Con la legge sulla concorrenza recentemente pubblicata in Gazzetta
Ufficiale, la lobby dei gestori di telefonia mobile ha raggiunto il suo scopo:
alzare in modo assolutamente inaccettabile i limiti dei campi elettromagnetici
che in Italia ad oggi erano tra i più bassi della UE.
La
norma prevede che i nuovi limiti entreranno automaticamente in vigore se entro
120 giorni dal 31 dicembre 2023 non verrà approvato un regolamento che rischia
di rialzare ulteriormente detti limiti.
Tutto
questo avviene senza alcun obbligo di diritto comunitario per effettuare l’innalzamento
dei limiti di emissioni per antenne di telefonia cellulare e in un quadro che
vede:
1.la
comunità scientifica molto critica sul rischio sanitario per le alte frequenze
della telefonia cellulare tanto più per lo sviluppo del 5G
2.
una normativa sempre più favorevole ai gestori per installare le antenne (vedi
QUI)
3.
un attacco che continua, anche in sede giudiziaria, contro la possibilità dei
Comuni di predisporre dei Piani comunali per la localizzazione delle antenne di
telefonia mobile che garantiscano un minimo di tutela della salute pubblica in
chiave preventiva
4. la
mancanza in quasi tutti i Comuni italiani dei piani comunali e quando esistono
in una inadeguatezza degli stessi spesso predisposti da professionisti
incompetenti e inventati all’ultimo momento che confondono i piani antenne con
meri piani urbanistici e senza una corretta partecipazione del pubblico
interessato come invece prevede anche un recente documento di Ispra (QUI).
LA NUOVA LEGGE COSA MODIFICA E COME
L’articolo 10 della legge 30 dicembre 2023 n° 214 (QUI) afferma che al fine di potenziare la rete mobile e garantire a utenti e imprese l'offerta di servizi di connettività di elevata qualità, senza pregiudizio per la salute pubblica, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge (dal 31 dicembre 2023), i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità, sono adeguati, secondo il procedimento ivi previsto, alla luce delle più recenti e accreditate evidenze scientifiche, nel rispetto delle regole, delle raccomandazioni e delle linee guida dell'Unione europea.
Intanto
prima questione non c’era alcun obbligo derivante dal diritto comunitario di
modificare i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità visto che non
esiste alcuna normativa comunitaria in materia di limiti di emissione di campi
elettromagnetici da impianti di telefonia mobile. Quindi questa norma nazionale
è frutto solo del recepimento del lavoro delle lobby degli operatori del
settore che da anni lavorano per cambiare la legge italiana arrivando
addirittura ad attaccare l’unico strumento che hanno i poteri pubblici per
tutelare i cittadini dalla localizzazione delle antenne di telefonia mobile: il
piano comunale delle antenne.
L’ATTACCO ALLA NORMA CHE RICONOSCE IL POTERE AI COMUNI DI EMANARE I PIANI
ANTENNE
La
norma è la seguente: “I comuni possono adottare un regolamento nel
rispetto delle vigenti disposizioni di legge e, in particolare, degli articoli
43, 44, 45, 46, 47 e 48 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, per
assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e
minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con
riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico, con esclusione
della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree
generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni
elettroniche di qualsiasi tipologia e, in ogni caso, di incidere, anche in via
indiretta o mediante provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di
esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di
attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato ai sensi
dell'articolo 4.”
Il
Consiglio di Stato con ordinanza n° 5515 del 22 luglio 2021 (QUI)
su istanza di Telecom Italia S.p.A. formula un quesito su cui dovrà
pronunciarsi la Corte di Giustizia che è il seguente: “se il diritto
dell’Unione europea osti a una normativa nazionale (come quella di cui
all’articolo 8 comma 6 legge 22 febbraio 2001. n. 36) intesa ed applicata nel
senso di consentire alle singole amministrazioni locali criteri localizzativi
degli impianti di telefonia mobile, anche espressi sotto forma di divieto,
quali il divieto di collocare antenne in determinate aree ovvero ad una
determinata distanza da edifici appartenenti ad una data tipologia”.
In
realtà il Consiglio di Stato con ordinanza n° 2033 del 7 marzo
2019 (QUI) aveva già formulato lo stesso identico quesito alla Corte
di Giustizia, avevo trattato di questa ordinanza QUI.
