Renzi e il suo Governo incensano il decreto legge c.d. "sblocca Italia".
In particolare dopo i recenti drammatici eventi alluvionali il Presidente del Consiglio dei Ministri ci ha voluto propinare il messaggio per cui grazie a quanto contenuto in questo decreto verranno sbloccati gli interventi per la difesa idrogeologica del nostro territorio, fino ad ora bloccati non si sa bene da chi: i TAR, la fantomatica burocrazia dei giudici?
Vediamo sulle parti ambientali cosa dice questo Decreto Legge, ancora da convertire in via definitiva, di cui molti parlano ma credo altrettanti se non di più non lo abbiano neppure letto attentamente se non nelle parodie comunicative del ceto politico che governa il nostro Paese.
BONIFICHE: LE
AREE DI RILEVANTE INTERESSE NAZIONALE
Viene
introdotta una nuova categoria di siti da bonificare: Le aree di rilevante interesse nazionale. Così ora abbiamo:
1. i siti di bonifica di interesse nazionale
2. i siti di bonifica di interesse nazionale
interessati da aree industriali da riconvertire
3. le aree di rilevante interesse nazionale
4. i siti di bonifica in aree militari
5. i siti di bonifica regionali
6. i siti di bonifica nazionali o regionali ma
riguardanti aree da bonificare non superiori ai 1.000 metri quadri
Ognuna di queste categorie di siti ha una sua
particolare procedura alla faccia della semplificazione. Non solo ma con quella
ora introdotta siamo alla nona procedura
di semplificazione dal 2005 ad oggi, senza considerare la riforma generale
delle procedure bonifica ex DLgs 152/2006. Insomma possiamo dire: SEMPLIFICARE COMPLICANDO.
Tutto il potere, per queste nuove aree di bonifica di interesse nazionale, viene dato nelle mani di due
persone: un Commissario straordinario del
Governo e un Soggetto Attuatore(anche privato),
anche ai fini dell'adozione di misure straordinarie
di salvaguardia e tutela ambientale ma pure a progetti di “rigenerazione
urbana”, i quali per ora restano un oggetto sconosciuto ma hanno una
denominazione sinistra nel Paese dei record nel consumo di suolo con la scusa del recupero di aree dismesse.
Il Soggetto Attuatore opera
come stazione appaltante per l'affidamento dei lavori di
bonifica ambientale e di realizzazione delle opere infrastrutturali:
alla faccia della strombazzata necessità di ridurre le stazioni appaltanti!
Al Soggetto Attuatore le aree individuate come di interesse
rilevante nazionale sono trasferite, secondo le modalità
stabilite dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che lo nomina.
La pianificazione urbanistica in chiave di sostenibilità? Non pervenuta. Anche perché la approvazione di questi
Programmi di “rigenerazione urbana” costituisce
altresì variante urbanistica automatica e comporta dichiarazione di pubblica
utilità delle opere e di urgenza e indifferibilità dei lavori.
APPALTI PUBBLICI E BONIFICHE (ARTICOLO 34)
Si applicano ai lavori di bonifica da
appaltare (tutti sia quelli nei SIN che nei SIR) le procedure semplificate
per lo svolgimento delle gare previste dal Codice degli Appalti e cioè:
1. quando le stazioni appaltanti si avvalgono della
facoltà di limitare il numero di candidati da invitare;
2. procedura negoziata nella scelta dell’appaltatore
senza pubblicazione del bando di gara. Ricordo che la procedura negoziata senza
pubblicazione del bando lascia alle stazioni appaltanti il massimo di
discrezionalità, che giunge fino alla potestà di autonoma individuazione dei
concorrenti da invitare alla gara. La applicazione generalizzata della
procedura negoziata ai lavori di bonifica appare in contrasto con le direttive
europee passate e presente in materia di appalti pubblici e anche con la
giurisprudenza comunitaria (come spiego nel commento completo a questa nuova
normativa nazionale che linko alla fine di questo post);
3. riduzione termini
della ricezione delle domande di partecipazione e ricezione delle offerte nelle
procedure ristrette o negoziate:
4. ammissibilità
varianti in corso d’opera.
