L’articolo 5-bis della legge 28/2022 (QUI) introduce
nel nostro ordinamento la possibilità di riaprire le centrali a carbone nel
periodo di emergenza energetica dettata dalla guerra in ucraina. Si tratta di
una norma che reintroduce quanto già previsto dall’articolo 2 del Decreto Legge
n° 16 del 22 febbraio 2022 e qui riproposto con la nuova legge (quest’ultimo è
stato infatti abrogato dalla legge 28/2022- QUI).
In
particolare la parte più significativa sotto il profilo ambientale oltre che
energetico è quella che prevede la riapertura delle centrali a carbone o la
continuazione di quelle ancora in esercizio, ovviamente con limiti in deroga
alle norme sull’inquinamento.
Nella cartina (fonte assocarboni) pubblicata sopra i siti con centrali a carbone attive o che possono entrare in esercizio se richiesto dal decreto emergenza
POSSIBILE
RIAPERTURA O CONTINUAZIONE DEL FUNZIONAMENTO DI CENTRALI A CARBONE E AD OLIO
(ARTICOLO 5-BIS COMMA 2)
“In caso di adozione delle misure finalizzate a ridurre il consumo di gas naturale nel settore termoelettrico la società Terna S.p.A. predispone un programma di massimizzazione dell'impiego degli impianti di generazione di energia elettrica con potenza termica nominale superiore a 300 MW che utilizzino carbone o olio combustibile in condizioni di regolare esercizio, per il periodo stimato di durata dell'emergenza, fermo restando il contributo degli impianti alimentati a energie rinnovabili. Terna S.p.A.trasmette con periodicità settimanale al Ministero della transizione ecologica e all'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente un programma di utilizzo degli impianti di cui al primo periodo ed effettua il dispacciamento degli impianti medesimi, nel rispetto dei vincoli di sicurezza della rete, in modo da massimizzarne l'utilizzo, nonché assimilandoli alle unità essenziali per la sicurezza del sistema elettrico. L'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente definisce i corrispettivi a reintegrazione degli eventuali maggiori costi sostenuti dai predetti impianti.”
L’articolo 5-bis al comma 2 prevede quanto peraltro già previsto dalla legge 290/2003 per cui Terna valuta il rischio sistemico e propone al Ministero della Transizione Ecologica la riapertura o comunque la chiamata in esercizio di impianti esistenti a carbone.
Detto
comma 2 parla di impianti di generazione di energia elettrica con potenza
termica nominale superiore a 300 MW che utilizzino carbone o olio combustibile
in condizioni di regolare esercizio, per il periodo stimato di
durata dell'emergenza.
In
più rispetto alla norma del 2003, l’articolo 5-bis sempre al comma 2 prevede
l'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente definisce i
corrispettivi a reintegrazione degli eventuali maggiori costi
sostenuti dai predetti impianti.
Una
sorta di meccanismo di capacità dedicato alla fase di riattivazione degli
impianti a carbone visto che il meccanismo di capacità ufficiale finanzia
proprio gli impianti dedicati a garantire la capacità del sistema elettrico
nazionale e ha ad oggi prevalentemente finanziato impianti a gas e non certo le
rinnovabili.
QUALI
LIMITI DI EMISSIONE PER GLI IMPIANTI A FONTI FOSSILI TENUTI APERTI PER
L’EMERGENZA (ARTICOLO 5-BIS COMMA 3)
“Agli impianti in questione si applicano esclusivamente i valori limite di emissione nell'atmosfera e le regole sulla qualità dei combustibili previsti dalla normativa eurounitaria, in deroga a più restrittivi limiti eventualmente prescritti a livello nazionale in via normativa o amministrativa.“
La
normativa europea su questi impianti è la Direttiva sui grandi impianti di
combustione (Direttiva 2010/75/UE) prevede limiti diversificati anche in
relazione alla vetustà degli impianti. In particolare ed è solo un esempio per
impianti come quelli di cui stiamo parlando (centrali a carbone) se esistenti
prima del 2002, e che non sono in funzione per più di 1500 ore operative
annue si applicano:
1. i
limiti di SO2 di 800 mg/Nm3 di aria, mentre il valore ordinario è di 200
2. i
limiti di Nox di 450 mg/Nm3 di aria mentre il valore ordinario è di 200.
