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lunedì 22 gennaio 2024

Triplicati limiti di emissione da telefonia mobile contro il principio di precauzione e le comunità locali

Con la legge sulla concorrenza recentemente pubblicata in Gazzetta Ufficiale, la lobby dei gestori di telefonia mobile ha raggiunto il suo scopo: alzare in modo assolutamente inaccettabile i limiti dei campi elettromagnetici che in Italia ad oggi erano tra i più bassi della UE.

La norma prevede che i nuovi limiti entreranno automaticamente in vigore se entro 120 giorni dal 31 dicembre 2023 non verrà approvato un regolamento che rischia di rialzare ulteriormente detti limiti.

Tutto questo avviene senza alcun obbligo di diritto comunitario per effettuare l’innalzamento dei limiti di emissioni per antenne di telefonia cellulare e in un quadro che vede:

1.la comunità scientifica molto critica sul rischio sanitario per le alte frequenze della telefonia cellulare tanto più per lo sviluppo del 5G

2. una normativa sempre più favorevole ai gestori per installare le antenne (vedi QUI)

3. un attacco che continua, anche in sede giudiziaria, contro la possibilità dei Comuni di predisporre dei Piani comunali per la localizzazione delle antenne di telefonia mobile che garantiscano un minimo di tutela della salute pubblica in chiave preventiva

4. la mancanza in quasi tutti i Comuni italiani dei piani comunali e quando esistono in una inadeguatezza degli stessi spesso predisposti da professionisti incompetenti e inventati all’ultimo momento che confondono i piani antenne con meri piani urbanistici e senza una corretta partecipazione del pubblico interessato come invece prevede anche un recente documento di Ispra (QUI).  

 

 

LA NUOVA LEGGE COSA MODIFICA E COME 

L’articolo 10 della legge 30 dicembre 2023 n° 214 (QUI) afferma che al fine di potenziare la rete mobile   e garantire a utenti e imprese l'offerta di servizi di connettività di elevata qualità, senza pregiudizio per la salute pubblica, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge (dal 31 dicembre 2023), i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualitàsono adeguati, secondo il procedimento ivi previsto, alla luce delle più recenti e accreditate evidenze scientifiche, nel rispetto delle regole, delle raccomandazioni e delle linee guida dell'Unione europea.

Intanto prima questione non c’era alcun obbligo derivante dal diritto comunitario di modificare i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità visto che non esiste alcuna normativa comunitaria in materia di limiti di emissione di campi elettromagnetici da impianti di telefonia mobile. Quindi questa norma nazionale è frutto solo del recepimento del lavoro delle lobby degli operatori del settore che da anni lavorano per cambiare la legge italiana arrivando addirittura ad attaccare l’unico strumento che hanno i poteri pubblici per tutelare i cittadini dalla localizzazione delle antenne di telefonia mobile: il piano comunale delle antenne.

 


 

L’ATTACCO ALLA NORMA CHE RICONOSCE IL POTERE AI COMUNI DI EMANARE I PIANI ANTENNE

La norma è la seguente: “I comuni possono adottare un regolamento nel rispetto delle vigenti disposizioni di legge e, in particolare, degli articoli 43, 44, 45, 46, 47 e 48 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico, con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia e, in ogni caso, di incidere, anche in via indiretta o mediante provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato ai sensi dell'articolo 4.”

Il Consiglio di Stato con ordinanza n° 5515 del 22 luglio 2021 (QUI) su istanza di Telecom Italia S.p.A. formula un quesito su cui dovrà pronunciarsi la Corte di Giustizia che è il seguente: “se il diritto dell’Unione europea osti a una normativa nazionale (come quella di cui all’articolo 8 comma 6 legge 22 febbraio 2001. n. 36) intesa ed applicata nel senso di consentire alle singole amministrazioni locali criteri localizzativi degli impianti di telefonia mobile, anche espressi sotto forma di divieto, quali il divieto di collocare antenne in determinate aree ovvero ad una determinata distanza da edifici appartenenti ad una data tipologia”.

