Il progetto oggetto del presente post riguarda la
realizzazione di un’infrastruttura autostradale di collegamento tra la
Valfontanabuona e l’Autostrada A 12 Genova – Roma che coinvolge il territorio
dei Comuni di Rapallo, Moconesi, Cicagna e Tribogna.
Tale progetto è caratterizzato da n. 4 macrocategorie di
opere/interventi principali:
1.variante del tracciato dell’autostrada A12 esistente
finalizzata alla creazione di un nuovo svincolo autostradale;
2. nuovo svincolo a quattro rampe con relative corsie
specializzate, per realizzare le connessioni tra il collegamento con la Val
Fontanabuona (rampa principale) e l’Autostrada A12, in entrambe le direzioni
(Genova e Livorno);
3. rampa principale, costituente il vero e proprio
collegamento tra l’autostrada A12 e la Val Fontanabuona, composta da due
gallerie;
4. adeguamento della Strada Provinciale n. 22 esistente
nel tratto tra la stazione di esazione e l’intersezione con la SP 225, in
località Ferrada di Moconesi.
Un opera a rilevante impatto ambientale tanto che è stato
assoggettata per legge alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale
(VIA). Un impatto ambientale ma anche sociale ed urbanistico visto che l’opera
stravolge la vita e le proprietà insieme con la storia di molte famiglie della
zona di Rapallo in primo luogo.
La suddetta procedura di VIA si è conclusa all’inizio di
marzo con un pronunciamento favorevole da parte del Ministero dell’Ambiente di
concerto con quello della Cultura relativamente agli aspetti paesaggistici.
Il comitato dei cittadini contrari al progetto ha
presentato ricorso al Tar del Lazio, con il supporto legale dell’Avvocato Piera Sommovigo e il
sottoscritto.
Di seguito analizziamo gli aspetti più rilevanti del
contenuto del ricorso e quindi dei principali profili di illegittimità del
provvedimento ministeriale suddetto.
UNA PREMESSA DI PRINCIPIO
Come si dimostrerà di seguito analizzando i singoli vizi
rilevati nel ricorso, il procedimento che ha portato ad un giudizio di VIA
positivo del Progetto si fonda su una visione distorta di questa metodologia di
valutazione.
Fin dal momento in cui questo progetto è stato presentato è stato sostenuto da amministratori locali, politici vari come un progetto che doveva essere realizzato a prescindere da qualsiasi legge e procedura autorizzatoria, come se queste fossero delle formalità burocratiche.
Per la VIA invece non esistono opere valide a prescindere da una corretta valutazione degli impatti ambientali economici e sociali che producono e possono produrre.
Se così non fosse, cioè se per certe opere la VIA servisse
solo per giustificare la realizzazione del progetto (magari con qualche
prescrizione), tanto varrebbe abrogare questa procedura una volta per tutte e in un certo senso ci stiamo arrivando a prescindere da questo progetto come ho avuto modo di spiegare QUI.
In realtà nella VIA: “l’accento deve essere messo sul
processo piuttosto che sul prodotto, favorendo le procedure partecipative, i
processi progettuali interattivi in cui la valutazione diventa motore per
soluzioni più adatte” (“Ecologia dell’Impatto Ambientale” – V. Bettini).
Nel caso del progetto del tunnel (il prodotto) si è
scelta la soluzione più adatta ad Autostrade SpA non alla specificità del sito
in cui detto progetto dovrebbe essere localizzato.
VEDIAMO IN SINTESI I PRINCIPALI PROFILI DI ILLEGITTIMITà CONTENUTI NEL RICORSO
1. Mancato rispetto dei termini di presentazione delle
Integrazioni richieste dal Ministero della Cultura (MIC).
a) Nel procedimento di VIA il Ministero della Cultura ha presentato ad Autostrade SpA richiesta di integrazioni in date 17 giugno 2022.
b) Autostrade SpA chiede un a proroga di 30 giorni ulteriori
per presentare le integrazioni.
c) Scaduta la proroga Autostrade non presenta alcuna
integrazione.
d) Successivamente il Ministero dell’Ambiente (MASE) ha
presentato una nuova richiesta di integrazioni pubblicata il 23 febbraio 2023.
