mercoledì 14 maggio 2014

Odori dall’area ex IP: la magistratura non ha voluto indagare!

Il Tar Veneto (per il testo completo della sentenza vedi QUIha recentemente emesso una sentenza di grande rilievo per la tutela dei cittadini dall’inquinamento da emissioni odorigene anomale di tipo industriale, nel caso in esame si trattava di impianto di produzione di  membrane e miscele bituminose impermeabilizzanti e isolanti per l’edilizia.  
Questa sentenza come altre precedenti  di cui ho trattato QUI, QUI,  e QUI, dimostra come le emissioni odorigene che perdurano nel tempo sono un fattore inquinante e devono essere penalmente perseguite, ma alla Spezia come dimostrano il caso dell’area ex IP , del porto mercantile e della centrale enel si sono sempre privilegiati gli interessi dei poteri economici forti, magari per perseguire invece la piccola azienda di torrefazione o l’officina meccanica per non parlare dei ristoranti o attività assimilate.




LA VICENDA DELLA BONIFICA DELL’AREA EX IP
Come è noto a migliaia di cittadini spezzini, per anni, la bonifica dell’area della ex raffineria IP ha comportato emissioni odorigene che hanno interessato migliaia di cittadini residenti nei popolosi quartieri limitrofi a questa area.  Le emissioni sono state di forte intensità e di perdurante continuità almeno fino al 2008, dopo si sono attenuate nella continuità ma ogni tanto a tutt’oggi le emissioni continuano ad essere prodotte, basta chiedere ai cittadini residenti nella zona.
E’ stato dimostrato da documenti ufficiali che   le emissioni odorigene di questa bonifica sono state prodotte per anni dalla tecnica errata approvata dagli enti pubblici e questo risulta anche dai documenti ufficiali dei consulenti dello stesso Comune. Afferma la relazione della dott.sa Tunesi (23/9/2007), relativamente  ai fronti di scavo per la bonifica:
1. "è stato prodotto un esteso fronte di scavo nel subdistretto 3, che, oltre ad aver generato la diffusione dei contaminanti volatili e la migrazione degli odori fino alle prime residenze, rende ora difficile l'applicazione di appropriate tecniche di trattamento delle matrici ambientali per ridurre la concentrazione a livelli tali da impedire ulteriore diffusione di inquinanti prima di svolgere eventuali attività di scavo
2. "nell'intero sito sono presenti cumuli di terreno che al presente sono senza copertura. Questi materiali possono essere fonte di ulteriore volatilizzazione di sostanze inquinanti su tutta l'area".  

Non solo ma  come risulta dal verbale della conferenza dei servizi relativa alla variante del progetto di bonifica del 28/7/2008 la ditta che gestiva la bonifica per conto della società proprietaria dei terreni interessati dal centro commerciale e dalla futura area residenziale, rifiutava tecniche meno invasive per la popolazione perché avrebbero comportato: “tempi lunghi” (pagina 4 verbale della Conferenza dei Servizi  del 19/5/2008), decidendo così di mantenere “più fronti scavo aperti”.


Tutto ciò è stato prodotto dall'azione dei gestori della bonifica e soprattutto con l'avvallo delle amministrazioni locali e dell'Arpal.  
Ma la magistratura spezzina non ha mai aperto una inchiesta per accertare le responsabilità identiche a  quelle che ora hanno portato la Cassazione alla sentenza citata nel link posto all'inizio di questo post.  



