Un
Rapporto (NET ZERO – QUI)
della Agenzia Internazionale per l’Energia che propone un percorso affinché il
mondo affronti i cambiamenti necessari per raggiungere le emissioni nette zero
a livello globale entro
2050. Secondo il Rapporto oltre ai progetti già impegnati nel 2021, non ci sono
nuovi giacimenti di petrolio e gas approvato per lo sviluppo nel nostro
percorso e nessuna nuova miniera di carbone o ampliamento della miniera.
A
questo rapporto sono succeduti ulteriori atti ufficiali a livello nazionale, UE
e Internazionale che confermano la non necessità di andare a nuove estrazioni
ma anche di non puntare in modo eccessivamente strategico a realizzare
infrastrutture per il GNL quale risposta alla crisi energetica prodotta dalla
guerra in Ucraina.
Il
Governo italiano la pensa diversamente e ha approvato il Piano per le c.d. aree
idonee, idonee a realizzare nuove estrazioni di gas naturale nel nostro mare.
Nella
prima parte del post descriverò la normativa più recente del Governo italiano
sulla promozione di estrazioni di gas naturale nazionale.
Nella
seconda riporterò in sintesi gli atti ufficiali che dimostrano l’insensatezza
di tale politica “draghiana” che sembra dettata più ai legami con gli USA dell’attuale
governo nazionale che non ai reali interessi nazionali italiani.
PIANO PER LA TRANSIZIONE ENERGETICA SOSTENIBILE DELLE AREE IDONEE
L’articolo
11-ter della Legge 12/2019 (QUI), poi
modificato dalla legge 21/2021 (QUI) ha
previsto che entro il 30 settembre 2021 con decreto del Ministro dello sviluppo
economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, è approvato il Piano per la transizione energetica
sostenibile delle aree idonee (PiTESAI), al fine di individuare un quadro
definito di riferimento delle aree ove è consentito lo svolgimento delle
attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi sul territorio
nazionale, volto a valorizzare la sostenibilità ambientale, sociale ed
economica delle stesse.
Le suddette leggi prevedono che in caso di
mancata adozione del PiTESAI entro il 30 settembre 2021, i procedimenti sospesi
nelle more della adozione del Piano, proseguono nell'istruttoria ed i permessi
di prospezione e di ricerca sospesi riprendono efficacia.
In
realtà però i procedimenti sospesi ex articolo 11-ter della legge 12/2019 non
riguardavano e non riguardano le istanze di concessione di coltivazione già
presentate né le attività di coltivazione in essere. Su questa seconde attività
non sospese in realtà non è vero che il Ministero doveva solo prenderne atto,
c’era uno strumento che permetteva di valutare se continuare sia la procedura
autorizzatoria sia la gestione in essere, ed è quello della riapertura della
VIA come ho spiegato in un post dello scorso 23 maggio 22021 (QUI).
Con Decreto
ministeriale 28 dicembre 2021 (QUI)il Ministro
della transizione ecologica ha approvato il Piano per la transizione
energetica sostenibile delle aree idonee (PiTESAI)
Quindi
dalla approvazione del Piano cessa la sospensione sopra analizzata
dell’articolo 11-ter legge 12/2019.
