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mercoledì 10 aprile 2024

Pianificazione urbanistica e industrie insalubri: da un caso indirizzi operativi per Sindaci e cittadini

La scorsa settimana ho partecipato ad una assemblea (QUI) organizzata da un Comitato di cittadini locale (Salviamo la Campagna di Gricignano) nel Comune di Sansepolcro in Provincia di Arezzo. Il tema dell’assemblea è stato quello della possibile realizzazione di un impianto di produzione di conglomerato bituminoso e produzione di granulato di conglomerato bituminoso prodotto dal trattamento di rifiuti non pericolosi (miscele bituminose non contenenti catrame di carbone e cemento).

Non voglio qui trattare la problematica specifica visto che il progetto attualmente è archiviato. Invece assume un rilievo importante non solo per il caso specifico ma per molti altri casi simili in giro per varie Regioni. Nella assemblea tra gli amministratori comunali presenti e cittadini altri rappresentanti politici ed il sottoscritto, si è sviluppata una discussione sul seguente tema: quali poteri hanno i Sindaci e in generale i Comuni in relazione al rapporto tra pianificazione urbanistica locale e localizzazione di industrie insalubri di prima classe.

La questione deve essere affrontata attraverso fasi di approfondimento successive come ho spiegato durante l’assemblea:

1. come si individua una industria insalubre di prima classe;

2. quale ruolo ha il Sindaco nella gestione delle sue funzioni in materia di industrie insalubri di prima classe;

3. quali poteri ha una Amministrazione Comunale nel disciplinare attraverso gli strumenti urbanistici (piani regolatori, regolamenti, piani attuativi e varianti) la localizzazione e/o il divieto di localizzazione di industrie insalubri di prima classe in una data area del territorio di propria competenza.

 

Vediamo partitamente questi tre temi per poi aggiungere delle indicazioni su come regolamentare e controllare le industrie insalubri sull'intero territorio di un Comune … 


COME SI CLASSIFICA IL CARATTERE INSALUBRE DI UNA ATTIVITÀ O IMPIANTO 

Per definire insalubre non basta guardare solo l’elenco delle attività di cui alla sezione C Parte I allegato al Decreto Ministeriale del 1994 (vedi QUI) ma anche al ciclo produttivo della attività/impianto da classificare quindi anche alle altre due sezioni della Parte I:

1. sostanze utilizzate nel ciclo produttivo dell’impianto (sezione A

2. prodotti/materiali trattati e prodotti dall’impianto (sezione B).

 

Pe rimanere al caso dell’impianto previsto nel Comune di Sansepolcro dallo studio preliminare ambientale presentato per l’avvio della procedura di verifica di assoggettabilità a VIA si legge a pagina 25: “Si prevede la realizzazione di un impianto per la produzione di conglomerato bituminoso e recupero di rifiuti non pericolosi CER 17.03.02 (miscele bituminose diverse da quelle di cui alla voce 170301) da utilizzare per la generazione di granulato di conglomerato bituminoso

Nell’elenco delle industrie insalubri ex Decreto del 1994 nella Parte I  sezione B (prodotti) si legge:

- al punto 13: Asfalti e bitumi, scisti bituminosi, conglomerati bituminosi - distillazione, preparazione, lavorazione

- al punto 106 vede: scisti bituminose (asfalti)

al punto 100: rifiuti solidi.

Quindi anche se l’attività di produzione di conglomerato bituminoso non è elencata nelle attività della sezione C Parte I del Decreto 1994, l’impianto in questione è sicuramente industria insalubre di prima classe.

 

A conferma si veda un altro caso trattato nella giurisprudenza del Consiglio di Stato: “nell’allegato alla lettera B) della parte prima, che classifica le industrie insalubri di prima classe, in base ai “Prodotti e materiali e fasi interessate dell'attività industriale”, indica al punto n. 33, la “produzione di cementi” senza alcuna distinzione del sistema di produzione e delle fasi di lavorazione; ne deriva già sotto tale profilo la classificazione quale industria insalubre di prima classe”.

 

LE NORME DI RIFERIMENTO DELLE INDUSTRIE INSALUBRI  

Le industrie insalubri di prima classe come afferma l’articolo 216 (QUI) del testo unico leggi sanitarie: “devono essere isolate nelle campagne e tenute lontane dalle abitazioni;”. Aggiunge questo articolo che chi vuole realizzare una industria insalubre in un dato territorio deve provare che non recherà nocumento alla salute pubblica ma, conclude la norma, il Sindaco se ritiene non adeguate queste prove può vietare la localizzazione dell’impianto sul territorio comunale.


Ampia discrezionalità del Consiglio Comunale nel valutare il tipo di abitato da cui tenere lontane le industrie insalubri.

