Il Consiglio di Stato con sentenza n° 10228 del 21 novembre 2022 (QUI) ha deciso l’appello contro una sentenza del TAR che accoglieva la richiesta di annullamento del provvedimento con il quale il Responsabile Area Urbanistica Edilizia Privata Attività Produttive di un Comune aveva annullato, in autotutela, il titolo formatosi per silentium sull’istanza presentata da una società di gestione dei servizi di telefonia mobile ai sensi dell’art. 87 del d.lgs. 259/03 Codice Comunicazione Elettroniche di seguito Codice (ora vedi nuova versione del Codice articolo 44 QUI) per realizzare un impianto tecnologico di telefonia mobile.
Oltre
alla tematica del silenzio assenso (analizzata QUI)
la sentenza affronta anche la tematica del
rapporto tra installazione di antenne di telefonia mobile e norme urbanistiche
e vincoli ambientali alla localizzazione delle stesse. Di seguito una analisi della sentenza sopra citata ma anche della giurisprudenza in generale sul rapporto tra autorizzazione antenne e disciplina edilizia ed urbanistica...
DOCUMENTAZIONE DA ALLEGARE ALLA ISTANZA PER INSTALLARE UNA ANTENNA DI
TELEFONIA MOBILE
Secondo il Consiglio di
Stato nella sentenza qui esaminata il titolo di legittimazione edilizia e
paesaggistica non è contemplato tra i documenti da allegare all’istanza di
autorizzazione di cui all’art. 87 come indicati dall’Allegato 13 modello A
del d.lgs. n. 259/2003. Come già affermato dalla sentenza del Consiglio
di Stato n° 8259 del 26/9/2022 (QUI): “ai sensi delle disposizioni del Codice la documentazione
necessaria da presentare da parte del gestorie è soltanto quella specificamente
prevista dall’allegato 13 al Codice” (versione in vigore al momento della
controversia trattata nella sentenza di appello, nell’ultima versione del
Codice, vedi comma 3 articolo 44 ex articolo 87 versione precedente, che
comunque conferma quale documentazione occorra).
Del
resto, afferma il Consiglio di Stato nella nuova sentenza qui esaminata, tale
conclusione trova implicito conforto nel sistema normativo come rilevato da
Cons. Stato, sez. VI - 22/01/2021, n. 666 (QUI): “il silenzio-assenso previsto
dall'art. 87, comma 9, del d. lgs. 259 del 2003 rappresenta una fattispecie
procedurale di carattere speciale che esclude l'applicazione della normativa di
carattere generale di cui al d.p.r. n. 380/2001, che assorbe in sé e sintetizza
anche la valutazione edilizia che presiede al titolo ed esprime la volontà del
legislatore di concludere il procedimento in un termine breve, per l'evidente
favore che assiste il sollecito rilascio delle autorizzazioni relative alle
infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici.”
ANTENNE DI TELEFONIA MOBILE SOTTO IL PROFILI URBANISTICO SONO OPERE DI
URBANIZZAZIONE PRIMARIA
Secondo la sentenza del
Consiglio di Stato qui esaminata l’impianto non può essere assimilato alla
nozione di nuova costruzione vietate dalle Norme Urbanistiche del Comune in
questione, atteso che tali impianti sono assimilati ad ogni effetto alle opere
di urbanizzazione primaria. Questo al momento della discussione della causa era
previsto dal comma 3 articolo 83 DLgs 259/2003 (ora vedi comma 4
articolo 43).
Come opere di
urbanizzazione primaria le antenne di telefonia mobile sono compatibili con
ogni destinazione funzionale prevista dalla pianificazione urbanistica e devono
essere localizzate in modo che sia assicurato un servizio capillare. In questo
senso pur essendo nuove costruzioni di fatto sono esterne alle norme
urbanistiche per il favor che le caratterizza.
