La scorsa settimana ho partecipato ad una assemblea (QUI) organizzata
da un Comitato di cittadini locale (Salviamo la Campagna di Gricignano) nel Comune di
Sansepolcro in Provincia di Arezzo. Il tema dell’assemblea è stato quello della
possibile realizzazione di un impianto di produzione di conglomerato bituminoso
e produzione di granulato di conglomerato bituminoso prodotto dal trattamento
di rifiuti non pericolosi (miscele bituminose non contenenti catrame di carbone
e cemento).
Non voglio qui trattare la problematica specifica visto
che il progetto attualmente è archiviato. Invece assume un rilievo importante
non solo per il caso specifico ma per molti altri casi simili in giro per varie
Regioni. Nella assemblea tra gli amministratori comunali presenti e cittadini altri
rappresentanti politici ed il sottoscritto, si è sviluppata una discussione sul
seguente tema: quali poteri hanno i Sindaci e in generale i Comuni in relazione
al rapporto tra pianificazione urbanistica locale e localizzazione di industrie
insalubri di prima classe.
La questione deve essere affrontata attraverso fasi di
approfondimento successive come ho spiegato durante l’assemblea:
1. come si individua una industria insalubre di prima classe;
2. quale ruolo ha il Sindaco nella gestione delle sue
funzioni in materia di industrie insalubri di prima classe;
3. quali poteri ha una Amministrazione Comunale nel
disciplinare attraverso gli strumenti urbanistici (piani regolatori,
regolamenti, piani attuativi e varianti) la localizzazione e/o il divieto di
localizzazione di industrie insalubri di prima classe in una data area del
territorio di propria competenza.
Vediamo partitamente questi tre temi per poi aggiungere delle indicazioni su come regolamentare e controllare le industrie insalubri sull'intero territorio di un Comune …
COME SI CLASSIFICA IL CARATTERE INSALUBRE DI UNA ATTIVITÀ O IMPIANTO
Per definire insalubre non basta guardare solo l’elenco
delle attività di cui alla sezione C Parte I allegato al Decreto
Ministeriale del 1994 (vedi QUI) ma anche al ciclo produttivo della
attività/impianto da classificare quindi anche alle altre due sezioni della
Parte I:
1. sostanze utilizzate nel ciclo produttivo dell’impianto
(sezione A
2. prodotti/materiali trattati e prodotti dall’impianto (sezione
B).
Pe rimanere al caso dell’impianto previsto nel Comune di Sansepolcro dallo studio preliminare ambientale presentato per l’avvio della procedura di verifica di assoggettabilità a VIA si legge a pagina 25: “Si prevede la realizzazione di un impianto per la produzione di conglomerato bituminoso e recupero di rifiuti non pericolosi CER 17.03.02 (miscele bituminose diverse da quelle di cui alla voce 170301) da utilizzare per la generazione di granulato di conglomerato bituminoso”
Nell’elenco delle industrie insalubri ex Decreto del 1994 nella Parte I sezione B (prodotti) si legge:
- al punto 13: Asfalti e bitumi, scisti bituminosi,
conglomerati bituminosi - distillazione, preparazione, lavorazione
- al punto 106 vede: scisti bituminose (asfalti)
- al punto 100: rifiuti solidi.
Quindi anche se l’attività di produzione di conglomerato bituminoso non è elencata nelle attività della sezione C Parte I del Decreto 1994, l’impianto in questione è sicuramente industria insalubre di prima classe.
A conferma si veda un altro caso trattato nella
giurisprudenza del Consiglio di Stato: “nell’allegato alla lettera B) della parte
prima, che classifica le industrie insalubri di prima classe, in base ai
“Prodotti e materiali e fasi interessate dell'attività industriale”, indica al
punto n. 33, la “produzione di cementi” senza alcuna distinzione del sistema di
produzione e delle fasi di lavorazione; ne deriva già sotto tale profilo la
classificazione quale industria insalubre di prima classe”.
Le industrie insalubri di prima classe come afferma l’articolo
216 (QUI) del testo
unico leggi sanitarie: “devono essere isolate nelle campagne e tenute
lontane dalle abitazioni;”. Aggiunge questo articolo che chi vuole
realizzare una industria insalubre in un dato territorio deve provare che non
recherà nocumento alla salute pubblica ma, conclude la norma, il Sindaco se
ritiene non adeguate queste prove può vietare la localizzazione dell’impianto
sul territorio comunale.
Ampia discrezionalità del Consiglio Comunale nel valutare il tipo di abitato da cui tenere lontane le industrie insalubri.