PROCEDURE DI CARATTERIZZAZIONE SCAVO TERRENI
IN AREE DA BONIFICARE
Qui ci sono ulteriori novità che mirano
a semplificare il riutilizzo in situ dei materiali scavati in aree inquinate.
In particolare:
1. si
crea un piano di caratterizzazione preliminare non previsto dalla vigente
normativa e i cui contenuti tecnici restano indefiniti;
2. in
presenza di attività di messa in sicurezza operativa[9] già in essere, il proponente, in
alternativa alla caratterizzazione preliminare di cui al punto 1, previa
comunicazione all'ARPA da effettuarsi con almeno quindici giorni di
anticipo, può avviare la realizzazione degli interventi e delle opere. Al
termine dei lavori, l'interessato assicura il ripristino delle opere di messa
in sicurezza operativa. Questa novità appare pericolosa perché in contrasto
almeno parziale con quanto previsto dalla definizione di messa in sicurezza
operativa del DLgs 152/2006 riportata alla nota 13 (vedi sopra) infatti non è
chiaro se l’alternativa alla caratterizzazione introdotta dalla nuova norma
preveda o meno interventi che evitino, come afferma la legge attuale, “la
diffusione della contaminazione all'interno della stessa matrice o tra matrici
differenti”;
3. si
permette di riutilizzare in situ cioè nell’area da bonificare il materiale
scavato non solo nel caso che non superi concentrazioni soglia di
contaminazione (quelle che fanno scattare l’obbligo di bonifica) ma anche nel
caso che li superino sia pure a certe condizioni elencate dalla nuova legge che
però dipendono dalla interpretazione della autorità competente (per i SIR:
Comune, Arpa, Provincia).
GLI
INTERVENTI CHE PREVEDE DI "SBLOCCARE" LO SBLOCCA ITALIA
Cantieri prioritari da far partire entro il 31/12/2014
terza corsia dell'autostrada Venezia-Trieste
Cantieri da far partire entro il 30
giugno 2015
1.
l'asse Lecco-Bergamo (15 milioni),
2.
l'interconnessione tra la Statale SS32 e la provinciale SP299-Tangenziale di
Novara (1,72 milioni),
3.
quadrilatero autostradale Umbria-Marche (120 milioni),
4.
la messa in sicurezza della Statale SS131 in Sardegna (143 milioni)
5.
la manutenzione ordinaria e straordinaria di ponti e viadotti della rete
nazionale (300 milioni).
6. ulteriore lotto costruttivo
Asse AV/AC Verona Padova;
7. Terzo Valico dei Giovi - AV
Milano Genova;
8. Continuità interventi Nuovo
Tunnel del Brennero;
9. Messa in sicurezza dei
principali svincoli della Strada Statale 131 in Sardegna;
Cantieri stradali che
devono partire entro il 31 agosto 2015
1.
due tratte dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria (da svincolo di Rogliano a
svincolo di Atilia, 381 milioni, e lo svincolo Lauretana Borrello, 38 milioni)
2.
adeguamento Statale SS 372 Telesina tra Caianello e Benevento (90 milioni)
3.
completamento della Statale SS 291 in Sardegna (81 milioni)
4.
variante della Tremezzina sulla Statale SS340 Regina (210 milioni, con sblocco
anche di 120 milioni stanziati dalla Regione Lombardia)
5.
collegamento Masserano-Ghemme (80 milioni)
6.
ponte tra l'autostrada per Fiumicino e l'EUR (145 milioni)
7.
asse Gamberale-Civitaluparella in Val di Sangro, Abruzzo (62 milioni)
8.
primo lotto della Statale SS 212 Fortorina (65 milioni)
Nell’elenco sono previsti anche
alcuni interventi su assi ferroviari e
metropolitani e per due sistemi idrici
ma il grosso riguarda autostrade e strade: circa il 60%. Forse alcuni di questi interventi saranno
necessari ma resta che la vera priorità dello sblocca Italia continua ad
essere come nel passato il trasporto su ruota e come vedremo la liberalizzazione della edilizia in danno della pianificazione urbanistica.
