Il nuovo lotto (il sesto) della discarica pubblica provinciale
per rifiuti urbani e assimilati in località Collette Ozotto, Comuni Sanremo e Taggia.
Ho esaminato su richiesta dei cittadini che da mesi si battono contro questo progetto, l’iter amministrativo che ha portato ad autorizzarlo.
Ho esaminato su richiesta dei cittadini che da mesi si battono contro questo progetto, l’iter amministrativo che ha portato ad autorizzarlo.
Di seguito analizzo le principali illegittimità di
questo iter che hanno costituito il
fondamento legale per presentare un esposto alla Procura di Imperia per
chiedere il sequestro del cantiere ai sensi dell’articolo 321[Nota 1] [Nota 2] del
Codice di Procedura Penale.
L’ITER
AUTORIZZATORIO DEL PROGETTO DI DISCARICA
L’iter autorizzatorio di questo progetto di
discarica ha riguardato in particolare due
provvedimenti:
Valutazione di Impatto Ambientale (VIA): In data 19/10/2012 è stata rilasciato
giudizio positivo di VIA con prescrizioni
Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA): in data 2/09/2014 è stata rilasciata Autorizzazione
Integrata Ambientale.
Finalità della VIA e dell'AIA
Nella
VIA si verifica la compatibilità del sito prescelto per l’intervento
Nell’AIA
si verifica la compatibilità del modello gestionale dell’impianto con il sito
prescelto sotto il profilo ambientale, sanitario oltre che delle Migliori
tecnologie applicabili.
I
PROFILI DI VIOLAZIONE DI LEGGE DELL’ITER
AUTORIZZATORIO
Carenze della
istruttoria che ha portato al giudizio di VIA positivo (2012): prevenzione
sanitaria della popolazione interessata
L’allegato
IV alla Direttiva 2011/92 come modificata dalla Direttiva 2014 prevede, al
punto 4, che il Rapporto di Valutazione
dell’Impatto Ambientale (il SIA nella precedente versione precedente
Direttiva) descriva lo stato della salute umana nel sito interessato dal
progetto in relazione (punto 5) ai potenziali rischi alla salute umana producibili dallo stesso.
Il
Dlgs 152/2006 non si è ancora adeguato al nuovo testo della Direttiva
2011/92 come modificata da quella del 2014, ma la lettera b) comma 4 articolo 4
del DLgs 152/2006 prevede che: ”la
valutazione ambientale dei progetti ha la finalità di proteggere la salute
umana,…”.
Peraltro
il Dpcm 27/12/1988 (mai abrogato ma solo modificato[Nota 3])
che definisce il contenuto degli studi di impatto ambientale che devono
accompagnare il progetto sottoposto a VIA , all’allegato 2 contiene una sezione
Salute Pubblica[Nota 4].
Questo decreto è applicabile ai progetti ed opere sottoposti a VIA statale
(allegato II alla Parte II del DLgs 152/2006) ma anche, per quanto non disciplinato a livello
regionale, anche ai progetti sottoposti a VIA di competenza delle Regioni.
Questo Dpcm tutt’ora costituisce
attuazione con quanto previsto dall’allegato VII alla Parte II del DLgs
152/2006 (contenuti dello studio di impatto ambientale).
La
DGR 1415/1999 [Nota 5] definisce l’inquinamento da prevenire con la procedura di VIA
come: “l’introduzione diretta o
indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze, vibrazioni, calore o
rumore nell’aria, nell’acqua o nel terreno, che potrebbero nuocere alla salute
umana”.
La
DGR 1415/1999 prevede che nello studio di impatto ambientale
nel quadro ambientale in relazione al fattore ambientale acqua afferma che: “Devono inoltre essere simulati i possibili
scenari di esposizione della popolazione e degli ecosistemi, ai fini della
valutazione del rischio tossicologico ed ecotossicologico associabile all’intervento
proposto.”
Nell’analizzare il quadro di riferimento
ambientale del SIA il giudizio di VIA, Decreto n. 431 del 19 ottobre del 2012, non tratta minimamente della questione
salute
Carenze della
istruttoria che ha portato al rilascio dell’AIA (2014): prevenzione sanitaria
della popolazione interessata
Nella Direttiva 2010/75/UE
al punto 2 articolo 3 la definizione di inquinamento ai fini del rilascio
dell’AIA riguarda anche la possibilità di “nuocere alla salute umana”.
