Ieri si è svolta l’udienza al Tar di Firenze sul richiesta di sospensiva della revoca della autorizzazione all’esercizio dell’impianto di produzione bitumi nel Comune di Scarperia San Piero e Sieve.A prescindere dal merito della decisione del collegio giudicante (su cui si tornerà nelle sedi opportune) mi ha colpito una frase del Presidente del collegio che ha affermato: “l’inquinamento atmosferico non c’entra con le emissioni odorigene”.
Si tratta di affermazione gravissima che cancella molte sentenze della magistratura amministrativa e penale di cui ho trattato diffusamente nel mio blog vedi QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI.
Ma c’è di più perché dietro questa assurda interpretazione del collegio c’è una visione “culturale”, anche di parte della magistratura amministrativa e penale (per fortuna sempre più minoritaria), che tende a minimizzare anzi a rimuovere completamente i rischi sanitari dalle emissioni odorigene. E’ una visione che ho potuto riscontrare anche in altre vertenze che seguo da anni sui territori in giro per le regioni italiane (sia sufficiente andare alla sezione odori del mio blog QUI).
In realtà gli odori sono in se, a prescindere dalle sostanze che li producono produttori di disagi sanitari anche molto rilevanti.
Riporto di seguito alcune dichiarazioni e documenti ufficiali sul rapporto odori impatto sulla salute di chi li subisce...
GLI ODORI A PRESCINDERE DA COSA CONTENGONO SONO DI PER SE DANNOSI ALLA SALUTE
“Ci sono delle comunità che sono in lotta da anni per gli odori ambientali prodotti da un determinato impianto. Sono situazioni di stress, stress vero, che, a lungo andare, portano ad un peggioramento della qualità della vita. Si è sempre attenti all’odore e lo si percepisce subito. Ci si sente deprivati della libertà personale. Fastidio, intolleranza, si percepisce un senso di irritazione. Ma non sono solo i sintomi di tipo somatico che si osservano. Esistono delle patologie associate ben descritte, quali nausea, alterazione del sonno, attacchi di asma più frequenti nelle persone che ne soffrono, dolori articolari, per citarne alcuni. Anche questo concetto è stato pubblicato. Gli odori ambientali non sono solo degli allarmi di un potenziale effetto sulla salute pubblica, ma possono essere loro stessi la causa diretta di alcuni sintomi nelle persone esposte. Nella popolazione generale si osserva nausea, senso di irritazione, dolori articolari, alterazioni del sonno. Ma in sottopopolazioni particolari, come in chi soffre di asma o di altre patologie polmonari, in persone che soffrono di depressione o di ipersensibilità, gli effetti possono essere più gravi. In generale, però, gli effetti che subiamo sono reversibili. Quando l’odore passa, cessano i sintomi… Nel caso di esposizione ad odori ambientali ripetuti nel tempo, quando questi provocano realmente dei fastidi, e quando il dialogo non porta a nessun risultato, bisogna difendersi.” (Enrico Davoli
Laboratorio Spettrometria di Massa - Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri)
Si tratta di affermazione gravissima che cancella molte sentenze della magistratura amministrativa e penale di cui ho trattato diffusamente nel mio blog vedi QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI.
LE EMISSIONI ODORIGENE SONO INQUINAMENTO ATMOSFERICO EX LEGE
La giurisprudenza che riporto nei post sopra linkati ha affermato testualmente che l’art. 268, comma 1, alla lett. a), del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152 (che sul punto richiama l’art. 2 del DPR 24 maggio 1988, n. 203) fa proprio un concetto ampio di inquinamento atmosferico che è definito come “ogni modificazione dell'aria atmosferica, dovuta all'introduzione nella stessa di una o di più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da ledere o da costituire un pericolo per la salute umana o per la qualità dell'ambiente oppure tali da ledere i beni materiali o compromettere gli usi legittimi dell'ambiente”, e alla lett. b), definisce come emissione in atmosfera “qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa introdotta nell'atmosfera che possa causare inquinamento atmosferico e, per le attività di cui all'articolo 275, qualsiasi scarico, diretto o indiretto, di COV nell'ambiente”.
