È in discussione in Parlamento con varie audizioni lo
schema di decreto legislativo che apporta le ennesime modifiche al Codice della
Comunicazione Elettronica ( per un commento della versione attualmente vigente
vedi QUI e per la
versione vigente vedi QUI).
Le modifiche attualmente in discussione prevedono alcune
proposte di emendamento da parte della maggioranza che hanno le seguenti
finalità:
1. l’impossibilità dei
piani antenne di porre vincoli di localizzazione delle antenne se non in punti
precisi del territorio comunale violando il diritto riconosciuto dalla legge
vigente di fissare criteri di localizzazione (obietti di qualità definiti dalla
legge) per aree del territorio comunale
2. esclusione totale per le antenne di telefonia mobile dalla disciplina
urbanistica edilizia. In questo modo violando la norma vigente che prevede la
possibilità che i piani comunali assicurino il corretto insediamento
urbanistico e territoriale di questi impianti
3. eliminare l’obbligo di comunicare l’attivazione della antenna di telefonia mobile all’Arpa in violazione della giurisprudenza univoca in materia per cui il Parere Arpa non è un atto presupposto e condizionante il provvedimento autorizzativo, bensì atto di un procedimento parallelo necessario, non per la formazione del titolo edilizio e per l’inizio dei lavori con esso assentiti, bensì esclusivamente ai fini della concreta attivazione dell’impianto.
È chiaro l’obiettivo portato avanti dalla lobby dei gestori di telefonia mobile, recepito da una parte del ceto politico soprattutto della attuale maggioranza di governo di rendere inutilizzabili i piani antenne comunali (peraltro già poco utilizzati per l’incompetenza di molti Sindaci) già colpiti dalle varie modifiche acceleratorie a favore degli impianti di telefonia mobile e ancora di più dal rischio molto vicino (un paio di mesi al massimo) di imporre limiti di emissione dei campi elettromagnetici tre volte superiori a quelli della legge vigente come spiego QUI. Tutto questo nonostante che ad oggi i piani comunali antenne, se ben realizzati (come spiego QUI), sono l’unico strumento per una tutela preventiva dell’ambiente e della salute pubblica da inquinamento elettromagnetico.
Di seguti una analisi critica puntuale degli emendamenti più rischiosi per ambiente e salute pubblica in discussione...
RELATIVAMENTE ALL’EMENDAMENTO CHE LIMITA I
CONTENUTI DEI PIANI COMUNALI ANTENNE
TESTO ATTUALE
DELL’ARTICOLO 8 DEL CODICE
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PROPOSTA
EMENDAMENTO NELLO SCHEMA DI DLGS DI MODIFICA DEL CODICE COMUNICAZIONI
ELETTRONICHE IN DISCUSSIONE IN PARLAMENTO |
"le Regioni e gli Enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze e nel rispetto dei principi di cui al primo comma dell'articolo 117 della Costituzione, dettano disposizioni in materia di: a) individuazione di livelli avanzati di reti e servizi di comunicazione elettronica a larga banda, da offrire in aree locali predeterminate nell'ambito degli strumenti di pianificazione e di sviluppo, anche al fine di evitare fenomeni di urbanizzazione forzata ovvero di delocalizzazione di imprese;"
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"Le Regioni e gli
Enti locali, fermo quanto previsto dal comma 6 articolo 8 della Legge 22
febbraio 2001 n.36 sul potere regolamentare dei Comuni, favoriscono la
realizzazione delle reti di comunicazione elettronica non limitando a
particolari aree del territorio la possibilità di installazione, ferme
restando le specifiche disposizioni a tutela di aree di particolare pregio
storico-paesaggistico o ambientale, dovendo nel qual caso, garantire comunque
una localizzazione alternativa che assicuri il medesimo effetto.”
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L’obiettivo dell’emendamento è quello di ridurre il potere di pianificazione dei Comuni riducendo la collocazione delle antenne di telefonia mobile ed altri impianti assimilabili ad una questione puntuale e non di aree che possa contenere situazioni di sensibilità (scuole, ospedali, parchi, situazioni specifiche di problematiche sanitarie anche individuali)
L’emendamento appare in palese contrasto con la ratio di
due norme una viene citata dall’emendamento e una seconda è rimossa ma in
realtà questa seconda è strettamente legata con la prima.