Capita che Sindaci e Amministratori locali interpretino a
loro uso e consumo il concetto di abitazioni da cui tenere lontane le industrie
insalubri intendendole solo come centri abitati residenziali molto ampi. In realtà la
giurisprudenza ha chiarito che spetta al Sindaco valutare se l’impianto possa
arrecare danni anche ad insediamenti meno ampi anche solo sparsi e comunque ciò
che conta è il rischio per salute pubblica che l’impianto potrà produrre.
“Il Sindaco può valutare tutte le circostanze relative
alla vicinanza dell’impianto all’abitato, tenuto anche conto che l’art. 216 del
TULS riferisce la valutazione ad un concetto, quello di lontananza dalle
abitazioni, spiccatamente duttile avuto riguardo, in particolare, alla
tipologia di industria di cui concretamente si tratta” (sentenza Consiglio
di Stato, Sez. III, 24 settembre 2013, n. 4687).
IL RUOLO DEL SINDACO
È il Sindaco nella sua qualità di massima autorità a
tutela della salute pubblica ad esercitare le funzioni in materia di industrie
insalubri supportato dall'ASL o da altro soggetto istituzionale e non sempre su indicazione del Sindaco in quanto titolare della funzione.
Il Sindaco dopo aver verificato che l’impianto è nell’elenco del Decreto del 1994:
1. deve verificare in sede locale circa
l’effettiva nocività di strutture ed impianti adibiti all’attività medesima;
2. valutare il contesto
ambientale nel quale l’attività si svolge, nonché la eventuale attivazione di
soddisfacenti misure di salvaguardia (sentenza Consiglio di Stato n°1923 del 2020);
3. quindi, a prescindere dalla classificazione come insalubre
dell’impianto, è un dovere dell’autorità amministrativa comunale (in primis il
Sindaco) di accertare direttamente in sede locale l’esistenza in concreto della
nocività dell’impianto classificato ex lege;
4. se questo accertamento non avviene e il Sindaco si
limita a prendere atto del progetto di impianto è passibile di omissioni di
atti di ufficio e, se c’è un danno ai residenti prodotto dall’impianto, possono configurarsi ulteriori responsabilità penali in concorso con il gestore (sentenza Consiglio
di Stato n°1923 del 2020).
Concludendo sulla natura dei poteri del Sindaco in
materia di industrie insalubri: “La giurisprudenza consolidata di questo
Consiglio, infatti, ritiene che le disposizioni degli artt. 216 e 217 R.D. 27
luglio 1934, n. 1265, attribuiscano al Sindaco, ausiliato dalla struttura
sanitaria competente, il cui parere tecnico ha funzione consultiva ed
endoprocedimentale, un ampio potere di valutazione della tollerabilità o meno
delle lavorazioni provenienti dalle industrie, classificate “insalubri” per
contemperare le esigenze di pubblico interesse con quelle pur rispettabili
dell'attività produttiva, anche prescindendo da situazioni di emergenza (
cfr. Cons. Stato Sez. III, 12 giugno 2015, n. 2900 (QUI); Sez. V, 27 dicembre 2013, n. 6264 - QUI).”
LA GIURISPRUDENZA DEL CONSIGLIO DI STATO SU QUALI RAPPORTI TRA PIANIFICAZIONE URBANISTICA E LOCALIZZAZIONE
DI INDUSTRIE INSALUBRI DI PRIMA CLASSE
La legittimità di norme anche di tipo urbanistico che
pongono precise condizioni alla localizzazione di industrie insalubri di prima
classe
Il Consiglio di Stato ha dichiarato la legittimità del diniego del Comune sotto il profilo
urbanistico, in relazione alla previsione dell’art. 23 della NTA del Piano
particolareggiato, che vietava espressamente tali industrie nell’area in
questione, salva l’adozione da parte del gestore dell’impianto di particolari
interventi per evitare l’aggravio della salubrità e della qualità dell’ambiente
circostante e con la valutazioni indicate dal medesimo art. 23 delle NTA da parte
degli organi competenti in materia igienico-sanitaria ed ambientale circa
l’assenza di un aggravamento della salubrità ambientale
I poteri del Sindaco in materia di industrie insalubri a
prescindere dalle norme urbanistiche che definiscono le destinazioni funzionali
delle aree comunali
Aggiunge sul punto il Consiglio di Stato: “… il
Comune poteva valutare tutte le circostanze relative alla vicinanza
dell’impianto all’abitato, anche indipendentemente dalla previsione urbanistica
dell’art. 23, tenuto conto che l’art. 216 cit. riferisce la valutazione ad un
concetto, quello di <<lontananza dalle abitazioni>>, <<spiccatamente
duttile avuto riguardo, in particolare, alla tipologia di industria di cui
concretamente si tratta>> ( Consiglio di Stato Sez. III, 24
settembre 2013, n. 4687 - QUI) e che la discrezionalità che si esercita in
questa materia è ampia ( Consiglio di Stato Sez. IV, 15 dicembre 2011, n.