Alla richiesta il MASE ha allegato la richiesta di integrazioni presentata dal
MIC alla quale come abbiamo visto Autostrade non aveva risposto.
Il Mase non poteva allegare le integrazioni scadute del
MIC perché in base al comma 4-bis dell’articolo 24 DLgs 152/2006 quest’ultimo Ministero
avrebbe dovuto archiviare il procedimento di VIA. Recita detto comma 4-bis: “Qualora,
entro il termine assegnato, il proponente non presenti la documentazione
integrativa ovvero, all'esito di una nuova verifica, da effettuarsi, da parte
del Ministero della cultura, nel termine di quindici giorni dalla presentazione
delle integrazioni richieste, la documentazione risulti nuovamente incompleta,
l'istanza si intende respinta e il Ministero della cultura ne dà comunicazione
al proponente e all'autorità competente, cui è fatto obbligo di procedere
all'archiviazione. “
Come si vede, dalla norma sopra citata, il MASE non può sanare la mancata
presentazione delle integrazioni al MIC perché la legge di fatto stabilisce che
scaduto i termini senza presentazione delle integrazioni lo stesso MASE è
obbligato ad archiviare il procedimento.
Il comitato dei citaddini contrario al progetto aveva
notificato al MASE e al MIC una richiesta di archiviazione alla quale non ha
ricevuto risposta.
Concludo su questo vizio ricordando che principio
generale del procedimento di VIA affermato dal comma 7 articolo 25 DLgs
152/2006 è che tutti i termini dello stesso sono perentori non ordinatori,
quindi devono essere rispettati obbligatoriamente pena la archiviazione del
procedimento e il rigetto della istanza di VIA.
2. Se chiedo integrazioni che di fatto comportano uno
stravolgimento del progetto presentato vuol dire che questo non era
valutabile e l’istanza di VIA andava
archiviata fin dall’inizio.
Si veda il punto iii) lettera g) del paragrafo 2 dell’articolo 2 della Direttiva 2011/92/UE (Direttiva VIA) secondo il quale “il proponente del progetto deve fornire nello studio di impatto ambientale informazioni pertinenti in modo da mettere la autorità competente di valutare ex ante gli effetti significativi sull’ambiente del progetto”.
Le integrazioni richieste dal Mase sono estremamente
radicali, ad esempio:
1. Approfondire il confronto delle alternative da un
punto di vista ambientale, non limitando l’analisi ai soli aspetti progettuali
e socio-economici.
2. Mancata valutazione di problemi di instabilità
idrogeologica e in generale di difesa del suolo
3. Rivedere il contrasto con il quadro programmatorio e
pianificatorio vigente sia comunale che sovracomunale
4. Necessità di varianti alla pianificazione urbanistica
vigente di ben 4 Comuni
5. Mancata valutazione degli impatti sulla biodiversità e
sulle sorgenti presente nell’area interessata dal progetto.
Di fatto non sono integrazioni ma la richiesta di un nuovo progetto per cui l’Autorità Competente (il MASE) avrebbe dovuto respingere l’istanza di VIA e il proponente avrebbe dovuto presentare un nuovo progetto e riavviare il procedimento di VIA. Questo perchè l’autorità competente deve valutare l’impatto di un progetto non migliorarlo per poi avere le giustificazioni per approvarlo!
Invece c’era semmai un altro momento, diverso da
quello delle integrazioni, in cui la
Commissione VIA del Ministero ambiente avrebbe dovuto chiedere di colmare le
lacune del progetto. Questo momento è descritto dal comma 3 articolo 23 del
DLgs 152/2006: “3. Entro quindici giorni dalla presentazione dell'istanza di
VIA l'autorità competente verifica la completezza della documentazione, ...