La Corte
di Giustizia con ordinanza (QUI) del
16 gennaio 2020 (causa C/368-19) la Corte di Giustizia ha
dichiarato manifestamente irricevibile la domanda pregiudiziale avanzata dal
Consiglio di Stato. In particolare, secondo la Corte di Giustizia nella
ordinanza del 2020 aveva chiarito che:
1. il
comma 6 articolo 8 della legge nazionale 36/2001 si applica proprio
all’installazione di impianti di telefonia mobile, i cui servizi sono, in via
di principio, esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva «servizio
universale”
2. il
Consiglio di Stato non aveva adeguatamente illustrato i motivi per i quali una
decisione resa dalla Corte, riguardante l’interpretazione degli articoli 3 e 8
della direttiva «servizio universale», sarebbe utile ai fini della soluzione
delle controversie che esso è chiamato a dirimere, in conformità dell’articolo
267 TFUE (competenze della Corte di Giustizia)
Ora
il Consiglio di Stato su istanza di Telecom Italia S.p.A. riformula lo stesso
quesito con le stesse motivazioni. Tutto questo nonostante che, con sentenza
n° 374 pubblicata l’11 gennaio 2021 (QUI)
il Consiglio di Stato sia già intervenuto sulla legittimità del
regolamento comunale di Roma che aveva fatto nascere l’ordinanza di rinvio alla
Corte di Giustizia del 2019 sopra riportata.
Comunque,
anche su questa seconda istanza del Consiglio di Stato del 2021 la Corte di
Giustizia con ordinanza (QUI)
l’ha dichiarata irricevibile.
Ma
in questa ultima ordinanza la Corte di Giustizia non ha escluso la possibilità
in futuro di pronunciarsi su detta controversia se chi solleverà la nuova
questione pregiudiziale chiarirà se e come una decisione resa dalla Corte,
riguardante l’interpretazione degli articoli 3 e 8 della direttiva «servizio
universale» (Direttiva 2002/22/CE relativa al servizio
universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di
comunicazione elettronica), sarebbe utile ai fini della soluzione delle
controversie che esso è chiamato a dirimere, in conformità dell’articolo
267 TFUE (competenze della Corte di Giustizia).
Relativamente
alla riforma Decreto Legge 16 luglio 2020, n. 76 (Misure
urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale) convertito nella legge
120/2020 all’articolo 38 (QUI)
modifica il comma 6 articolo 8 della legge 36 22
febbraio 2001, n. 36 (Legge quadro sulla protezione dalle
esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici – QUI).
Più
che una modifica si tratta di una precisazione su quali dovranno essere i
contenuti dei regolamenti / piani comunali sulla localizzazione delle antenne
di telefonia mobile.
MODIFICA LIMITI CAMPI ELETTROMAGNETICI
L’articolo
10 della nuova legge 214/2023 fa riferimento all’adeguamento dei limiti di
esposizione, valori di attenzione e obiettivi di qualità.
Le
definizioni di questi valori sono nel DPCM 8 luglio 2003:
I
valori di attenzione sono quelli più rilevanti perché determinati a titolo di
misura di cautela per la protezione da possibili effetti a lungo termine
eventualmente connessi con le esposizioni ai campi generati alle suddette
frequenze all'interno di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro
ore giornaliere, e loro pertinenze esterne, che siano fruibili come ambienti
abitativi quali balconi, terrazzi e cortili esclusi i lastrici solari,
Gli
obiettivi di qualità sono finalizzati alla progressiva minimizzazione della
esposizione ai campi elettromagnetici. In particolare, per obiettivi di
qualità definiti dallo Stato (ex lettera a) comma 1 articolo 4
Legge 36/2001) così come definiti dalla lettera d) comma 1 articolo 3
della legge 36/2001:
“d)
obiettivi di qualità sono:
1) i criteri localizzativi, gli standard urbanistici, le prescrizioni e le
incentivazioni per l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, indicati
dalle leggi regionali secondo le competenze definite dall’articolo 8;
2) i valori di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, definiti dallo
Stato secondo le previsioni di cui all’articolo 4, comma 1, lettera a), ai fini
della progressiva minimizzazione dell’esposizione ai campi medesimi; …”.