La norma citata ma impropriamente come si dimostra di seguito è l’articolo 8 della legge 36/2001 peraltro recentemente modificato proprio per adeguarlo alla giurisprudenza che chi propone l’emendamento cita in questo caso a sproposito. Vediamo intanto cosa dice questo articolo 8 legge 36/2001:
Comma 6 articolo 8 Legge
36/2001 versione previgente prima di essere modificata |
Comma 6 articolo 8 Legge 36/2001
versione modificata dal Decreto Legge 76/2020- convertito nella legge
120/2020 |
“6. I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.” |
“6. I comuni possono adottare un regolamento, nel rispetto delle vigenti disposizioni di legge e, in particolare, degli articoli 43, 44, 45, 46, 47 e 48 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico, con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia e, in ogni caso, di incidere, anche in via indiretta o mediante provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato ai sensi dell'articolo 4.” |
Questa nuova versione dell’articolo 8 legge 36/2001 (come sopra riportata) recepisce la giurisprudenza ormai univoca che ha affermato il principio del divieto da parte degli strumenti di pianificazione/programmazione di Comuni e Regioni di introdurre limitazioni generalizzate divieto di usare i propri poteri di ordinanza per imporre limiti di emissioni diversi da quelli statali.
Non sto qui a citarla questa giurisprudenza molto
articolata di cui ho avuto modo di trattare nel mio blog (in vari post vedi QUI) ma anche in relazioni a
convegni e assemblee.
Ora un conto è un divieto di limite generalizzati altro e affermare come ha l’emendamento di non prevedere nei piani comunali alcuna limitazione a particolari aree del territorio. Di fatto i piani antenne diventerebbero inutili salvo la tutela in zone vincolate ma questo c’era comunque già ora anche se anche su questo aspetto molte deroghe sono state introdotte
Per esempio per i 4G e 5G e successive
tecnologie (vedi la nuova elastica definizione di impianto della proposta
di emendamento!) vengono esclusi dalla procedura di SCIA i progetti di
antenne che insistono vincoli ambientali paesaggistici e culturali
N.B. però sui vincoli ambientali per questi interventi occorre considerare quanto affermato dal comma 1 articolo 5 del DLgs 207/2021: “1. Fino al 31 dicembre 2026, per gli interventi di cui agli articoli 45 e 46 del decreto legislativo n. 259 del 2003, introdotti dall'articolo 1 del presente decreto, sono fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 40, comma 5, del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, anche in deroga alle disposizioni del presente decreto “.
Il comma 5 articolo 40 della legge
108/2021 prevede che relativamente agli impianti UMTS (articolo 45 del
Codice Comunicazioni elettroniche) e per modifiche delle caratteristiche degli
impianti già provvisti di titolo abilitativo (articolo 46 Codice
Comunicazioni Elettroniche) non occorre la autorizzazione ai sensi del Codice
dei Beni Culturali a condizione che gli interventi comportino aumenti delle
altezze non superiori a 1,5 metri e aumenti della superficie di sagoma non
superiori a 1,5 metri quadrati. In particolare, sulla autocertificazione
relative alla presente delle varianti gli enti autorizzatori si devono
pronunciare entro 30 giorni dal ricevimento della stessa.
Inoltre la norma rimossa, non casualmente a mio avviso dall’emendamento, è quella relativa alla definizione di obiettivi di qualità definiti dallo Stato (ex lettera a) comma 1 articolo 4 Legge 36/2001) così come definiti dalla lettera d) comma 1 articolo 3 della legge 36/2001: “d) obiettivi di qualità sono: 1) i criteri localizzativi, gli standard urbanistici, le prescrizioni e le incentivazioni per l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, indicati dalle leggi regionali secondo le competenze definite dall’articolo 8; 2) i valori di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, definiti dallo Stato secondo le previsioni di cui all’articolo 4, comma 1, lettera a), ai fini della progressiva minimizzazione dell’esposizione ai campi medesimi;…”.