LA SENTENZA DEL TAR VENETO
Riporto ampi stralci di questa interessantissima sentenza, :
“……è vero che per le emissioni odorigene in base alla normativa nazionale vigente non è prevista la fissazione di limiti di emissione né di metodi o di parametri idonei a misurarne la portata, tuttavia ciò non significa che in sede di rilascio delle autorizzazioni alle emissioni in atmosfera non possano essere oggetto di considerazione i profili attinenti alle molestie olfattive al fine di prevenire e contenere i pregiudizi dalle stesse causati.
Infatti l’art. 268, comma 1, alla lett. a), del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152 (che sul punto richiama l’art. 2 del DPR 24 maggio 1988, n. 203) fa proprio un concetto ampio di inquinamento atmosferico che è definito come “ogni modificazione dell'aria atmosferica, dovuta all'introduzione nella stessa di una o di più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da ledere o da costituire un pericolo per la salute umana o per la qualità dell'ambiente oppure tali da ledere i beni materiali o compromettere gli usi legittimi dell'ambiente”, e alla lett. b), definisce come emissione in atmosfera “qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa introdotta nell'atmosfera che possa causare inquinamento atmosferico e, per le attività di cui all'articolo 275, qualsiasi scarico, diretto o indiretto, di COV nell'ambiente”. Pertanto anche se non è rinvenibile un riferimento espresso alle emissioni odorigene, le stesse debbono ritenersi ricomprese nella definizione di «inquinamento atmosferico» e di «emissioni in atmosfera», poiché la molestia olfattiva intollerabile è al contempo sia un possibile fattore di «pericolo per la salute umana o per la qualità dell'ambiente», che di compromissione degli «altri usi legittimi dell'ambiente», ed in sede di rilascio dell’autorizzazione, dovendo essere verificato il rispetto delle condizioni volte a minimizzare l’inquinamento atmosferico.”

Ancora più interessante è la parte della sentenza in cui il TAR Veneto, respingendo il ricorso della azienda titolare dell’impianto che emetteva le emissioni anomale, giustifica la decisione del Comune interessato di limitare l’attività di detto impianto.
Afferma la sentenza: “Nel caso all’esame risulta che l’Amministrazione ha preso atto dei consistenti elementi offerti dal Comune di Ceggia, dalla scuola media “G. Marconi” (cfr. doc. 3 depositato in giudizio dalla Provincia dal quale risulta che sono stati accusati sintomi quali il mal di testa, il mal di gola, il bruciore alle narici e difficoltà respiratorie), dalla cittadinanza (cfr. doc. 5 depositato in giudizio dal Comune di Ceggia), e dalla polizia locale (cfr. docc. 6 e 7 depositati in giudizio dal Comune di Ceggia) circa l’esistenza di numerose situazioni di disagio determinate dalle emissioni odorigene degli impianti già nella situazione preesistente, e ciò è sufficiente a dimostrarne il carattere molesto e potenzialmente pericoloso.”

Conclude quindi la sentenza: “vi è un fondamento normativo che giustifica l’imposizione di limitazioni o prescrizioni relative alle emissioni finalizzate alla prevenzione o al contenimento delle molestie olfattive alla luce della migliore tecnologia disponibile che non comporti costi eccessivi, che ai fini istruttori i dati raccolti circa il carattere molesto delle emissioni odorigene risultano sufficienti senza che siano necessari ulteriori accertamenti,….”.

In sostanza la sentenza afferma
1. le emissioni odorigene anomale rientrano nella nozione ex lege di inquinamento atmosferico   sia secondo il più recente Testo Unico Ambientale (DLgs 152/2006) che nel precedente Dpr 203/1988
2. anche senza limiti, ex lege, alle emissioni odorigene, la molestia prodotta da queste ultime può essere oggetto di interventi prescrittivi da parte delle autorità preposte
3. ai fini di fondare legalmente i provvedimenti restrittivi della attività che emette gli odori molesti possono essere sufficienti le dichiarazioni, prodotte tramite referti medici, sulle molestie subite dai cittadini interessati dal fenomeno, senza richiedere ulteriori monitoraggi o indagini complesse.



CONCLUSIONI
La vicenda trattata nella sentenza sopra descritta è molto simile a quella dell’area ex Ip in precedenza descritta. Ma le similitudini si arrestano ai fatti,  sulle conseguenze di questi fatti a Spezia, a differenza che nel Comune di Ceggia, gli enti preposti (Comune, Provincia, Regione, Arpal, Asl e magistratura) non hanno assolutamente svolto, soprattutto negli anni peggiori delle emissioni odorigeni cioè dal 2004 al 2008, alcuna efficace intervento ne preventivo ne tanto meno repressivo. Eppure come dimostra la sentenze sopra descritta la legge e i fatti accaduti in questi anni, glielo avrebbero permesso questo intervento, anzi diciamo meglio che l'intervento avrebbe dovuto essere considerato un atto dovuto! 


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