Attualmente
il limite dei due valori è di 6 volt metro: Il Volt per metro (V/m) è un'unità
di intensità del campo elettrico, definita come la quantità di differenza di
potenziale elettrico (tensione) tra due punti per unità di lunghezza. È l'unità
derivata dal SI dell'intensità del campo elettrico ed è espressa come V/m o
volt per metro.
Il
comma 2 articolo 10 della nuova legge 214/2023 prevede che nei 120
giorni previsti dal comma 1 non viene emanato il nuovo regolamento sui suddetti
valori dei campi elettromagnetici vengono automaticamente applicati i nuovi
valori di 15 volt/m contro i 6 attuali.
LA RICHIESTE DELLE LOBBY DELLA TELEFONIA MOBILE DI AUMENTARE I
LIMITI DI EMISSIONE DEI CEM
In realtà l’esigenza di adeguarsi ai c.d. limiti europei è una
scusa, il disegno di alzare i limiti italiani è vecchio siano sufficienti
questi due esempi:
1. la ”Strategia
italiana per la banda ultralarga” del 2015 (QUI) indica,
tra gli obiettivi per la realizzazione di un’infrastruttura “a prova di futuro” e per
raggiungere gli obiettivi dell’Agenda europea, “l’adeguamento agli altri Paesi europei dei limiti in
materia di elettromagnetismo”.
2. Nella stessa direzione si muove l’Autorità
antitrust italiana che, nell’ambito della segnalazione al Parlamento
e al Governo AS 1551 del 2018 (QUI),
auspica ”una verifica, con
l’ausilio delle competenti commissioni scientifiche, quali l’Istituto Superiore
della Sanità, l’Organizzazione Mondiale della Sanità e la Commissione
internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti, della
validità degli attuali limiti elettromagnetici e degli standard di misurazione,
previsti dal D.P.C.M. 8 luglio 2003, alle luce delle nuove tecnologie e dei
nuovi strumenti in via di adozione”.
LE NUOVE LINEE GUIDA DELLA COMMISSIONE INTERNAZIONALE SULLE
RADIAZIONI NON IONIZZANTI NON GIUSTIFICANO L’AUMENTO DEI LIMITI DI EMISSIONE
DEI CEM
La nuova legge 214/2023 si fonda, secondo la relazione
che lo presenta, sulle nuove Linee Guida (QUI)
dell’ICNIRP (Commissione internazionale
per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti) 2020 sui limiti di
esposizione ai campi elettromagnetici nel range di frequenze 100 kHz – 300 GHz.
È importante notare che le linee guida si basano su un corpo di
conoscenze che si è sviluppato nel corso di molti anni di ricerca scientifica,
e che nessun singolo studio è in grado di dimostrare che l’esposizione al di
sotto dei livelli fissati dalle linee guida sia nociva o meno; sebbene le
persone chiedano spesso uno studio di questo tipo, non è così che opera la
scienza. In realtà sono stati condotti migliaia di studi ed è necessaria la
valutazione dell’intero database della letteratura scientifica per capire in
che modo i campi elettromagnetici a RF influenzino le persone, in che misura
gli effetti siano correlati alle diverse frequenze, intensità, durata
dell’esposizione e altre grandezze fisiche che caratterizzano i CEM RF, e se ci
siano differenze in questi effetti in funzione dell’età, della forma del corpo,
del grado di infermità e così via. Tutto ciò è rilevante anche nella
valutazione di differenti tecnologie: una volta che la scienza abbia fornito le
suddette conoscenze, possiamo determinare se una nuova tecnologia potrà causare
un danno e, qualora sia così, l’esposizione necessaria a provocarlo. Per
esempio, poiché conosciamo la relazione tra CEM RF e danno in funzione della
frequenza e del livello di esposizione, quando una nuova tecnologia come il 5G
viene sviluppata, siamo in grado di determinare se causerà danni per la salute
sulla base delle frequenze che impiegherà e dell’intensità dell’esposizione
risultante.