In realtà il Consiglio di Stato con ordinanza n° 2033 del 7 marzo 2019 (QUI) aveva già formulato lo stesso identico quesito alla Corte di Giustizia, avevo trattato di questa ordinanza QUI.

La Corte di Giustizia con ordinanza (QUI) del 16 gennaio 2020 (causa C/368-19) la Corte di Giustizia ha dichiarato manifestamente irricevibile la domanda pregiudiziale avanzata dal Consiglio di Stato. In particolare, secondo la Corte di Giustizia nella ordinanza del 2020 aveva chiarito che:

1. il comma 6 articolo 8 della legge nazionale 36/2001 si applica proprio all’installazione di impianti di telefonia mobile, i cui servizi sono, in via di principio, esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva «servizio universale”

2. il Consiglio di Stato non aveva adeguatamente illustrato i motivi per i quali una decisione resa dalla Corte, riguardante l’interpretazione degli articoli 3 e 8 della direttiva «servizio universale», sarebbe utile ai fini della soluzione delle controversie che esso è chiamato a dirimere, in conformità dell’articolo 267 TFUE (competenze della Corte di Giustizia)   

 

Ora il Consiglio di Stato su istanza di Telecom Italia S.p.A. riformula lo stesso quesito con le stesse motivazioni. Tutto questo nonostante che, con sentenza n° 374 pubblicata l’11 gennaio 2021 (QUI) il Consiglio di Stato sia già  intervenuto sulla legittimità del regolamento comunale di Roma che aveva fatto nascere l’ordinanza di rinvio alla Corte di Giustizia del 2019 sopra riportata.

Comunque, anche su questa seconda istanza del Consiglio di Stato del 2021 la Corte di Giustizia con ordinanza (QUI) l’ha dichiarata irricevibile. 

Ma in questa ultima ordinanza la Corte di Giustizia non ha escluso la possibilità in futuro di pronunciarsi su detta controversia se chi solleverà la nuova questione pregiudiziale chiarirà se e come una decisione resa dalla Corte, riguardante l’interpretazione degli articoli 3 e 8 della direttiva «servizio universale» (Direttiva 2002/22/CE relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica), sarebbe utile ai fini della soluzione delle controversie che esso è chiamato a dirimere, in conformità dell’articolo 267 TFUE (competenze della Corte di Giustizia).

 

Relativamente alla riforma Decreto Legge 16 luglio 2020, n. 76 (Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale) convertito nella legge 120/2020  all’articolo 38  (QUI) modifica il comma 6 articolo 8 della legge 36 22 febbraio 2001, n. 36 (Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici – QUI). 

Più che una modifica si tratta di una precisazione su quali dovranno essere i contenuti dei regolamenti / piani comunali sulla localizzazione delle antenne di telefonia mobile.

 

 

 

MODIFICA LIMITI CAMPI ELETTROMAGNETICI

L’articolo 10 della nuova legge 214/2023 fa riferimento all’adeguamento dei limiti di esposizione, valori di attenzione e obiettivi di qualità.

Le definizioni di questi valori sono nel DPCM 8 luglio 2003:

I valori di attenzione sono quelli più rilevanti perché determinati a titolo di misura di cautela per la protezione da possibili effetti a lungo termine eventualmente connessi con le esposizioni ai campi generati alle suddette frequenze all'interno di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore giornaliere, e loro pertinenze esterne, che siano fruibili come ambienti abitativi quali balconi, terrazzi e cortili esclusi i lastrici solari, 

Gli obiettivi di qualità sono finalizzati alla progressiva minimizzazione della esposizione ai campi elettromagnetici. In particolare, per obiettivi di qualità definiti dallo Stato (ex lettera a) comma 1 articolo 4 Legge 36/2001) così come definiti dalla lettera d) comma 1 articolo 3 della legge 36/2001:

d) obiettivi di qualità sono:
1) i criteri localizzativi, gli standard urbanistici, le prescrizioni e le incentivazioni per l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, indicati dalle leggi regionali secondo le competenze definite dall’articolo 8;
2) i valori di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, definiti dallo Stato secondo le previsioni di cui all’articolo 4, comma 1, lettera a), ai fini della progressiva minimizzazione dell’esposizione ai campi medesimi
; …”.

