mercoledì 8 ottobre 2014

La disciplina dei materiali da scavo: i rischi per l’ambiente e la salute.

LA NORMATIVA TRATTATA IN QUESTO POST È STATA UTILIZZATA ANCHE PER IL SITO DI PITELLI
Non pensiate che la normativa che viene descritta in questo post riguardi solo gli addetti ai lavori del diritto ambientale perché è stata utilizzata anche a Spezia, recentemente per riutilizzare terre e rocce da scavo di lavori idraulici di Lagora e Dorgia nella discarica di Ruffino Pitelli. Il riutilizzo è avvenuto con semplice autocertificazione dei proponenti  e un parere dell’Arpal seguendo la procedura prevista per i cantieri minori quelli che producono meno di 6.000 m3 di materiale scavato e che in questo post e soprattutto nel Commento complessivo che linko alla fine verrà analizzata in tutti i suoi passaggi giuridici e tecnici.  
In particolare per caratterizzare (capire cioè quanto e se sono inquinati e inquinanti) i materiali scavati,  sono stati presi in considerazione solo una parte dei limiti inquinanti previsti dalla normativa sulle bonifiche  e cioè quelli che riguardano i terreni. Non sono stati utilizzati quelli previsti per le acque sotterranee. Questo è un grosso limite tanto più nel caso specifico sono stati asportati fanghi da due torrenti.  
Quanto sopra, come spiego nel Commento completo che linko alla fine di questo post (in particolare vedi paragrafo: La problematica della tutela delle acque sotterranee),  è dovuto proprio ad uno dei limiti della normativa semplificatoria che vado ad analizzare. Questo limite è stato recentemente solo in parte superato da una Circolare del Ministero dell’Ambiente (descritta nel suddetto paragrafo del Commento completo) che ha previsto la necessità di valutare anche i parametri inquinanti per le acque sotterranee anche se con una interpretazione che parrebbe rimettere questa possibilità al confronto tra proponente/esecutore dell’utilizzo del materiale da scavo e l’Agenzia per la Protezione Ambientale (ARPA) competente per territorio.

Ma vediamo in generale cosa dice e quali sono i rischi di questa ennesima semplificazione della normativa ambientale in materia di gestione dei materiali da scavo…..



I MATERIALI DI SCAVO NASCONO COME RIFIUTI SECONDO LA NOSTRA NORMATIVA
I materiali da scavo secondo la normativa generale sono considerati tutt’ora rifiuti come afferma l’articolo 184 del DLgs 152/2006 secondo il quale: “ 3. Sono rifiuti speciali:….. b) i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall'articolo 184-bis;”.  
L’articolo 184 bis è quello che stabilisce le condizioni in base alle quali i materiali da scavo non vengano più considerati rifiuti ma sottoprodotti.



I SOTTOPRODOTTI SECONDO LA DIRETTIVA UE 2008/98 E LA LEGGE NAZIONALE
Per sottoprodotto secondo l’articolo 5 della Direttiva  e l’articolo 184bis del DLgs 152/2006 si intende una  sostanza  od oggetto che può non essere considerato rifiuto a condizione tra l’altro che:
1. la sostanza o l’oggetto può essere utilizzata/o direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
2. l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.



I SOTTOPRODOTTI SECONDO LA CORTE DI GIUSTIZIA
Tutte la giurisprudenza comunitaria a cominciare dalla sentenza della causa C-9/00,  ha stabilito tre condizioni che un residuo di produzione deve soddisfare per essere considerato un sottoprodotto e quindi non rifiuto , in particolare il riutilizzo di un materiale :
1. non sia solo eventuale ma certo,
2. non richieda trasformazione preliminare
3. avvenga nella continuità del processo di produzione.
Queste condizioni sono cumulative, nel senso che tutt'e tre devono essere soddisfatte.

Cassazione penale, sez. III, 17 aprile 2012, n. 17453
“Deve propendersi, ad avviso del Collegio, per un’interpretazione meno Estensiva dell’ambito di operatività della disposizione in esame e tale da escludere dal novero della normale pratica industriale tutti gli interventi manipolativi del residuo diversi da quelli ordinariamente effettuati nel processo produttivo nel quale esso viene realizzato.”



LA NUOVA NORMATIVA NAZIONALE SULLA GESTIONE DELLE TERRE E ROCCE DA SCAVO COME SOTTOPRODOTTI
La attuale normativa sulla gestione delle terre e rocce di scavo al fine di considerare tali materiali come sottoprodotti e non come rifiuti si distingue:
1. disciplina per la gestione del materiale da scavo di opere soggette a VIA (Decreto Ministero Ambiente 161/2012, per il testo completo vedi QUI)
2. disciplina per la gestione del materiale da scavo da cantieri di ridotte dimensioni: quelli che non producono oltre 6.000 m3 di materiale scavato totale (articolo 41bis legge 98/2013, vedi  QUI).



