lunedì 13 ottobre 2014

Sblocca Italia. Semplificare complicando: per nascondere la distruzione del territorio


Renzi e il suo Governo incensano il decreto legge c.d. "sblocca Italia". 
In particolare dopo i recenti drammatici eventi alluvionali il Presidente del Consiglio dei Ministri ci ha voluto propinare il messaggio per cui grazie a quanto contenuto in questo decreto verranno sbloccati gli interventi per la difesa idrogeologica del nostro territorio, fino ad ora bloccati non si sa bene da chi: i TAR, la fantomatica burocrazia dei giudici? 
Vediamo sulle parti ambientali cosa dice questo Decreto Legge, ancora da convertire in via definitiva, di cui molti parlano ma credo altrettanti se non di più non lo abbiano neppure letto attentamente se non nelle parodie comunicative del ceto politico che governa il nostro Paese. 



BONIFICHE: LE AREE DI RILEVANTE INTERESSE NAZIONALE
Viene introdotta una nuova categoria di siti da bonificare: Le aree di rilevante interesse nazionale.  Così ora abbiamo:
1. i siti di bonifica di interesse nazionale
2. i siti di bonifica di interesse nazionale interessati da aree industriali da riconvertire
3. le aree di rilevante interesse nazionale
4. i siti di bonifica in aree militari
5. i siti di bonifica regionali
6. i siti di bonifica nazionali o regionali ma riguardanti aree da bonificare non superiori ai 1.000 metri quadri

Ognuna di queste categorie di siti ha una sua particolare procedura alla faccia della semplificazione. Non solo ma con quella ora introdotta siamo alla nona procedura di semplificazione dal 2005 ad oggi, senza considerare la riforma generale delle procedure bonifica ex DLgs 152/2006.  Insomma possiamo dire: SEMPLIFICARE COMPLICANDO.

Tutto il potere,  per queste nuove aree di bonifica di interesse nazionale, viene dato nelle mani di due persone: un Commissario straordinario del Governo e un Soggetto Attuatore(anche privato),  anche ai fini dell'adozione  di  misure  straordinarie  di  salvaguardia  e tutela ambientale ma pure a progetti di “rigenerazione urbana”, i quali per ora restano un oggetto sconosciuto ma hanno una denominazione sinistra nel Paese dei record nel consumo di suolo con la scusa del recupero di aree dismesse.
Il Soggetto Attuatore opera come stazione appaltante per l'affidamento dei lavori di bonifica ambientale e di  realizzazione delle  opere infrastrutturali: alla faccia della strombazzata necessità di ridurre le stazioni appaltanti!
Al  Soggetto Attuatore le aree individuate come di interesse rilevante nazionale sono trasferite, secondo le modalità stabilite dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che lo nomina.
La pianificazione urbanistica in chiave di sostenibilità? Non pervenuta. Anche perché la approvazione di questi Programmi di “rigenerazione urbana”  costituisce  altresì variante urbanistica automatica e comporta dichiarazione di pubblica utilità delle opere e di urgenza e indifferibilità dei lavori.



APPALTI PUBBLICI E BONIFICHE (ARTICOLO 34)
Si applicano ai lavori di bonifica da appaltare (tutti sia quelli nei SIN che nei SIR) le procedure semplificate per lo svolgimento delle gare previste dal Codice degli Appalti e cioè:
1. quando le stazioni appaltanti si avvalgono della facoltà di limitare il numero di candidati da invitare;
2. procedura negoziata nella scelta dell’appaltatore senza pubblicazione del bando di gara. Ricordo che la procedura negoziata senza pubblicazione del bando lascia alle stazioni appaltanti  il massimo di discrezionalità, che giunge fino alla potestà di autonoma individuazione dei concorrenti da invitare alla gara. La applicazione generalizzata della procedura negoziata ai lavori di bonifica appare in contrasto con le direttive europee passate e presente in materia di appalti pubblici e anche con la giurisprudenza comunitaria (come spiego nel commento completo a questa nuova normativa nazionale che linko alla fine di questo post);
3. riduzione termini della ricezione delle domande di partecipazione e ricezione delle offerte nelle procedure ristrette o negoziate:
4. ammissibilità varianti in corso d’opera. 