Qualora la documentazione risulti incompleta, l'autorità competente richiede al
proponente la documentazione integrativa, assegnando per la presentazione un
termine perentorio non superiore a trenta giorni. Qualora entro il termine
assegnato il proponente non depositi la documentazione integrativa, ovvero
qualora all'esito della nuova verifica, da
effettuarsi da parte dell'autorità competente nel termine di quindici
giorni, la documentazione risulti ancora incompleta, l'istanza si intende
ritirata ed é fatto obbligo all'autorità competente di procedere all'archiviazione.”
Quindi per queste mancanze, ai sensi del citato comma 3 articolo 23 del DLgs 152/2006, il MASE avrebbe dovuto decidere l’archiviazione già nelle fasi iniziali del procedimento.
3. La inadeguatezza del progetto è confermata dalle prescrizioni del giudizio di VIA.
Primo esempio di questa illegittimità è dimostrato dal fatto che nonostante le richieste di integrazioni chiedessero di colmare la lacuna progettuale sulla instabilità idrogeologica dell’area interessata, le prescrizioni allegate al Decreto Ministeriale che ha concluso il procedimento di VIA affermano quanto segue: “Per la Frana attiva in loc. Aveno di Tribogna, sarà necessario predisporre la progettazione delle opere di stabilizzazione del dissesto finalizzate alla riclassificazione del Piano di Bacino e dovrà essere acquisito il parere di compatibilità ex art. 17 delle Norme di Attuazione del Piano di Bacino del torrente Lavagna
Secondo esempio è la trasformazione delle
richieste di integrazioni in materia di reticoli idrici nelle prescrizioni
allegate al Decreto . Infatti si legge nel Parere della Commissione VIA
allegato al Decreto conclusivo del procedimento di VIA, pagina 139, quanto
segue: “Il Proponente deve approfondire con uno studio in cui, avvalendosi
di idoneo modello di simulazione e di apposita rappresentazione cartografica,
sia ricostruito il modello di circolazione delle acque sotterranee nelle
condizioni AO, CO e PO. Lo studio, i cui parametri dovranno essere calibrati e
validati utilizzando le misure di campo disponibili eventualmente integrate con
nuove misure ove ritenute insufficienti, dovrà analizzare tutte le interferenze
tra gli esistenti punti d’acqua (pozzi, sporgenti), evidenziando i casi in cui
le interferenze stesse determineranno il venir meno dei punti d’acqua e le
soluzioni alternative previste per garantire l’approvvigionamento idrico con
nuovi punti d’acqua di pari portata”.
A questi due esempi occorre aggiungere che dagli atti della istruttoria di VIA emerge che:
1. mancano indagini geognostiche e geofisiche profonde
finalizzate ad indagare il contesto geologico e idrogeologico interessato dal
tracciato delle gallerie.
2. il progetto esecutivo potrà avere modifiche sostanziali e
di carattere ambientale importanti e significative.
Terzo esempio sono le integrazioni richieste dal
MIC che, come si riporta a stralcio, erano in particolare:
- valutazione delle possibili interferenze tra gli abitati storici e la nuova opera;
- sviluppo localizzativo puntuale dei viadotti, delle opere sviluppate all’aperto, degli imbocchi e delle aree di riferimento dello smarrino, con sovrapposizione per l’areale di riferimento con la situazione vincolistica;…”
Queste integrazioni non sono mai state presentate completamente (neppure con le integrazioni volontarie presentate fuori termini da Autostrade SpA) tanto che il MIC nel parere finale, che ha portato al concerto con il MASE per emanare il Decreto di VIA positivo, afferma: “Dovrà essere sottoposta alla valutazione dei competenti Uffici ministeriali (MiC) la documentazione progettuale esecutiva di tutte le opere da realizzare (viadotti ed imbocchi, sistemazioni fluviali, paramenti delle opere murarie, ed altro), redatta a scala adeguata.”
Appare palese la contraddizione tra quanto richiesto
nelle integrazioni con la prescrizione in sede di Parere finale del MIC per la
concertazione con il MASE, tanto che come risulta agli atti non è stata
rilasciata la autorizzazione paesaggistica.
La mancata presentazione delle complete integrazioni avrebbe dovuto portare al rigetto del progetto e alla relativa archiviazione ai sensi del comma 4-bis articolo 24 DLgs 152/2006 altro che dare VIA positiva con prescrizioni.
