La risposta della
Direzione Generale Ambiente della Commissione UE alla petizione presentata all’apposita
Commissione del Parlamento europeo per l’unità galleggiante rigassificatrice di
Piombino è fondata principalmente su tre assunti:
1. non ci sono violazioni
della normativa Seveso (versione III - QUI) sui rischi di incidenti rilevanti da parte dell’Italia
in quanto una istruttoria è stata svolta
2. la Direttiva Seveso
III non prevede una specifica autorizzazione finale alla istruttoria prevista
da detta normativa per cui non ci sono violazioni della stessa nel caso di Piombino
Queste due tesi vanno
contestate perché sono state ripetute dai funzionari della DG-Ambiente della
Commissione UE alla recente audizione svolta alla Commissione Petizioni del
Parlamento europeo da parte delle associazioni della provincia di Savona sul
progetto di ricollocazione della unità rigassificatrice galleggiante da Piombino
a Vado. Ovviamente ci sono altri aspetti
nel caso di Vado che saranno sicuramente approfonditi in ulteriori memorie che
verranno inviate in attesa della ripresa dei lavori del Parlamento europeo dopo
le prossime elezioni.
Qui mi limito a contestare le due sopra elencate affermazioni dei funzionari della Direzione Ambiente della Commissione UE e da quanto scrivono i burocrati della UE e dall’analisi che svolgerò si ricava che dietro questa interpretazione minimalista della normativa Seveso c’è una chiara pregiudiziale politica a favore dei nuovi rigassificatori dovuta, come affermano la risposta della DG Ambiente UE, “La necessità di questo progetto specifico, come annunciato dalle rispettive autorità italiane, deriva dalla necessità di diversificare le fonti di approvvigionamento di gas per la sicurezza energetica nazionale a seguito della guerra in Ucraina”. Ma la pregiudiziale politica non può sostituirsi alle norme ambientali e non può giustificare affermazioni false come quella per cui la legge speciale italiana si limita ad applicare le deroghe alle norme ambientali comunitari per i singoli casi quando invece la legge nazionale stessa a prevedere una estensione generalizzata di queste deroghe ad una intera categoria di impianti: i rigassificatori galleggianti o meno.
LA QUESTIONE DELLA
VIOLAZIONE DELLA NORMATIVA SEVESO DA PARTE DELLA LEGGE NAZIONALE
I funzionari europei rimuovono
il fatto che la legge speciale italiana che disciplina la approvazione dei
nuovi rigassificatori, lo spostamento e la modifica di quelli esistenti.
Quindi la legge nazionale speciale fa riferimento solo ad
una parte delle problematiche di rischio quelle sugli incendi per gli impianti
in questione e addirittura rinvia ad una: “…decisione nazionale su come
affrontare la loro regolamentazione e applicazione in relazione a tali
piattaforme galleggianti di gassificazione, sia che si tratti di navi e di
trasporto di merci pericolose o della direttiva Seveso-III.”
In realtà progetti di
rigassificatori galleggianti o meno sono soggetti alla Seveso III visto che il
punto 18 dell’allegato I alla Direttiva fa riferimento a gas liquefatti
compreso il gas naturale e le soglie limite
della quantità di sostanza trattate da questi impianti sono quelle superiori
con piena applicazione della normativa Seveso in tutti i suoi aspetti.
Con questa risposta la DG Ambiente della Commissione UE rimuove quello che è compito della Commissione valutare se una legge nazionale è costruita in modo tale da permettere anche solo potenzialmente la violazione della direttiva Seveso III lasciando agli stati membri una discrezionalità nella applicazione della stessa che non esiste nel suo articolato.
Infatti secondo l’articolo 5 della legge 91/2022, l’autorizzazione assorbe anche le “autorizzazioni ai fini antincendio del DLgs 105/2015”. Questo DLgs ha recepito l’ultima versione della Direttiva Seveso (III) relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con la presenza di sostanze pericolose. Questa normativa non si applica solo al rischio di incendi ma a tutti i rischi incidentali di progetti come quelli disciplinati dall’articolo 5 della legge 91/2022 in esame, che prevedono:
1. un aumento delle potenzialità di
uso di rigassificatori esistenti (in termini di capacità di stoccaggio);
2. l’insediamento di navi di
rigassificazione che sostano al largo ma che devono essere collegate a terra
per portare il combustibile rigassificato ai terminali esistenti
(rigassificatori o condotte).