PROCEDURE DI CARATTERIZZAZIONE SCAVO TERRENI IN AREE DA BONIFICARE
Qui ci sono ulteriori novità che mirano a semplificare il riutilizzo in situ dei materiali scavati in aree inquinate. In particolare:
1. si crea un piano di caratterizzazione preliminare non previsto dalla vigente normativa e i cui contenuti tecnici restano indefiniti;
2. in presenza di attività di messa in sicurezza operativa[9] già in essere, il proponente, in alternativa alla caratterizzazione preliminare di cui al punto 1, previa comunicazione  all'ARPA da effettuarsi con almeno quindici giorni di anticipo, può  avviare la realizzazione degli interventi e delle opere. Al termine dei lavori, l'interessato assicura il ripristino delle opere di messa in sicurezza operativa. Questa novità appare pericolosa perché in contrasto almeno parziale con quanto previsto dalla definizione di messa in sicurezza operativa del DLgs 152/2006 riportata alla nota 13 (vedi sopra) infatti non è chiaro se l’alternativa alla caratterizzazione introdotta dalla nuova norma preveda o meno interventi che evitino, come afferma la legge attuale,  “la diffusione della contaminazione all'interno della stessa matrice o tra matrici differenti”;
3. si permette di riutilizzare in situ cioè nell’area da bonificare il materiale scavato non solo nel caso che non superi concentrazioni soglia di contaminazione (quelle che fanno scattare l’obbligo di bonifica) ma anche nel caso che li superino sia pure a certe condizioni elencate dalla nuova legge che però dipendono dalla interpretazione della autorità competente (per i SIR: Comune, Arpa, Provincia).



GLI INTERVENTI CHE PREVEDE DI  "SBLOCCARE" LO  SBLOCCA  ITALIA

Cantieri prioritari da far partire entro il  31/12/2014
terza corsia dell'autostrada Venezia-Trieste

Cantieri da far partire entro il 30 giugno 2015
1. l'asse Lecco-Bergamo (15 milioni),
2. l'interconnessione tra la Statale SS32 e la provinciale SP299-Tangenziale di Novara (1,72 milioni),
3. quadrilatero autostradale Umbria-Marche (120 milioni),
4. la messa in sicurezza della Statale SS131 in Sardegna (143 milioni)
5. la manutenzione ordinaria e straordinaria di ponti e viadotti della rete nazionale (300 milioni).
6. ulteriore lotto costruttivo Asse AV/AC Verona Padova;
7. Terzo Valico dei Giovi - AV Milano Genova;
8. Continuità interventi Nuovo Tunnel del Brennero;
9. Messa in sicurezza dei principali svincoli della Strada Statale 131 in Sardegna;


Cantieri stradali che devono partire entro il 31 agosto 2015
1. due tratte dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria (da svincolo di Rogliano a svincolo di Atilia, 381 milioni, e lo svincolo Lauretana Borrello, 38 milioni)
2. adeguamento Statale SS 372 Telesina tra Caianello e Benevento (90 milioni)
3. completamento della Statale SS 291 in Sardegna (81 milioni)
4. variante della Tremezzina sulla Statale SS340 Regina (210 milioni, con sblocco anche di 120 milioni stanziati dalla Regione Lombardia)
5. collegamento Masserano-Ghemme (80 milioni)
6. ponte tra l'autostrada per Fiumicino e l'EUR (145 milioni)
7. asse Gamberale-Civitaluparella in Val di Sangro, Abruzzo (62 milioni)
8. primo lotto della Statale SS 212 Fortorina (65 milioni)


Nell’elenco sono previsti anche alcuni interventi su assi ferroviari  e metropolitani  e per due sistemi idrici ma il grosso riguarda autostrade e strade: circa il 60%.  Forse alcuni di questi interventi saranno necessari ma resta che la vera priorità dello sblocca Italia continua ad essere come nel passato il trasporto su ruota e come vedremo la liberalizzazione della edilizia in danno della pianificazione urbanistica.