La giurisprudenza che riporto nei post sopra linkati ha affermato testualmente che l’art. 268, comma 1, alla lett. a), del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152 (che sul punto richiama l’art. 2 del DPR 24 maggio 1988, n. 203) fa proprio un concetto ampio di inquinamento atmosferico che è definito come “ogni modificazione dell'aria atmosferica, dovuta all'introduzione nella stessa di una o di più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da ledere o da costituire un pericolo per la salute umana o per la qualità dell'ambiente oppure tali da ledere i beni materiali o compromettere gli usi legittimi dell'ambiente”, e alla lett. b), definisce come emissione in atmosfera “qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa introdotta nell'atmosfera che possa causare inquinamento atmosferico e, per le attività di cui all'articolo 275, qualsiasi scarico, diretto o indiretto, di COV nell'ambiente”.
Pertanto anche se non è rinvenibile un riferimento
espresso alle emissioni odorigene, le stesse debbono ritenersi ricomprese nella
definizione di «inquinamento atmosferico»
e di «emissioni in atmosfera», poiché
la molestia olfattiva intollerabile è al contempo sia un possibile fattore di «pericolo per la salute umana o per la
qualità dell'ambiente», che di compromissione degli «altri usi legittimi dell'ambiente», ed in sede di rilascio
dell’autorizzazione, dovendo essere verificato il rispetto delle condizioni
volte a minimizzare l’inquinamento atmosferico (infatti per l’art. 296, comma
2, lett. a, del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152, il progetto deve indicare le
tecniche adottate per limitare le emissioni e la loro quantità e qualità),
possono pertanto essere oggetto di valutazione anche i profili che arrecano
molestie olfattive facendo riferimento alle migliori tecniche disponibili (cfr.
Tar Friuli Venezia Giulia, 2 gennaio 2013, n. 2; Tar Veneto, Sez. III, 3 maggio
2011, n. 741; Tar Umbria, 10 gennaio 2003, n. 10).
In sostanza, secondo la univoca ormai
giurisprudenza in materia, le
prescrizioni della autorizzazione che limitano le emissioni diffuse o
convogliate riguardano anche le
emissioni odorigene a prescindere dal fatto che per queste ultime siano o meno
stati determinati degli specifici limiti delle concentrazioni odorigene.
Quindi se vengono violate le prescrizioni
autorizzatorie relative alle emissioni diffuse in una situazione dove queste si
accompagnano ad emissioni odorigene ci sono gli estremi per l’esercizio del
potere di diffida e di revoca della autorizzazione stessa come nel caso dell’impianto
di Scarperia e San Piero a Sieve. Per cui è inammissibile che una volta ammessa
l’esistenza di emissioni odorigene insime con emissioni diffuse in violazione delle
prescrizioni autorizzatorie si permetta ad un impianto di riaprire la propria
attività in attesa di un ipotetico progetto di risanamento tutto da definire.
Come ha spiegato il Consiglio di Stato (sentenza n° 4588 del 10/9/2014, vedi QUI) in base al principio di precauzione, applicabile anche alle emissioni odorigene,
se c’è un rischio sanitario in atto anche potenziale la attività va sospesa
quanto meno per permettere gli interventi adeguati per eliminare le emissioni
più fastidiose. In caso contrario il principio di leale collaborazione tra
imprese e cittadini diventa una scusa per continuare a produrre fastidi come a
me pare sia il caso dell’impianto bitumi di Scarperia e San Piero.