Misure di
semplificazione per le opere incompiute segnalate dagli Enti Locali e misure
finanziarie a favore degli enti territoriali
Anche
qui nessun parametro di sostenibilità e tutela del territorio i Comuni
propongono secondo lo stato del livello di esecuzione, finanziamento, appalto
delle opere e il Governo decide, punto.
URBANISTICA EDILIZIA
1. Si introduce un nuovo
comma 1-bis dell’art. 14 del Testo Unico Edilizia, dove si stabilisce che “per gli interventi di ristrutturazione edilizia e di ristrutturazione
urbanistica, attuati anche in aree industriali dismesse, è ammessa la richiesta
di permesso di costruire anche in deroga alle destinazioni d’uso, previa
deliberazione del Consiglio comunale che ne attesta l’interesse pubblico”.
Si
aumentano così le possibili deroghe agli
strumenti urbanistici estese anche alla aree industriali. Non si tratta di un provvedimento contro il
consumo di suolo ma a tutela del consumo di suolo. Infatti la deroga, in
queste ipotesi, non riguarderà soltanto i limiti di densità edilizia, altezza e
di distanza tra i fabbricati, potendosi prevedere anche destinazioni d’uso diverse
rispetto a quanto programmato dagli strumenti di pianificazione come si
evince dal testo sopra riportato. Soprattutto si lascia tutto in mano alla classe amministrativa locale che,
tranne rare eccezioni ha sempre dimostrato più vicinanza agli interessi dei cementificatori magari con le scuse del “recupero urbano di aree dismesse”.
2.
Si prevede sempre modificando il Testo Unico Edilizia:
“1. Salva
diversa previsione da parte delle leggi regionali, costituisce mutamento
rilevante della destinazione d'uso ogni forma di utilizzo dell'immobile o della
singola unità immobiliare diversa da
quella originaria, ancorché non accompagnata dall'esecuzione di opere edilizie,
purché tale da comportare l'assegnazione dell'immobile o dell'unita'
immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto
elencate:
a) residenziale e turistico-ricettiva;
b) produttiva e direzionale;
c) commerciale;
d) rurale.
2. La destinazione d'uso di un fabbricato o di una unita' immobiliare e' quella prevalente in termini di superficie utile.
3. Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali, il mutamento della destinazione d'uso all'interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito”.
a) residenziale e turistico-ricettiva;
b) produttiva e direzionale;
c) commerciale;
d) rurale.
2. La destinazione d'uso di un fabbricato o di una unita' immobiliare e' quella prevalente in termini di superficie utile.
3. Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali, il mutamento della destinazione d'uso all'interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito”.
La domanda che sorge spontanea è perché garantire
comunque la nuova destinazione d’uso anche ad aree industriale oltre a quelle
direzionali considerata la enorme diversità di carico urbanistico (per qualità e
quantità di spazi pubblici necessari). Per non parlare dei profili di
incostituzionalità contenuti nel terzo comma della norma sopra riportata con la
quale si prevede che la norma statale (si tratta ripeto del Testo Unico della
edilizia) possa essere modificata da legge regionale.