La
normativa nazionale ha recepito questo principio della Direttiva con uno
strumento tecnico amministrativo ben preciso il Parere del Sindaco che
deve comprendere anche alla luce delle linee Guida Ispra recentemente presentate:
a) la rilevanza sanitaria delle emissioni dell’impianto
b) lo stato sanitario della popolazione interessata
c) la evoluzione del contesto urbanistico interessato
dall’impianto
d) i rischi di incidenti rilevanti dall’impianto sotto il
profilo strettamente sanitario
In
particolare, secondo le linee Guida Ispra, la definizione del profilo di
salute della popolazione residente nell’area interessata dall’impianto potrà
anche basarsi sulla valutazione dell’evidenza epidemiologica disponibile relativamente
ad esposizioni analoghe alle emissioni dell’impianto.
Non esiste
alcun Parere del Sindaco e il parere dell'ASL competente si è limitato a
valutare i rischi legati alle acque di prima pioggia provenienti dalla
superficie scolante, limitandosi per il resto a rinviare ai generici impegni di
limitazione di emissioni inquinanti come definiti dal progetto
A
conferma dei limiti istruttori si veda il verbale
ispettivo dell'ASL competente, dello scorso 7 settembre 2015, dove, di fronte alla situazione di disagio da
emissioni odorigene e rumori di cantiere, si afferma nella parte conclusiva:
“Pertanto si chiede al Sig. Sindaco del
Comune di Sanremo la emissione di Ordinanza Sindacale per la sospensione
dell'attività in corso sino alla risoluzione della problematica in questione
con le opportune determinazioni che la S.V. a tale proposito intenderà adottare”
Infine
sempre sotto il profilo delle lacune di prevenzione sanitaria nella
approvazione del progetto della nuova discarica si rileva come, per ammissione
dello stesso responsabile del servizio Igiene dell'ASL competente, il metodo
di indagine epidemiologica per verificare i rischi legati alla nuova discarica
era errato in quanto sono stati saltati intere nuclei familiari che invece
andavano testati.
Comunque, errati o meno, questi elementi non sono stati presi in nessuna considerazione
nella procedura di VIA come in quella di AIA
La sentenza del
Consiglio di Stato: niente AIA e VIA, integrate o meno, senza verifica dello stato sanitario della
popolazione interessata
La
sentenza del Consiglio di Stato n. 163 del 20/1/2015 annulla gli atti di
rilascio della VIA positiva e dell’AIA ad un inceneritore di biomasse e combustibile
derivato dai rifiuti (CDR) sia ordinario
che di qualità, in provincia di Grosseto.
La sentenza ha affermato i seguenti principi:
La sentenza ha affermato i seguenti principi:
1. “ Assume, infatti, valenza assorbente quanto meno la circostanza che
lo stato di salute delle popolazioni coinvolte e le condizioni dei corpi idrici
presenti nell’area interessata dallo stabilimento in questione non siano state
convenientemente disaminate e considerate, con conseguente sussistenza al
riguardo dei dedotti vizi di difetto di istruttoria e di motivazione.”
2. nel caso che emergano
nella situazione sanitaria esistente sul territorio dati sulla presenza di inquinanti
significativi per la popolazione residente: “Questo dato – pur non avendo acquisito un rilievo oggettivo sulla base
di disposizioni di legge – ha comunque un rilievo sotto il profilo
procedimentale, poiché ragionevolmente evidenzia un consistente livello di
esposizione della popolazione coinvolta dall’impianto per cui è causa, livello
di esposizione che non è stato, di per sé, valutato e considerato adeguatamente
in sede di rilascio dell’A.I.A. “
3. “Va anche accolta la notazione delle
appellanti circa l’assenza di un previo e puntuale studio epidemiologico
dell’area interessata dalla realizzazione dell’impianto, posto che i dati
alquanto risalenti nel tempo elaborati dal proponente non adeguatamente possono
raffrontarsi, al fine di pervenire ad un apprezzamento della situazione
concretamente in essere, con quelli ricavabili dall’indagine specificamente
svolta al riguardo dalla medesima Azienda U.S.L. n. 9, comprendenti il periodo
2000 – 2009: indagine che la stessa U.S.L. definisce peraltro non ottimale e
dalla quale si rileva che nel lasso di tempo considerato sussisterebbe un
incremento dl 36% dei tumori alla vescica per la popolazione maschile e del
117% per quella femminile, oltreché un sensibile incremento di nascite
premature e di ricoveri per linfoma non-Hodgkin.”