I tre esempi sopra descritti significano che, a prescindere dalla
questione del mancato rispetto dei termini riportata nei primi due vizi
precedentemente riportati, sono stati violati l’ultimo periodo del comma 4 e il comma 4-bis dell’articolo 24 DLgs
152/2006. In altri termini non avendo Autostrade SpA ottemperato nel merito alle
richieste di integrazioni, l’Autorità Competente avrebbe dovuto respingere la
istanza di VIA non trasformare queste in prescrizioni come effettivamente
avvenuto.
4. La declassificazione del rischio idrogeologico: violazione comma 2 articolo 19 dlgs 152/2006. La necessità della declassificazione doveva essere sollevata in sede di avvio del procedimento perchè questa lacuna era un elemento di improcedibilità della VIA.
Con apposito provvedimento la Regione ha declassificato
il rischio idrogeologico legato all’abbancamento di materiale per i lavori una
volta aperto il cantiere del progetto. Questa declassificazione è avvenuta in
pieno procedimento di VIA di fatto aggirando il vincolo che a situazione
previgente avrebbe prodotto la improcedibilità del progetto in questione.
Si veda il seguente passaggio, riportato a stralcio, del Parere della Regione (in sede di procedimento di VIA in corso precedente alla suddetta modifica):
“Inoltre nello stesso parere erano state evidenziate le attività che si sarebbero dovuto svolgere prima della approvazione del progetto quali ad esempio il progetto stabilizzazione della Frana attiva in loc. Aveno di Tribogna, sistema monitoraggio Frana attiva in loc. Mulino e aggiornamento del progetto alle Norme Tecniche per le Costruzioni di cui al DM 17/01/2018”.
Quindi per concludere sul punto la Regione con un atto
amministrativo ha di fatto aggirato un vincolo di improcedibilità della VIA che
invece doveva essere valutato in termini di compatibilità e sostenibilità
idrogeologica in sede di procedimento.
5. Violazione della normativa sulla valutazione della non
conformità urbanistica e territoriale. Mancanza della Valutazione Ambientale Strategica (VAS).
Nelle pagine 6 e 7 del Parere della Commissione VIA si
legge: “è necessario che il quadro programmatico di riferimento sia revisionato
e aggiornato eliminando i riferimenti errati e implementando quelli incompleti,
come sopra precisato.”
Anche da questa sintetica citazione risulta con chiarezza
la necessità di variante alla pianificazione urbanistica vigente come meglio
motivato nel ricorso.
Inoltre nel Parere della Regione Liguria, pubblicato sul sito del MASE il 5 febbraio 2024, si legge: “Il progetto dell’opera è parte dello scenario di sviluppo del sistema della mobilità ligure definito nel Piano Regionale Integrato delle Infrastrutture, della Mobilità e dei Trasporti (PRIIMT): le previsioni del PRIIMT relative agli interventi invarianti prevalgono sulle previsioni contenute negli strumenti urbanistici comunali e vincolano la pianificazione territoriale di livello comunale con effetto di integrazione della stessa e, in caso di contrasto, di prevalenza su di essa”
L'automatismo descritto nel Parere della Regione sulla non necessità di variante urbanistica non può escludere, sotto il profilo ambientale, l’obbligo di Valutazione Ambientale Strategica (VAS) per due motivi:
1. il DLgs 152/2q006 (legge nazionale che precede
la legge regionale citata nel parere sopra riportato), non prevede questo
automatismo se non per determinati strumenti di pianificazione sovraordinata a
livello locale quali: piani regolatori
portuali e i piani di sviluppo aeroportuale;
2. i piani urbanistici locali dei Comuni interessati dal
progetto di Tunnel non hanno avuto una VAS in quanto non aggiornati alle norme
urbanistiche regionali vigenti. In questo caso viene in gioco una norma rimossa
in questo procedimento: l’articolo 5
della legge 106/2011 secondo il quale uno strumento urbanistico che va in
variante ad un piano che non ha avuto la VAS deve quanto meno essere sottoposto
a verifica di VAS.