PAESAGGIO: L'ATTACCO ALLE AUTORIZZAZIONE PAESAGGISTICHE E ALLE SOPRINTENDENZE
Il
decreto sblocca Italia all’articolo 25 rinvia ad un nuovo regolamento per escludere la
autorizzazione paesaggistica per nuove tipologie di interventi minori e per
quelli di lieve entità previsti dal DPR n.139 del 2010. Ora questo DPR già
semplificava notevolmente le procedure di rilascio della autorizzazione
paesaggistica per numerosissimi interventi c.d. di lieve entità ma che "comportino un'alterazione dei luoghi o dell'aspetto
esteriore degli edifici". In cosa consiste la semplificazione in vigore dal 2010 con il sopra citato DPR n. 139:
1. si
prevede una relazione paesaggistica semplificata (articolo 2)
2. i
termini per la conclusione del procedimento sono ridotti (articolo 3)
3. vengono
previsti semplificazioni procedurali per il rilascio della autorizzazione
paesaggistica (articolo 4)
4. vengono
individuati appositi funzionari presso ogni soprintendenza per seguire la
procedura semplificata (articolo 5)
5. immediata
applicazione delle procedure semplificate nelle Regioni a statuto ordinario
(articolo 6)
Ma questa semplificazione, esistente come abbiamo visto da oltre 4 anni, non è
sufficiente perché è chiaro l’intento di questo Governo depotenziare sempre di
più lo strumento autorizzazione paesaggistica lasciandolo peraltro nelle mani
della politica amministrativa locale e non dei tecnici delle Soprintendenze.
Così sempre l’articolo 25 del Decreto
sblocca Italia, modificando il comma 9 dell’articolo 146 del Codice del
Paesaggio, prevede che se entro 60
giorni dalla ricezione degli atti relativi alla domanda di autorizzazione
paesaggistica la Soprintendenza non si esprima attraverso la conferenza dei
servizi, l’amministrazione competente (leggi il Comune di solito o comunque chi
deve dare la autorizzazione finale all’opera/progetto) provvede comunque. Si
introduce così il silenzio assenso anche per i beni paesaggistici
D’altronde del perché possa fare paura
ai “semplificatori dell’uso del territorio” il Parere della Soprintendenza lo
ha spiegato, paradossalmente, lo stesso Ministero dell’Ambiente con una Circolare del 22/1/2010
secondo la quale, relativamente alle finalità del parere: “il parere reso dai Soprintendenti riguarda anche il merito della trasformazione
del territorio oggetto della richiesta
di autorizzazione ed è, al momento, non soltanto obbligatorio ma anche vincolante e sarà tale fino a che, con
riferimento a tutte le fonti del vincolo
paesaggistico che in concreto assumono rilevanza per il progetto di
trasformazione del territorio sottoposto
ad autorizzazione, non ricorrano le condizioni indicata dal Codice.”.
Non solo ma il parere del Ministero dell’Ambiente
prevede l’obbligatorietà del parere ancorchè si entrerà nel regime per cui
tutti i piani urbanistici interessati da interventi in aree a vincolo
paesaggistico siano stati dichiarati compatibili con i nuovi piani
paesaggistici regionali da parte degli organi ministeriali. Quindi nessuna ipotesi di autorizzazione senza parere della Soprintendenza.
Ovviamente il signor Renzi non si è mai preoccupato del vero
blocco alla realizzazione dei progetti in aree vincolate che consiste proprio
nel fatto che fino ad ora solo due Regioni (Toscana e Puglia) hanno co-pianificato
con il Ministero l’uso del loro paesaggio
aprendo alla semplificazione delle procedura sopra descritta.
La modifica sopra riportata ha un unico
scopo: depotenziare il ruolo di controllo delle Soprintendenze nelle aree a
vincolo paesaggistico.
La semplificazione è peraltro una scusa
visto che i commi 10 e 11 dell’articolo 146 del Codice del Paesaggio
disciplinano le
procedure sostitutive a salvaguardia proprio di chi ha presentato
la domanda di autorizzazione paesaggistica. Tali procedure sostitutive
consistono:
a) l'inutile scadenza dei
60 giorni sopraindicati senza che l’Amministrazione competente per delega abbia adottato il
provvedimento definitivo consente all'interessato di rivolgersi in via
sostitutiva alla Regione che provvederà entro 60 giorni dalla ricezione
dell'istanza. Per tale attività la Regione può anche avvalersi di un
Commissario ad acta,
b) In tutti i casi nei
quali la Ragione abbia mantenuto a sé le competenze paesaggistiche e non
provveda ad adottare il provvedimento, l'interessato può presentare al
Soprintendente la richiesta di autorizzazione paesaggistica, affinché questo
ultimo si pronunci in via sostitutiva, entro gli stessi termini indicati.
