Come avevo anticipato in questo post del mio blog (QUI),
con legge n° 114 del 9 agosto 2024 (QUI)
è stato abrogato l’articolo 323 (QUI)
del Codice Penale che puniva il reato di abuso di ufficio.
Si tratta di una abolizione che ha le seguenti criticità:
1. Rimuove le riforme già avvenute in passato (l’ultima nel 2020) che avevano già circoscritto il perimetro di applicazione di questo reato.
2. Non risolve i veri problemi che stanno alla base di chi ha voluto questa abrogazione, anzi ne favorisce il consolidamento creando un nuovo spazio di impunità.
3. È in contrasto palese con convenzione internazionali e la prossima direttiva anticorruzione a dimostrazione che questo reato è considerato nella sua fattispecie un indicatore decisivo per perseguire la corruzione nella pubblica amministrazione
4. Mette l’Italia in contraddizione con la maggior parte degli stati europei (a parte quelli con governi notoriamente meno trasparenti) che prevedono la punibilità di questo reato
Vediamo sinteticamente queste criticità
LE RIFORME DELL’ARTICOLO 323 PRECEDENTI ALLA SUA ABROGAZIONE
La legge 120/2020 che ha convertito il Decreto Legge c.d.
semplificazioni (QUI)
aveva già limitato l’applicazione di questo reato alla ola inosservanza
"di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da
atti aventi forza di legge". Veniva così eliminato il riferimento alle
violazioni delle norme di legge o di regolamento. In questo modo si evitava che
il reato fosse applicabile alle sole violazioni di legge o di norme di rango
secondario (regolamenti urbanistici per esempio) senza che tali violazioni
fosse collegabili a regole di condotta specifiche ed espresse per il pubblico
ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio.
Non solo ma questa riforma introduceva la necessità, ai
fini dell'integrazione della realizzazione della fattispecie di abuso di
ufficio, che dalla norma violata non debbano residuare "margini di
discrezionalità" in capo al soggetto agente.
Questa riforma era stata riconosciuta da una rilevante
sentenza della Cassazione del 2020 (QUI).
QUALI SONO I VERI PROBLEMI PER LA PUBBLICA
AMMINISTRAZIONE RIMOSSO DALLA ABROGAZIONE
Come è noto i motivi che stanno alla base della contrarietà
a questo reato di una parte rilevante del ceto politico nazionale (e locale) è
quello riassumibile nei due concetti di "burocrazia difensiva" o
"paura della firma". In altri termini la paura di chi ricopre cariche
di amministrazione attiva ad assumere decisioni o condotte utili al
promovimento dell'interesse pubblico, invece preferendo di non fare nulla per
salvare il proprio “culo”.
In realtà sono ben altre le questioni che producono un
rischio per chi esercita funzioni pubbliche:
1. La confusione legislativa prodotta peraltro dagli
stessi politici che hanno chiesto e voluto la abrogazione di questo reato. Confusione
prodotta dalle tracimanti produzione legislative derogatorie finalizzate a realizzare
opere scelte volute prevalentemente dalle lobby che governano i processi
decisionali del nostro Paese alla faccia della democrazia rappresentativa. Questo
avviene soprattutto in materia ambientale, non a caso, con la scusa della c.d.
transizione ecologica come ho spiegato nel mio blog nella sezione sulla
transizione ecologica (QUI).
2. la opacità [NOTA 1] nella gestione della cosa pubblica utilizzando la scusa di decisionismo
semplificatorio (in contrasto con gli indirizzi della Corte Costituzionale-QUI)
spesso in danno alle finanze pubbliche e ai territori di cui l’ultima inchiesta
sulla gestione della giunta regionale ligure (QUI)
sono un esempio chiarissimo a prescindere dalle responsabilità penali che saranno
accertate o meno dalla magistratura.
3. la non adeguata competenza dei membri degli uffici pubblici
non solo il livello politico ma anche burocratico. Si veda a conferma l’esempio
del rapporto della Corte dei Conti sulla attuazione del PNRR [NOTA 2].
4. Mentre si depenalizza resta la inadeguatezza degli organi
di vigilanza e prevenzione ma anche di indagine dei reati ad esempio in materia
ambientale. Non a caso la nuova Direttiva UE sui reati ambientali ha posto (QUI)
l’accento anche sulla necessità di risorse e formazione adeguate a questi
organi. Per non parlare della logica privatistica in atto da anni (QUI)
e il depotenziamento degli organi di vigilanza ambientali (QUI)
e non solo come dimostra il recente Decreto legislativo 103/2024 (QUI)
sulla semplificazione dei controlli sulle attività economiche su cui tornerò a
breve nell’osservatorio ambientale di questo blog.
IL CONTRASTO DELL’ABROGAZIONE DEL REATO DI ABUSO DI
UFFICIO CON CONVENZIONI E NORME UE E DEGLI STATI MEMBRI DELLA UE
Come ha sottolineato la recente Relazione 2024 (QUI) della Commissione UE sullo stato di diritto: l'abuso di ufficio pubblico e il traffico di influenza fanno parte della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione e il traffico di influenza fanno parte della Convenzione penale contro la corruzione del Consiglio d'Europa.
Non solo la Commissione nella proposta di Direttiva sulla
anticorruzione (QUI-
stato di approvazione-QUI),
ha previsto di criminalizzare questi reati a livello di Unione nel maggio 2023.
Infine, la stessa Direttiva sui reati ambientali, non a
caso, tra le circostanze aggravanti dei reati ambientali, prevede anche quella
per cui il reato ha generato o si prevedeva che generasse benefici finanziari
rilevanti, o ha consentito di evitare spese rilevanti, direttamente o
indirettamente, fattispecie che ricorda esplicitamente quella dell’articolo 323
del codice penale ora abrogato.
Infine, occorre ricordare che sono almeno 25 gli Stati
membri che criminalizzano l'abuso d'ufficio.
[NOTA 1] tre sono i sintomi della
opacità amministrativa:
1. Istruttorie non adeguate propedeutiche
alle decisioni anche per carenza di formazione di chi le istruttorie le
gestisce soprattutto negli enti locali ma non solo purtroppo.
2.Vigilanza superficiale e non pianificata
sulle attività autorizzate ed inquinanti.
3. Mancanza di trasparenza non solo sotto
il profilo dei principi democratici ma delle stesse norme di legge da cui l’assenza di ruolo attivo dei cittadini: emarginati,
disinformati, trattati spesso e volentieri come sudditi passivi da usare solo
per votare ad ogni tornata.
[NOTA 2] Rapporto Corte dei Conti sulla attuazione
PNRR: difficoltà di spesa e di organizzazione della Pubblica Amministrazione
locale, QUI. Difficoltà
di spesa che derivano da scelte del legislatore bene precise degli anni passati
come dimostra lo studio dell'Osservatorio dei conti pubblici italiani (QUI):
spesa dei Comuni negli ultimi anni sotto il 4% del PIL ma soprattutto ridotta
quella in conto capitale, si è tagliata la capacità di spesa degli enti locali
senza preoccuparsi di preservarne la capacità di investire, con la conseguenza
di bloccare la spesa, in particolare quella in conto capitale anche nei Comuni
che avevano ingenti risorse da impiegare. Inoltre secondo lo studio Tra i
fattori che hanno contribuito alla riduzione della capacità di spesa degli enti
locali vi sono le politiche per il personale drasticamente ridotto.
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