Il
Tar Veneto (per il testo completo della sentenza vedi QUI) ha
recentemente emesso una sentenza di grande rilievo per la tutela dei cittadini
dall’inquinamento da emissioni odorigene anomale di tipo industriale, nel caso
in esame si trattava di impianto di produzione di membrane e miscele
bituminose impermeabilizzanti e isolanti per l’edilizia.
Questa sentenza come altre precedenti di cui ho trattato QUI, QUI, e QUI, dimostra come le
emissioni odorigene che perdurano nel tempo sono un fattore inquinante e devono
essere penalmente perseguite, ma alla Spezia come dimostrano il caso dell’area
ex IP , del porto mercantile e della centrale enel si sono sempre privilegiati
gli interessi dei poteri economici forti, magari per perseguire invece la
piccola azienda di torrefazione o l’officina meccanica per non parlare dei
ristoranti o attività assimilate.
LA VICENDA
DELLA BONIFICA DELL’AREA EX IP
Come
è noto a migliaia di cittadini spezzini, per anni, la bonifica dell’area della
ex raffineria IP ha comportato emissioni odorigene che hanno interessato
migliaia di cittadini residenti nei popolosi quartieri limitrofi a questa
area. Le emissioni sono state di forte
intensità e di perdurante continuità almeno fino al 2008, dopo si sono
attenuate nella continuità ma ogni tanto a tutt’oggi le emissioni continuano ad
essere prodotte, basta chiedere ai cittadini residenti nella zona.
E’
stato dimostrato da documenti ufficiali che
le
emissioni odorigene di questa bonifica sono state prodotte per anni dalla
tecnica errata approvata dagli enti pubblici e questo risulta anche dai documenti ufficiali dei
consulenti dello stesso Comune. Afferma la relazione della dott.sa Tunesi
(23/9/2007), relativamente ai fronti di scavo per la bonifica:
1. "è stato prodotto un esteso fronte di scavo nel subdistretto 3, che, oltre ad aver generato la diffusione dei contaminanti volatili e la migrazione degli odori fino alle prime residenze, rende ora difficile l'applicazione di appropriate tecniche di trattamento delle matrici ambientali per ridurre la concentrazione a livelli tali da impedire ulteriore diffusione di inquinanti prima di svolgere eventuali attività di scavo"
2. "nell'intero sito sono presenti cumuli di terreno che al presente sono senza copertura. Questi materiali possono essere fonte di ulteriore volatilizzazione di sostanze inquinanti su tutta l'area".
Non solo ma come risulta dal verbale della conferenza dei servizi relativa alla variante del progetto di bonifica del 28/7/2008 la ditta che gestiva la bonifica per conto della società proprietaria dei terreni interessati dal centro commerciale e dalla futura area residenziale, rifiutava tecniche meno invasive per la popolazione perché avrebbero comportato: “tempi lunghi” (pagina 4 verbale della Conferenza dei Servizi del 19/5/2008), decidendo così di mantenere “più fronti scavo aperti”.
Tutto ciò è stato prodotto dall'azione dei gestori della bonifica e soprattutto con l'avvallo delle amministrazioni locali e dell'Arpal.
1. "è stato prodotto un esteso fronte di scavo nel subdistretto 3, che, oltre ad aver generato la diffusione dei contaminanti volatili e la migrazione degli odori fino alle prime residenze, rende ora difficile l'applicazione di appropriate tecniche di trattamento delle matrici ambientali per ridurre la concentrazione a livelli tali da impedire ulteriore diffusione di inquinanti prima di svolgere eventuali attività di scavo"
2. "nell'intero sito sono presenti cumuli di terreno che al presente sono senza copertura. Questi materiali possono essere fonte di ulteriore volatilizzazione di sostanze inquinanti su tutta l'area".
Non solo ma come risulta dal verbale della conferenza dei servizi relativa alla variante del progetto di bonifica del 28/7/2008 la ditta che gestiva la bonifica per conto della società proprietaria dei terreni interessati dal centro commerciale e dalla futura area residenziale, rifiutava tecniche meno invasive per la popolazione perché avrebbero comportato: “tempi lunghi” (pagina 4 verbale della Conferenza dei Servizi del 19/5/2008), decidendo così di mantenere “più fronti scavo aperti”.
Tutto ciò è stato prodotto dall'azione dei gestori della bonifica e soprattutto con l'avvallo delle amministrazioni locali e dell'Arpal.
Ma la
magistratura spezzina non ha mai aperto una inchiesta per accertare le
responsabilità identiche a quelle che ora hanno portato la Cassazione
alla sentenza citata nel link posto all'inizio di questo post.