Capita che Sindaci e Amministratori locali interpretino a loro uso e consumo il concetto di abitazioni da cui tenere lontane le industrie insalubri intendendole solo come centri abitati residenziali molto ampi. In realtà la giurisprudenza ha chiarito che spetta al Sindaco valutare se l’impianto possa arrecare danni anche ad insediamenti meno ampi anche solo sparsi e comunque ciò che conta è il rischio per salute pubblica che l’impianto potrà produrre.

Il Sindaco può valutare tutte le circostanze relative alla vicinanza dell’impianto all’abitato, tenuto anche conto che l’art. 216 del TULS riferisce la valutazione ad un concetto, quello di lontananza dalle abitazioni, spiccatamente duttile avuto riguardo, in particolare, alla tipologia di industria di cui concretamente si tratta” (sentenza Consiglio di Stato, Sez. III, 24 settembre 2013, n. 4687).

  

 


 


IL RUOLO DEL SINDACO

È il Sindaco nella sua qualità di massima autorità a tutela della salute pubblica ad esercitare le funzioni in materia di industrie insalubri supportato dall'ASL o da altro soggetto istituzionale e non sempre su indicazione del Sindaco in quanto titolare della funzione.

Il Sindaco dopo aver verificato che l’impianto è nell’elenco del Decreto del 1994

1. deve verificare in sede locale circa l’effettiva nocività di strutture ed impianti adibiti all’attività medesima;

2. valutare il contesto ambientale nel quale l’attività si svolge, nonché la eventuale attivazione di soddisfacenti misure di salvaguardia (sentenza Consiglio di Stato n°1923 del 2020);

3. quindi, a prescindere dalla classificazione come insalubre dell’impianto, è un dovere dell’autorità amministrativa comunale (in primis il Sindaco) di accertare direttamente in sede locale l’esistenza in concreto della nocività dell’impianto classificato ex lege;

4. se questo accertamento non avviene e il Sindaco si limita a prendere atto del progetto di impianto è passibile di omissioni di atti di ufficio e, se c’è un danno ai residenti prodotto dall’impianto, possono configurarsi ulteriori responsabilità penali in concorso con il gestore (sentenza Consiglio di Stato n°1923 del 2020).

 

Concludendo sulla natura dei poteri del Sindaco in materia di industrie insalubri: “La giurisprudenza consolidata di questo Consiglio, infatti, ritiene che le disposizioni degli artt. 216 e 217 R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, attribuiscano al Sindaco, ausiliato dalla struttura sanitaria competente, il cui parere tecnico ha funzione consultiva ed endoprocedimentale, un ampio potere di valutazione della tollerabilità o meno delle lavorazioni provenienti dalle industrie, classificate “insalubri” per contemperare le esigenze di pubblico interesse con quelle pur rispettabili dell'attività produttiva, anche prescindendo da situazioni di emergenza ( cfr. Cons. Stato Sez. III, 12 giugno 2015, n. 2900 (QUI); Sez. V, 27 dicembre 2013, n. 6264QUI).

 

 

 

LA GIURISPRUDENZA DEL CONSIGLIO DI STATO SU QUALI RAPPORTI TRA PIANIFICAZIONE URBANISTICA E LOCALIZZAZIONE DI INDUSTRIE INSALUBRI DI PRIMA CLASSE


La legittimità di norme anche di tipo urbanistico che pongono precise condizioni alla localizzazione di industrie insalubri di prima classe

Il Consiglio di Stato ha dichiarato la legittimità del diniego del Comune sotto il profilo urbanistico, in relazione alla previsione dell’art. 23 della NTA del Piano particolareggiato, che vietava espressamente tali industrie nell’area in questione, salva l’adozione da parte del gestore dell’impianto di particolari interventi per evitare l’aggravio della salubrità e della qualità dell’ambiente circostante e con la valutazioni indicate dal medesimo art. 23 delle NTA da parte degli organi competenti in materia igienico-sanitaria ed ambientale circa l’assenza di un aggravamento della salubrità ambientale

 

I poteri del Sindaco in materia di industrie insalubri a prescindere dalle norme urbanistiche che definiscono le destinazioni funzionali delle aree comunali

Aggiunge sul punto il Consiglio di Stato: “… il Comune poteva valutare tutte le circostanze relative alla vicinanza dell’impianto all’abitato, anche indipendentemente dalla previsione urbanistica dell’art. 23, tenuto conto che l’art. 216 cit. riferisce la valutazione ad un concetto, quello di <<lontananza dalle abitazioni>>, <<spiccatamente duttile avuto riguardo, in particolare, alla tipologia di industria di cui concretamente si tratta>> ( Consiglio di Stato Sez. III, 24 settembre 2013, n. 4687QUI) e che la discrezionalità che si esercita in questa materia è ampia ( Consiglio di Stato Sez. IV, 15 dicembre 2011, n. 6612 - QUI).”.