Misure di semplificazione per le opere incompiute segnalate dagli Enti Locali e misure finanziarie a favore degli enti territoriali
Anche qui nessun parametro di sostenibilità e tutela del territorio i Comuni propongono secondo lo stato del livello di esecuzione, finanziamento, appalto delle opere e il Governo decide,  punto.



URBANISTICA EDILIZIA
1. Si introduce un  nuovo comma 1-bis dell’art. 14 del Testo Unico Edilizia,  dove si stabilisce che “per gli interventi di ristrutturazione edilizia e di ristrutturazione urbanistica, attuati anche in aree industriali dismesse, è ammessa la richiesta di permesso di costruire anche in deroga alle destinazioni d’uso, previa deliberazione del Consiglio comunale che ne attesta l’interesse pubblico”.
Si aumentano così  le possibili deroghe agli strumenti urbanistici estese anche alla aree industriali.  Non si tratta di un provvedimento contro il consumo di suolo ma a tutela del consumo di suolo. Infatti  la deroga, in queste ipotesi, non riguarderà soltanto i limiti di densità edilizia, altezza e di distanza tra i fabbricati, potendosi prevedere anche destinazioni d’uso diverse rispetto a quanto programmato dagli strumenti di pianificazione come si evince dal testo sopra riportato. Soprattutto si lascia tutto in  mano alla classe amministrativa locale che, tranne rare eccezioni ha sempre dimostrato più vicinanza agli interessi dei cementificatori magari con le scuse del “recupero urbano di aree dismesse”.


2. Si prevede sempre modificando il Testo Unico Edilizia:
1. Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali, costituisce mutamento rilevante della destinazione d'uso ogni forma di utilizzo dell'immobile o della singola unità  immobiliare diversa da quella originaria, ancorché non accompagnata dall'esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l'assegnazione dell'immobile o dell'unita' immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate:
a) residenziale e turistico-ricettiva;
b) produttiva e direzionale;
c) commerciale;
d) rurale.
2. La destinazione d'uso di un fabbricato o di una unita' immobiliare e' quella prevalente in termini di superficie utile.
3. Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali, il mutamento della destinazione d'uso all'interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito
”.

La domanda che sorge spontanea è perché garantire comunque la nuova destinazione d’uso anche ad aree industriale oltre a quelle direzionali considerata la  enorme  diversità di carico urbanistico (per qualità e quantità di spazi pubblici necessari). Per non parlare dei profili di incostituzionalità contenuti nel terzo comma della norma sopra riportata con la quale si prevede che la norma statale (si tratta ripeto del Testo Unico della edilizia) possa essere modificata da legge regionale.



PAESAGGIO: L'ATTACCO ALLE AUTORIZZAZIONE PAESAGGISTICHE E ALLE SOPRINTENDENZE
Il decreto sblocca Italia all’articolo 25  rinvia  ad un nuovo regolamento per escludere la autorizzazione paesaggistica per nuove tipologie di interventi minori e per quelli di lieve entità previsti dal DPR  n.139 del 2010. Ora questo DPR già semplificava notevolmente le procedure di rilascio della autorizzazione paesaggistica per numerosissimi interventi c.d.  di lieve entità ma che "comportino un'alterazione dei luoghi o dell'aspetto esteriore degli edifici".   In cosa consiste la semplificazione in vigore dal 2010 con il sopra citato DPR n. 139:           
1. si prevede una relazione paesaggistica semplificata (articolo 2)
2. i termini per la conclusione del procedimento sono ridotti (articolo 3)
3. vengono previsti semplificazioni procedurali per il rilascio della autorizzazione paesaggistica (articolo 4)
4. vengono individuati appositi funzionari presso ogni soprintendenza per seguire la procedura semplificata (articolo 5)
5. immediata applicazione delle procedure semplificate nelle Regioni a statuto ordinario (articolo 6)

Ma questa semplificazione, esistente come abbiamo visto da oltre 4 anni,  non è sufficiente perché è chiaro l’intento di questo Governo depotenziare sempre di più lo strumento autorizzazione paesaggistica lasciandolo peraltro nelle mani della politica amministrativa locale e non dei tecnici delle Soprintendenze.

