Ancora
una sentenza di Cassazione sulla problematica della tutela penale contro le
emissioni odorigene anomale da impianti di trattamento rifiuti (altri esempi
vedi QUI)
Con
la recentissima sentenza n. 36905 dello
scorso 14 settembre (vedi QUI) la Cassazione ha
confermato la sentenza del Tribunale che in primo grado ha condannato una
azienda di trattamento rifiuti per la produzione di compost di qualità alle
pene previste dall’articolo 674 del Codice Penale: getto di cose pericolose.
LE
CONTESTAZIONI DELLA AZIENDA CONDANNATA
Il
ricorrente lamenta che:
1. L'affermazione della
sua responsabilità si fonda sulle percezioni olfattive, e dunque su valutazioni
inevitabilmente soggettive, imprecise, generiche e contrastanti dei pochi e più
accaniti testimoni che sono stati sentiti sul punto.
2. Nessun accenno è stato
fatto in ordine alla preesistenza dell'impianto rispetto al quartiere del
Comune di Martinengo nel quale maggiormente è stato avvertito il fenomeno
olfattivo, né agli accertamenti, sempre con esito negativo, dell'ASL,
dell'ARPA, della Provincia e degli altri Comuni interessati
3. Senza coltivare il dubbio, il Tribunale ha ritenuto senz'altro
più credibili le testimonianze rese da chi si trovava ad oltre un chilometro di
distanza dall'impianto, nonostante gli esiti negativi degli accertamenti
tecnici
4. l'assenza di un nesso causale tra le
emissioni odorigene dell'impianto e le segnalazioni di disturbo provenienti
dagli abitanti (nesso escluso dalla CT della difesa acquisita al fascicolo del
dibattimento).
LA SENTENZA
DELLA CASSAZIONE
1. costituisce principio consolidato di questa Suprema Corte
(che va qui ribadito) che la contravvenzione di cui all'art. 674 cod. pen. è
reato configurabile in presenza anche di "molestie olfattive"
promananti da impianto munito di autorizzazione, in quanto non esiste una
normativa statale che prevede disposizioni specifiche e valori limite in
materia di odori, con conseguente individuazione del criterio della
"stretta tollerabilità" quale parametro di legalità dell'emissione,
attesa l'inidoneità ad approntare una protezione adeguata all'ambiente ed alla
salute umana di quello della "normale tollerabilità"
2. per la realizzazione del reato ex articolo
674 del Codice Penale è sufficiente
l'apprezzamento diretto delle conseguenze moleste da parte anche solo di alcune
persone, dalla cui testimonianza il giudice può logicamente trarre elementi per
ritenere l'oggettiva sussistenza del reato, a prescindere dal fatto che tutte
le persone siano state interessate o meno dallo stesso fenomeno o che alcune
non l'abbiano percepito affatto. Nè è necessario un accertamento tecnico.
3. laddove trattandosi di
odori manchi la possibilità di accertare obiettivamente, con adeguati
strumenti, l'intensità delle emissioni, il giudizio sull'esistenza e sulla non
tollerabilità delle emissioni stesse ben può basarsi sulle dichiarazioni dei
testi, soprattutto se si tratta di persone a diretta conoscenza dei fatti, come
i vicini, o particolarmente qualificate, come gli agenti di polizia e gli
organi di controllo della USL.
4. Ove risulti
l'intollerabilità, non rileva, al fine di escludere l'elemento soggettivo del
reato, l'eventuale adozione di tecnologie dirette a limitare le emissioni,
essendo evidente che non sono state idonee o sufficienti ad eliminare l'evento che
la normativa intende evitare e sanziona
5. la definizione di odori
“normali”, quali quelli provenienti da un impianto di rifiuti, affermata dai
testimoni favorevole alla ditta condannata, sottende questa si un giudizio
soggettivo e non si pone in logico contrasto con il fatto che un elevato numero
di altre persone fosse concretamente esposta a esalazioni nauseabonde,
6. qualsiasi monitoraggio
delle emissioni odorigene non può fondarsi su modelli astratti ma sull’applicazione
dei modelli in uso alla concreta realtà.
LA SENTENZA
DELLA CASSAZIONE E L’IMPIANTO DI RIFIUTI DI SALICETI
La
sentenza ovviamente in termine strettamente legali si applica solo al caso
oggetto della stessa ma al contempo, questa sentenza, afferma principi
(peraltro già ribaditi in passato da altre decisioni della Suprema Corte) che
sono validi a prescindere dal singolo caso e che quindi costituiscono indirizzi
operativi precisi anche per le Pubbliche Amministrazioni si quelle di controllo
e di autorizzazione (Provincia, Arpal) che quelle di prevenzione del rischio
sanitario (ASL e Comune) che di repressione (Procure e organi giudicanti).
Questi
principi sono quindi applicabili anche per l’impianto di trattamento rifiuti di
Saliceti (Comune di Vezzano Ligure) da anni causa di fortissime emissioni
odorigene mai sanzionate adeguatamente dagli organi pubblici preposti.
Eppure
ci sono:
1. le denunce dei
cittadini
2. i verbali di polizia
provinciale, vigili urbani, arpal,
che
confermano un permanente stato di inquinamento da odori, inquinamento non
eliminato da dai limitati interventi
tecnici introdotti dai gestori dell’impianto o richiesti dalle prescrizioni autorizzatorie
e le diffide della Provincia.
Eppure
come afferma la Cassazione sarebbe già stata sufficiente, per portare ad una condanna penale dei gestori
dell’impianto, la conferma della
percezione delle emissioni odorigene da parte dei residenti.
Invece
anche recentemente la Conferenza dei servizi in sede deliberante ha deciso il
rilascio a questo impianto dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), atto quest’ultimo, almeno a conoscenza
pubblica, non emanato fino ad ora, e
questo peraltro produrrebbe un'altra situazione di illegalità perché i termini
di legge per l’adeguamento all’AIA sono abbondantemente scaduti e non c’è
nessuna proroga delle autorizzazioni esistenti al contrario di quanto sostiene
Acam come dimostrato QUI.
Addirittura
la Provincia nella Conferenza dei Servizi in sede di rilascio dell’AIA ha
affermato che ““sappiamo quanto sia difficile eliminare le molecole odorigene”. Questo in palese contrasto con i
principi della Cassazione sopra riportati dove per valutare il rischio
sanitario delle emissioni può essere sufficiente dimostrarne il superamento
della tollerabilità per i residenti.
CONCLUSIONI
Risulta quindi assolutamente incomprensibile
come fino ad ora e dopo anni di emissioni odorigene nulla sia stato fatto per
condannare i gestori di questo impianto (un’inchiesta è in corso e vedremo come
andrà a finire ma il problema è presente sin dalla apertura di questo
impianto).
Ma risulta ancora di più incomprensibile come
il perdurare della situazione di disagio dei cittadini per le emissioni
odorigene, la Provincia abbia potuto nuovamente deliberare, in conferenza dei servizi,
la nuova AIA considerato che nessuna delle prescrizioni tecniche adottate ha mai
eliminato le emissioni da questo impianto.
Quindi si è dato via libera ad un impianto
che si trova in aperta flagranza di
reato, quanto meno quello di cui tratta la sentenza della Cassazione sopra
riportata: getto di cose pericolose ex articolo 674 del Codice Penale!
Il
Sindaco di Vezzano Ligure, massima autorità sanitaria sul territorio ex lege, a sua volta dorme o ignora la situazione di
Saliceti e le sentenze della Cassazione.
Nessun commento:
Posta un commento