Tutto questo è confermato dalla sentenza del Consiglio di Stato n° 9985 del 2022 (QUI) secondo il quale “la giurisprudenza del Consiglio di Stato aveva più volte affermato, in applicazione dell'art. 4 della legge n. 223 del 1990, che l'installazione e l'esercizio di impianti di diffusione sonora e televisiva necessitano di due autonome e distinte concessioni, quella radiotelevisiva e quella urbanistica-edilizia. Il quadro normativo è mutato a seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo 1° agosto 2003 n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche), i cui artt. 86 e 87, nel disciplinare il rilascio di autorizzazioni relativamente alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici, prevedono un procedimento autorizzatorio unico, che assorbe e sostituisce il procedimento per il rilascio del titolo abilitativo edilizio (Cons. Stato, sez. VI - 26/03/2018, n. 1887 (QUI)".
È pacifico, pertanto,
che il procedimento di installazione delle infrastrutture per impianti
radioelettrici, disciplinato dall'art. 87 d.lg. n. 259/2003 (Codice delle
comunicazioni elettroniche), costituisce un procedimento unico, nell'ambito del
quale devono confluire anche le valutazioni edilizie, senza che debba essere
attivato un secondo autonomo procedimento edilizio, in conformità delle
esigenze di semplificazione procedimentale (Cons. Stato, sez. VI - 09/06/2021,
n. 3019).
Del resto tale
conclusione trova implicito conforto nel sistema normativo come rilevato da
Cons. Stato, sez. VI - 22/01/2021, n. 666: Il silenzio-assenso previsto
dall'art. 87, comma 9, del d. lgs. 259 del 2003 rappresenta una fattispecie
procedurale di carattere speciale che esclude l'applicazione della normativa di carattere generale di cui al d.p.r. n. 380/2001,
che assorbe in sé e sintetizza anche la valutazione edilizia che presiede al
titolo ed esprime la volontà del legislatore di concludere il procedimento in un
termine breve, per l'evidente favore che assiste il sollecito rilascio delle
autorizzazioni relative alle infrastrutture di comunicazione elettronica per
impianti radioelettrici.”
Aggiunge il Consiglio di
Stato: “Del pari infondata è la tesi secondo cui l’esenzione
dall’applicazione della disciplina urbanistica ed edilizia è prevista solo per
l’installazione di reti di comunicazione elettronica mediante posa di fibra
ottica mentre la realizzazione di tutte le altre reti di comunicazione sarebbe
assoggettata a tale disciplina”.
Peraltro, come già
riportato questa impostazione di lettura della normativa in materia è
confermata dalla riforma del Codice ed in
particolare dagli attuali vigenti articoli 43 comma 4 e 44 comma 3.
Restano
ferme le disposizioni a tutela dei beni ambientali e Culturali come affermato
dal comma 5 articolo 43 dell’ultima versione del Codice.
LA DISCIPLINA DEI PIANI ANTENNE DEI COMUNI E' AGGIUNTIVA E DIVERSA DA QUELLA URBANISTICA
Il Consiglio di Stato con sentenza n° 5629 del 6 luglio 2022 (QUI) ha dichiarato illegittimo il provvedimento di sospensione di una SCIA per stazione radio base in quanto basato su una norma comunale non contenuta in un regolamento o piano antenne ex articolo 8 legge 36/2001 e/o legge regionale. In tal modo la norma comunale in questione integra un divieto generalizzato di allocare nuovi impianti che si estende a larga parte del territorio comunale, divieto che è stato imposto fuori dalle sedi appropriate e che, per tale ragione, non è neppure assistito dalla presunzione che le zone “FIT” possano assicurare la copertura del segnale sull’intero territorio comunale.
Precisa nelle sue
motivazioni la sentenza 5629/2022: se è vero che le infrastrutture per telecomunicazioni
sono qualificabili quali “nuove costruzioni” e necessitano come tali di un
titolo edilizio, la loro assimilazione alle opere di urbanizzazione primaria,
cioè ad opere che si presumono preordinate ad assicurare un servizio
pubblico essenziale per la collettività, implica che il predetto titolo
edilizio non può essere negato in applicazione di norme dettate per
disciplinare costruzioni non ascrivibili alla tipologia delle opere di
urbanizzazione primaria.