(Circolare Ministero Beni Culturali 22/1/2010).
VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE
Secondo
il comma 4 articolo 38 del Decreto sblocca Italia : “4. Per i procedimenti di valutazione di impatto ambientale in corso
presso le Regioni alla data di entrata in vigore del presente decreto, relativi
alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, la Regione presso la
quale e' stato avviato il procedimento, conclude lo stesso entro il 31 dicembre
2014. Decorso inutilmente tale termine la Regione trasmette la relativa
documentazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare per i seguiti istruttori di competenza, dandone notizia al Ministero dello
sviluppo economico.”
Come è noto ex lettera v) allegato III al DLgs 152/2006 la
prospezione ricerca e coltivazione di idrocarburi a terra è, relativamente alla
VIA, di competenza delle Regioni. Questo
provvedimento quindi trasferisce, sia pure solo per i procedimenti non
conclusi il 31/12/2014, la gestione della procedura allo Stato.
La norma in se non ha un particolare significato sotto il
profilo strettamente legale, ma lo ha sotto il profilo della cultura politico
istituzionale che la sottende. Infatti
come abbiamo visto sopra dove il livello istituzionale locale garantisce culturalmente
(diciamo meglio per meri interessi di bottega elettorali) maggior “speditezza” alle scelte di uso del territorio
si depotenzia il ruolo dello Stato: vedi paesaggio, urbanistica,
bonifiche. Dove invece è il livello
Regionale (in questo caso per carenza di interesse di bottega elettorale) ha
frenare le decisioni allora si riduce il ruolo del livello locale.
Questa non è cultura istituzionale riformista ma bassa cucina
politichese della peggiore era cattocomunista che ha prodotto i disastri
ambientali e territoriali che conosciamo.
RIFIUTI: UN PIANO NAZIONALE PER PROMUOVERE GLI
INCENERITORI
Secondo l’articolo 35 del decreto sblocca Italia il
Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente individua, con proprio decreto, gli impianti di recupero di energia e di
smaltimento dei rifiuti urbani e speciali, esistenti o da realizzare per
attuare un sistema integrato e moderno di gestione di tali rifiuti atto a
conseguire la sicurezza nazionale nell'autosufficienza e superare le procedure
di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore.
Tali impianti di termo-trattamento costituiscono
infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale ai
fini della tutela della salute e dell'ambiente.
Non si tratta di impianti nuovi ma prevalentemente esistenti infatti l’articolo 35 afferma che: “entro 60 giorni dalla entrata in vigore del presente decreto, per gli impianti esistenti, le Autorità competenti provvedono ad adeguare le autorizzazioni integrate ambientali……Entro 60 giorni dalla entrata in vigore del presente decreto, per gli impianti esistenti, le Autorità competenti provvedono a verificare la sussistenza dei requisiti per la loro qualifica di impianti di recupero energetico R1, revisionando in tal senso e nello stesso termine, quando ne ricorrono le condizioni, le autorizzazioni integrate ambientali.”
Questi impianti potranno ricevere rifiuti anche fuori degli ambiti territoriali ottimali (teoricamente perfino da altri stati), afferma infatti il comma 5 dell’articolo 35: “5. Ai sensi del decreto legislativo n.152 del 2006 e successive modificazioni non sussistendo vincoli di bacino per gli impianti di recupero, negli stessi deve essere data priorità al trattamento dei rifiuti urbani prodotti nel territorio nazionale”.