COSA SI INTENDE PER MATERIALE DA SCAVO CONSIDERATO COME SOTTO PRODOTTO SECONDO LA NUOVA NORMATIVA NAZIONALE
Secondo il Decreto 161/2012, ma anche secondo l’articolo 41bis della legge 98/2013, sopra citati il materiale da scavo riguarda il suolo o sottosuolo, con eventuali presenze di riporto, derivanti dalla realizzazione di un'opera varie opere come ad esempio:  
1. scavi in genere (sbancamento, fondazioni, trincee, ecc.);
2. perforazione,  trivellazione,  palificazione,   consolidamento, ecc.;
3. opere infrastrutturali in  generale  (galleria,  diga,  strada,ecc.);
4. materiali  litoidi  in  genere  e  comunque  tutte   le   altre plausibili  frazioni  granulometriche  provenienti   da   escavazioni effettuate negli alvei, sia dei corpi  idrici  superficiali  che  del reticolo  idrico  scolante,  in  zone  golenali  dei  corsi  d'acqua, spiagge, fondali lacustri e marini;
5. residui di lavorazione di materiali  lapidei  (marmi,  graniti, pietre, ecc.) anche non connessi alla realizzazione di un'opera e non contenenti sostanze pericolose  (quali  ad  esempio  flocculanti  con acrilamide o poliacrilamide). 



SECONDO LA NUOVA NORMATIVA NAZIONALE IL MATERIALE DA SCAVO CONSIDERATO SOTTOPRODOTTO PUÒ CONTENERE MATERIALI INQUINANTI
La cosa da sottolineare è che il materiale scavato può riguardare anche i riporti e soprattutto può contenere materiale inquinante sia pure entro certi limiti  (vedi  QUI), in particolare lettera b) comma 1 articolo 1 Decreto 161/2012). Per i materiale da riporto l’allegato 9 al Decreto 161/2012 intende i riporti come  “per lo più una miscela eterogenea  di terreno naturale e  di  materiali  di  origine  antropica..” quindi possono contenere anche materiale inquinante non naturale.

Ora l’articolo 185 del DLgs 152/2006 (tutt’ora in vigore), come pure la lettera c) paragrafo 1 articolo 2 della Direttiva 2008/98,  non considera come rifiuto il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione, ove sia certo che esso verrà riutilizzato a fini di costruzione allo stato naturale e nello stesso sito in cui è stato escavato. 
Inoltre il comma 4 di detto articolo 185 afferma che il  suolo escavato non contaminato e altro materiale allo stato naturale, utilizzati in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati, non sono classificati come rifiuti se qualificati come sottoprodotti o preventivamente trattati.  

Quindi risulta con chiarezza come secondo la Direttiva della UE non si possa escludere dalla definizione di rifiuto il suolo contaminato e/o materiale artificiale. Il Decreto 161/2012 afferma esattamente il contrario.



DEPOSITO DEL MATERIALE DA SCAVO DA RIUTILIZZARE
Corte di Giustizia 18 dicembre 2007 causa C-194/05 ha condannato l’Italia, per una normativa precedente ma molto simile a quella del Decreto 161/2012 di cui stiamo trattando, affermando che
“48. Inoltre non si può escludere, contrariamente a quanto suggerito, in sostanza, dalla Repubblica italiana, che l’«effettivo riutilizzo» previsto dalle disposizioni controverse avvenga solo dopo un periodo di tempo considerevole, se non addirittura indeterminato, rendendo quindi necessario il deposito a tempo indeterminato dei materiali in questione.”
Il Decreto 161 al comma 4 articolo 10 prevede che: “4. Il deposito del materiale escavato non può avere durata superiore alla durata del Piano di Utilizzo.” Il Piano di Utilizzo ha la durata che viene definita al momento della sua approvazione e soprattutto  al comma 6 articolo 5 del Decreto si afferma che: “Salvo deroghe espressamente motivate dall'Autorità  competente  in  ragione delle
opere da realizzare, l'inizio dei lavori deve avvenire entro due anni dalla presentazione del Piano di Utilizzo”. E’ chiaro quindi che la durate del deposito non è assolutamente definita con certezza dalla legge non solo ma considerato la durata delle opere in Italia, soprattutto quelle a maggiore impatto ambientale, possiamo capire come la durata potrebbe configurare quel “tempo indeterminato” di cui tratta la sentenza della Corte di Giustizia.
  


COME VIENE RIUTILIZZATO IL MATERIALE DA SCAVO NON PIÙ CONSIDERATO RIFIUTO MA SOTTOPRODOTTO SECONDO IL NUOVO DECRETO 161/2012
Verrà utilizzato per  reinterri, riempimenti, rimodellazioni, rilevati, ripascimenti, interventi a mare, miglioramenti fondiari o viari oppure altre  forme di ripristini e miglioramenti ambientali, oppure in processi produttivi,  in sostituzione di  materiali di cava.
Verrà utilizzato un materiale quindi potenzialmente inquinante e comunque contaminato e verrà utilizzato non come rifiuto con tutte le autorizzazioni necessaria ma sulla base di un Piano di Utilizzo presentato da chi produce il materiale o lo riutilizzerà anche in un sito diverso da quello prodotto.
Non solo ma come afferma un Circolare Ministeriale recentissima (vedi  QUIla caratterizzazione del materiale da scavo e di riporto per capire il livello di inquinamento sarà oggetto di una trattativa tra proponente/utilizzatore e l’Agenzia Regionale per l’Ambiente competente per Provincia. Si generalizza il sistema previsto per le bonifiche a tutti i riutilizzi dei materiali da scavo senza però tutte le garanzie di normativa tecnica proprie della disciplina delle bonifiche (vedi QUI allegato 1 al Titolo II Pare IV al DLgs 152/2006: analisi di rischio). 