Questa norma va letta insieme prima parte del comma 6 vigente dove si parla di “assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico…”.
È chiaro quindi che con l’emendamento proposto siamo di fronte ad un chiaro tentativo di depotenziare il contenuto dei piani comunali peccato che queste norme sono in vigore ma certamente questo tentativo si inserisce in un tentativo in atto di depotenziamento contro i piani comunali:
1. prima sollevando questione pregiudiziali davanti alla Corte di Giustizia per ora stoppata da due ordinanze dell’organo giudicante comunicatorio che ha dichiarato irricevibile il rinvio del Consiglio di Stato italiano il Consiglio di Stato in quanto, secondo la ordinanza della Corte di Giustizia, l’organo nazionale non aveva adeguatamente illustrato i motivi per i quali una decisione resa dalla Corte, riguardante l’interpretazione degli articoli 3 e 8 della direttiva «servizio universale», sarebbe utile ai fini della soluzione delle controversie che esso è chiamato a dirimere, in conformità dell’articolo 267 TFUE (competenze della Corte di Giustizia) . Quindi la questione non finisce del tutto per ora.
2. La modifica dei limiti dei CEM portati come è noto da 6 v/m a 15 e questo renderà molto difficile pianificare da parte dei Comuni la localizzazione degli impianti per le reti di comunicazione elettronica visto che gli obiettivi di qualità e quindi i criteri di localizzazione comunali devono rispettare i limiti statali dei CEM.
L’emendamento prevede : “Alla installazione di reti di comunicazione elettronica mediante posa di fibra ottica, di reti mobili ivi comprese le relative opere di infrastrutturazione quali pali, torri e tralicci non si applica la disciplina edilizia e urbanistica“.
E' chiaro il tentativo anche in questo caso di togliere contenuti efficaci ai piani comunali che, come abbiamo visto all’articolo 8 comma 6 legge 36/2001, parla di corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti anche qui da leggere insieme con la definizione di obiettivi di qualità intesi “criteri localizzativi, gli standard urbanistici”.
Altrettanto evidente è l’attacco ai piani comunali non tanto ai generali poteri urbanistico edilizi dei comuni visto che già ora la normativa vigente considera questi impianti (senza entrare nel merito delle varie norme a seconda delle tipologie di impianti) come opere di urbanizzazione primaria le antenne di telefonia mobile sono compatibili con ogni destinazione funzionale prevista dalla pianificazione urbanistica e devono essere localizzate in modo che sia assicurato un servizio capillare. In questo senso pur essendo nuove costruzioni di fatto sono esterne alle norme urbanistiche per il favor che le caratterizza.
Non solo, ma visto che la proposta di emendamenti cita la
giurisprudenza questa ha chiarito che le questioni edilizie e urbanistiche
vengono assorbite dal procedimento unico di autorizzazione di questi impianti: È
pacifico, pertanto, che il procedimento di installazione delle infrastrutture
per impianti radioelettrici, disciplinato dall'art. 87 DLgs. n. 259/2003
(Codice delle comunicazioni elettroniche), costituisce un procedimento unico,
nell'ambito del quale devono confluire anche le valutazioni edilizie, senza che
debba essere attivato un secondo autonomo procedimento edilizio, in conformità
delle esigenze di semplificazione procedimentale (Cons. Stato, sez. VI -
09/06/2021, n. 3019).
Che l’attacco sia contro i piani comunali e non i presunti poteri urbanistico edilizi dei Comuni già limitato come sopra, lo dimostra la giurisprudenza del Consiglio di Stato Il Consiglio di Stato con sentenza n° 5629 del 6 luglio 2022 (QUI) ha dichiarato illegittimo il provvedimento di sospensione di una SCIA per stazione radio base in quanto basato su una norma comunale non contenuta in un regolamento o piano antenne ex articolo 8 legge 36/2001 e/o legge regionale. In tal modo la norma comunale in questione integra un divieto generalizzato di allocare nuovi impianti che si estende a larga parte del territorio comunale, divieto che è stato imposto fuori dalle sedi appropriate
Precisa nelle sue motivazioni la sentenza 5629/2022: se è
vero che le infrastrutture per telecomunicazioni sono qualificabili quali
“nuove costruzioni” e necessitano come tali di un titolo edilizio, la loro
assimilazione alle opere di urbanizzazione primaria, cioè ad opere che si
presumono preordinate ad assicurare un servizio pubblico essenziale per la
collettività, implica che il predetto titolo edilizio non può essere negato in
applicazione di norme dettate per disciplinare costruzioni non ascrivibili alla
tipologia delle opere di urbanizzazione primaria.