Ma c’è di più e ancora più significativo perché, anche se si ritenesse non fondato quanto sopra affermato, comunque occorreva una variante al PTCP e relativa VAS della stessa visto che sia di fronte ad un’opera soggetta a VIA. Infatti come ha affermato il Consiglio di Stato (sentenza n. 5658 del 11/12/2015) le varianti automatiche di piani urbanistici locali non sono applicabili ai piani sovraordinati (come il Paesistico), per questi ultimi la variante richiederà la Valutazione Ambientale Strategica (VAS).
Come afferma il Parere MIC, espresso in sede di conclusione del procedimento di VIA, a pagina7: “VERIFICATO pertanto che l’intero areale di intervento risulta sottoposto a tutela paesaggistica secondo le previsioni dell’art. 134 del Codice”
Come afferma anche il Parere del MIC (pagine 6 e 7)
l’intervento riguarda areali interessati dal PTCP con regimi di Mantenimento
ISMA; Modificabilità di tipo B; Mantenimento ANI-MA.
Come dimostriamo nel ricorso le norme attuative del PTCP (articolo 49 e 52) non permettono interventi come quello di cui parliamo nelle aree classificate Isma e Anima
Non solo ma a chiusura si veda all’articolo 31 delle
norme attuative del PTCP:”3.Le
previsioni di nuove grandi infrastrutture, non recepite dal Piano, potranno
essere attuate soltanto a seguito dell'aggiornamento dello stesso nei modi e
con le verifiche stabiliti dalla legislazione regionale in materia.”
6. Non adeguata valutazione dell'impatto sulla salute pubblica dellla popolazione interessata dal progetto.
Come risulta dal Parere della Commissione VIA (vedi
pagine 98-99) il SIA si è limitato ad una descrizione generica sui potenziali
impatti sanitari legati agli inquinanti emessi sia in fase costruttiva che
operativa dell’opera.
Non è chiara la metodologia usata per redigere la sezione
popolazione salute pubblica del SIA anche ad esempio con riferimento alle linee
guida Ispra SNPA “PER LA VALUTAZIONE INTEGRATA DI IMPATTO AMBIENTALE E
SANITARIO (VIIAS) NELLE PROCEDURE DI AUTORIZZAZIONE AMBIENTALE (VAS, VIA, AIA)”
7. Rumore e impatto sulla salute
pubblica: violazione allegato III Direttiva UE 2020/367.
Relativamente all’impatto sul rumore Lo Studio di Impatto Ambientale (SIA) presentato da Autostrade SpA e, successivamente il
parere della Commissione VIA (pagina 98-99) fanno riferimento ai soli limiti di
legge delle emissioni acustiche.
In realtà anche alla
luce delle carenze generali esposte nel precedente punto 6 in materia di
valutazione dell’impatto sulla salute pubblica del progetto in questione era
necessaria una valutazione più strettamente legata al rapporto tra inquinamento
da rumore e tutela della salute pubblica.
La nuova
versione dell’allegato III alla Direttiva 2002/49/CE è stata recepita in Italia
con Decreto Ministero Transizione Ecologica del 14 gennaio 2022.
8. Se manca un quadro adeguato conoscitivo dello stato dell’ambiente, per valutare l’impatto ex ante del progetto non si può neppure predisporre un adeguato piano di monitoraggio sulla attuazione del progetto con il rischio che emergano criticità non valutate in precedenza.
Si vedano le Linee guida SNPA per l’Accompagnamento
Ambientale di Grandi Opere Infrastrutturali,approvate con Delibera del
Consiglio SNPA del 20/12/2021.
Tali linee guida a pagina 27 affermano: “La corretta conoscenza dello
scenario di base fornisce la descrizione dello stato e delle tendenze delle
matrici ambientali rispetto ai quali gli effetti significativi possono essere
confrontati e valutati e costituisce la base di confronto (bianco, stato 0) del
Progetto di monitoraggio ambientale per misurare i cambiamenti una volta
iniziate le attività per la realizzazione del progetto”.