3. I
limiti per le polveri sono 50 mg/Nm3 mentre il valore ordinario è di 20.
Ma detto comma 3 parla anche di evitare limiti restrittivi nazionali che in realtà non esistono perché quello che questo comma rimuove è la norma italiana, tutt’ora in vigore, che disciplina le emissioni di impianti a fonti fossili carbone compreso, funzionanti per programmi di emergenza. Si tratta della legge 290/2003.
Questa
norma prevede che se una centrale esistente è richiamata in servizio per
ragioni di sicurezza di funzionamento del sistema elettrico nazionale
deve rispettare i valori limite di emissione previsti dalla normativa
dell'Unione europea e per gli impianti di potenza termica nominale inferiore a
500 MW dell'allegato 3, lettera B, del Decreto del Ministro dell'ambiente
in data 12 luglio 1990. In quel Decreto, tutt'ora citato dalla legge 290/2003,
si prevedevano limiti molti alti: biossido di zolfo 1700 mg/m 3. -
ossidi di azoto 650 mg/m3 - polveri 50 mg/m3. Questo Decreto del 1990 è
stato abrogato dall'articolo 280 del DLgs 152/2006 ed è stato sostituito dagli
allegati alla Parte V del DLgs 152/2006 che riprendono i limiti sopra
riportati della Direttiva 2010/75/UE.
Comunque restano anche nella versione della Direttiva e del DLgs 152/2006 limiti molto alti, il tutto aggravato dalla affermazione che comunque non verranno applicati limiti più restrittivi anche "prescritti in via amministrativa".
Ora
questo può comportare che per impianti con autorizzazioni vigenti siano stati
previsti limiti più bassi di quelli sopra riportati dalla Direttiva 2010/75/UE
e dal DLgs 152/2006 (allegati Parte V). Per fare un esempio l'AIA
2019 alla centrale a carbone
spezzina prevedeva dall'agosto 2021 i seguenti limiti:
SO2:
140 mg/Nm3 giornaliero e 130 annuale
NOX
150 mg/Nm3 giornaliero e 140 annuale
polveri
9 mg/Nm3 giornalieri 7 annuale
Insomma
il comma 3 articolo 5-bis sui limiti di emissione applicabili potrà permettere
così come è formulato ora limiti di emissione elevati e quindi pericolosi per
la salute pubblica.
UTILIZZO
NEL PROGRAMMA DI EMERGENZA ANCHE DI IMPIANTI DI PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA
ALIMENTATI DA BIOLIQUIDI SOSTENIBILI (ARTICOLO 5-BIS COMMA 4)
Il
programma di emergenza suddetto può comprendere l'utilizzo degli impianti di
produzione di energia elettrica alimentati da bioliquidi sostenibili,
prevedendo, esclusivamente durante il periodo emergenziale, anche l'alimentazione tramite combustibile convenzionale,
in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 29
dicembre 2003, n. 387 (quindi senza autorizzazione unica prevista da detto
articolo).
La
deroga di cui al primo periodo é concessa nell'ambito di atti di indirizzo del
Ministero della Transizione Ecologica (che quindi sostituiscono la procedura di
cui al citato articolo 12 DLgs 387/2003) esclusivamente qualora risulti che
l'alimentazione a biocombustibili non
sia economicamente sostenibile
rispetto all'alimentazione a combustibile tradizionale e non consenta
l'esercizio degli impianti, considerando
la disponibilità e i prezzi dei biocombustibili e l'attuale livello degli
incentivi.
Fermo restando che l'erogazione dei predetti
incentivi é sospesa per il periodo emergenziale di alimentazione a combustibile
tradizionale, l'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente definisce i corrispettivi a reintegrazione
degli eventuali maggiori costi rispetto ai proventi derivanti dalla vendita di energia sul mercato elettrico,
strettamente necessari per sostenere l'esercizio dei predetti impianti nel periodo emergenziale ed
effettivamente sostenuti a partire dalla data di entrata in vigore dei
provvedimenti del MITE.
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