Il Piano in particolare afferma (pagina 15) che si ritiene pertanto che il presente Piano adotti la previsione sia di escludere per il futuro la apertura alle attività upstream di nuove zone marine che non sono state sinora aperte alla ricerca e alla coltivazione degli idrocarburi, sia di giungere a chiudere a nuove attività le aree ricadenti nelle zone marine già aperte ove non è stata mai presentata alcuna istanza relativa alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi o dove questo non è più avvenuto nell’arco degli ultimi 30 anni, adottando pertanto un criterio di “riperimetrazione” delle attuali zone marine sulla base del criterio amministrativo (cartografia dei titoli minerari vigenti e non vigenti in Italia negli anni 1990-2021); tale determinazione sarà definita con specifico Decreto del Ministro della Transizione Ecologica a seguito della adozione del PiTESAI
Di
conseguenza il Piano indica le zone marine esistenti che saranno quindi
oggetto, con appositi decreti attuativi del MITE, in esito alla adozione del
PITESAI, di riperimetrazione in riduzione, al fine di escludere nelle stesse
per il futuro qualunque nuova attività di prospezione e di ricerca (e
conseguentemente di coltivazione). In totale, verranno chiusi definitivamente
(come mostrato nei successivi paragrafi) alle attività di prospezione, ricerca
e coltivazione di idrocarburi 540.414 km2 di mare, su un totale di 568.976 km2
sottoposti a giurisdizione italiana.
Nonostante
ciò il Piano prevede la riattivazione di zone di estrazione nell’Adriatico
ed in particolare:
1. Mare Adriatico settentrionale e centrale dove la superficie in
cui è possibile presentare nuove istanze è di km2 4.016 su 13.000 (il 30%
dell’area della zona marina).
2. Mare Adriatico centrale e meridionale dove la superficie in cui è
possibile presentare nuove istanze è di km2 12.980 su 23.000 (il 56% dell’area
della zona marina).
3. Mare Tirreno meridionale, Canale di Sicilia, Mar Ionio
meridionale dove la superficie in cui è possibile presentare nuove istanze è di
km2 32.720 su 46.000.
4. Mare Adriatico meridionale e Mare Ionio dove la superficie in cui
è possibile presentare nuove istanze è di km2 3.570 su18470 (il 19% dell’area
della zona marina).
5. Mar Ligure, Mare Tirreno, Mare di Sardegna dove la superficie in
cui è possibile presentare nuove istanze è di km2 20.890 su 39260 (il 35%
dell’area della zona marina).
6. Mare Adriatico meridionale e Mare Ionio dove la superficie in cui
è possibile presentare nuove istanze è di km2 39.960 su 50520 (il 79% dell’area
della zona marina).
7. Mare Tirreno meridionale e Canale di Sicilia dove la superficie in
cui è possibile presentare nuove istanze è di km2 25.520 su 36220 (il 70%
dell’area della zona marina).
N.B. in realtà
dette percentuali sono frutto delle riduzioni di aree di potenziale
estrazione già decise con i seguenti provvedimenti: Decreto
ministeriale del 9 agosto 2013 e Decreto ministeriale del 27 dicembre 2012
8. La piattaforma continentale italiana. Attualmente la superficie totale delle zone
marine aperte alle attività minerarie, come rimodulate dal D.M. 9/08/2013 con
lo stralcio delle aree vietate e della fascia delle 12 miglia nautiche dalle
coste e dalle aree marine e costiere protette, è di circa km2 139.656 e
costituisce circa il 25% della superficie totale della piattaforma continentale
italiana.
9. Zona Economica Esclusiva – ZEE che comprende tutte le acque
circostanti il mare territoriale o parte di esse. Per questa zona il Piano
prevede che ferma restando la pianificazione in essere, nulla toglie che
qualora si verificasse in futuro l’ipotetico caso specifico di non rinvenimento
di nuovo giacimento a cavallo della linea di delimitazione della piattaforma
continentale o della ZEE con Stati frontisti con i quali l’Italia non ha un accordo
bilaterale, i relativi rapporti potrebbero comunque essere disciplinati e
risolti con nuovi accordi bilaterali, anche con riferimento alle quote di
risorse da corrispondere.
Aree potenzialmente interessate da attività di ricerca prospezione
ed estrazione sia in terra che in mare
A
pagina 187 e 188 del Piano si afferma quanto segue.
Il
presente Piano determina la cartografia finale delle aree che costituiscono
l’ambito territoriale di riferimento del PiTESAI, all’interno del quale saranno
applicati i criteri di sostenibilità ambientale, sociale ed economica descritti
nel presente Piano, al fine di individuare le aree idonee e non, per la
prosecuzione delle attività upstream.