LA SENTENZA
DEL TAR VENETO
Riporto
ampi stralci di questa interessantissima sentenza, :
“……è vero che per le
emissioni odorigene in base alla normativa nazionale vigente non è prevista la
fissazione di limiti di emissione né di metodi o di parametri idonei a
misurarne la portata, tuttavia ciò non significa che in sede di rilascio delle
autorizzazioni alle emissioni in atmosfera non possano essere oggetto di
considerazione i profili attinenti alle molestie olfattive al fine di prevenire
e contenere i pregiudizi dalle stesse causati.
Infatti l’art. 268, comma 1,
alla lett. a), del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152 (che sul punto richiama l’art. 2
del DPR 24 maggio 1988, n. 203) fa proprio un concetto ampio di inquinamento
atmosferico che è definito come “ogni modificazione dell'aria atmosferica,
dovuta all'introduzione nella stessa di una o di più sostanze in quantità e con
caratteristiche tali da ledere o da costituire un pericolo per la salute umana
o per la qualità dell'ambiente oppure tali da ledere i beni materiali o
compromettere gli usi legittimi dell'ambiente”, e alla lett. b), definisce come
emissione in atmosfera “qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa introdotta
nell'atmosfera che possa causare inquinamento atmosferico e, per le attività di
cui all'articolo 275, qualsiasi scarico, diretto o indiretto, di COV
nell'ambiente”. Pertanto anche se non è rinvenibile un riferimento espresso
alle emissioni odorigene, le stesse debbono ritenersi ricomprese nella
definizione di «inquinamento atmosferico» e di «emissioni in atmosfera», poiché
la molestia olfattiva intollerabile è al contempo sia un possibile fattore di
«pericolo per la salute umana o per la qualità dell'ambiente», che di
compromissione degli «altri usi legittimi dell'ambiente», ed in sede di
rilascio dell’autorizzazione, dovendo essere verificato il rispetto delle
condizioni volte a minimizzare l’inquinamento atmosferico.”
Ancora
più interessante è la parte della sentenza in cui il TAR Veneto, respingendo il
ricorso della azienda titolare dell’impianto che emetteva le emissioni anomale,
giustifica la decisione del Comune interessato di limitare l’attività di detto
impianto.
Afferma
la sentenza: “Nel caso all’esame risulta
che l’Amministrazione ha preso atto dei consistenti elementi offerti dal Comune
di Ceggia, dalla scuola media “G. Marconi” (cfr. doc. 3 depositato in giudizio
dalla Provincia dal quale risulta che sono stati accusati sintomi quali il mal
di testa, il mal di gola, il bruciore alle narici e difficoltà respiratorie),
dalla cittadinanza (cfr. doc. 5 depositato in giudizio dal Comune di Ceggia), e
dalla polizia locale (cfr. docc. 6 e 7 depositati in giudizio dal Comune di
Ceggia) circa l’esistenza di numerose situazioni di disagio determinate dalle
emissioni odorigene degli impianti già nella situazione preesistente, e ciò è
sufficiente a dimostrarne il carattere molesto e potenzialmente pericoloso.”
Conclude
quindi la sentenza: “vi è un fondamento normativo che giustifica l’imposizione
di limitazioni o prescrizioni relative alle emissioni finalizzate alla
prevenzione o al contenimento delle molestie olfattive alla luce della migliore
tecnologia disponibile che non comporti costi eccessivi, che ai fini
istruttori i dati raccolti circa il carattere molesto delle emissioni odorigene
risultano sufficienti senza che siano necessari ulteriori accertamenti,….”.
In
sostanza la sentenza afferma
1.
le emissioni odorigene anomale rientrano nella nozione ex lege di inquinamento
atmosferico sia secondo il più recente
Testo Unico Ambientale (DLgs 152/2006) che nel precedente Dpr 203/1988
2.
anche senza limiti, ex lege, alle emissioni odorigene, la molestia prodotta da
queste ultime può essere oggetto di interventi prescrittivi da parte delle
autorità preposte
3.
ai fini di fondare legalmente i provvedimenti restrittivi della attività che
emette gli odori molesti possono essere sufficienti le dichiarazioni, prodotte
tramite referti medici, sulle molestie subite dai cittadini interessati dal
fenomeno, senza richiedere ulteriori monitoraggi o indagini complesse.
CONCLUSIONI
La
vicenda trattata nella sentenza sopra descritta è molto simile a quella dell’area
ex Ip in precedenza descritta. Ma le similitudini si arrestano ai fatti, sulle
conseguenze di questi fatti a Spezia, a differenza che nel Comune di Ceggia, gli
enti preposti (Comune, Provincia, Regione, Arpal, Asl e magistratura) non hanno
assolutamente svolto, soprattutto negli anni peggiori delle emissioni odorigeni cioè dal 2004 al 2008, alcuna efficace intervento ne preventivo ne tanto meno
repressivo. Eppure come dimostra la sentenze sopra descritta la legge e i fatti accaduti in questi anni, glielo avrebbero permesso questo intervento, anzi diciamo meglio che l'intervento avrebbe dovuto essere considerato un atto dovuto!
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