4. “Da tutto ciò consegue pertanto che, essendo primarie le esigenze di
tutela della salute a’ sensi dell’art. 32 Cost. rispetto alle pur rilevanti
esigenze di pubblico interesse soddisfatte dall’impianto in questione, il
rilascio dell’A.I.A. – qualora siano risultati allarmanti dati istruttori -
debba conseguire soltanto all’esito di un’indagine epidemiologica sulla
popolazione dell’area interessata che non può per certo fondarsi sulle
opposte tesi delle attuali parti processuali e sugli incompleti dati istruttori
ad oggi disponibili - oltre a tutto riferiti a situazioni ormai risalenti nel
tempo – ma che deve essere condotta su dati più recenti e ad esclusiva cura
degli organismi pubblici a ciò competenti.”
Carenze della istruttoria
che ha portato al rilascio del giudizio positivo di VIA (2012): la mancata valutazione
delle alternative di sito
Secondo la DGR 1415/1999 (in vigore all’epoca del
giudizio di VIA regionale sul progetto di discarico in oggetto) il SIA (studio di impatto ambientale) deve
contenere alternative di sito a quello principale proposto dal committente
dell’opera (in questo caso la discarica)
e la Regione nel valutare il SIA nel caso prenda in considerazione solo
un sito deve dimostrare che: “La presentazione in via
eccezionale di un’unica opzione tipologica o localizzativa deve essere
opportunamente argomentata, illustrando i criteri che hanno portato alla sua
elaborazione o scelta”
In realtà la relazione istruttoria propedeutica al Decreto 431/2012 che ha dato il giudizio di VIA positivo si
limita a prendere atto che la Provincia avrebbe escluso altro sito perché ci sarebbe una “incompatibilità fra la
collocazione della discarica per il perìodo transitorio nell'area Colli con il
procedimento di Project Financing in corso”. Questo nonostante la
stessa relazione propedeutica al giudizio di VIA positivo affermi testualmente:
“Sotto il profilo strettamente ambientale
(impatto sulle matrici naturali), pertanto, si può concludere che il lotto VI
appare più impattante di un'eventuale soluzione transitoria nell'area Colli.”
Quanto sopra
conferma che il giudizio di VIA positivo si fonda su un SIA incompleto sotto il
profilo di uno dei parametri fondamentali per la VIA: effettuare un confronto
tra siti alternativi. In particolare manca l’analisi costi benefici tra
l’opzione zero, il sito alternativo nell’area Colli e quello proposto del lotto
VI come richiesto dalla lettera c) comma 3 articolo 5 della DGR 1415/1999
Peraltro quanto sopra è ammesso dallo stesso Decreto
di VIA della Regione dove si afferma che: “Si
premette che i contenuti del progetto e dello SIA non sono sufficienti ad un
completo ed esaustivo confronto degli effetti prodotti dalla realizzazione del
lotto VI in Collette Ozotto rispetto ad una eventuale anticipazione della
discarica di servizio sul
piazzale di Colli per la
gestione del periodo transitorio.”
Carenza della istruttoria che ha portato il rilascio del giudizio di VIA
positivo (2012): l’impatto cumulativo
Il
punto 4 dell’allegato VII alla Parte II del DLgs 152/2006 prevede che il SIA
debba indicare una descrizione dei probabili impatti rilevanti compresi quelli
cumulativi con altri progetti. Come è
noto anche dalla semplice denominazione del titolo del progetto di discarica
qui esaminato il futuro lotto VI va a
cumularsi alle preesistenti vasche di coltivazione dei rifiuti del
passato. Infatti la relazione
propedeutica al Decreto regionale di VIA positivo afferma testualmente: “(iv) la vicinanza con la discarica
attualmente gestita dalla Società Idroedil può comportare difficoltà nella
separazione ed individuazione dei presidi di monitoraggio ambientale tra il
lotto pubblico e i lotti privati;”.
