Il Sindaco Federici
e i suoi collaboratori potranno tentare
di rigirare la frittata e giocare con la parzialità delle revoche, ma stavolta hanno perso. Non sto facendo una
affermazione da “bullo”, leggete questo mio post, soprattutto le
conclusioni, e poi mi direte se non ho ragione…… buona lettura!
Premessa
Le
note che seguono sono così organizzate: alle tesi del Comune e dei suoi
sostenitori in corsivo seguono subito dopo le risposte dagli atti della Direzione Regionale per i
Beni Culturali, della Soprintendenza per i Beni Architettonici, e della
prevalente giurisprudenza e dottrina in materia.
Loro sostenevano che Piazza Verdi è una
piazza cittadina da molto tempo insquallidita.
La Soprintendenza ha chiarito l’esito degli interventi degli anni 30 ha
prodotto una piazza che si connota (quindi ad oggi) per una impronta stilistica
precisa di cui tutt’ora si conservano, oltre agli intatti valori spaziali, due
importanti componenti: il Palazzo delle Poste, recentemente restaurato, ed il
filare alberato di pini.
Loro sostenevano che la procedura di verifica
non era necessaria.
Si
è dimostrato che la procedura autorizzatoria aveva rilevanti lacune tanto da produrre un
vizio di merito e quindi la predisposizione d’ufficio della procedura di verifica dell'interesse culturale da parte
della Soprintendenza.
Loro sostenevano che i pini non erano
vincolati
Direzione
Regionale e Sovrintendenza hanno dimostrato il contrario.
Loro sostenevano che i pini attualmente esistenti non sono quelli originali.
La
Soprintendenza ha chiarito che trattandosi di esemplari di dimensioni omogenee,
dall’epoca di piantumazione ad oggi
raffigurati in una ricca documentazione fotografica, non si ha ragione di
ritenere che possa non trattarsi degli esemplari risalenti all’originario
filare.
Loro sostenevano che i pini costituiscono specie non rare e quindi di scarso valore e
comunque in gran parte malate e quindi morirebbero comunque.
La
Soprintendenza ha precisato che la natura delle essenze arboree non appare
rilevante in alcun modo alla luce degli approfondimenti condotti sulla storia e
il significato urbanistico ed architettonico della piazza. Inoltre, al
Soprintendenza ha aggiunto che il valore della alberata non verrebbe in alcun
modo depauperato dalla eventuale sostituzione di esemplari, qualora se ne
acclarasse la stretta necessità connessa ad esigenze di sicurezza per la
incolumità pubblica, trattandosi nello specifico di una componente storica la cui manutenzione
può anche prevedere dove necessario puntuali sostituzioni e reimpianti.
Loro sostenevano che il "vincolo monumentale è tutto teorico e la datazione dei
pini pure.
Con il Decreto del Direttore Regionale il
vincolo è definitivo ai sensi del Codice dei Beni Culturali e riguarda pure il
filare dei pini e la datazione dei pini è altrettanto certa (1937 e relativa
quietanza di pagamento del 1939) come risulta da atti ufficiali delle istituzioni
dell’epoca.
Loro affermavano che i documenti prodotti nella istruttoria per la verifica dello
interesse culturale non erano validi perché non provenienti dalle istituzioni.
Il
TAR Liguria nel 2010 e tutta la prevalente dottrina in materia di disciplina
dei Beni Culturali, ha sempre rilevato
che non conta la provenienza ma il contenuto dell’atto e che non ci sono limitazioni circa gli elementi da cui desumere la
sussistenza dell’interesse
Loro affermavano che il progetto
era assolutamente coerente con il codice dei beni culturali, che la
questione della datazione dei pini era una scusa e che la procedura di verifica
si sarebbe chiusa con un via libera definitivo al progetto.
La Soprintendenza ha affermato il
contrario chiedendo la revisione del progetto e quindi una nuova procedura
autorizzatoria.
Loro sostenevano che i pini erano stati aggiunti come spesa di fine anno.