Così sempre l’articolo 25 del Decreto sblocca Italia, modificando il comma 9 dell’articolo 146 del Codice del Paesaggio,  prevede che se entro 60 giorni dalla ricezione degli atti relativi alla domanda di autorizzazione paesaggistica la Soprintendenza non si esprima attraverso la conferenza dei servizi, l’amministrazione competente (leggi il Comune di solito o comunque chi deve dare la autorizzazione finale all’opera/progetto) provvede comunque. Si introduce così il silenzio assenso anche per i beni paesaggistici
    
D’altronde del perché possa fare paura ai “semplificatori dell’uso del territorio” il Parere della Soprintendenza lo ha spiegato, paradossalmente,  lo stesso Ministero dell’Ambiente con una Circolare del 22/1/2010 secondo la quale, relativamente alle finalità del parere: “il parere reso dai Soprintendenti riguarda anche il merito della trasformazione del territorio  oggetto della richiesta di autorizzazione ed è, al momento, non soltanto obbligatorio ma  anche vincolante e sarà tale fino a che, con riferimento a tutte le fonti del vincolo  paesaggistico che in concreto assumono rilevanza per il progetto di trasformazione del territorio  sottoposto ad autorizzazione, non ricorrano le condizioni indicata dal Codice.”.
Non solo ma il parere del Ministero dell’Ambiente prevede l’obbligatorietà del parere ancorchè si entrerà nel regime per cui tutti i piani urbanistici interessati da interventi in aree a vincolo paesaggistico siano stati dichiarati compatibili con i nuovi piani paesaggistici regionali da parte degli organi ministeriali.   Quindi nessuna ipotesi di  autorizzazione senza parere della Soprintendenza.  

Ovviamente il signor Renzi non si è mai preoccupato del vero blocco alla realizzazione dei progetti in aree vincolate che consiste proprio nel fatto che fino ad ora solo due Regioni (Toscana e Puglia) hanno co-pianificato  con il Ministero l’uso del loro paesaggio aprendo alla semplificazione delle procedura sopra descritta.

La modifica sopra riportata ha un unico scopo: depotenziare il ruolo di controllo delle Soprintendenze nelle aree a vincolo paesaggistico.
La semplificazione è peraltro una scusa visto che i commi 10 e 11 dell’articolo 146 del Codice del Paesaggio disciplinano le procedure sostitutive   a salvaguardia proprio di chi ha presentato la domanda di autorizzazione paesaggistica. Tali procedure sostitutive consistono:   
a) l'inutile scadenza dei 60 giorni sopraindicati senza che l’Amministrazione  competente per delega abbia adottato il provvedimento definitivo consente all'interessato di rivolgersi in via sostitutiva alla Regione che provvederà entro 60 giorni dalla ricezione dell'istanza. Per tale attività la Regione può anche avvalersi di un Commissario ad acta,
b) In tutti i casi nei quali la Ragione abbia mantenuto a sé le competenze paesaggistiche e non provveda ad adottare il provvedimento, l'interessato può presentare al Soprintendente la richiesta di autorizzazione paesaggistica, affinché questo ultimo si pronunci in via sostitutiva, entro gli stessi termini indicati. (Circolare Ministero Beni Culturali 22/1/2010).



VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE
Secondo il comma 4 articolo 38 del Decreto sblocca Italia : “4. Per i procedimenti di valutazione di impatto ambientale in corso presso le Regioni alla data di entrata in vigore del presente decreto, relativi alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, la Regione presso la quale e' stato avviato il procedimento, conclude lo stesso entro il 31 dicembre 2014. Decorso inutilmente tale termine la Regione trasmette la relativa documentazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per i seguiti istruttori di competenza, dandone notizia al Ministero dello sviluppo economico.”