Ma dopo questa affermazione appena accennata il giudizio di VIA non
analizza nel merito i rischi dell’impatto cumulativo.
Carenze della
istruttoria che ha portato al rilascio dell’AIA (2014): le alternative tecniche
Secondo
la Direttiva 2010/75/UE (articolo 12 lettera k) la domanda di AIA deve
descrivere: “le principali alternative
alla tecnologia, alle tecniche e alle misure proposte, prese in esame dal
richiedente in forma sommaria.”
La
Direttiva 2010/75/UE da una definizione ampia di tecniche: “ per «tecniche» sia le tecniche impiegate sia
le modalità di progettazione, costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura
dell’installazione;”
Decreto Ministeriale 1/10/2008 :
secondo il quale: “le alternative siano valutate secondo gli
effetti ambientali incrociati (Cross-Media Effects) cioè
poter valutare l’effetto dovuto contemporaneamente a più
inquinanti che rilasciano in uno stesso o più corpi ricettori”
L’obiettivo metodologico dei Cross-Media è quello di fornire, nei
casi più complessi come ad esempio quello di una nuova discarica o
di un impianto industriale e/o energetico: una guida alla scelta dell’opzione
migliore sotto il profilo sanitario ed ambientale fra
le tecniche o le tecnologie in alternativa
Questa
analisi incrociata potrà incidere:
1. sulle prescrizioni nel
modello gestionale dell’impianto presentato: tecniche di mitigazione, tipologia
di rifiuti da abbancare, durata della discarica, modalità di gestione del
cantiere e modalità di gestione dopo la chiusura della discarica
2. sulla possibilità
di prevedere altro modello di gestione
diverso dalla discarica.
Questa analisi non è contenuta ne nella
domanda di AIA ne nella valutazione che ha portato al rilascio dell’AIA da
parte della Provincia.
Violazioni normativa
europea sulle discariche
Secondo
l’allegato 1 alla Direttiva 1999/31/CE:
“
1.1. Per l'ubicazione di una
discarica si devono prendere in considerazione i seguenti fattori:
a) le distanze fra i confini dell'area e le zone residenziali e di ricreazione, le vie navigabili, i bacini idrici e le altre aree agricole o urbane;
b) l'esistenza di acque freatiche e costiere e di zone di protezione naturale nelle vicinanze;
a) le distanze fra i confini dell'area e le zone residenziali e di ricreazione, le vie navigabili, i bacini idrici e le altre aree agricole o urbane;
b) l'esistenza di acque freatiche e costiere e di zone di protezione naturale nelle vicinanze;
1.2. La discarica può essere
autorizzata solo se le caratteristiche del luogo, per quanto riguarda i fattori
summenzionati o le misure correttive da adottare indicano che la discarica non
costituisce un grave rischio ecologico”
L’allegato
1 al DLgs 36/2003 prevede che: “Per
ciascun sito di ubicazione devono essere esaminate le condizioni locali di accettabilità
dell'impianto in relazione a:· distanza dai centri abitati;”
Sulla
questione delle distanze da zone residenziali della discarica, il Consiglio di
Stato, sentenza 1272/2013, ha chiarito che tale distanza deve essere: “analiticamente giustificata mediante
apposite tavole riflettenti l’impatto della discarica sulla componente
atmosferica degli ambiti circostanti (parametri: polveri totali sospese,
benzene, ossidi di zolfo ed azoto) e l’interferenza visiva con l’impianto.”