 

L’ampia discrezionalità del Consiglio Comunale nel non approvare varianti che possano comportare la localizzazione di industrie insalubri di prima classe

Secondo Consiglio di Stato con sentenza n° 2941 del 12 aprile 2021: “il Consiglio Comunale nell’approvazione della variante conserva integri i poteri di pianificazione comunale, potendo, quindi, nell’esercizio della propria discrezionalità approvare o meno la proposta di variante della conferenza di servizi, che non è vincolante.

Il Comune per individuare zone del proprio territorio senza industrie insalubri di prima classe non deve dimostrarne preventivamente la pericolosità in concreto la norma del TULS, che riguarda i profili sanitari della tutela dell’abitato, non limita di per sé il potere pianificatorio del Comune che può individuare specifiche aree dell’abitato destinate a zone produttive e, in tale ambito, anche zone destinate a particolari tipi di industrie con maggiore impatto sull’ambiente circostante, anche in relazione alla collocazione di tali aree rispetto ai nuclei abitati.

Nel caso di specie, tale potere non appare neppure irragionevolmente esercitato, avendo previsto una specifica zona produttiva, destinata alle industrie insalubri di prima classe, e una zona, in cui sono consentiti impianti produttivi industriali e artigianali, con esclusione delle industrie insalubri di prima classe, considerato che si tratta di zona vicina ad abitazioni con la presenza anche di impianti artigianali.


 


CONCLUSIONI TORNANDO AL CASO DEL COMUNE DI SANSEPOLCRO DA CUI NASCE QUESTO POST…

Quindi da quanto sopra riportato tornando al caso iniziale del Comune di Sansepolcro, qui il Consiglio Comunale dovrebbe approvare una variante che prevede la riorganizzazione dei capannoni di un’area industriale ma chi è proprietario di tali capannoni e dell’area su cui insistono vuole realizzarvi un impianto di produzione di conglomerato bituminoso quindi una industria insalubre di prima classe.

Secondo la interpretazione della Amministrazione Comunale la approvazione della variante è “atto dovuto” come una sorta di firma di una cambiale in bianco lasciando poi all’imprenditore decidere se presentare il progetto di industria insalubre di prima classe alla Regione per le relative autorizzazioni.

Come risulta dalle sentenze del Consiglio di Stato sopra riportate, in particolare l’ultima, il Consiglio Comunale può anche votare questa variante ma inserendo una norma attuativa oppure inserendola nel regolamento urbanistico che preveda il divieto di localizzare industrie insalubri di prima classe in detta area.

Se l’Amministrazione e il Consiglio Comunale di Sansepolcro non vorranno seguire questo indirizzo, suffragato da ampia giurisprudenza del Consiglio di Stato, potranno motivare tutto questo come una scelta politica non certo un “atto dovuto”.

 


 

P.S. VOLENDO DAVVERO PIANIFICARE CORRETTAMENTE LA LOCALIZZAZIONE DELLE INDUSTRIE INSALUBRI SU TUTTO IL TERRITORIO COMUNALE

Il ragionamento svolto sopra riguarda principalmente la localizzazione di singole industrie insalubri di prima classe. Un Comune può invece pianificare la localizzazione di dette industrie su tutto il territorio di competenza e non solo per singoli casi, come risulta dallo schema di regolamento tipo che allego QUI.

 

Come finanziare l’attività di controllo-pianificazione delle industrie insalubri: l’onere ecologico

Tale onere risulta sconosciuto nella amministrazione attiva dei Comuni, eppure è previsto dall'articolo 19 (L) del testo unico edilizia in relazione ad attività industriali artigianali. Recita questo articolo 19:

Contributo di costruzione per opere o impianti non destinati alla residenza. 

1. Il permesso di costruire relativo a costruzioni o impianti destinati ad attività industriali o artigianali dirette alla trasformazione di beni ed alla prestazione di servizi comporta la corresponsione di un contributo pari alla incidenza delle opere di urbanizzazione, di quelle necessarie al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti solidi, liquidi e gassosi e di quelle necessarie alla sistemazione dei luoghi ove ne siano alterate le caratteristiche. La incidenza di tali opere è stabilita con deliberazione del consiglio comunale in base a parametri che la regione definisce con i criteri di cui al comma 4, lettere a) e b) dell’articolo 16 (a) all'ampiezza ed all'andamento demografico dei comuni; b) alle caratteristiche geografiche dei comuni) nonché in relazione ai tipi di attività produttiva.”

Ebbene il Consiglio di Stato (QUI) ha chiarito come usare l’onere ecologico anche e proprio al fine di finanziare le attività di autorizzazione e controllo delle industrie insalubri in attuazione del regolamento sopra richiamato con apposito link per scaricarlo. 

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