Come è noto ex lettera v) allegato III al DLgs 152/2006 la prospezione ricerca e coltivazione di idrocarburi a terra è, relativamente alla VIA,  di competenza delle Regioni. Questo provvedimento quindi trasferisce, sia pure solo per i procedimenti non conclusi il 31/12/2014, la gestione della procedura allo Stato.

La norma in se non ha un particolare significato sotto il profilo strettamente legale, ma lo ha sotto il profilo della cultura politico istituzionale che la sottende.  Infatti come abbiamo visto sopra dove il livello istituzionale locale garantisce culturalmente (diciamo meglio per meri interessi di bottega elettorali)  maggior  “speditezza” alle scelte di uso del territorio si depotenzia il ruolo dello Stato: vedi paesaggio, urbanistica, bonifiche.  Dove invece è il livello Regionale (in questo caso per carenza di interesse di bottega elettorale) ha frenare le decisioni allora si riduce il ruolo del livello locale.

Questa non è cultura istituzionale riformista ma bassa cucina politichese della peggiore era cattocomunista che ha prodotto i disastri ambientali e territoriali che conosciamo.



RIFIUTI:  UN PIANO NAZIONALE PER PROMUOVERE GLI INCENERITORI  
Secondo l’articolo 35 del decreto sblocca Italia il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente  individua, con proprio decreto, gli impianti di recupero di energia e di smaltimento dei rifiuti urbani e speciali, esistenti o da realizzare per attuare un sistema integrato e moderno di gestione di tali rifiuti atto a conseguire la sicurezza nazionale nell'autosufficienza e superare le procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore.
Tali impianti di termo-trattamento costituiscono infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale ai fini della tutela della salute e dell'ambiente.

Non si tratta di impianti nuovi ma prevalentemente esistenti infatti l’articolo 35 afferma che: “entro 60 giorni dalla entrata in vigore del presente decreto, per gli impianti esistenti, le Autorità  competenti provvedono ad adeguare le autorizzazioni integrate ambientali……Entro 60 giorni dalla entrata in vigore del presente decreto, per gli impianti esistenti, le Autorità competenti provvedono a verificare la sussistenza dei requisiti per la loro qualifica di impianti di recupero energetico R1, revisionando in tal senso e nello stesso termine, quando ne ricorrono le condizioni, le autorizzazioni integrate ambientali.”


Questi impianti potranno ricevere rifiuti anche fuori degli ambiti territoriali ottimali (teoricamente perfino da altri stati), afferma infatti il comma 5 dell’articolo 35: “5. Ai sensi del decreto legislativo n.152 del 2006 e successive modificazioni non sussistendo vincoli di bacino per gli impianti di recupero, negli stessi deve essere data priorità al trattamento dei rifiuti urbani prodotti nel territorio nazionale”.

Si riducono della metà i termini per le procedure autorizzatorie compresa la Valutazione di Impatto Ambientale. Questo nonostante la Commissione UE si sia sempre pronunciata, nei suoi Rapporti sullo stato di attuazione della Direttiva sulla VIA, a favore di una particolare cura nella istruttoria propedeutica alla decisione conclusiva del procedimento.

E comunque per stare ancora più sicuri sul risultato finale se non si rispettano i termini ristretti (ricordo che le AIA e la VIA di questi impianti attualmente sono di competenza di Province e Regioni),   si applica il potere sostitutivo previsto dall'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131. Ricordo che questo articolo 8 prevede al comma 4: “Nei casi di assoluta urgenza, qualora l’intervento sostitutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le finalità tutelate dall’articolo 120 della Costituzione, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, adotta i provvedimenti necessari, che sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali, allargata ai rappresentanti delle Comunità montane, che possono chiederne il riesame”. 

L’articolo 120 della Costituzione non è citato a caso  perché, al secondo comma di questo articolo, tra i motivi di sostituzione c’è proprio quello del rischio che per responsabilità delle Regioni si violino impegni comunitari.

Ma la domanda è quali sarebbero questi impegni comunitari che possono venire assolti con una sorta di piano nazionale di inceneritori?

