSIGLIO DI STATO NEL RESPINGERE IL RICORSO DEI GESTORI
Il Consiglio di Stato
ha respinto il ricorso su tre motivazioni principali:
La questione
di evitare nuovi consumi del suolo con viabilità di cantiere
Il regolamento
urbanistico-edilizio provinciale adottato, in esecuzione della legge
provinciale, all’art. 36 (rubricato “Criteri per l’installazione di
impianti di telecomunicazione e di radiodiffusione”), prevede che “Al
fine di tutelare e valorizzare il paesaggio, gli impianti di telecomunicazione
e di radiodiffusione possono essere installati nel rispetto dei seguenti
criteri: a) l’accesso agli impianti è garantito tramite viabilità esistente …”
Secondo il Consiglio di Stato la norma provinciale è chiaramente preordinata a
evitare la progressiva antropizzazione di aree di pregio naturalistico, in
particolare mediante l’apertura di nuove strade (verosimilmente carrabili, al
fine di consentire, nel caso di specie, la realizzazione di un impianto di
cospicue dimensioni) all’interno di aree che ne siano affatto prive e che
proprio in ciò (e, più in generale, nell’assenza di interventi antropici
rilevanti) rinvengono il loro interesse ambientale e paesaggistico
La possibilità
da parte della Amministrazione locale di indicare siti diversi al gestore
Aggiunge sul punto il Consiglio di Stato: “Né, d’altra parte, tale lettura della
norma del regolamento urbanistico provinciale conduce agli esiti estremi,
paventati dalla società ricorrente, di una radicale preclusione
dell’installazione di impianti di trasmissione di telefonia cellulare: non è
invero escluso che possano esistere, in loco, altre aree che, pur non
essendo edificate, presentino vie di accesso interne già tracciate, così come
non è affatto escluso, a priori e in generale, che l’impianto de
quo possa essere installato su manufatti preesistenti (come sinora
avvenuto, prima della risoluzione del contratto di locazione o di affitto con
la proprietà privata del precedente sito).”
Si conferma quindi che,
se esiste un piano e una regolamentazione della localizzazioni che permette di
motivare nel merito il diniego alla installazione di una antenna in un sito
determinato, si può instaurare più facilmente un confronto con i gestori per spostare
l’antenna in un sito più idoneo sotto il profilo urbanistico ma anche
ambientale e paesaggistico.
Se il rigetto della istanza si fonda sull’interessa paesaggistico l’autorità locale non deve obbligatoriamente indicare un sito alternativo
Il quinto motivo di
ricorso sostiene, in via ulteriormente subordinata, che la struttura
provinciale, nel negare l'autorizzazione per il mancato rispetto dei criteri
generali di localizzazione, avrebbe dovuto proporre una localizzazione
alternativa.
Il Parere del Consiglio di
Stato rigetta anche questo motivo affermando che: “Come condivisibilmente
replicato nelle difese della Provincia autonoma di Trento, non risulta
pertinente il richiamo, operato dalla società ricorrente, alla previsione
dell'art. 6-bis, comma 4, del regolamento provinciale, che prevede l’obbligo di
indicare una diversa localizzazione nel caso di contrasto della localizzazione
proposta con i tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana: la
domanda di parte ricorrente, infatti, <<non è stata rigettata a causa del
mancato rispetto dei criteri generali di localizzazione di cui all'art. 3 del
regolamento CEM, nei confronti dei quali al contrario l'intervento risulta
coerente>>, ma esclusivamente per il mancato rilascio dell'autorizzazione
paesaggistica, “circostanza che comporta ostacolo insormontabile ai fini
dell'autorizzazione di cui all'art. 6 regolamento CEM”.
La adeguata motivazione dell’impatto paesaggistico per negare la realizzazione della antenna da parte della autorità locale competente
Secondo il Consiglio di Stato i motivi del ricorso anche sotto questo profilo vanno respinti perché l’autorità locale competente ha adeguatamente motivato l’interesse paesaggistico del sito dove doveva essere realizzata l’antenna.
In particolare il
Parere del Consiglio di Stato riporta la motivazione che ha portato al diniego
di autorizzazione della antenna: “L'intervento in esame è relativo alla
costruzione di un impianto di telefonia mobile . . . costituito da un palo di
oltre 25,00 m di altezza e dalla relativa strumentazione accessoria, ospitati
su una platea in c.a. . . . Si fa presente in ogni caso che il sito individuato
per la collocazione della struttura risulta inidoneo anche sotto il profilo
paesaggistico in quanto nel contesto rurale sito alla periferia nord/est di San
Giacomo, a valle della SP, sostanzialmente aperto ed esposto alle visuali, ove
prevale figurativamente la presenza delle distese prative e la rada vegetazione
arborea non è sufficiente a mascherare l'opera. L'inserimento del palo andrebbe
a costituire un elemento di degrado paesaggistico, ben visibile dal circondario”.