Non si tratta di impianti nuovi ma prevalentemente esistenti infatti l’articolo 35 afferma che: “entro 60 giorni dalla entrata in vigore del presente decreto, per gli impianti esistenti, le Autorità competenti provvedono ad adeguare le autorizzazioni integrate ambientali……Entro 60 giorni dalla entrata in vigore del presente decreto, per gli impianti esistenti, le Autorità competenti provvedono a verificare la sussistenza dei requisiti per la loro qualifica di impianti di recupero energetico R1, revisionando in tal senso e nello stesso termine, quando ne ricorrono le condizioni, le autorizzazioni integrate ambientali.”
Questi impianti potranno ricevere rifiuti anche fuori degli ambiti territoriali ottimali (teoricamente perfino da altri stati), afferma infatti il comma 5 dell’articolo 35: “5. Ai sensi del decreto legislativo n.152 del 2006 e successive modificazioni non sussistendo vincoli di bacino per gli impianti di recupero, negli stessi deve essere data priorità al trattamento dei rifiuti urbani prodotti nel territorio nazionale”.
Si
riducono della metà i termini per le procedure autorizzatorie compresa la
Valutazione di Impatto Ambientale. Questo nonostante la Commissione UE si sia sempre pronunciata, nei suoi Rapporti sullo stato di attuazione della Direttiva sulla VIA, a favore di una particolare cura nella istruttoria propedeutica alla decisione conclusiva del procedimento.
E
comunque per stare ancora più sicuri sul risultato finale se non si rispettano i
termini ristretti (ricordo che le AIA e la VIA di questi impianti attualmente
sono di competenza di Province e Regioni), si applica il potere sostitutivo previsto
dall'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131. Ricordo che questo articolo
8 prevede al comma 4: “Nei casi di assoluta urgenza, qualora
l’intervento sostitutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le
finalità tutelate dall’articolo 120 della Costituzione, il Consiglio dei
ministri, su proposta del Ministro competente, anche su iniziativa delle
Regioni o degli enti locali, adotta i provvedimenti necessari, che sono
immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza
Stato-Città e autonomie locali, allargata ai rappresentanti delle Comunità
montane, che possono chiederne il riesame”.
L’articolo 120 della Costituzione non è citato
a caso perché, al secondo comma di questo articolo, tra i
motivi di sostituzione c’è proprio quello del rischio che per responsabilità
delle Regioni si violino impegni comunitari.
Ma la domanda è quali sarebbero questi impegni comunitari
che possono venire assolti con una sorta di piano nazionale di inceneritori?
Intanto una curiosità a cercare di far partire decine di
inceneritori vecchie e nuovi in Italia
usando come scusa gli impegni internazionali e comunitari contro effetto serra
e per le fonti rinnovabili ci aveva provato anche il Governo Berlusconi. Lo aveva fatto due volte prima con apposito
articolo della legge 30 dicembre 2008, n. 210 poi abrogato con una
norma successiva prevista dalla Legge 23 luglio 2009, n.
99 che aveva introdotto questa norma: “ai fini di prevenire le emergenze nel settore dello
smaltimento dei rifiuti, di contribuire al raggiungimento degli obiettivi
derivanti dal Protocollo di Kyoto e di incrementare la produzione di energia
elettrica da fonti rinnovabili, nel rispetto delle attribuzioni delle regioni e
della normativa europea sulla gestione dei rifiuti, è istituita la Cabina di regia nazionale
per il coordinamento dei piani regionali degli inceneritori dei rifiuti urbani
residuati dalla raccolta differenziata, la cui organizzazione e il cui
funzionamento sono disciplinati con decreto del Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo
economico e d'intesa con la
Conferenza unificata Stato – Regioni – Città utilizzando allo scopo le risorse umane,
strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.” Norma peraltro mai abrogata ma comunque non utilizzata.