Tutte
le altre aree in mare, nella ZEE e in terraferma diverse da quelle sopra
indicate come ambito territoriale di riferimento saranno con decreto del MITE
chiuse definitivamente alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di
idrocarburi.
Riassumendo, si evidenzia che l'area complessivamente interessata dall'ambito territoriale di riferimento del PiTESAI, pari a 156.403,76 km2 (di cui 81,6% in terraferma e 18,4% a mare): a terra ricomprende il 42.5% del territorio nazionale. Non saranno pertanto più interessate da attività di ricerca e coltivazione, per motivi legati al potenziale geominerario e alla storia esplorativa degli ultimi 30 anni, le Regioni Valle D'Aosta, Trentino Alto Adige, Liguria, Umbria, Toscana (quest’ultima ad eccezione dell'area relativa a due concessioni di coltivazione in essere) e Sardegna. A mare ricomprende l'11.5% dell'area complessiva delle zone marine sinora aperte (vedi punti da 1 a7 sopra elencati) e il 5% della intera superficie marina sottoposta a giurisdizione italiana.
Infine la legge n° 34 del 27 aprile 2022 (QUI) all’articolo
16 prevede che al fine di contribuire al rafforzamento della sicurezza
degli approvvigionamenti di gas naturale a prezzi ragionevoli ai clienti finali
e, contestualmente, alla riduzione delle emissioni di gas climalteranti, entro
trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il GSE o le
società da esso controllate avvia, su direttiva del Ministro della transizione
ecologica, procedure per l'approvvigionamento di lungo termine di gas naturale
di produzione nazionale dai titolari di concessioni di coltivazione di gas.
Il Gruppo GSE (QUI)
invita i titolari di concessioni di coltivazione di gas naturale, ricadenti
nella terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale, a
manifestare interesse ad aderire alle
procedure di cui sopra, comunicando i programmi delle produzioni di gas
naturale delle concessioni in essere, per gli
anni dal 2022 al 2031, nonché un elenco di possibili sviluppi,
incrementi o ripristini delle produzioni di gas naturale per lo stesso periodo nelle
concessioni di cui sono titolari, delle tempistiche massime di entrata in
erogazione, del profilo atteso di
produzione e dei relativi investimenti necessari. Tutto
questo si applica alle concessioni i cui impianti di coltivazione ricadono in
tutto o in parte in aree considerate idonee nell'ambito del Piano per la
transizione energetica sostenibile delle aree idonee, approvato con decreto del
Ministro della transizione ecologica 28 dicembre 2021 sopra analizzato, anche
nel caso di concessioni improduttive o in
condizione di sospensione
volontaria delle attività.
La
predetta comunicazione è effettuata nei confronti del Gruppo GSE, del Ministero
della transizione ecologica e dell'ARERA, entro trenta giorni dall'invito alla manifestazione
di interesse del GSE.
I procedimenti di valutazione e autorizzazione delle opere necessarie alla realizzazione dei piani di interventi di cui sopra si concludono entro il termine di sei mesi dalla data di avvio dei procedimenti medesimi.
Le
procedure di valutazione ambientale sono svolte dalla Commissione Tecnica
PNRR-PNIEC di cui all'articolo 8, comma 2-bis, del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (QUI) a proposito di deroghe alle norme ambientali.
I DOCUMENTI UE E INTERNAZIONALI VANNO IN ALTRA DIREZIONE
SULLE NUOVE INFRASTRUTTURE DEL GAS A COMINCIARE DALLE NUOVE ESTRAZIONI
Rapporto di ECCO (The Italian climate change think tank - QUI)
Nel
Rapporto (testo completo QUI) vengono
definiti un mix di interventi di risparmio
e di rilancio delle rinnovabili che permetterebbe entro il prossimo inverno la
sostituzione del 50% dei volumi delle importazioni di gas russo e un risparmio
della spesa nazionale di 14,5 miliardi di euro ai costi attuali del gas.