Ora, per entrambe le categorie di
progetti, sia nella ipotesi 1 che nella ipotesi 2 la normativa ex DLgs
105/2015 (c.d. Seveso III) si applica compiutamente. Il mero riferimento
agli incendi fa pensare invece ad una applicazione di questa normativa limitata
agli interventi previsti dalla legge 91/2022.
NON COMPLETA APPLICAZIONE DELLE NORME TECNICHE DI SICUREZZA DELLA SEVESO III
La affermazione della
DGAmbiente della Commissione UE sopra riportata di fatto costituisce una via libera
agli stati membri anche di non applicare le norme tecniche internazionali
integrative delle Migliore tecnologie disponibili previste dalle procedure
europee previste dalla normativa sulla Autorizzazione integrata ambientale
(AIA) che si applica ai rigassificatori anche in versione di unità
galleggianti.
Il punto C.4.1. dell’allegato C ALD GLS 105/2015 parte seconda richiede infatti che il gestore, nell’analisi degli eventi incidentali, effettui le scelte “della metodologia da adottare con riferimento allo stato dell’arte in materia ed alle specifiche caratteristiche del proprio stabilimento”) che, nel caso di specie, sono la “UNI EN ISO 20257-1:2020 - Installazioni ed equipaggiamenti per il gas naturale liquefatto - Progettazione di installazioni di GNL galleggianti – Parte 1: Requisiti generali” (QUI) e la “UNI EN ISO 20257-2:2021 - Installazioni ed equipaggiamenti per il gas naturale liquefatto - Progettazione di installazioni di GNL galleggianti – Parte 2: Questioni specifiche per le FSRU” (QUI).
L’allegato C della
Norma italiana corrisponde all’allegato II alla Direttiva Seveso III.
Le suddette norme tecniche richiedono CHE SI TENGA CONTO:
1. della densità del traffico marittimo,
2. dei risultati degli studi di manovrabilità in relazione, in particolare, alle partenze di emergenza,
3. degli effetti ambientali.
In ogni caso, la
norma tecnica UNI EN ISO 20257 richiede che le valutazioni estese al bacino
portuale, in cui si prevede di installare la FSRU, siano sviluppate già in fase
di studio di fattibilità per stabilire se l’area prescelta sia idonea.
Le suddette norme UNI non risultano prese in considerazione nella
documentazione ad oggi presentata da Snam in relazione al progetto oggetto
della presente Petizione.
I rigassificatori
terrestri sono assoggettati ad Autorizzazione Integrata Ambientale ai sensi
dell’allegato VIII al DLgs 152/2006 (recepimento Direttiva UE in materia) comprese
i rigassificatori offshore. Infatti il punto 1-4bis dell’allegato VIII
individua la seguente categoria di progetti sottoponibili ad AIA:” 1.4-bis
attività svolte su terminali di rigassificazione e altre installazioni
localizzate in mare su piattaforme
off-shore, esclusi quelli che non
effettuino alcuno scarico (ai sensi del Capo II del Titolo IV alla Parte Terza)
e le cui emissioni in
atmosfera siano esclusivamente
riferibili ad impianti ed attività scarsamente rilevanti di cui alla Parte I
dell'Allegato IV alla Parte Quinta”. Indiscutibile che nelle installazioni
localizzate in mare offshore rientrino le unità galleggianti di
rigassificazione come quella di Piombino, ed ora del proponendo progetto per
Vado Ligure, così come è indiscutibile che tali unità scarichino sostanze
inquinanti in mare.