Ora
torniamo al decreto sblocca Italia. Per giustificare il rilancio degli
inceneritori l’articolo 35 afferma la sua finalitaà a realizzare un sistema integrato e moderno di gestione di tali rifiuti atto a
conseguire la sicurezza nazionale nell'autosufficienza e superare le
procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore.
Ora queste procedure di
infrazione riguardano principalmente l’eccesso di discariche come sistema di
smaltimento e il mancato raggiungimento degli obiettivi di raccolta
differenziata.
Qui siamo veramente di
fronte a “bari di professione” perché si stravolge volutamente sia il senso
delle procedure di infrazione suddette che soprattutto la vigente normativa
comunitaria in materia di rifiuti.
Cominciamo
dal principio di autosufficienza.
Davvero questo principio si assolve con gli inceneritori? È così che dice la
norma europea? Ecco cosa dice la norma europea, e anche quella italiana fino ad
ora vigente, in proposito:
Gli Stati
membri adottano, di
concerto con altri
Stati membri qualora ciò risulti necessario od opportuno, le misure
appropriate per la creazione di una rete integrata e adeguata di impianti di
smaltimento dei rifiuti e di impianti per il recupero dei rifiuti
urbani non differenziati
provenienti dalla raccolta domestica, inclusi
i casi in
cui detta raccolta
comprenda tali rifiuti
provenienti da altri produttori, tenendo conto delle migliori tecniche
disponibili.
La
rete permette lo smaltimento dei rifiuti o il recupero di quelli menzionati al
paragrafo 1 in
uno degli impianti appropriati più vicini, grazie all’utilizzazione dei metodi
e delle tecnologie più idonei,
al fine di
garantire un elevato
livello di protezione
dell’ambiente e della salute pubblica.
Secondo
il nuovo articolo 182bis del DLgs 152/2006 lo smaltimento dei rifiuti ed il
recupero dei rifiuti urbani non differenziati sono attuati con il ricorso ad
una rete integrata ed adeguata di impianti, tenendo conto delle migliori
tecniche disponibili e del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al
fine di:
a)
realizzare l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non
pericolosi e dei rifiuti del loro trattamento in ambiti territoriali ottimali;
b)
permettere lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani
indifferenziati in uno degli impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione
o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto
del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per
determinati tipi di rifiuti;
c)
utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di
protezione dell'ambiente e della salute pubblica.
........quindi la norma europea fa sempre riferimento ad impianti non esclusivamente ad inceneritori.
Ma
la questione più rilevante è un'altra e riguarda i principi
nella gerarchia della gestione dei rifiuti secondo le norme comunitarie.
La
seguente gerarchia dei rifiuti si applica quale ordine di priorità della
normativa e della politica in
materia di prevenzione e gestione dei rifiuti:
a) prevenzione: misure, prese
prima che una
sostanza, un materiale o un
prodotto sia diventato un rifiuto e quindi in primo luogo evitare la produzione
del rifiuto fin dall’inizio
b) preparazione per il riutilizzo: cioè le operazioni di controllo, pulizia e
riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti
sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento;
c) riciclaggio: inteso come qualsiasi operazione di recupero attraverso
cui i materiali di
rifiuto sono ritrattati
per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare
per la loro funzione originaria o per altri fini;
d) recupero di altro tipo, per esempio il
recupero di energia: quindi qualsiasi operazione il cui principale risultato
sia di permettere ai
rifiuti di svolgere
un ruolo utile
sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati
per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale
funzione, all’interno dell’impianto o nell’economia in generale. L’allegato II
riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero; e
e) smaltimento. L’allegato I riporta un elenco
non esaustivo di operazioni di smaltimento
Si
mantiene la priorità alle operazioni di prevenzione e recupero per materia e
solo alla fine recupero di energia e smaltimento che risultano quindi i meno
prioritari e confermano un in indirizzo che vede l’incenerimento dei rifiuti
come ultima ratio messa sullo stesso piano dello smaltimento, infatti nella
definizione di smaltimento rientra anche l’operazione che ha come conseguenza
secondaria il recupero di sostanze o di energia. A conferma di ciò si veda
l’articolo 12 della Direttiva dove si conferma che lo smaltimento avviene solo
dopo il recupero e alternativamente a questo ultimo.
