Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il nuovo Decreto legge n° 50 del
17 maggio 2022 (QUI) che all’articolo
12 modifica l’articolo 5-bis della legge 28/2022 (QUI)
che a sua volta aveva disciplinato le condizioni per riaprire le centrali a
carbone esistenti in funzione o che possono rientrare in funzione con tempi
ristretti come quella di Spezia. Il nuovo Decreto Legge precisa ulteriormente
le modalità con cui verranno tenute aperte o verranno le riaperte le centrali a
carbone e a olio per la emergenza energetica dettata dalla crisi Ucraina.
I punti di fondo di questo modello di riapertura delle centrali è:
1. limiti di emissione più di altri
di quelli di legge ma anche delle autorizzazioni vigenti
2. gestione delle nuove
autorizzazioni in mano ai gestori degli impianti trasformando i soggetti
autorizzatori (autorità competente) a poco più che passa carte.
Ma vediamo la ricostruzione dell’articolo 5-bis della legge 28/2022
dopo le modifiche apportate dall’articolo 12 del Decreto Legge 50/2022.
Il Decreto Legge 50/2022 è stato convertito con la legge 91/2022 (QUI) senza modifiche significative. Di seguito una analisi della versione finale di detto articolo 12 legge 91/2022...
POSSIBILE RIAPERTURA O CONTINUAZIONE DEL FUNZIONAMENTO
DI CENTRALI A CARBONE E AD OLIO (ARTICOLO 5-BIS)
L’articolo 5-bis della legge 28/2022 introduce nel nostro
ordinamento la possibilità di riaprire le centrali a carbone nel periodo di
emergenza energetica dettata dalla guerra in ucraina. Si tratta di una norma
che reintroduce quanto già previsto dall’articolo 2 del Decreto Legge n° 16 del
22 febbraio 2022 e qui riproposto con la nuova legge (quest’ultimo è stato
infatti abrogato dalla legge 28/2022 -QUI).
In particolare la parte più significativa sotto il profilo
ambientale oltre che energetico è quella che prevede la riapertura delle
centrali a carbone e a olio o la continuazione di quelle ancora in esercizio,
ovviamente con limiti in deroga alle norme sull’inquinamento.
Nella cartina (fonte assocarboni) pubblicata qua sotto i siti con
centrali a carbone attive o che possono entrare in esercizio se richiesto dal
decreto emergenza
POSSIBILE RIAPERTURA O CONTINUAZIONE DEL FUNZIONAMENTO
DI CENTRALI A CARBONE E AD OLIO (ARTICOLO 5-BIS COMMA 2)
Recita il comma 2 articolo 5-bis della legge 28/2022: “In caso di adozione delle misure finalizzate a ridurre il consumo di gas naturale nel settore termoelettrico la società Terna S.p.A. predispone un programma di massimizzazione dell'impiego degli impianti di generazione di energia elettrica con potenza termica nominale superiore a 300 MW che utilizzino carbone o olio combustibile in condizioni di regolare esercizio, per il periodo stimato di durata dell'emergenza, fermo restando il contributo degli impianti alimentati a energie rinnovabili. Terna S.p.A. trasmette con periodicità settimanale al Ministero della transizione ecologica e all'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente un programma di utilizzo degli impianti di cui al primo periodo ed effettua il dispacciamento degli impianti medesimi, nel rispetto dei vincoli di sicurezza della rete, in modo da massimizzarne l'utilizzo, nonché assimilandoli alle unità essenziali per la sicurezza del sistema elettrico. L'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente definisce i corrispettivi a reintegrazione degli eventuali maggiori costi sostenuti dai predetti impianti.”
L’articolo 5-bis al comma 2 prevede quanto peraltro già
previsto dalla legge 290/2003 per cui Terna valuta il rischio
sistemico e propone al Ministero della Transizione Ecologica la riapertura o
comunque la chiamata in esercizio di impianti esistenti a carbone.
Detto comma 2 parla di impianti di generazione di energia
elettrica con potenza termica nominale superiore a 300 MW che utilizzino
carbone o olio combustibile in condizioni di regolare esercizio,
per il periodo stimato di durata dell'emergenza.
In più rispetto alla norma del 2003, l’articolo 5-bis sempre al
comma 2 prevede l'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente definisce
i corrispettivi a reintegrazione degli eventuali maggiori
costi sostenuti dai predetti impianti.
Una sorta di meccanismo di capacità dedicato alla fase di
riattivazione degli impianti a carbone visto che il meccanismo di capacità
ufficiale finanzia proprio gli impianti dedicati a garantire la capacità del
sistema elettrico nazionale e ha ad oggi prevalentemente finanziato impianti a
gas e non certo le rinnovabili.