Quindi, conclude il Parere
del Consiglio di Stato, tale motivazione, esclusa ogni sovrapposizione o
sostituzione rispetto al giudizio di merito riservato alla competente
Amministrazione, risulta logica, chiara, coerente, completa e dunque priva di
qualsivoglia indice sintomatico di eccesso di potere, e deve, pertanto, esser
giudicata legittima e comunque immune dalle censure in punto di legittimità
dedotte in ricorso.
Non casualmente la giurisprudenza del Consiglio di Stato (Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 febbraio 2018, n. 1058 - QUI) ha precisato che le stazioni radio base, nonostante il riconoscimento del carattere di opere di pubblica utilità e malgrado l’assimilazione ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria, non possono essere localizzate indiscriminatamente in ogni sito del territorio comunale perché, al cospetto di rilevanti interessi di natura pubblica, come nel caso della tutela dei beni ambientali e culturali, la realizzazione dell’opera di pubblica utilità può risultare cedevole. Non a caso l’art. 86 del decreto legislativo n. 259 del 2003, nel disciplinare le infrastrutture di comunicazione elettronica, al comma 4 fa espressamente salve “le disposizioni a tutela dei beni ambientali e culturali”. Ora questo articolo 86 dopo il riordino (ex DLgs 207/2021 - QUI) del Codice delle Comunicazioni Elettroniche è diventato il 43 (QUI) che al comma 5 recita: “5. Restano ferme le disposizioni a tutela dei beni ambientali e culturali contenute nel decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (QUI)…”
Questo principio di mantenimento della normativa sul paesaggio vige anche dopo la riforma del codice delle comunicazioni elettroniche sopra richiamata in relazione alle semplici variazioni di impianti di telefonia mobili esistenti e già abilitati, per queste variazioni non occorre l’autorizzazione paesaggistica solo nel caso in cui gli interventi comportino aumenti delle altezze non superiori a 1,5 metri e aumenti della superficie di sagoma non superiori a 1,5 metri quadrati.
Efficacia della pianificazione locale nella localizzazione delle antenne di telefonia mobile
Il Consiglio di Stato
nel suo Parere qui esaminato ricorda la giurisprudenza
costituzionale in materia di pianificazione locale (Corte cost., sentenze n.
307 QUI e 331 QUI del 2003 ) dove si afferma che: “rientra nella potestà legislativa
e regolamentare della Provincia di Trento disciplinare la localizzazione delle
stazioni radio base attraverso l’adozione di ulteriori misure e prescrizioni
dirette a ridurne il più possibile l’impatto negativo sul territorio”. Il
tutto, aggiunge il Parere del Consiglio di Stato, non impedendo od ostacolando
ingiustificatamente l’insediamento degli impianti, ma comunque potendo
introdurre misure di governo del territorio (quali distanze, altezze e
localizzazioni) conformi al principio di ragionevolezza e purché sorrette da
una sufficiente motivazione, sulla base di risultanze acquisite attraverso
un’istruttoria idonea a dimostrare la ragionevolezza della misura e la sua
idoneità rispetto al fine perseguito.
Anzi conclude sul punto il
Parere del Consiglio di Stato la Provincia di Trento con la norma del proprio
regolamento, sopra riportata, sui criteri di localizzazione della antenne a
tutela del paesaggio : “non introduce, in realtà, un criterio di
localizzazione delle stazioni radio base che si traduce in un “vincolo”
surrettizio, ostativo allo sviluppo della rete di telecomunicazione mobile,
atteso che tale disposizione non esclude affatto una localizzazione alternativa
degli impianti nella medesima zona del territorio comunale individuata dal
gestore dei servizi di telefonia e, quindi, non comporta l’effetto di rendere
impossibile la copertura di rete del territorio nazionale. A ben vedere la
Provincia di Trento con tale criterio - così come con gli altri criteri fissati
dal primo comma dell’art. 36 - al dichiarato fine di <<tutelare e
valorizzare il paesaggio>> (ossia nell’esercizio delle proprie competenze
in materia di urbanistica e di tutela del paesaggio) si è limitata a fissare
modalità di realizzazione degli impianti di telecomunicazioni volte a limitare
l’impatto degli impianti stessi sul paesaggio circostante. In definitiva, la Provincia
ha correttamente operato, nell’esercizio della propria potestà regolamentare,
un contemperamento tra le esigenze di tutela del paesaggio e le esigenze
connesse alla copertura di rete del territorio nazionale.
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