 

Attualmente il limite dei due valori è di 6 volt metro: Il Volt per metro (V/m) è un'unità di intensità del campo elettrico, definita come la quantità di differenza di potenziale elettrico (tensione) tra due punti per unità di lunghezza. È l'unità derivata dal SI dell'intensità del campo elettrico ed è espressa come V/m o volt per metro.

Il comma 2 articolo 10 della nuova legge 214/2023 prevede che nei 120 giorni previsti dal comma 1 non viene emanato il nuovo regolamento sui suddetti valori dei campi elettromagnetici vengono automaticamente applicati i nuovi valori di 15 volt/m contro i 6 attuali.

 


 

LA RICHIESTE DELLE LOBBY DELLA TELEFONIA MOBILE DI AUMENTARE I LIMITI DI EMISSIONE DEI CEM

In realtà l’esigenza di adeguarsi ai c.d. limiti europei è una scusa, il disegno di alzare i limiti italiani è vecchio siano sufficienti questi due esempi:

1. la ”Strategia italiana per la banda ultralarga” del 2015 (QUI) indica, tra gli obiettivi per la realizzazione di un’infrastruttura “a prova di futuro” e per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda europea, “l’adeguamento agli altri Paesi europei dei limiti in materia di elettromagnetismo”.

2. Nella stessa direzione si muove l’Autorità antitrust italiana che, nell’ambito della segnalazione al Parlamento e al Governo AS 1551 del 2018 (QUI), auspica ”una verifica, con l’ausilio delle competenti commissioni scientifiche, quali l’Istituto Superiore della Sanità, l’Organizzazione Mondiale della Sanità e la Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti, della validità degli attuali limiti elettromagnetici e degli standard di misurazione, previsti dal D.P.C.M. 8 luglio 2003, alle luce delle nuove tecnologie e dei nuovi strumenti in via di adozione”.

 

 


LE NUOVE LINEE GUIDA DELLA COMMISSIONE INTERNAZIONALE SULLE RADIAZIONI NON IONIZZANTI NON GIUSTIFICANO L’AUMENTO DEI LIMITI DI EMISSIONE DEI CEM

La nuova legge 214/2023 si fonda, secondo la relazione che lo presenta, sulle nuove Linee Guida (QUI) dell’ICNIRP (Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti) 2020 sui limiti di esposizione ai campi elettromagnetici nel range di frequenze 100 kHz – 300 GHz.

È importante notare che le linee guida si basano su un corpo di conoscenze che si è sviluppato nel corso di molti anni di ricerca scientifica, e che nessun singolo studio è in grado di dimostrare che l’esposizione al di sotto dei livelli fissati dalle linee guida sia nociva o meno; sebbene le persone chiedano spesso uno studio di questo tipo, non è così che opera la scienza. In realtà sono stati condotti migliaia di studi ed è necessaria la valutazione dell’intero database della letteratura scientifica per capire in che modo i campi elettromagnetici a RF influenzino le persone, in che misura gli effetti siano correlati alle diverse frequenze, intensità, durata dell’esposizione e altre grandezze fisiche che caratterizzano i CEM RF, e se ci siano differenze in questi effetti in funzione dell’età, della forma del corpo, del grado di infermità e così via. Tutto ciò è rilevante anche nella valutazione di differenti tecnologie: una volta che la scienza abbia fornito le suddette conoscenze, possiamo determinare se una nuova tecnologia potrà causare un danno e, qualora sia così, l’esposizione necessaria a provocarlo. Per esempio, poiché conosciamo la relazione tra CEM RF e danno in funzione della frequenza e del livello di esposizione, quando una nuova tecnologia come il 5G viene sviluppata, siamo in grado di determinare se causerà danni per la salute sulla base delle frequenze che impiegherà e dell’intensità dell’esposizione risultante.