Secondo uno studio dell’Istituto Superiore di
Sanità gli studi finora effettuati non hanno
potuto analizzare gli effetti a lungo termine dell’uso del cellulare iniziato
da bambini e di un’eventuale maggiore vulnerabilità a questi effetti durante
l’infanzia. Questi quesiti irrisolti richiedono approfondimenti scientifici
mediante studi prospettici di coorte e il continuo monitoraggio dei trend
temporali dell’incidenza dei tumori cerebrali. Questa situazione di incertezza
è stata confermata da un altro documento dell’ISS (QUI)
I DOCUMENTI UFFICIALI CHE DIMOSTRANO COME NON CI SIANO ANCORA
CERTEZZE CHE ESCLUDANO I RISCHI PER LA SALUTE PUBBLICA
Tutto quanto sopra nonostante che una indagine (QUI)
di Ispra (l’istituto di ricerche del Ministero dell’Ambiente)
abbia riconosciuto la necessità:
1. di effettuare studi e ricerche approfondite da Enti con
competenze tecnico- scientifiche relativamente al rischio salute pubblica
legato alle antenne di telefonia mobile.
2. che un Ente con competenze tecnico- scientifiche informi e
comunichi ai cittadini i vantaggi e gli svantaggi della nuova tecnologia.
3. di un maggiore coinvolgimento dei cittadini e degli
amministratori locali nelle procedure di localizzazione e autorizzazione di
questi impianti.
Questa inchiesta non sembra avere avuto udienza nei luoghi
decisionali della politica visto che con Decreto Ministero Imprese e del
Made in Italy del 21 novembre 2022 (QUI)
sono previsti molti finanziamenti per lo sviluppo
della tecnologia 5G ma niente per approfondire il rischio che la stessa potrà
avere e ha sulla salute pubblica. Peraltro questo in palese contrasto con
quanto previsto dalla lettera b) comma 1 articolo 4 legge 36/2001 secondo
il quale lo Stato esercita
la:
“b) promozione di attività di ricerca e di sperimentazione
tecnico-scientifica, nonché al coordinamento dell'attività di raccolta, di
elaborazione e di diffusione dei dati, informando annualmente il Parlamento su
tale attività, in particolare il Ministro della salute promuove,
avvalendosi di istituzioni pubbliche e private senza fini di lucro, aventi
comprovata esperienza nel campo scientifico, un programma pluriennale di
ricerca epidemilogica e di cancerogenesi sperimentale, al fine di approfondire
i rischi connessi all'esposizione a campi elettromagnetici a bassa e alta
frequenza , e il Ministro delle imprese e del made in Italy effettua la
raccolta e l'elaborazione dei dati relativi a sorgenti connesse ad impianti,
apparecchiature e sistemi radioelettrici per usi civili di telecomunicazioni,
da trasmettere al Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, al
Ministero della salute e al Comitato di cui all'articolo 6 al fine di
implementare e sostenere le attività di monitoraggio ambientale e consentire
una più efficiente e razionale gestione dello spettro elettromagnetico”.
Peraltro, lo stesso Parlamento UE ha
manifestato dubbi sui rischi per la evoluzione delle tecnologie per la
telefonia mobile.
Sto facendo riferimento ad un documento del Servizio
Ricerche del Parlamento UE (QUI)
che riconosce come utilizzando onde millimetriche e frequenze più elevate
rispetto alle tecnologie precedenti, il 5G ha bisogno di una rete più estesa di
antenne e altri dispositivi di trasmissione.
Tutto questo secondo il documento solleva la questione se vi sia
un impatto negativo sulla salute umana e sull'ambiente da frequenze più alte e
miliardi di connessioni aggiuntive, che produrranno una nuova (per intensità)
esposizione costante per l'intera popolazione, compresi i bambini. In questo
senso mancano ad oggi ricerche sull'esposizione costante che il 5G
produrrebbe.
Quanto sopra è reso ancora più necessario visto che le attuali
disposizioni dell'UE sull'esposizione ai segnali senza fili, la Raccomandazione
1999/519/CE, del 12 luglio 1999 (QUI)
del Consiglio sulla limitazione dell'esposizione
del pubblico in generale ai campi elettromagnetici (da 0 Hz a 300 GHz) è
vecchia di 20 anni e quindi non tiene conto delle caratteristiche tecniche
specifiche del 5G. Da notare come il documento in questione collega la vetustà
della normativa non alla necessità di alzare limiti di emissione ma semmai di
approfondire i rischi per la salute pubblica.
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