Il
controllo esercitabile dai comuni nel momento in cui viene loro richiesta
l’autorizzazione alla collocazione di un nuovo impianto di telecomunicazione,
attiene, per quanto riguarda il profilo strettamente edilizio, al rispetto di
eventuali regolamenti (i c.d. piani antenne) adottati ai sensi dell’art. 8,
u.c., della L. n. 36/2001 o delle eventuali norme, contenute nei regolamenti
edilizi locali o negli strumenti urbanistici, che si riferiscano specificamente
alle opere di urbanizzazione primarie.
Diversamente
opinando, e cioè ritenendo che gli impianti di telecomunicazione siano soggetti
all’applicazione delle norme che disciplinano, in generale, l’attività edilizia
sul territorio, si rischierebbe, da una parte, di precludere, in talune zone
del territorio, la realizzazione non solo di impianti di telecomunicazione ma anche
di altre opere di urbanizzazione primaria (si pensi ad una cabina elettrica, un
collettore fognario, etc. etc.); d’altra parte si finirebbe per introdurre nel
territorio comunale divieti generalizzati alla localizzazione delle
infrastrutture di telecomunicazione, divieti la cui illegittimità è da tempo
affermata dalla giurisprudenza, che ha chiarito che il legislatore statale,
nell’inserire le infrastrutture per le reti di comunicazione fra le opere di
urbanizzazione primaria, ha espresso un principio fondamentale della normativa
urbanistica, a fronte del quale la potestà regolamentare attribuita ai Comuni
dall’articolo 8, comma 6, della legge 22 febbraio 2001, n. 36 (QUI) non può
svolgersi nel senso di un divieto generalizzato di installazione in aree urbanistiche
predefinite, al di là della loro ubicazione o connotazione o di concrete (e,
come tali, differenziate) esigenze di armonioso governo del territorio (tra le più recenti: Cons. Stato, Sez. VI, n. 1050 del 14 febbraio 2022 QUI).
QUALI LIMITI AMBIENTALI
ALLA LOCALIZZAZIONE DELLE ANTENNE DI TELEFONIA MOBILE
Unici limiti possono
essere questioni di rilevante interesse pubblico (ambiente paesaggio salute
pubblica) ma anche in questo caso il Comune non può mettere vincoli nella sua
pianificazione e/o regolamentazione che escludano la localizzazione di questi
impianti in tutto o in gran parte del territorio comunale. Quindi non sono consentiti limiti di
carattere generale giustificati da una esigenza di tutela generalizzata della
popolazione dalle immissioni elettromagnetiche, dal momento che a tale funzione
provvede lo Stato attraverso la fissazione di determinati parametri
inderogabili, il rispetto dei quali è verificato dai competenti organi tecnici.
Conclude il Consiglio di Stato nella sentenza n° 10228 del 21 novembre 2022: quand’anche sia possibile riconoscere la titolarità in capo ai Comuni di poteri in materia paesaggistica, tali poteri non possono essere esercitati in modo da precludere l’installazione di apparecchiature di comunicazione su vaste porzioni del territorio comunale come sono quelle coperte dai cosiddetti coni visuali.