6612 - QUI).”.
L’ampia discrezionalità del Consiglio Comunale nel non approvare varianti che possano comportare la localizzazione di industrie insalubri di prima classe
Secondo Consiglio di Stato con sentenza n° 2941 del 12
aprile 2021: “il Consiglio Comunale nell’approvazione della variante
conserva integri i poteri di pianificazione comunale, potendo, quindi,
nell’esercizio della propria discrezionalità approvare o meno la proposta di
variante della conferenza di servizi, che non è vincolante.
Il Comune per individuare zone del proprio territorio senza industrie insalubri di prima classe non deve dimostrarne preventivamente la pericolosità in concreto la norma del TULS, che riguarda i profili sanitari della tutela dell’abitato, non limita di per sé il potere pianificatorio del Comune che può individuare specifiche aree dell’abitato destinate a zone produttive e, in tale ambito, anche zone destinate a particolari tipi di industrie con maggiore impatto sull’ambiente circostante, anche in relazione alla collocazione di tali aree rispetto ai nuclei abitati.
Nel caso di specie, tale potere non appare neppure
irragionevolmente esercitato, avendo previsto una specifica zona produttiva,
destinata alle industrie insalubri di prima classe, e una zona, in cui sono
consentiti impianti produttivi industriali e artigianali, con esclusione delle
industrie insalubri di prima classe, considerato che si tratta di zona vicina
ad abitazioni con la presenza anche di impianti artigianali.
CONCLUSIONI TORNANDO AL CASO DEL COMUNE DI SANSEPOLCRO DA
CUI NASCE QUESTO POST…
Quindi da quanto sopra riportato tornando al caso iniziale
del Comune di Sansepolcro, qui il Consiglio Comunale dovrebbe approvare una
variante che prevede la riorganizzazione dei capannoni di un’area industriale
ma chi è proprietario di tali capannoni e dell’area su cui insistono vuole
realizzarvi un impianto di produzione di conglomerato bituminoso quindi una
industria insalubre di prima classe.
Secondo la interpretazione della Amministrazione Comunale
la approvazione della variante è “atto dovuto” come una sorta di firma
di una cambiale in bianco lasciando poi all’imprenditore decidere se presentare
il progetto di industria insalubre di prima classe alla Regione per le relative
autorizzazioni.
Come risulta dalle sentenze del Consiglio di Stato sopra riportate, in particolare l’ultima, il Consiglio Comunale può anche votare questa variante ma inserendo una norma attuativa oppure inserendola nel regolamento urbanistico che preveda il divieto di localizzare industrie insalubri di prima classe in detta area.
Se l’Amministrazione e il Consiglio Comunale di Sansepolcro non vorranno seguire questo indirizzo, suffragato da ampia giurisprudenza del Consiglio di Stato, potranno motivare tutto questo come una scelta politica non certo un “atto dovuto”.
P.S. VOLENDO DAVVERO PIANIFICARE CORRETTAMENTE LA
LOCALIZZAZIONE DELLE INDUSTRIE INSALUBRI SU TUTTO IL TERRITORIO COMUNALE
Il ragionamento svolto sopra riguarda principalmente la
localizzazione di singole industrie insalubri di prima classe. Un Comune può
invece pianificare la localizzazione di dette industrie su tutto il territorio
di competenza e non solo per singoli casi, come risulta dallo schema di
regolamento tipo che allego QUI.
Come finanziare l’attività di controllo-pianificazione
delle industrie insalubri: l’onere ecologico
Tale onere risulta sconosciuto nella amministrazione
attiva dei Comuni, eppure è previsto dall'articolo 19 (L) del testo unico
edilizia in relazione ad attività industriali artigianali. Recita questo
articolo 19:
“Contributo di costruzione per opere o impianti non
destinati alla residenza.
1. Il permesso di costruire relativo a costruzioni o
impianti destinati ad attività industriali o artigianali dirette alla
trasformazione di beni ed alla prestazione di servizi comporta la
corresponsione di un contributo pari alla incidenza delle opere di
urbanizzazione, di quelle necessarie al trattamento e allo smaltimento dei
rifiuti solidi, liquidi e gassosi e di quelle necessarie alla sistemazione dei
luoghi ove ne siano alterate le caratteristiche. La incidenza di tali opere è
stabilita con deliberazione del consiglio comunale in base a parametri che la
regione definisce con i criteri di cui al comma 4, lettere a) e b)
dell’articolo 16 (a) all'ampiezza ed all'andamento demografico dei
comuni; b) alle caratteristiche geografiche dei comuni) nonché in relazione
ai tipi di attività produttiva.”
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