martedì 28 ottobre 2014

Il principio di precauzione si applica anche per le emissioni odorigene

Il Consiglio di Stato ha con la sentenza n. 4588 del 10/9/2014 (vedi QUIha affermato un principio di grande rilievo in materia d tutela della salute dei cittadini da impianti con emissioni odorigene anomale.  

La sentenza si fonda sulla applicazione del principio di precauzione (di derivazione comunitaria: vedi  QUIalla autorizzazione di una attività inquinante con significative emissioni odorigene.

Il Consiglio di Stato afferma il principio che a prescindere dal rispetto dei limiti inquinanti previsti dalla normativa sulle emissioni atmosferiche, se, sulla base di adeguata documentazione scientifica, si dimostra persistere un probabile rischio sanitario per i cittadini residenti, l’autorità competente può negare l’autorizzazione o revocarla in fase di revisione/adeguamento.


Ma vediamo specificamente le motivazioni di questa sentenza.



LA CONDANNA IN SEDE PENALE PER GETTO DI COSE PERICOLOSE
La sentenza prende come punto di partenza la condanna definitiva in sede penale da parte della Cassazione (sentenza sezione III penale, n. 37037 del 29 maggio 2012)per superamento dei limiti di tollerabilità  (articolo 844 Codice Civile) da parte della attività in oggetto in relazione alle emissioni odorigene dando così luogo a molestie che integrano il reato di cui all’art. 674 C.P., commesso dai soci amministratori della società proprietaria dell’impianto inquinante. 

E’ interessante la affermazione della Cassazione che, riprendendo e confermando la sentenza della Corte di Appello di Trieste del 7 marzo 2011, spiega come possono essere rilevate le emissioni odorigene intollerabili. In particolare: ““…se manca la possibilità di accertare obiettivamente, con adeguati strumenti, l’intensità delle emissioni, il giudizio sull’esistenza e sulla tollerabilità delle emissione stesse ben può basarsi sulle dichiarazioni di testi, specie se a diretta conoscenza dei fatti, quando tali dichiarazioni non si risolvano nell’espressione di valutazioni meramente soggettive o in giudizi di natura tecnica, ma consistano nel riferimento a quanto oggettivamente percepito dagli stessi dichiaranti”. In sede di giustizia amministrativa questa tesi è sta affermata anche dal TAR Veneto n. 573 del 2014  vedi QUI .

Quanto alla intollerabilità delle emissioni questa è dimostrata, secondo la Cassazione citata dal  Consiglio di Stato dai seguenti elementi fattuali: “…a) il rispetto dei valori limiti fissati per le emissioni inquinanti in atmosfera e la presenza dell’autorizzazione richiesta dal D.P.R. n. 203 del 1988 (disciplina applicabile ratione temporis) risultano pacifici, ma devono essere ritenuti irrilevanti; b) l’odore di ammoniaca nell’aria dovuto alle deiezioni degli animali è stato riconosciuto distintamente da una pluralità di soggetti; c) l’ammoniaca era, come accertato dall’Agenzia regionale per l’ambiente, presente in più momenti nell’aria in concentrazioni assai rilevanti; d) i rilievi circa la mancanza di significative emissioni di streptococchi non sono dirimenti, perché non escludono le immissioni di odori ampiamente rilevate dalle analisi tecniche espletate e dai testimoni”.



LE MOTIVAZIONI DELLA DIFESA DEI GESTORI DELL’IMPIANTO CHE PRODUCEVA LE EMISSIONI ODORIGENE

Nel chiedere l’annullamento della sentenza del Tar Friuli che confermava la legittimità del diniego di autorizzazione all’impianto,  la  difesa dei gestori affermava le seguenti motivazioni:
1. le emissioni odorigene pur provenendo dal loro impianto non erano intollerabili.  
2. la intollerabilità delle emissioni rileverebbe sol ai fini penale ma non anche ai fini del sindacato di legittimità sul diniego di rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale
3. non sono invocabili, ai fini della dimostrazione della intollerabilità delle emissioni odorigene,  i parametri fissati, in particolare per l’ammoniaca, dall’EPA, Agenzia per l’Ambiente degli Stati Uniti d’America, ente che non è stato riconosciuto in Italia ed in Europa. 



LE CONCLUSIONI DEL CONSIGLIO DI STATO SU COME MOTIVARE LA INTOLLERABILITÀ DELLE EMISSIONI ODORIGENE
Il Consiglio di Stato respinge le tesi della difesa dei gestori dell’impianto in quanto basata su un concetto meramente formale (rispetto limiti di emissione dei singoli inquinanti ex lege)  di emissioni intollerabili. 
Il Consiglio di Stato, tenuto conto anche degli elementi fattuali del processo penale sopra riportato,  ritiene che le tesi dei difensore dei gestori dell’impianto: “finiscono  col disconoscere inammissibilmente, e senza ragione, gli sviluppi della ricerca, degli studi e dei metodi di indagine di natura tecnico–scientifica in materia di salvaguardia e di tutela della salubrità dell’ambiente e della salute pubblica, ammettendone il loro rilievo solo allorquando essi siano recepite in apposite normative, statali o comunitarie….”.

Il Consiglio di Stato per fondare giuridicamente questa affermazione fa riferimento al principio di precauzione già così esplicitato in altra sentenza della stessa sezione del 17 dicembre 2013, n. 6520:
a) spetta alla autorità pubblica competente dimostrare sulla base di apposita valutazione dei rischi, che pur nella incertezza scientifica che non può essere esclusa in assoluto,  e sulla base dei risultati più recenti della ricerca internazionale, la necessità delle misure atte ad evitare pregiudizi ad ambiente e salute secondo ampi  margini di discrezionalità in ordine alla individuazione delle misure ritenute più efficaci, economiche ed efficienti in relazione a tutte le circostanze del caso concreto.
b) l’applicazione del principio di precauzione presuppone un coinvolgimento del pubblico e quindi della comunità interessata: percezione sociale del rischio;
c) per l’applicazione del principio di precauzione è sufficiente che si dimostri in modo obiettivo che l’intervento umano in una determinata area e/o sito lo possa pregiudicare significativamente  ;
d) la situazione di pericolo per la salute e l’ambiente deve essere potenziale o latente e deve incidere significativamente sull’ambiente e sulla salute dell’uomo.



CONCLUSIONI
La sentenza del Consiglio di Stato  parla anche ai numerosi casi del nostro territorio sia passati (come quello della bonifica dell’area ex IP) sia attuali (vedi da ultimo le emissioni nauseabonde dell’impianto di trattamento di Saliceti) e afferma il seguente principio generale: la tutela della salute e dell’ambiente richiede da parte di amministratori e tecnici degli enti pubblici competenti una volontà di analizzare nel merito i rischi per la popolazione delle attività inquinanti a prescindere dal rispetto formale di autorizzazioni e procedure settoriali.  
Non lo dico io, come avete visto sopra,  lo dicono la giurisprudenza ormai quasi univoca sia nazionale che comunitaria. 

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