Secondo
il Rapporto l’incremento di gas nazionale non rappresenta una soluzione
né impattante né sostenibile. L’incremento di meno di 2 miliardi di metri cubi
all’anno, previsto dal piano del Governo italiano, corrisponde al 6% delle
importazioni di gas russo, ha costi di estrazione molto più elevati e richiede
un ingente intervento fiscale a carico di tutti per calmierare i prezzi. Il gas
nazionale “meno caro” non esiste e la riapertura è in netta contraddizione con
gli impegni internazionali presi dell’Italia nel G20 e alla COP26 nel corso del
2021
D’altronde
non è vero che spenderemo di meno con il gas nazionale. Che sia importato o
estratto localmente, viene comunque immesso nella stessa rete e scambiato in
mercati organizzati come prodotto indistinto a un prezzo che è influenzato solo
dal rapporto tra offerta complessiva e domanda della macroregione di
riferimento (nel nostro caso: l’Europa). Un consumatore non solo non paga
prezzi diversi per il gas locale, ma nella gran parte dei casi non è nemmeno in
grado di sapere da dove venga il gas che sta consumando (QUI).
Rapporto di Carbon Tracker (QUI)
Questo
think tank continua la serie di rapporti che esplorano i rischi a lungo termine
associati agli investimenti nelle infrastrutture del gas del settore energetico
a livello globale.
Il
Nuovo Rapporto (testo completo QUI) fa
seguito al rapporto Put Gas on Standby (QUI) dello
scorso anno, incentrato sulle prospettive per le centrali elettriche a gas in
Europa e negli Stati Uniti, con l'attenzione rivolta qui all'Asia e ai rischi
estremi associati alle nazioni in questa regione che aumentano la loro
esposizione ai mercato volatile del gas naturale liquefatto (GNL).
Il
conflitto Russia-Ucraina ha dimostrato che le forniture di gas possono essere
utilizzate come armi o cadere dentro le sanzioni internazionali in qualsiasi
momento e le nazioni dovrebbero ora dare priorità urgentemente ai modi per
ridurre l'esposizione a questo mercato altamente volatile.
Il
rapporto tenta di persuadere i responsabili politici a cogliere le immense
opportunità offerte loro nel settore dell'energia pulita e iniziare il viaggio
verso l'indipendenza energetica pianificando un sistema elettrico incentrato su
energie rinnovabili a basso costo e rischio inferiore.
Il rapporto così conclude:
1. Una maggiore esposizione al mercato globale altamente volatile del
GNL non sarebbe saggio. Il conflitto Russia-Ucraina ha dimostrato che le
forniture di gas possono essere utilizzate come armi o essere soggette a
sanzioni internazionali in qualsiasi momento e ha mostrato più chiaramente che
ora non è il momento per le nazioni di aumentare la propria dipendenza dai
mercati del gas instabili per le esigenze del settore energetico. La
pianificazione di un sistema energetico incentrato sulle energie rinnovabili
con accumulo di batterie ridurrà al minimo l'esposizione al rischio del prezzo
delle materie prime, potrà essere sviluppato a un costo inferiore rispetto al
nuovo gas e impedirà che miliardi di dollari di investimenti nelle
infrastrutture del GNL si incaglino.
2. Le nuove unità di gas su larga scala in Giappone, Corea del Sud e
Vietnam sembrano totalmente incompatibili con un percorso a zero emissioni
nette entro il 2050 e quelle costruite potrebbero essere costrette a chiudere
con largo anticipo rispetto alla fine del ciclo di vita pianificato. Si
potrebbero perdere fino a 70 miliardi di dollari se si sviluppassero nuove unità
di gas pianificate in questo scenario climatico più rigoroso. La stragrande
maggioranza dei progetti richiederebbe un ampio sostegno del governo per essere
resa possibile, la cui fornitura non ha senso quando sono disponibili
alternative rinnovabili più economiche.