Si veda in tal senso anche
sentenza Consiglio di Stato n° 5283 del 27 giugno 2022 (QUI) dove si afferma che la
scelta di individuare un’area specifica ove collocare gli impianti, anche se in
base al criterio della massima distanza possibile dal centro abitato, non può
ritenersi condivisibile, costituendo un limite alla localizzazione (non
consentito) e non un criterio di localizzazione (consentito). Quindi, deve
ritenersi illegittimo il regolamento comunale che vieti l'istallazione di tali
impianti in aree diverse da quelle individuate dal Comune, comportando una
limitazione alla localizzazione in aree generalizzate del territorio. La
specificazione dei siti è ammessa dalla norma ma in negativo, a fini di tutela,
e non può quindi estendersi alla ulteriore limitazione della specificazione dei
siti quali unici punti ammessi, pena una illogica inversione del criterio
normativamente stabilito. Inoltre, afferma la sentenza 5283/2022, posso
ritenersi legittime anche disposizioni che non consentono, in generale, la
localizzazione degli impianti nell'area del centro storico (o in determinate
aree del centro storico) o nelle adiacenze di siti sensibili (come scuole e
ospedali), purché sia garantita la copertura di rete, anche nel centro storico
e nei siti sensibili, con impianti collocati in altre aree. In definitiva, ciò
che risulta necessario è che la possibile interdizione di allocazione di
impianti in specifiche aree del territorio comunale risponda a particolari
esigenze di interesse pubblico e che, comunque, i criteri localizzativi
adottati non si trasformino in limitazioni alla copertura di rete. È necessario
cioè che il limite o il divieto posto dall'ente locale non impedisca la
capillare distribuzione del servizio all'interno del territorio.
Sul punto si veda QUI per capire come imporre vincoli di localizzazione senza contrastare con i
suddetti principi.
Ma sul concetto di escludere vaste porzioni di territorio dal divieto di
impianti ad impatto elettromagnetico si veda la sentenza del Consiglio di Stato
n°9489 del 2 novembre 2022 (QUI) .
La
sentenza riguarda la controversia sulla delocalizzazione di una emittente radio
collocata sul tetto di abitazione civile e in piena zona residenziale. Il PLERT
(Piano provinciale di localizzazione dell’emittenza radio e televisiva) della
Provincia di Ravenna ha individuato le aree non idonee ai sensi di legge e le
relative fasce di rispetto (aree colorate, rispettivamente, in rosso e verde),
consentendo l’installazione di emittenti radio in tutto il restante territorio
provinciale individuato con colorazione bianca, lasciando così alle emittenti
la possibilità di scegliere la localizzazione più idonea per lo svolgimento del
proprio servizio.
Alle emittenti spetta
dunque la scelta dell’area in cui delocalizzare gli impianti con il solo limite
delle aree espressamente precluse. Il Piano dunque non frappone ostacoli
all’obiettivo della copertura dei servizi di comunicazione sul territorio,
dettando una disciplina volta a realizzare un equilibrio tra esigenze plurime,
attinenti alla protezione ambientale, alla tutela della salute, al governo del
territorio e alla diffusione sull’intero territorio nazionale della rete per le
telecomunicazioni, in ragione del nesso di strumentalità tra impianti di
ripetizione e diritti costituzionali di comunicazione.
Le Linee Guida del PLERT
della Provincia di Ravenna stabiliscono che il Piano: “intende escludere
un’analisi specificatamente di tipo radioelettrico sul grado di copertura della
rete radio e televisiva, cercando altresì […] di individuare aree idonee di
sufficiente estensione per garantire la fruizione del servizio a tutta la
popolazione della Provincia”
Aggiunge il PLERT quando
tale servizio di radiodiffusione è garantito attraverso l’individuazione di
«aree idonee di sufficiente estensione», non vi è alcuna necessità di prevedere
la permanenza temporanea degli impianti radio nelle aree urbanizzate, per cui
entro 6 mesi dall’approvazione del PLERT, i gestori dovevano presentare al
Comune specifici piani di risanamento e che, una volta approvati, entro
ulteriori sei mesi, doveva essere completata la delocalizzazione.
Altrettanto significativa
nel riconoscere un potere di pianificazione ai Comuni nella localizzazione
delle antenne è la sentenza del
Consiglio di Stato n° 8894 del 19 ottobre 2022 (QUI) che ha affermato: “il potere di regolamentazione comunale, così
come esercitato nel caso concreto, tenuto conto della suddivisione in diverse
aree e non della sola <<zone di installazione condizionata>>, non può essere censurato,
non integrando affatto una limitazione alla localizzazione in aree
generalizzate del territorio, attraverso criteri e parametri del tutto generici
e disomogenei, potenzialmente in grado di impedire la concreta diffusione della
rete sull’intero territorio comunale. Quindi,
secondo la sentenza non appare censurabile neppure la specifica disciplina delle sole <<zone di
attrazione condizionate>> - che il Comune ha spiegato rappresentare una porzione
assai limitata di territorio, coincidente con le aree più densamente abitate –
dove resta comunque ferma la possibilità di <<installazioni a minore o nullo
impatto visivo e le collocazioni su edifici>>, essendo invece vietata
installazioni su pali, tralicci o altre strutture impattanti".