Scaduto il termine di novanta giorni dalla presentazione del Piano di Utilizzo all'Autorità competente o delle eventuali integrazioni, se non arriva la autorizzazione, il proponente gestisce il materiale da scavo  nel rispetto del Piano di Utilizzo presentato ma non approvato, fermi restando gli obblighi previsti dalla normativa vigente per la realizzazione dell'opera. Si applica quindi una sorta di silenzio assenso molto discutibile soprattutto in una materia delicata come questa.



LA DISCIPLINA DEI MATERIALE DA SCAVO PER I PICCOLI CANTIERI
Si applica:
1. ai cantieri di piccole dimensioni di cui al comma 7 articolo 266 DLgs 152/2006 cioè ai cantieri che producono materiale da scavo in quantità non superiori ai 6.000 m3
2. ai materiali da scavo derivanti da attività e opere non sottoponibili a VIA o ad Autorizzazione Integrata Ambientale

Anche qui il materiale non viene più considerato rifiuto ma sottoprodotto  riutilizzato secondo le pratiche di cantiere, che non si sa bene cosa siano.

Il materiale verrà riutilizzato con una semplice dichiarazione del proponente. Non c’è bisogno di autorizzazione specifica al riutilizzo del materiale ma solo le eventuali autorizzazioni edilizie e al massimo di un parere ex post dell’Arpa competente territorialmente.


 
LA NORMATIVA LIGURE  PER LA GESTIONE DEI MATERIALI DA SCAVO COME SOTTOPRODOTTI
La Regione Liguria con DGR 89 del 2013 (vedi  QUI)  ha disciplinato autonomamente la gestione del materiale di scavo soprattutto per i piccoli cantieri (quelli che non producono più di 1.000m3 di materiale)
Secondo la normativa ligure il riutilizzo per i piccoli cantieri può avvenire con dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà al posto del Piano di Utilizzo. La normativa Ligure come spiego, con apposita tabella di confronto, nel Commento più approfondito che linko alla fine di questo post, è ancora più permissiva della legge nazionale.

Per fortuna, almeno su questo punto la norma ligure è destinata ad essere dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale se la Regione non la cambierà. Infatti ci sono già state due sentenze della Corte Costituzionale (vedi QUI e QUI),  che hanno chiarito nettamente come queste norme regionali siano incostituzionali perché la disciplina delle terre e rocce di scavo rientra nella materia ambiente che è di competenza esclusiva dello Stato.



LA STORIA CONTINUA…..
L’articolo 8 del Decreto Legge 12 settembre 2014, n.133 (il cosiddetto sblocca Italia sic! Vedi QUI) rinvia ad un prossimo Decreto del Presidente della Repubblica che dovrà disciplinare procedure semplificate per il riutilizzo anche di quei materiali da scavo che continuano ad essere classificati come rifiuti e non come sottoprodotti.
Il Decreto pur rispondendo a contestazioni della UE (procedura Eu-Pilot 5554/13/ENVI): 
sostanzialmente almeno nel testo fino ad ora discusso peggiora la situazione attuale:
1. elimina l’obbligo di comunicazione preventiva all’autorità competente di ogni trasporto di terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti
2.  esclude, dalla nozione di terre e rocce da scavo, i residui della lavorazione dei materiali lapidei novità, consentendo agli operatori di qualificarli come sottoprodotti quindi non più rifiuti. In questo modo viene aggirato il minimo divieto che c'era nel Decreto 161/2012 (esaminato sopra) alla presenza di sostanze pericolose quali:  flocculanti con acrilammide o poliacrilammide. Voglio ricordare che l'acrilammide è un cancerogeno e La poliacrilamide è utilizzata come agente flocculante nei limi da lavaggio di inerti.
3. prevista una procedura più rapida per attestare che le terre e le rocce da scavo generate nei cantieri di grandi dimensioni soddisfino i requisiti normativi nazionali e comunitari per essere qualificate sottoprodotti. 
4. introdotto un iter più spedito per apportare modifiche sostanziali al piano di utilizzo delle terre e rocce da scavo, con la possibilità di una proroga di un anno della durata del piano per le terre e le rocce da scavo generate nei grandi cantieri.

In questo modo il cerchio si chiude, molto probabilmente a spese del cittadino inquinato! 
Mi chiedo come potrà la Unione Europea accettare una norma simile, ma su questo tornerò a tempo debito..... 


PER UN APPROFONDIMENTO DELLA DISCIPLINA SOPRA ESAMINATA VEDI 
QUI.










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