Piano REPowerEU della UE
Il
Piano REPowerEU (testo piano QUI) mira a
ridurre rapidamente la dipendenza della UE dai combustibili fossili russi
imprimendo un'accelerazione alla transizione verso l'energia pulita e unendo le
forze per giungere a un sistema energetico più resiliente e a una vera Unione
dell'energia.
Secondo il Piano la valutazione regionale del fabbisogno supplementare di
infrastrutture del gas per REPowerEU dimostra che sarà possibile compensare
del tutto l'equivalente delle importazioni russe di gas con una
combinazione di riduzione della domanda, aumento della produzione interna di
biogas/biometano e idrogeno, e aggiunte limitate all'infrastruttura del gas.
Le esigenze più importanti riguardano il soddisfacimento della domanda
nell'Europa centrale e orientale [NOTA 1] e nella Germania settentrionale, nonché
il rafforzamento del corridoio meridionale del gas. Tale espansione limitata
delle infrastrutture, come descritto nell'allegato 3, dovrebbe
rispondere al fabbisogno per il prossimo decennio, senza comportare una
dipendenza dai combustibili fossili né creare attivi non recuperabili che
ostacolano la transizione a lungo termine verso un'economia climaticamente
neutra.
Strategia dell'UE per ridurre le emissioni di metano
La Risoluzione del Parlamento europeo del 21 ottobre 2021 (testo QUI) sulla
strategia dell'UE per ridurre le emissioni di metano, parte da un documento
ufficiale: la relazione «Net Zero by 2050: A Roadmap for the Global Energy Sector» (Azzeramento delle emissioni nette entro il 2050: una tabella di marcia per il settore globale dell'energia) dell'Agenzia internazionale per l'energia esaminata all’inizio di questo post). Secondo la relazione, in uno scenario di azzeramento delle emissioni nette, le emissioni di metano generate dai combustibili fossili dovrebbero essere ridotte del 75 % tra il 2020 e il 2030.
La Risoluzione sottolinea che la produzione e il trasporto di gas naturale liquefatto non solo sono estremamente inefficienti, se si considerano le perdite di energia dovute alla liquefazione e al raffreddamento, ma contribuiscono anche ad aumentare in maniera esponenziale le emissioni di metano del settore del petrolio e del gas; prende atto con preoccupazione dell'utilizzo del gas naturale liquefatto come combustibile per i trasporti marittimi.
Il rapporto del Gestore Mercati Energetici
Il
Gestore Mercati Energetici (QUI) ha
pubblicato la sua newsletter del giugno 2022 (QUI) dove,
tra l’altro, ha analizzato situazione attuale e prospettive del Gas naturale
liquefatto (GNL) nel mondo e in Europa.
Una
analisi che dimostra come l’accelerazione semplificatoria per realizzare
infrastrutture di trasporto e rigassificazione del GNL (in deroga ad importanti
norme ambientali, vedi QUI e QUI) non sia
giustificata dalla emergenza in atto visti i tempi di realizzazione delle
stesse ma anche la situazione internazionale del rapporto rigassificatori impianti
di liquefazione oltre ai costi delle componenti per realizzare dette
infrastrutture per non parlare dello stato attuale dei contratti a lungo
termini per il mercato del GNL che rendono poco flessibili il suo trasferimento
in zone diverse del pianeta.
[NOTA 1]
Due corridoi di trasporto del gas estremamente importanti per la sicurezza dell'approvvigionamento nell'Europa centrale e orientale sono il corridoio transbalcanico (Turchia-Bulgaria-Romania) e il corridoio verticale (interconnettore Grecia‑Bulgaria, interconnettore Romania-Bulgaria e BRUA) che agevoleranno la fornitura da paesi terzi.
Nessun commento:
Posta un commento