La
Direzione regionale ha precisato che la scelta delle essenze, fatte appositamente
arrivare a La Spezia da un vivaio di Cecina, non appare casuale, ma parte di un esteso piano urbano teso ad incrementare il verde secondo precisi indirizzi, oggetto, nel caso di Piazza Verdi, di pronunciamento della Commissione Edilizia Comunale il 17 dicembre 1937.
Loro sostenevano che l'inserimento successivo delle alberature centrali, in luogo di un
semplice ed esile marciapiede, ha determinato un incomprensibile e radicale
mutamento dell'originario contesto architettonico; con quel maldestro
intervento sono state cancellate le prospettive lungo la direttrice via
Chiodo-via Veneto, che oggi verrebbero ripristinate con una forte
caratterizzazione moderna.
La Soprintendenza ha affermato a conclusione
della procedura di verifica che la realizzazione dell’ampio marciapiede
centrale, arricchito dapprima dai lampioni della illuminazione elettrica, poi
dai pini, costituisce parte integrante della nuova concezione della piazza,
intesa non più come una mera dilatazione di via Chiodo, come un cannocchiale
visivo verso l’Arsenale, ma come effettiva cerniera della espansione urbana
dominata dal Palazzo delle Poste.
Loro sostenevano che
non potevano conoscere i documenti che hanno portato alla nuova
dichiarazione di interesse culturale della Piazza e quindi alla revisione del
progetto in esame.
Come confermato
dalla legge vigente e dalla procedura di verifica disposta di ufficio dalla
Soprintendenza spettava e spetta al Comune conservare
archivi completi dei beni soggetti al vincolo ex Codice dei Beni Culturali di
sua proprietà. Non a caso la Soprintendenza
nella nota di avvio di ufficio della procedura di verifica dell’interesse
culturale ha sostenuto la “inaffidabilità del Comune di Spezia” in relazione
all’avvio di questa procedura.
Loro sostengono che il
progetto non può essere modificato pena la perdita dei finanziamenti europei.
La Corte di
Giustizia, a conferma di un indirizzo che
gli oppositori al progetto avevano rilevato da tempo, lo scorso 14 novembre ha ulteriormente sancito che le modifiche come
quelle previste per il progetto di Piazza Verdi non rientrano nel concetto di
modifica che porta alla restituzione dei fondi (come prevista dal regolamento
quadro sui Fondi UE). Quindi se continuerà a coltivare il ricorso il Comune si
assumerà la responsabilità di allungare i tempi per il nuovo progetto
rischiando, in questo caso si, di perdere i finanziamenti europei.
Ora proveranno a dire
che ci sarà il TAR, che comunque se la revoca è parziale andranno avanti ai
lati…. Ci proveranno ma il progetto Buren Vannetti così come venne selezionato
è morto e dovrà essere presentato un nuovo progetto.
Per farlo rivivere nella sua completezza dovrebbero
dimostrare che i documenti ufficiali che hanno portato alla dichiarazione di
interesse culturale sulla intera piazza sono falsi. Questo è impossibile ovviamente. Potranno dire che sono stati interpretati
male? Forse, ma sarà tutto da dimostrare.
Ma comunque queste
sono e saranno sottigliezze giuridiche in realtà loro hanno perso perché sulla ricostruzione storica di Piazza
Verdi hanno dimostrato di fronte a tutta la città che non sapevano di cosa
parlavano e scrivevano, e questo lo
hanno fatto in atti ufficiali aventi valore di legge (bandi, relazioni, pareri
ufficiali).
Soprattutto
pur avendo avuto quasi 5 anni di tempo ( dal 2008, anno di approvazione della
prima ipotesi progettuale su Piazza Verdi, ad oggi) non hanno saputo trovare
atti ufficiali, documenti fotografici, articoli di giornali d’epoca che erano negli
archivi pubblici che loro avevano ed hanno l’obbligo di conservare e gestire.
Tutto
quanto sopra è agli atti ed è pubblico e non sarà nessuna cavillosa ( e allo
stato molto eventuale) sentenza del TAR
che potrà cancellare questa brutta figura del Sindaco Federici e dei suoi
uffici competenti alla istruttoria del progetto su Piazza Verdi.
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