La discarica da realizzare è situata a
distanze molto limitate dalle zone residenziali come si evince dalla mappa
allegata alla petizione e all’esposto per la richiesta di sequestro
Il Decreto di VIA n. 431 del 19 ottobre
del 2012 non ha minimamente valutato gli aspetti relativi alle distanze della
nuova discarica dalle zone residenziali in termini di rischio di incidente e
sanitario anzi nell’elencare le aree incompatibili con la presenza di
discariche o comunque la cui compatibilità va verificata (ex allegato I al Dlgs
36/2003) ha rimosso il riferimento seguente:
“Per ciascun sito di ubicazione
devono essere valutata la condizioni locali di accettabilità dell'impianto in
relazione ai seguenti parametri:
· distanza dai centri abitati;”
· distanza dai centri abitati;”
Come segnalato dall’esposto presentato lo scorso 6 ottobre
nell’area contermine al sito di realizzazione della discarica insiste una
grotta censita anche dal CAI . Dati catastali: n.320Li/IM. Acquedotto di
rio Cascine. Sanremo, Beuzi, Sant’anna; Tav.IGM 1:25:000 CERIANA 102 I SO;
4°37’54”. Coord. UTM zona 32T MP 0405468 4856827; Q. 388m. La grotta è
habitat per la fauna locale di un cospicuo numero di pipistrelli (rinolofi maggiori e rinolofi minori), tutelati ai sensi dell’allegato B al Dpr
357/1997 (disciplina normativa tutela biodiversità).
L’area della discarica da realizzare è inoltre
contermine al di Sito d’Importanza Comunitaria denominato SIC IT1315805 “Bassa
Valle Armea” (DGR 705/2012 e 613/2012)
Secondo l’articolo 1 della Direttiva
1992/43/CEE e la lettera m) articolo 2
del Dpr 357/1997 per le specie animali per sito di importanza comunitaria
(da tutelare da parte degli stati membri) si deve intendere: “Per
le specie animali che occupano ampi territori, i siti di importanza
comunitaria corrispondono ai luoghi, all'interno della loro area di
distribuzione naturale, che presentano gli elementi fisici o biologici
essenziali alla loro vita e riproduzione”
Sempre
secondo l’articolo 1 della Direttiva 1992/43/CEE Lo «stato di conservazione»
del sito e della specie habitat è considerato «soddisfacente» quando:
1. l'area di ripartizione
naturale di tale specie non è in declino né rischia di declinare
in
un futuro prevedibile
e
2. esiste e continuerà probabilmente ad esistere un
habitat sufficiente affinché le sue
popolazioni
si mantengano a lungo termine.
Secondo l’articolo 5 della Direttiva
1992/43/CEE e il comma 4 articolo 5
Dpr 357/1997 occorre che i progetti sottoposti a VIA che incidono su specie
e siti di importanza comunitaria devono avere un apposito studio di incidenza
interno allo Studio di Impatto Ambientale contenente gli elementi relativi
alla compatibilità del progetto con le finalità conservative della normativa
sulla biodiversità
In
particolare l’articolo 5 della Direttiva 1992/43/CEE, ai fini della
applicazione dell’obbligo dello studio di incidenza, fa riferimento a: “qualsiasi piano o
progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che
possa avere incidenze significative su tale sito. “
Come
ha specificato la Corte di Giustizia sentenza 11/4/2013 causa C258-11, lo
studio di incidenza del committente dell’opera/progetto e la relativa valutazione della
autorità competente: “…..non può
comportare lacune e deve contenere rilievi e conclusioni completi, precisi e
definitivi atti a dissipare qualsiasi ragionevole dubbio scientifico in
merito agli effetti dei lavori previsti sul sito protetto in questione”.
Aggiunge
detta sentenza che l’articolo 6, paragrafo 3, della
direttiva 92/43/CEE che prevede l’obbligo della valutazione di incidenza: “deve
essere interpretato nel senso che un piano o un progetto non direttamente
connesso o necessario alla gestione di un sito pregiudicherà l’integrità di
tale sito se è atto a impedire il mantenimento sostenibile delle
caratteristiche costitutive dello stesso, connesse alla presenza di un habitat
naturale prioritario, per conservare il quale, il sito in questione è stato
designato nell’elenco dei SIC conformemente alla suddetta direttiva. Ai fini
di tale valutazione occorre applicare il principio di precauzione”.
Il riferimento al principio di
precauzione va inteso nel senso che: “le
misure di conservazione del sito Habitat
sono attivate non da una certezza,
ma da una probabilità di incidenze significative.