Per
cui con questa sentenza il Consiglio di Stato afferma il seguente principio
generale: la tutela della salute e dell’ambiente richiede da parte di
amministratori e tecnici degli enti pubblici competenti una volontà di
analizzare nel merito i rischi per la popolazione delle attività inquinanti a
prescindere dal rispetto formale di autorizzazioni e procedure settoriali. Nel
caso dell’impianto bitumi di Scarperia e San Piero le autorità competente controlli
e analisi le avevano fatte e avevano dimostrato violazioni e delle prescrizioni
nettissime ma anche un potenziale rischio sanitario dovute a queste violazioni, per non parlare delle decine
di esposti dei residenti (che già di per se erano la dimostrazione concreta di
notizie di reato e di violazione della autorizzazione e della legge) ma
evidentemente quando un giudice parte da presupposti culturali e non dagli atti
e fatti diventa difficile ottenere ragione.
In realtà gli odori sono in se, a prescindere dalle sostanze che li producono produttori di disagi sanitari anche molto rilevanti.
Riporto di seguito alcune dichiarazioni e documenti ufficiali sul rapporto odori impatto sulla salute di chi li subisce...
Già
nel 2008 uno dei massimi esperti italiani ed europei in materia il Prof. Luigi Campanella (ordinario di chimica
dell'ambiente alla Università di Roma e presidente della società chimica
italiana) era intervenuto sul punto degli effetti degli odori. il Prof
Campanella, nel convegno sulla
Mitigazione Olfattiva del 2008 (organizzato da Regione Lazio, ordine dei
chimici , Cnr etc.): “in un sondaggio in USA su quale è il valore principale
che una persona metterebbe al centro della vita, è emerso che i valori
principali equamente preferiti sono: ambiente, salute e alimenti. Sono tutti valori pervasi
abbondantemente dagli odori che ne caratterizzano anche la correlazione con le
emozioni”.
Non
solo ma la pubblicistica scientifica seria, anche istituzionale, afferma da
anni la necessità di interventi
tempestivi per eliminare emissioni odorigene prolungate. Afferma l’Arpat Toscana qui: “la percezione del disagio è esclusivamente di natura personale e può
anche diventare una componente di sofferenza psicologica. Una possibile
riflessione generale, potrebbe portare a pensare che una prolungata esposizione
ad un disturbo, può provocare una sensibilizzazione
nella popolazione esposta, generando anche importanti stati d'ansia, che a
lungo andare, scalzano il problema stesso, diventando la principale fonte di disturbo. Il
tempestivo intervento è quindi da auspicare per contenere questa possibile risposta
ansiogena, limitando la deriva e contendo così il problema all'origine.”
Uno studio commissionato
dalla Regione Veneto e Provincia di Rovigo (luglio 2014, vedi QUI) ha dimostrato che la
percezione dell’odore da parte degli esseri umani avviene a soglie di
concentrazione nettamente più basse di quelle previste dai limiti delle autorizzazioni
alle emissioni.
Non solo ma l’odore
può considerarsi molesto già al limite tra 5 e 10 Unità Odometriche/m3. Ricordo che il limite applicato
fino ad ora dalla autorizzazione della Provincia all’impianto di saliceti è
attualmente di 200 U.O./m3!
Il Manuale APAT (ora ISPRA, l’istituto
scientifico che supporta il Ministero dell’Ambiente ma anche le Arpa regionali
come la nostra Arpal), vedi QUI nelle sue conclusioni
fornisce affermazioni emblematiche ( e siamo nel 2003!): “…la presenza di
cattivi odori altera l’equilibrio psicofisico della persona, producendo uno
stato di malessere tale da condizionarne il comportamento. Il primo effetto
nocivo riscontrabile è pertanto collegato alla sensazione odorosa sgradevole
che può altresì provocare delle attività riflesse a livello gastrico, salivare,
cutaneo” (pagina 38 del Manuale APAT)
Ora
proiettate la sensazione sgradevole di cui tratta il Manuale APAT, su molti
anni (praticamente da quando è in funzione l’impianto di Saliceti: 2005 la
prima autorizzazione poi rinnovata nel 2009) con una media di moltissimi giorni
all’anno e all’interno del giorno di molte ora e poi spiegatemi come si possa
dire che emissioni odorigene di questo tipo non producano alcun danno alla
salute di chi le subisce!
Laboratorio Spettrometria di Massa - Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri)
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