Conclude
la sentenza 8894/2022: Non può portare ad un diverso esito l’assunto delle
società per cui le altre posizioni di localizzazione in zone preferenziali
(neutre o di attrazione) considerate “comprometterebbero pesantemente gli
obiettivi di copertura... in vista delle nuove tecnologie che presto verranno
implementate nella rete radiomobile Wind 3 come il 5G, molto probabilmente ci
costringerebbero a prevedere la costruzione un numero maggiore di siti per
raggiungere un risultato peggiore o paragonabile”, trattandosi di una
valutazione futura ed ipotetica (oltre che indimostrata) che non vale ad
escludere che, allo stato attuale, l’antenna ben potrebbe essere collocata in
una delle zone indicate dal Comune.
RELATIVAMENTE AI LIMITI EDILIZI ED URBANISTICI DA PORRE ALL'ALTEZZA DELLE ANTENNE DI TELEFONIA MOBILE
Il Consiglio di Stato nella sentenza n° 10228 del 21 novembre 2022 afferma: “ Circa la circostanza relativa all’altezza dell’antenna che il gestore re vorrebbe realizzare è sufficiente richiamare Cons. Stato, sez. VI, 1 agosto 2017 n. 3853, a cui dire: Va, invero, osservato che, in ordine ai limiti di altezza, la giurisprudenza ha chiarito che i limiti dettati per le costruzioni non si applicano agli impianti tecnologici di cui qui si tratta, essendo stati posti per l’edificazione di strutture e manufatti aventi un rilievo urbanistico ed edilizio diverso da quello di detti impianti, i quali non sviluppano normalmente volumetria e cubatura, se non limitatamente ai basamenti ed alle cabine accessorie e non determinano, perciò, ingombro visivo paragonabile a quello delle costruzioni né simile impatto sul territorio” (cfr. Cons. Stato, III, 28-11-2013, n. 5693(QUI); VI, 17-12-2009 n. 8214).
Sul punto voglio però ricordare che perfino per il solo ammodernamento di impianti esistenti è richiesta la autorizzazione paesaggistica se le altezze del progetto prevedano di superare gli 1,5 metri o lo stesso preveda aumenti della superficie di sagoma non superiori a 1,5 metri quadrati (comma 5 articolo 40 legge 108/2021 (QUI). Quindi sotto il profilo paesaggistico l’altezza delle antenne rilleva eccome. Ovviamente se nell’area interessata dal progetto non sussistono vincolo paesaggistici e/o ambientali questo limite non sussiste e vale quanto riportato sopra dalla nuova sentenza del Consiglio di Stato qui esaminata.
Non solo ma secondo la sentenza del Consiglio di Stato n° 8894 del 19 ottobre 2022 (QUI) se il regolamento comunale sulle antenne definisce più aree di localizzazione la scelta di escludere, su una determinata area residenziale del territorio particolarmente urbanizzata (nella stessa relazione illustrativa, caratterizzata dalla presenza di “abitazioni basse”), l’installazione di antenne su strutture singole di altezza elevata, non appare irragionevole, essendo giustificata dall’opportunità di garantire un minor impatto visivo ed un migliore inserimento ambientale circostante.
CONCLUDENDO
Come
già affermato più volte in questo blog la strada per regolamentare le antenne
di telefonia mobile nell’interesse dell’ambiente e della salute pubblica resta
quella di adeguati Piani Comunali secondo gli indirizzi ampiamenti illustrati QUI.
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