In linea con il principio di precauzione non si può quindi accettare che
la valutazione non sia effettuata facendo valere che le incidenze significative
non sono certe. Anche in questo caso è utile fare
riferimento alla direttiva 85/337/CEE, Ne consegue che, se una proposta
comporta la necessità di una valutazione ai sensi della direttiva 85/337/CEE in
base al fatto, inter alia, che
essa possa incidere in modo significativo su un sito Natura 2000, essa dovrà
anche essere oggetto di una valutazione.” (Linee guida della Commissione UE
sulla gestione dei siti habitat del
2000 e sulle modalità di applicazione
della valutazione di incidenza del 2002).
In coerenza con quanto sopra
sempre le linee guida della Commissione UE affermano
che l’Ambito Geografico di applicabilità della Valutazione di
Incidenza ex paragrafo 3 articolo 6 della Direttiva 1992/43/CEE
non riguarda piani e progetti concernenti esclusivamente un sito protetto
ma prende anche in considerazione sviluppi al di fuori del
sito, ma che possono avere incidenze significative su esso. A conferma si veda Corte di Giustizia sentenza 10 gennaio 2006
causa C-98/03 che ha affermato come non si possa
escludere a priori una Valutazione di Incidenza solo motivandola con il fatto
che il progetto da valutare non rientra pienamente nel perimetro del sito
Habitat omettendo come afferma la Corte di Giustizia: “….
- omettendo di prevedere,
per taluni progetti realizzati all’esterno di siti Habitat o di ambiti dove
sono presenti specie Habitat, un esame obbligatorio dell’incidenza sul sito,
indipendentemente dal punto se tali progetti possano avere un’incidenza
significativa su una ZSC;
- permettendo emissioni in una ZSC indipendentemente dal punto se tali emissioni possano avere un’incidenza significativa su questa zona,
- escludendo dall’ambito di applicazione delle norme relative alla tutela delle specie alcuni pregiudizi non deliberati causati ad animali protetti,..”
- permettendo emissioni in una ZSC indipendentemente dal punto se tali emissioni possano avere un’incidenza significativa su questa zona,
- escludendo dall’ambito di applicazione delle norme relative alla tutela delle specie alcuni pregiudizi non deliberati causati ad animali protetti,..”
La suddetta sentenza della Corte di Giustizia così
conclude: “in assenza di criteri
scientificamente provati, che il governo tedesco non ha menzionato e che
permetterebbero di escludere a priori che le emissioni toccanti un sito
protetto ubicato all’esterno della zona di influenza dell’installazione
interessata possono avere un’incidenza significativa su tale sito, il sistema
posto in essere dal diritto nazionale nel settore in questione non è comunque
idoneo a garantire che i progetti o piani relativi ad installazioni causanti
emissioni che toccano siti protetti all’esterno della zona di influenza delle
medesime non lederanno l’integrità dei siti interessati,”.
La DGR 1415/1999 (in
vigore al momento del rilascio della VIA positiva) afferma che: “Nel caso in
cui l’intervento oggetto della VIA sia interessato da un Sito d’Importanza
Comunitaria (SIC) o da una Zona di Protezione Speciale (ZPS) di cui alla
Direttiva Habitat 92/43/CEE, cosiccome recepita dal D.P.R. 357/1997, il
proponente, al fine di conseguire la Valutazione di Incidenza di cui all’art. 5
del citato D.P.R. 357/1997, deve allegare al progetto una apposita relazione di
incidenza.”
Inoltre sempre secondo la DGR
1415/1999 per le specie tutelate dalla Direttiva Habitat deve essere
indicata la sensibilità al disturbo antropico, alle interruzioni di continuità,
agli inquinanti, alle alterazioni meteo-climatiche
Il progetto di discarica in esame è
stato oggetto di una Interrogazione con richiesta di risposta scritta
(P-012105/2015) della Parlamentare Europea Tiziana Beghin (EFDD) alla quale ha
risposto in data 29/9/2015 per la Commissione il Commissario Karmenu Vella,
affermando che: “Tutte le specie di pipistrelli sonorigorosamente protette
ai sensi della direttiva 92/43/CEE che impone agli Statimembri di vietare
l'uccisione, la cattura o la perturbazione deliberata di dettespecie, nonché il
deterioramento o la distruzione delle loro zone di riproduzioneo delle loro
aree di riposo. Nel caso di progetti potenzialmente dannosi, gli Statimembri
devono prevedere delle misure di attenuazione.”.