Secondo uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità gli studi finora effettuati non hanno potuto analizzare gli effetti a lungo termine dell’uso del cellulare iniziato da bambini e di un’eventuale maggiore vulnerabilità a questi effetti durante l’infanzia. Questi quesiti irrisolti richiedono approfondimenti scientifici mediante studi prospettici di coorte e il continuo monitoraggio dei trend temporali dell’incidenza dei tumori cerebrali. Questa situazione di incertezza è stata confermata da un altro documento dell’ISS (QUI)

 

 

I DOCUMENTI UFFICIALI CHE DIMOSTRANO COME NON CI SIANO ANCORA CERTEZZE CHE ESCLUDANO I RISCHI PER LA SALUTE PUBBLICA

Tutto quanto sopra nonostante che una indagine (QUI) di Ispra (l’istituto di ricerche del Ministero dell’Ambiente) abbia riconosciuto la necessità:

1. di effettuare studi e ricerche approfondite da Enti con competenze tecnico- scientifiche relativamente al rischio salute pubblica legato alle antenne di telefonia mobile.

2. che un Ente con competenze tecnico- scientifiche informi e comunichi ai cittadini i vantaggi e gli svantaggi della nuova tecnologia.

3. di un maggiore coinvolgimento dei cittadini e degli amministratori locali nelle procedure di localizzazione e autorizzazione di questi impianti.

 

Questa inchiesta non sembra avere avuto udienza nei luoghi decisionali della politica visto che con Decreto Ministero Imprese e del Made in Italy del 21 novembre 2022 (QUI) sono previsti molti finanziamenti per lo sviluppo della tecnologia 5G ma niente per approfondire il rischio che la stessa potrà avere e ha sulla salute pubblica. Peraltro questo in palese contrasto con quanto previsto dalla lettera b) comma 1 articolo 4 legge 36/2001 secondo il quale lo Stato esercita

la: “b) promozione di attività di ricerca e di sperimentazione tecnico-scientifica, nonché al coordinamento dell'attività di raccolta, di elaborazione e di diffusione dei dati, informando annualmente il Parlamento su tale attività, in particolare il Ministro della salute promuove, avvalendosi di istituzioni pubbliche e private senza fini di lucro, aventi comprovata esperienza nel campo scientifico, un programma pluriennale di ricerca epidemilogica e di cancerogenesi sperimentale, al fine di approfondire i rischi connessi all'esposizione a campi elettromagnetici a bassa e alta frequenza , e il Ministro delle imprese e del made in Italy effettua la raccolta e l'elaborazione dei dati relativi a sorgenti connesse ad impianti, apparecchiature e sistemi radioelettrici per usi civili di telecomunicazioni, da trasmettere al Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministero della salute e al Comitato di cui all'articolo 6 al fine di implementare e sostenere le attività di monitoraggio ambientale e consentire una più efficiente e razionale gestione dello spettro elettromagnetico”.

 

 

Peraltro, lo stesso Parlamento UE ha manifestato dubbi sui rischi per la evoluzione delle tecnologie per la telefonia mobile.

Sto facendo riferimento ad un documento del Servizio Ricerche del Parlamento UE (QUI) che riconosce come utilizzando onde millimetriche e frequenze più elevate rispetto alle tecnologie precedenti, il 5G ha bisogno di una rete più estesa di antenne e altri dispositivi di trasmissione.

Tutto questo secondo il documento solleva la questione se vi sia un impatto negativo sulla salute umana e sull'ambiente da frequenze più alte e miliardi di connessioni aggiuntive, che produrranno una nuova (per intensità) esposizione costante per l'intera popolazione, compresi i bambini. In questo senso mancano ad oggi ricerche sull'esposizione costante che il 5G produrrebbe.

Quanto sopra è reso ancora più necessario visto che le attuali disposizioni dell'UE sull'esposizione ai segnali senza fili, la Raccomandazione 1999/519/CE, del 12 luglio 1999 (QUI) del Consiglio sulla limitazione dell'esposizione del pubblico in generale ai campi elettromagnetici (da 0 Hz a 300 GHz) è vecchia di 20 anni e quindi non tiene conto delle caratteristiche tecniche specifiche del 5G. Da notare come il documento in questione collega la vetustà della normativa non alla necessità di alzare limiti di emissione ma semmai di approfondire i rischi per la salute pubblica.

 


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