Intanto una curiosità a cercare di far partire decine di inceneritori vecchie  e nuovi in Italia usando come scusa gli impegni internazionali e comunitari contro effetto serra e per le fonti rinnovabili ci aveva provato anche il Governo Berlusconi.  Lo aveva fatto due volte prima con apposito articolo della legge 30 dicembre 2008, n. 210 poi abrogato con una norma successiva prevista dalla Legge 23 luglio 2009, n. 99 che aveva introdotto questa norma: ai fini di prevenire le emergenze nel settore dello smaltimento dei rifiuti, di contribuire al raggiungimento degli obiettivi derivanti dal Protocollo di Kyoto e di incrementare la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, nel rispetto delle attribuzioni delle regioni e della normativa europea sulla gestione dei rifiuti, è istituita la Cabina di regia nazionale per il coordinamento dei piani regionali degli inceneritori dei rifiuti urbani residuati dalla raccolta differenziata, la cui organizzazione e il cui funzionamento sono disciplinati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e d'intesa con la Conferenza unificata Stato – Regioni – Città  utilizzando allo scopo le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.” Norma peraltro mai abrogata ma comunque non utilizzata.

Ora torniamo al decreto sblocca Italia. Per giustificare il rilancio degli inceneritori l’articolo 35 afferma la sua finalitaà a  realizzare  un sistema integrato e moderno di gestione di tali rifiuti atto a conseguire la sicurezza nazionale nell'autosufficienza e superare le procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore. 
Ora queste procedure di infrazione riguardano principalmente l’eccesso di discariche come sistema di smaltimento e il mancato raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata.

Qui siamo veramente di fronte a “bari di professione” perché si stravolge volutamente sia il senso delle procedure di infrazione suddette che soprattutto la vigente normativa comunitaria in materia di rifiuti.

Cominciamo dal principio di autosufficienza. Davvero questo principio si assolve con gli inceneritori? È così che dice la norma europea? Ecco cosa dice la norma europea, e anche quella italiana fino ad ora vigente, in proposito:
Gli  Stati  membri  adottano,  di  concerto  con  altri  Stati membri qualora ciò risulti necessario od opportuno, le misure appropriate per la creazione di una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento dei rifiuti e di impianti per il recupero dei  rifiuti  urbani  non  differenziati  provenienti  dalla  raccolta domestica,  inclusi  i  casi  in  cui  detta  raccolta  comprenda  tali rifiuti provenienti da altri produttori, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili.
La rete permette lo smaltimento dei rifiuti o il recupero di quelli menzionati al paragrafo 1 in uno degli impianti appropriati più vicini, grazie all’utilizzazione dei metodi e delle tecnologie  più  idonei,  al  fine  di  garantire  un  elevato  livello  di protezione dell’ambiente e della salute pubblica.
Secondo il nuovo articolo 182bis del DLgs 152/2006 lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani non differenziati sono attuati con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili e del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al fine di:
a) realizzare l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi e dei rifiuti del loro trattamento in ambiti territoriali ottimali;
b) permettere lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati in uno degli impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti;
c) utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione dell'ambiente e della salute pubblica.

........quindi la norma europea fa sempre riferimento ad impianti non esclusivamente ad inceneritori.

Ma la questione più rilevante è un'altra e riguarda i  principi nella gerarchia della gestione dei rifiuti secondo le norme comunitarie.
La seguente gerarchia dei rifiuti si applica quale ordine di priorità della normativa e della politica  in materia  di prevenzione e gestione dei rifiuti:
a)  prevenzione: misure,  prese  prima  che  una  sostanza,  un materiale o un prodotto sia diventato un rifiuto e quindi in primo luogo evitare la produzione del rifiuto fin dall’inizio
b)  preparazione per il riutilizzo: cioè  le operazioni di controllo, pulizia e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento;
c)  riciclaggio: inteso come  qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i  materiali  di  rifiuto  sono  ritrattati  per  ottenere  prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini;
d)  recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia: quindi qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di  permettere  ai  rifiuti  di  svolgere  un  ruolo  utile  sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all’interno dell’impianto o nell’economia in generale. L’allegato II riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero; e
e)  smaltimento. L’allegato I riporta un elenco non esaustivo di operazioni di smaltimento