Nello studio di impatto ambientale e nei documenti ad esso allegati, come pure nel Decreto di VIA, non vengono presi in
considerazione i due siti sopra indicati, anzi la Relazione propedeutica al
Decreto di VIA positiva afferma che: “il
progetto non ricade…. in aree individuate dagli articoli 2 e 3 del D.P.R. n° 357 del
08/09/1997 "Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE
relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della
flora e della fauna selvatiche”.
Quanto sopra nonostante che la relazione del 8/10/2015 sul
sopralluogo dell’architetto incaricato dalla Soprintendenza Archeologica della
Liguria così concluda: “Per contro rimane
l’interesse per il valore ambientale della cavità con la presenza dei
chirotteri e che con ulteriori ricerche potrebbe rivelare altre interessanti
forme di vita ipogea.”
La relazione della Regione Liguria sul rischio
di impatto del cantiere della discarica sulla grotta e le specie habitat
presenti
Di contro a quanto sopra esposto è stata
recentissimamente consegnata ai cittadini che si battono contro il progetto di
discarica “Lotto VI” una brevissima e sintetica relazione della Regione Liguria
avente per oggetto una sopralluogo svolto da un consulente della Regione
stessa. La relazione tende a minimizzare il rischio impatto dei lavori della
realizzanda discarica sulla grotta e sulle specie protette presenti in
essa.
Lo fa con affermazioni assolutamente non scientifiche
come le seguenti:
1. l’impatto del cantiere sarà “quasi nullo” sic!
2. “è pertanto
accertata la presenza di chirotteri, anche se dall’ispezione preliminare
effettuata non è stato possibile rilevare la consistenza della popolazione”.
3. “la grotta è stata ispezionata solo nel primo tratto
perché più avanti è allagata”.
Ovviamente la relazione non precisa che questo primo tratto riguarda
solo poche decine di metri di entrata.
Premesso che, anche se fossero fondate le conclusioni
della Regione, questa relazione è arrivata
molto in ritardo quando il cantiere è
comunque stato avviato da tempo, per cui sarebbe comunque intervenuta dopo la
produzione del danno ambientale alla specie protetta (nella fattispecie i
chirotteri) e alle grotta stessa che ricordiamo ai signori della Regione è
comunque tutelabile in quanto tale ai sensi della legge regionale 39/2009.
Premesso quanto sopra aggiungo che questa Relazione
non sana minimamente, ma anzi aggrava, la lacuna istruttoria sia al giudizio di
VIA positivo della Regione che all’AIA della Provincia.
Infatti come ho dimostrato sopra il fatto che la
prevista discarica sia collocata in area contermine ad un SIC e ad una grotta
con specie protette dalla direttiva Habitat non esclude aprioristicamente l’obbligo di presentare uno Studio di
Incidenza da parte del committente dell’opera e di una relativa Valutazione di
Incidenza dello stesso da parte della Regione Liguria. Infatti essendo il
progetto di discarica in questione soggetto a VIA la competenza a rilasciare la
Valutazione di Incidenza è della Regione ex articolo 9 legge regionale 28/2009.
La suddetta relazione non può compensare, con le sue
tre paginette piene di opinioni non di valutazioni scientifiche, l’obbligo di
uno Studio di Incidenza e della relativa Valutazione come previsto dalla legge.
Obbligo che poteva essere esaurito all’interno sia dello Studio di Impatto
Ambientale che nel giudizio di VIA finale.
Infatti, secondo le
citate linee guida UE, nella valutazione
di incidenza occorre innanzitutto dimostrare in maniera oggettiva
e documentabile che:
- non ci saranno effetti
significativi su siti Natura 2000 (Livello I:Screening); o
- non ci saranno effetti in
grado di pregiudicare l’integrità di un sito
Natura 2000(Livello II: valutazione appropriata); o
- non esistono alternative al piano o progetto in grado di pregiudicare l’integrità di un sito
Natura 2000 (Livello III: valutazione di soluzioni alternative); o
- esistono misure compensative
in grado di mantenere o incrementare la
coerenza globale di Natura 2000 (Livello IV: valutazione delle misure
compensative).