9. Le alternative vengono
presentate solo per giustificare il progetto che Autostrade SpA aveva in testa fin
dall’inizio.
Che la Commissione VIA abbia avvallato una visione
riduttiva, tutta dentro la logica economicista e sviluppista, del confronto
delle alternative lo si ricava da questo passaggio del Parere allegato al
Decreto VIA a pagina 23: “Se, da una parte, la realizzazione dell’opera può
potenzialmente incrementare nel futuro il valore assoluto del traffico in area
vasta, questa sarà comunque bilanciata dagli standard costruttivi sempre più
convenienti in termini di emissioni di inquinanti (veicoli idridi/elettrici). Per
quanto riguarda la quota attuale del traffico sarà semplicemente ridistribuita
dalla SP 225 alla nuova viabilità. Il Proponente riporta che la mancata
realizzazione dell’opera da un lato annullerebbe le emissioni derivate dalla
distribuzione del traffico, ma dall’altro non consentirebbe da un punto di
vista economico: il miglioramento del collegamento con la costa ligure della
popolazione pendolare gravitante nella Val Fontanabuona, evitando anche nei
momenti di maggior congestione stradale lungo la costa un’alternativa per la
mobilità verso Genova; lo sviluppo delle attività economiche e dei
settori produttivi in tale area.”
Anche per questo ultimo passaggio occorreva la VAS per
capire l’impatto strategico integrato ambiente economia e sociale nonché anche
nel tempo.
10. Violazione contenuti piano utilizzo terre di scavo.
Relativamente ai siti di destinazione temporanea del materiale di scavo per la realizzazione del progetto: le analisi delle terre hanno mostrato che il 100% di quelli analizzati sono conformi alla colonna B della Tabella 1, Allegato 5, Parte IV, Titolo V del DLgs 152/06, mentre solo il 62% è conforme alla colonna A della Tabella 1, Allegato 5, Parte IV, Titolo V del DLgs 152/06. Le terre rientranti nella colonna B sopra richiamata non possono essere momentaneamente stoccate in siti a destinazione che non sia industriale, artigianale e/o commerciale. Tale aspetto non risulta sviluppato dal proponente e potrebbe impattare significativamente con il progetto. Non solo ma si pone in contrasto con quanto previsto dalla lettera a) comma 1 articolo 5 del DPR 120/2017 che recita: “1. Il deposito intermedio delle terre e rocce da scavo può essere effettuato nel sito di produzione, nel sito di destinazione o in altro sito a condizione che siano rispettati i seguenti requisiti: a) il sito rientra nella medesima classe di destinazione d'uso urbanistica del sito di produzione, nel caso di sito di produzione i cui valori di soglia di contaminazione rientrano nei valori di cui alla colonna B, Tabella 1, Allegato 5, al Titolo V, della Parte IV, del Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, oppure in tutte le classi di destinazioni urbanistiche, nel caso in cui il sito di produzione rientri nei valori di cui alla colonna A, Tabella 1, Allegato 5, al Titolo V, della Parte IV, del medesimo decreto legislativo;…”
Anche questa
criticità dimostra un contrasto del progetto ma soprattutto del Decreto di VIA del
MASE di concerto con il MIC e relativo Parere Commissione VIA con l’articolo 9
e l’allegato 5 al DPR 120/2017 che definiscono il contenuto del Piano di
Utilizzo che deve avere come indicati preventivamente tutti i siti di
destinazione delle terre e rocce di scavo. Infatti, recita il secondo periodo
del comma 1 articolo 9 DPR 120/2017: ”Nel caso in cui l'opera sia oggetto di
una procedura di valutazione di impatto ambientale o di autorizzazione
integrata ambientale ai sensi della normativa vigente, la trasmissione del
piano di utilizzo avviene prima della conclusione del procedimento”.
Quindi il
piano di utilizzo deve essere completato in tutti i suoi elementi previsti
dall’allegato 5 al DPR 120/2017 in modo da sottoporlo alla preventiva
valutazione di impatto ambientale, cosa che non è stata fatta nel caso del
procedimento di VIA del Tunnel.
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