Si mantiene la priorità alle operazioni di prevenzione e recupero per materia e solo alla fine recupero di energia e smaltimento che risultano quindi i meno prioritari e confermano un in indirizzo che vede l’incenerimento dei rifiuti come ultima ratio messa sullo stesso piano dello smaltimento, infatti nella definizione di smaltimento rientra anche l’operazione che ha come conseguenza secondaria il recupero di sostanze o di energia. A conferma di ciò si veda l’articolo 12 della Direttiva dove si conferma che lo smaltimento avviene solo dopo il recupero e alternativamente a questo ultimo.
Non a caso nella nuova definizione di riciclaggio viene escluso il recupero di energia né il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento, il che significa che  gli stati membri dovranno impegnarsi affinché i materiali riciclabili (carta, plastica raccolti nelle famose campane) non finiscano né in discarica né a recupero energetico . Questa definizione appare coerente con uno stabilizzato indirizzo della UE fin dalla Comunicazione della Commissione del 30/7/1996 secondo la quale  il riciclaggio non doveva comprendere le operazioni di preparazione di combustibile da destinare a produzione di energia    ma solo le operazioni di recupero del materiale. Ma si veda anche, più recentemente, la Risoluzione del Parlamento europeo su una strategia tematica per il riciclaggio dei rifiuti – l’Ue “esige che tutti i rifiuti destinati al recupero di energia o all’incenerimento rimangano rifiuti” sottoposti alla direttiva 2000/76 sull’incenerimento degli stessi” .

Questo assume un grande rilievo di principio in chiaro contrasto con la normativa espressa dal decreto sblocca Italia sopra descritta.
Significativo infine è l’avere introdotto il principio per cui la suddetta gerarchia può essere in alcune situazioni modificata ma sempre avendo come base per la decisione il ciclo di vita in relazione agli impatti complessivi della produzione e della gestione di flussi di rifiuti specifici. E’ chiaro per fare un esempio che invece spostare l’intero modello gestionale a favore dell’incenerimento come vuole fare il decreto sblocca Italia risulta in palese contrasto con questo principio appena descritto.

Il nuovo articolo 179 del DLgs 152/2006 riproduce in generale quanto previsto sul punto dalla Direttiva 2008/98/CE. In particolare si ribadisce, e non poteva essere così per coerenza con la normativa e gli indirizzi applicativi della UE, che le misure dirette al recupero dei rifiuti mediante la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio o ogni altra operazione di recupero di materia sono adottate con priorità rispetto all'uso dei rifiuti come fonte di energia.

  

LA  DIFESA DEL TERRITORIO DAL RISCHIO IDRAULICO E IDROGEOLOGICO
Infine il comma 3 dell’articolo 7 del Decreto sblocca Italia prevede investimenti contro il rischio inondazioni e frane ma lo fa solo spostando risorse già stanziate e non utilizzate.  Una bella differenza con il dispiegamento di nuovi investimenti, nuove procedure accelerate  previsto per tutto il resto: autostrade, strade, impianti energetici, interventi edilizi ed urbanistici etc. etc. sopra descritto.



CONCLUSIONI
La dichiarazione di Renzi dopo l’alluvione di Genova: “Per il governo è assoluta priorità sbloccare le opere pubbliche ferme da anni. C'è assoluta necessita di sbloccare l'Italia”.
Bene come ho dimostrato sopra questa dichiarazione serve per nascondere il vero intento di questo decreto sblocca Italia: sbloccare il cemento e far vedere che sblocca finanziamenti sulla difesa idrogeologica che sono poco di più che una partita di giro tra Regioni.


Insomma semplificare complicando per coprire meglio le scelte di uso non sostenibile del territorio? Penso di si ma come dire a differenza di Renzi io sono uno che si limita a valutare il quadro come si presenta all’oggi, lui invece sembra bene introdotto dentro il concetto che espresse molto tempo fa  un capo di governo italiano : “Noi italiani non facciamo rivoluzioni, facciamo discorsi”.

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