LE CONDIZIONI DI AUTORIZZAZIONI LE COMUNICANO I GESTORI
DEGLI IMPIANTI NON LA AUTORITÀ COMPETNETE AL RILASCIO DELLE STESSE
Il nuovo comma 3 dell’articolo 5-bis come riformato dall’articolo
12 del Decreto legge 50/2022 introduce
una deroga molto pericolosa alla normale procedura di autorizzazione delle
centrali a carbone. Afferma il nuovo comma 3: “Tenuto conto della situazione
di eccezionalità che giustifica la massimizzazione dell'impiego degli impianti in
questione, i gestori degli impianti medesimi comunicano all'autorità competente
al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA) le deroghe
necessarie alle condizioni autorizzative, per un periodo di sei mesi dalla
notifica al Ministero della Transizione Ecologica delle suddette condizioni
presentate dal gestore dell’impianto. Alla scadenza del termine di sei mesi, qualora
la situazione di eccezionalità permanga,
i gestori comunicano all'Autorità Competente le nuove deroghe necessarie alle condizioni
autorizzative, indicando il periodo di durata delle stesse che, in ogni caso,
non é superiore a sei mesi dalla data della nuova notifica al Ministero della
Transizione Ecologica”.
Insomma sostanzialmente i gestori delle centrali a carbone
svolgono da soli la istruttoria e l’autorità competente al rilascio dell’AIA si
trasforma in un passa carte.
Infatti il nuovo comma 3 articolo 5-bis conclude così: “Con la medesima comunicazione di cui al primo e secondo periodo, i gestori indicano le motivazioni tecniche che rendono necessaria l'attuazione delle deroghe e le condizioni autorizzative temporanee e forniscono i dati necessari per effettuare il confronto rispetto alle condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale e ai livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili nonché' i risultati del controllo delle emissioni ai fini degli accertamenti di cui all'articolo 29-decies, comma 3, del citato decreto legislativo n. 152 del 2006”. Il comma 3 articolo 29-decies fa riferimento al ruolo di Ispra e Arpa nel controllare il rispetto delle autorizzazioni integrate ambientale, una affermazione pleonastica visto che questo controllo è appunto un obbligo di legge.
Unico limite allo “strapotere” dei gestori è quanto affermato dal
nuovo comma 3-bis dell’articolo 5-bis che recita: “Le autorità competenti al
rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale trasmettono le comunicazioni al
Ministero della transizione ecologica e predispongono idonee misure di
controllo nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 29-decies del
decreto legislativo n. 152 del 2006, adeguando, ove necessario, il piano di monitoraggio
e controllo contenuto nell'autorizzazione integrata ambientale.”, ma
qui occorre dire che l’articolo 29-decies è quello che prevede i controlli sul
rispetto delle AIA, ma in questo caso le Autorità preposte controllano il rispetto
delle condizioni di rilascio delle AIA sostanzialmente decise con apposita
comunicazione dai gestori degli impianti!
QUALI LIMITI DI EMISSIONE PER GLI IMPIANTI A FONTI
FOSSILI TENUTI APERTI PER L’EMERGENZA (ARTICOLO 5-BIS COMMA 3)
Secondo il periodo finale del comma 3 articolo 5-bis (come
modificato dall’articolo 12 del nuovo Decreto Legge): “I valori limite in
deroga non possono in ogni caso
eccedere, per ciascun impianto, i riferimenti derivanti dai piani di qualità
dell'ambiente e dalla normativa unionale, nonché i valori meno stringenti dei
BAT-AEL indicati nelle conclusioni sulle BAT (migliori tecnologie disponibili) di
cui all'articolo 3, punto 12), della direttiva 2010/75/UE (QUI) del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010.”
Riferimenti da un lato generici si fa riferimento alla normativa europea
(unionale come afferma il passaggio del comma 3 sopra riportato) senza
specificare bene a quali parti compreso il riferimento ai “valori meno
stringenti”, genericità che unita allo svolgimento della istruttoria per la
autorizzazione alla riapertura, tutta in mano ai gestori, come descritto nel
paragrafo precedente di questo post preoccupa non poco.
Dall’altro lato si chiamano in causa i piani di qualità dell’aria
delle Regioni che teoricamente dovrebbe considerare non solo e non tanto le emissioni
dei singoli impianti ma semmai lo stato complessivo della qualità dell’aria nei
siti dove verranno riaperte le centrali. La cosa mal si concilia con il
riferimento alle deroghe ai limiti di emissioni, come vedremo subito, perché potrebbe
anche non consentire dette deroghe.