L’articolo 29-bis
del DLgs 152/2006 recita: “L'autorizzazione
integrata ambientale é rilasciata tenendo conto di quanto indicato all'Allegato
XI alla Parte Seconda e le relative condizioni sono definite avendo a
riferimento le Conclusioni sulle BAT, salvo quanto previsto all'articolo
29-sexies, comma 9-bis, e all'articolo 29-octies. Nelle more della emanazione delle conclusioni
sulle BAT l'autorità competente utilizza
quale riferimento per stabilire le condizioni dell'autorizzazione le
pertinenti conclusioni sulle migliori tecniche disponibili, tratte dai
documenti pubblicati dalla Commissione europea in attuazione dell'articolo 16, paragrafo 2, della direttiva
96/61/CE (QUI) o dell'articolo 16,
paragrafo 2, della direttiva 2008/01/CE ”, ora vedi articoli 13, 14
e 15 Direttiva 2010/75/UE.
Risulta con
chiarezza che ordinariamente tutti i progetti sottoponibili ad AIA devono
vedere rispettate le BAT prodotte in sede UE per ogni singola categoria di
progetto/attività e recepite dagli stati membri. Esiste però una sorta di
deroga che è quella del comma 9-bis articolo 29-sexies del DLgs 152/2006, ma
questa deroga riguarda particolari condizioni che possono comportare limiti di
emissioni inquinanti meno severi di quelli stabilite della BAT di riferimento,
quindi, sempre alle BAT bisogna fare riferimento per rilasciare l’AIA sia pure
con la suddetta deroga che comunque deve essere adeguatamente motivata dalla
Autorità competente al rilascio dell’AIA con una apposita relazione allegata.
Inoltre,
nell’ultimo periodo del sopra citato comma 1 articolo 29-bis si afferma che nel
caso le BAT formalmente non abbiano concluso il loro iter di approvazione con
riferimento alla specifica categoria di opere sottoponibili ad AIA si fa
riferimento alle “pertinenti” conclusioni delle MTD tratta dai documenti UE.
Pertinenti significa assimilabili quanto meno per la tipologia degli impatti e
delle emissioni inquinanti.
Questa norma va
letta con la definizione di MTD ex lettera l-ter comma 1 articolo 5 DLgs
152/2006 per cui: “Nel determinare le migliori tecniche disponibili, occorre
tenere conto in particolare degli elementi di cui all'allegato XI”.
L’allegato XI da
una doppia lettura di come considerare gli elementi in esso contenuti. Infatti,
l’allegato all’inizio afferma: “Considerazioni da tenere presenti in generale o in un caso particolare nella
determinazione delle migliori tecniche disponibili, secondo quanto definito
all'art. 5, comma 1, lettera 1-ter), tenuto conto dei costi e dei benefici che
possono risultare da un'azione e del principio di precauzione e prevenzione”.
Quindi alla luce di
quanto sopra la mancata approvazione di BAT (QUI) specifiche applicabili ai rigassificatori in quanto tali non esclude che
si possono applicare nei procedimenti di rilascio dell’AIA ai rigassificatori,
unità galleggianti comprese, almeno i seguenti elementi tra quelli elencati
nell’allegato XI sopra citato:
2. Impiego di
sostanze meno pericolose.
3. Sviluppo di
tecniche per il ricupero e il riciclo delle sostanze emesse e usate nel
processo, e, ove opportuno, dei rifiuti.
4. Processi,
sistemi o metodi operativi comparabili, sperimentati con successo su scala
industriale.
5. Progressi in
campo tecnico e evoluzione, delle conoscenze in campo scientifico.
6. Natura, effetti
e volume delle emissioni in questione.
7. Date di messa in
funzione degli impianti nuovi o esistenti.
9. Consumo e natura
delle materie prime ivi compresa l'acqua usata nel processo e efficienza
energetica.
10. Necessità di
prevenire o di ridurre al minimo l'impatto globale sull'ambiente delle
emissioni e dei rischi.
11. Necessità di
prevenire gli incidenti e di ridurne le conseguenze per l'ambiente.
12. Indicazioni
oltre dei documenti di riferimento sulle BAT (BREF) già pubblicati,
informazioni scambiate tra gli stati membri sui valori di emissioni degli
impianti assoggettati ad AIA e ivi applicate, nonché altre informazioni
pubblicate dalla Commissione europea
sempre ai sensi della normativa sull’AIA o da organizzazioni internazionali
pubbliche.