Non
a caso nella nuova definizione di riciclaggio viene escluso il recupero di
energia né il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali
combustibili o in operazioni di riempimento, il che significa che gli stati membri dovranno impegnarsi affinché
i materiali riciclabili (carta, plastica raccolti nelle famose campane) non
finiscano né in discarica né a recupero energetico . Questa definizione appare
coerente con uno stabilizzato indirizzo della UE fin dalla Comunicazione della Commissione del 30/7/1996 secondo la quale il riciclaggio non doveva comprendere le
operazioni di preparazione di combustibile da destinare a produzione di
energia ma solo le operazioni di
recupero del materiale. Ma si veda anche, più recentemente, la Risoluzione del Parlamento europeo su una
strategia tematica per il riciclaggio dei rifiuti – l’Ue “esige che tutti i
rifiuti destinati al recupero di energia o all’incenerimento rimangano rifiuti”
sottoposti alla direttiva 2000/76 sull’incenerimento degli stessi” .
Questo
assume un grande rilievo di principio in chiaro contrasto con la normativa
espressa dal decreto sblocca Italia sopra descritta.
Significativo
infine è l’avere introdotto il principio per cui la suddetta gerarchia può
essere in alcune situazioni modificata ma sempre avendo come base per la
decisione il ciclo di vita in relazione agli impatti complessivi della
produzione e della gestione di flussi di rifiuti specifici. E’ chiaro per fare
un esempio che invece spostare l’intero modello gestionale a favore
dell’incenerimento come vuole fare il decreto sblocca Italia risulta in palese
contrasto con questo principio appena descritto.
Il
nuovo articolo 179 del DLgs 152/2006 riproduce in generale quanto previsto sul
punto dalla Direttiva 2008/98/CE. In particolare si ribadisce, e non poteva
essere così per coerenza con la normativa e gli indirizzi applicativi della UE,
che le misure dirette al recupero dei rifiuti mediante la preparazione per il
riutilizzo, il riciclaggio o ogni altra operazione di recupero di materia sono
adottate con priorità rispetto all'uso dei rifiuti come fonte di energia.
LA
DIFESA DEL TERRITORIO DAL RISCHIO IDRAULICO E IDROGEOLOGICO
Infine il comma 3 dell’articolo 7 del
Decreto sblocca Italia prevede investimenti contro il rischio inondazioni e
frane ma lo fa solo spostando risorse già stanziate e non utilizzate. Una bella differenza con il dispiegamento di
nuovi investimenti, nuove procedure accelerate
previsto per tutto il resto: autostrade, strade, impianti energetici,
interventi edilizi ed urbanistici etc. etc. sopra descritto.
CONCLUSIONI
La dichiarazione di Renzi dopo l’alluvione di Genova: “Per il governo è assoluta priorità sbloccare
le opere pubbliche ferme da anni. C'è assoluta necessita di sbloccare l'Italia”.
Bene
come ho dimostrato sopra questa dichiarazione serve per nascondere il vero
intento di questo decreto sblocca Italia: sbloccare il cemento e far vedere che
sblocca finanziamenti sulla difesa idrogeologica che sono poco di più che una
partita di giro tra Regioni.
Insomma
semplificare complicando per coprire meglio le scelte di uso non sostenibile
del territorio? Penso di si ma come dire a differenza di Renzi io sono uno che
si limita a valutare il quadro come si presenta all’oggi, lui invece sembra
bene introdotto dentro il concetto che espresse molto tempo fa un capo di governo italiano : “Noi italiani non facciamo rivoluzioni,
facciamo discorsi”.
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