Comunque per tornare ai limiti di emissione degli impianti la
normativa europea su questi impianti (la Direttiva sui grandi impianti di
combustione 2010/75/UE) prevede limiti diversificati anche in relazione alla
vetustà degli impianti. In particolare ed è solo un esempio per impianti come
quelli di cui stiamo parlando (centrali a carbone) se esistenti prima del 2002,
e che non sono in funzione per più di 1500 ore operative annue si
applicano:
1. i limiti di SO2 di 800 mg/Nm3 di aria, mentre il valore
ordinario è di 200
2. i limiti di Nox di 450 mg/Nm3 di aria mentre il valore
ordinario è di 200.
3. I limiti per le polveri sono 50 mg/Nm3 mentre il valore
ordinario è di 20.
Ma detto comma 3 parla anche di evitare limiti restrittivi
nazionali che in realtà non esistono perché quello che questo comma rimuove è
la norma italiana, tutt’ora in vigore, che disciplina le emissioni di impianti
a fonti fossili carbone compreso, funzionanti per programmi di emergenza. Si
tratta della legge 290/2003.
Questa norma prevede che se una centrale esistente è richiamata in
servizio per ragioni di sicurezza di funzionamento del sistema elettrico
nazionale deve rispettare i valori limite di emissione previsti dalla
normativa dell'Unione europea e per gli impianti di potenza termica nominale
inferiore a 500 MW dell'allegato 3, lettera B, del Decreto del Ministro
dell'ambiente in data 12 luglio 1990. In quel Decreto, tutt'ora citato dalla
legge 290/2003, si prevedevano limiti molti alti: biossido di zolfo
1700 mg/m 3. - ossidi di azoto 650 mg/m3 - polveri 50 mg/m3. Questo Decreto del
1990 è stato abrogato dall'articolo 280 del DLgs 152/2006 ed è
stato sostituito dagli allegati alla Parte V del DLgs 152/2006 che
riprendono i limiti sopra riportati della Direttiva 2010/75/UE.
Comunque restano anche nella versione della Direttiva e del DLgs
152/2006 limiti molto alti, il tutto aggravato dalla affermazione che comunque
non verranno applicati limiti più restrittivi anche "prescritti in via
amministrativa".
Ora questo può comportare che per impianti con autorizzazioni
vigenti siano stati previsti limiti più bassi di quelli sopra riportati dalla Direttiva
2010/75/UE e dal DLgs 152/2006 (allegati Parte V). Per fare un
esempio l'AIA 2019 alla centrale a carbone spezzina prevedeva
dall'agosto 2021 i seguenti limiti:
SO2: 140 mg/Nm3 giornaliero e 130 annuale
NOX 150 mg/Nm3 giornaliero e 140 annuale
polveri 9 mg/Nm3 giornalieri 7 annuale
Insomma il comma 3 articolo 5-bis sui limiti di emissione
applicabili potrà permettere così come è formulato ora limiti di emissione
elevati e quindi pericolosi per la salute pubblica al di la dei generici
riferimenti ai piani di qualità dell’aria e ai limiti delle BAT.
UTILIZZO NEL PROGRAMMA DI EMERGENZA ANCHE DI IMPIANTI DI
PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA ALIMENTATI DA BIOLIQUIDI SOSTENIBILI (ARTICOLO
5-BIS COMMA 4)
Il programma di emergenza suddetto può comprendere l'utilizzo
degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da bioliquidi
sostenibili, prevedendo, esclusivamente durante il periodo
emergenziale, anche l'alimentazione tramite combustibile convenzionale, in
deroga alle disposizioni di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 29
dicembre 2003, n. 387 (quindi senza autorizzazione unica prevista da detto
articolo).
La deroga di cui al primo periodo é concessa nell'ambito di atti
di indirizzo del Ministero della Transizione Ecologica (che quindi
sostituiscono la procedura di cui al citato articolo 12 DLgs 387/2003)
esclusivamente qualora risulti che l'alimentazione a biocombustibili non
sia economicamente sostenibile rispetto all'alimentazione a
combustibile tradizionale e non consenta l'esercizio degli impianti,
considerando la disponibilità e i prezzi dei biocombustibili e l'attuale
livello degli incentivi.
Fermo restando che l'erogazione dei predetti incentivi é
sospesa per il periodo emergenziale di alimentazione a combustibile
tradizionale, l'Autorità di regolazione per energia, reti e
ambiente definisce i corrispettivi a reintegrazione degli eventuali
maggiori costi rispetto ai proventi derivanti dalla vendita di energia sul
mercato elettrico, strettamente necessari per sostenere l'esercizio
dei predetti impianti nel periodo emergenziale ed effettivamente sostenuti
a partire dalla data di entrata in vigore dei provvedimenti del MITE.
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