Tutto questo se
correttamente applicato nei singoli procedimenti potrebbe non solo supplire
alla mancanza delle BAT ma permettere di tenere conto di misure di limitazione
dell’inquinamento anche al di sotto dei limiti di legge che tengano conto,
oltre che del principio di precauzione, anche quello di integrazione da cui la
possibilità di applicare norme più rigorose anche non strettamente contenute
nella disciplina dell’AIA ma che riguardano la tutela dell’ambiente e della
salute pubblica.
Peraltro, occorre
considerare quanto affermato nell’allegato alla DECISIONE DI ESECUZIONE (UE)
2021/2326 DELLA COMMISSIONE del 30 novembre 2021 (QUI) che stabilisce le conclusioni sulle migliori tecniche disponibili (BAT),
a norma della Direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del
Consiglio, per i grandi impianti di combustione.
In particolare
nelle Considerazioni Generali sulle BAT (punto 1) si afferma che “Se non
sono disponibili norme EN (QUI), la BAT consiste nell’applicare le norme ISO, le norme nazionali o
altre norme internazionali che assicurino di ottenere dati di qualità
scientifica equivalente“.
In realtà sono
applicabili le norme UNI sopra citate.
Le suddette norme tecniche richiedono che si prenda in considerazione:
1. la densità del traffico marittimo,
2. i risultati degli studi di manovrabilità in relazione, in particolare, alle partenze di emergenza,
3. gli effetti ambientali.
In particolare, relativamente agli effetti
ambientali il capitolo di riferimento è il 5 “Aspetti specifici di salute,
sicurezza e ambiente” cos’ articolato:
5.1 Generale
5.2 Considerazioni
ambientali relative al riscaldamento e al raffreddamento dell'acqua
5.3 Considerazioni
sulla sicurezza
5.3.1 Requisiti
generali
5.3.2 Vincoli di
layout
5.3.3 Vincoli di
layout rispetto all'ambiente circostante
5.3.4 Vincoli di
layout rispetto alla disposizione dell'impianto
5.3.5 Misure di
prevenzione dei rischi.
LA NECESSITÀ DI UNA ESPLICITA
AUTORIZZAZIONE FINALE PER GLI IMPIANTI CLASSIFICATI SEVESO III
Non si può sostenere, come fa la DG-Ambiente
della Commissione UE, che la dizione usata dalla legge nazionale qui contestata
sia frutto del fatto che la Direttiva UE sulla Seveso III non prevede una
esplicita autorizzazione necessaria lasciando allo stato membro ogni
decisione su come interpretare la disciplina della istruttoria sui progetti di
impianti assoggettati alla Direttiva Seveso III.
Infatti, non casualmente si vedano i seguenti articoli della Direttiva 2012/18/UE (Seveso III) sul controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose, recante modifica e successiva abrogazione della direttiva 96/82/CE del Consiglio.
Articolo 10 Rapporto di sicurezza: “6. Prima che il gestore dia inizio
alla costruzione o all'attività ovvero, nei casi previsti al paragrafo 3,
lettere b) e c), e al paragrafo 5 del presente articolo, l'autorità
competente, entro un termine ragionevole dal ricevimento del rapporto, comunica
al gestore le proprie conclusioni per quanto riguarda il rapporto di
sicurezza e, se del caso, ai sensi dell'articolo 19, vieta l'avvio o la
prosecuzione dell'attività dello stabilimento in questione.”
Articolo 19 Divieto di esercitare l’attività: “1. Gli Stati
membri vietano l'attività o l'avvio dell'attività di qualsiasi stabilimento,
impianto, deposito o parte di essi, qualora le misure adottate dal gestore per
la prevenzione e la riduzione di incidenti rilevanti siano nettamente
insufficienti. A tal fine, gli Stati membri tengono conto, tra l'altro, delle
gravi inadempienze nel porre in essere le necessarie azioni individuate dal
rapporto d'ispezione.
Gli Stati membri possono vietare
l'attività o l'avvio dell'attività di qualsiasi stabilimento, impianto,
deposito o parte di essi, qualora il gestore non abbia presentato, entro il
termine stabilito, la notifica, i rapporti o le altre informazioni di cui alla
presente direttiva.
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