Il controllo esercitabile dai comuni nel momento in cui
viene loro richiesta l’autorizzazione alla collocazione di un nuovo impianto di
telecomunicazione, attiene, per quanto riguarda il profilo strettamente
edilizio, al rispetto di eventuali regolamenti (i c.d. piani antenne) adottati
ai sensi dell’art. 8, u.c., della L. n. 36/2001 o delle eventuali norme,
contenute nei regolamenti edilizi locali o negli strumenti urbanistici, che si
riferiscano specificamente alle opere di urbanizzazione
RELATIVAMENTE
ALL’EMENDAMENTO CHE IMPEDISCE LA COMUNICAZIONE DELL’ATTIVAZIONE DEL PROGETTO
ALL’ARPA
Intanto occorre dire che le Arpa raramente fanno
controlli sul territorio addirittura prima della autorizzazione dell’impianto
figuriamoci alla attivazione dell’impianto.
Le Arpa devono esprimere il parere di compatibilità
elettromagnetica prima della autorizzazione ma lo fanno 9 volte su 10 con
verifiche cartacee e simulazioni a tavolino.
Peraltro, qui siamo addirittura alla ignoranza/rimozione totale
della giurisprudenza più recente (a prescindere che sia condivisibile o meno
ovviamente). Secondo il Consiglio di Stato (sentenza 11034/2022) non
è ostativo alla formazione del silenzio assenso il mancato parere preventivo di
Arpa.
In altri termini detto Parere Arpa non è un atto
presupposto e condizionante il provvedimento autorizzativo, bensì atto di un
procedimento parallelo necessario, non per la formazione del titolo edilizio e
per l’inizio dei lavori con esso assentiti, bensì esclusivamente ai fini della
concreta attivazione dell’impianto. Quindi, poiché l’acquisizione del parere
dell’ARPA è necessaria ai soli fini della realizzazione dell’installazione e
non anche ai fini della regolarità e completezza dell’istanza, il termine per
la formazione del silenzio-assenso decorre dalla presentazione della domanda
corredata dal progetto, e non dalla ricezione, da parte del Comune, del parere
dell’ARPA. Per gli stessi motivi, non sussiste un onere per il richiedente di
allegare siffatto parere in sede di presentazione dell’istanza di titolo
edilizio (della denuncia di inizio di attività), né un obbligo di far pervenire
il parere medesimo all’ente procedente entro il termine di novanta giorni di
cui al comma 9 dell’art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003 (nella ultima
versione del Codice delle Comunicazioni Elettroniche vedi comma 10
articolo 44).
In realtà quello che occorrerebbe invece introdurre una norma (lo stesso, per ora si potrebbe fare più semplicemente nei regolamenti comunali che accompagnano i piani antenne se sopravviveranno a tutte queste modifiche) che obbliga a rilasciare a fianco del parere di Arpa anche di ASL Dipartimento di Prevenzione.
Curioso emendamento visto che perfino in caso di SCIA la
vigente normativa prevede che nel caso in cui gli interventi, oggetto della
segnalazione certificata di inizio attività siano rilevanti ai fini sismici, la
segnalazione anzidetta è corredata dalla relativa asseverazione della struttura
e delle opere inerente il rispetto delle norme tecniche per le
costruzioni, redatta da professionista abilitato ed inviata al
dipartimento del Genio Civile competente per territorio.
Qualora entro trenta giorni dalla presentazione del
progetto e della relativa domanda sia stato comunicato un
provvedimento di diniego da parte dell'ente, la segnalazione é priva di
effetti. Al termine dei lavori, viene inviata al suddetto ufficio competente la
comunicazione di fine lavori e collaudo statico a firma del professionista
incaricato.
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