Non
solo ma quanto sopra è ulteriormente precisato nell’allegato B alla DGR
328/2006 secondo il quale lo Studio di Incidenza
deve contenere, tra l’altro, “descrizione
quali-quantitativa e localizzativa degli habitat e delle specie faunistiche e
floristiche per le quali i siti sono stati designati, della zona interessata
dalla realizzazione dal progetto o dall’intervento e delle zone intorno ad essa
(area vasta) che potrebbero subire effetti indotti,”.
Ovviamente l'obiettivo immediato per i cittadini attivi di Sanremo e Arma di Taggia è ora quello di fermare i lavori del cantiere. Ma anche nel caso questo non avvenisse questo non significa che la vertenza si chiuda, perché le lacune e illegittimità istruttorie sopra esaminate resteranno comunque e potranno costituire il presupposto per una revisione dell'AIA ma soprattutto della VIA. Ne riparleremo nei prossimi giorni......
NOTE
[1] “1. Quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa
pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero
agevolare la commissione di altri reati, a richiesta del pubblico ministero il
giudice competente a pronunciarsi nel merito ne dispone il sequestro con
decreto motivato. Prima dell'esercizio dell'azione penale provvede il giudice
per le indagini preliminari.”
[2] Il sequestro preventivo
può essere disposto purché permanga la lesione concreta del bene tutelato dalla
norma penale.
È necessario soltanto che la
valutazione sul suo possibile verificarsi si fondi su elementi concreti e non
su ipotesi del tutto astratte.
Presupposti
per l’applicazione di tali misure cautelari sono, appunto, il fumus boni
iuris ed il periculum in mora.
Il fumus boni iuris é inteso come necessità che si proceda per un fatto
corrispondente ad una fattispecie astratta di reato e, come precisato dalla
giurisprudenza, la legittimità del sequestro prescinde totalmente da qualsiasi
profilo di colpevolezza (in ciò si ravvisa una sostanziale differenza rispetto
alle misure cautelari personali), dal momento che è la pericolosità in sé della
cosa a giustificare l’applicazione della misura (19). Secondo la giurisprudenza,
quindi, se non può essere bypassato il requisito del fumus, quest’ultimo
coincide
con la semplice commissione di un reato a prescindere dal requisito della colpevolezza.
Nelle
specifico le ipotesi di reati ambientali individuate dall’esposto sono
Art. 452-bis
Violazione dolosa delle disposizioni in materia ambientale;
-Articolo 733bis CP: distruzione o deterioramento
di Habitat all'interno di un sito protetto la cui fattispecie risulta
realizzata proprio nelle ipotesi in cui non sia stato applicato l’articolo 5
del Dpr 357 del 08/09/1997 e cioè la valutazione di incidenza del progetto,
come precisato dalla Relazione dell’Ufficio del Massimario della Cassazione n.
III/09/2011 sulla legge che ha introdotto tale nuova tipologia di reato
Circa il periculum
in mora,
esso deve essere concreto. Recente giurisprudenza, in linea comunque con quella
passata, richiede che esso consista non in una generica ed astratta eventualità
, ma come una concreta possibilità , desunta dalla natura del bene e da tutte
le circostanze di fatto, che il bene assuma carattere strumentale rispetto
all’aggravamento o alla protrazione delle conseguenze del reato ipotizzato o
alla agevolazione della commissione di altri reati: la legge ha inteso,
infatti, contenere il sacrificio dei diritti dei cittadini nei ristretti limiti
dettati dalle effettive esigenze di prevenzione concrete del processo penale
[3] “Resta
ferma altresì, nelle more dell'emanazione delle norme tecniche di cui al
presente comma, l'applicazione di quanto previsto dal decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri 27 dicembre 1988.” Ultima parte comma 1 articolo
34 del DLgs 152/2006
[4]
http://www.isprambiente.gov.it/files/temi/d.p.c.m.27dicembre1988.pdf
[5] Ora superata da altra norma tecnica regionale ma in vigore all’epoca del rilascio del giudizio positivo di VIA alla discarica in oggetto. Peraltro la nuova norma regionale ha confermato quanto previsto dalla delibera del 1999
[5] Ora superata da altra norma tecnica regionale ma in vigore all’epoca del rilascio del giudizio positivo di VIA alla discarica in oggetto. Peraltro la nuova norma regionale ha confermato quanto previsto dalla delibera del 1999
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