Il Consiglio di Stato con
sentenza (QUI) n° 8146
del 11 ottobre 2024 ha considerato legittima l’atto con il quale la autorità
competente (nel caso la Città Metropolitana di Milano) ha dichiarato
improcedibile la istanza di valutazione di impatto ambientale di una impresa
relativa al progetto di ampliamento della discarica per rifiuti speciali, sita
in Comune di Inzago, per contrasto con il cd. “fattore di pressione comunale”
previsto quale indicatore dal Piano Regionale di gestione dei rifiuti.
In sostanza secondo questo
fattore non possono essere autorizzati impianti di rifiuti in un’area dove il
volume di rifiuti trattati sono eccessivi in rapporto alla estensione dell’area
stessa oppure l’estensione del territorio comunale interessato dal progetto
oggetto della istanza.
Vediamo meglio come motiva la sua sentenza il Consiglio di Stato.
IL
FATTORE DI PRESSIONE AREALE E COMUNALE NEL PIANO REGIONALE RIFIUTI LOMBARDO
Il Programma Regionale di
Gestione dei Rifiuti (P.R.G.R.) ha introdotto un nuovo criterio escludente per
individuare aree non idonee all’insediamento di impianti di discarica, il cd.
“fattore di pressione”, declinato in due varianti, “fattore di pressione
areale” e “fattore di pressione comunale”. In base a detto criterio non possono
essere realizzati nuovi impianti quando si supera un determinato rapporto tra
volumetria esistente e autorizzata degli impianti e area circostante (fattore
areale) o tra volumetria esistente e autorizzata e superficie territoriale
(fattore comunale).
Il progetto di ampliamento di cui si discute era compatibile con il primo indicatore, ma non con il secondo, oggetto delle doglianze formulate dalla parte appellante.
A prescindere da questo aspetto che riguarda la specificità del caso esaminato dalla sentenza risulta rilevante la parte della sentenza che riguarda la legittimità del parametro areale suddetto in rapporto al DLgs 152/2006
LA
LEGITTIMITÀ IN SÉ DEL PARAMETRO FATTORE DI PRESSIONE AREALE
Secondo il Consiglio di
Stato, nella sentenza qui esaminata, è chiara la legittimità del criterio in
discussione, fondato sull’estensione (e sulla densità) delle circoscrizioni
amministrative comunali esistenti in prossimità degli impianti.
Criterio che, aggiunge la
sentenza, detto per incidens, non è affatto irragionevole in
sé, perché si fonda su di un dato, appunto quello dell’estensione del
territorio comunale, che rappresenta un elemento di base per la stessa
pianificazione territoriale e urbanistica, a sua volta, strettamente connessa,
per evidenti motivi, a quella avente ad oggetto la collocazione degli impianti
di trattamento dei rifiuti.
LA
LEGITTIMITÀ DEL PARAMETRO AREALE RISPETTO AL DLGS 152/2006
Secondo la sentenza il
parametro, al contrario della tesi della società appellante, rientra pienamente
nelle competenze che gli articoli 195, 196 e 197 del DLgs 152/2006 assegnano
alla Regioni o direttamente o per esclusione dalle competenze statali e della
Provincia (e/o Città Metropolitana).
L’art. 195 (competenze
dello Stato QUI), comma
1, lett. p), del d. lgs. 152 del 2006 prevede la competenza dello Stato
nell’indicazione dei criteri generali con riferimento alle caratteristiche
delle aree non idonee alla localizzazione, ma non prevede nulla in termini
contenutistici. Dunque non limita la discrezionalità, né con riferimento alla
tipologia delle caratteristiche né con riferimento alla composizione dei
parametri. Il che significa che la legge ha inteso riservare ampio spazio al
decisore amministrativo nell’individuazione degli indicatori delle aree non
idonee o già sature.
L’art. 196 (competenze
delle Regioni QUI), comma
1, lett. n) DLg 152/2006 prevede, per quanto concerne i poteri
delle regioni, che questi enti possano individuare gli indicatori, nel rispetto
dei criteri generali. E poiché, come appena visto, questi ultimi sono indicati
in modo molto generico dalla normativa, è evidente che residua ampio spazio
alla discrezionalità regionale in materia per individuare le aree non idonee
all’installazione delle discariche.
L’articolo 197 (competenze
delle Province QUI) alla
lettera d) comma 1 afferma che “d) l'individuazione, sulla base delle
previsioni del piano territoriale di coordinamento, nonché sentiti l'Autorità
d'ambito ed i comuni, delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di
smaltimento dei rifiuti, nonché delle zone non idonee alla localizzazione di
impianti di recupero e di smaltimento dei rifiuti.”
Secondo la società
appellante le sole province potrebbero decidere quali siano le zone non idonee
per l’insediamento di discariche, mentre invece, dettando un criterio generale,
la Giunta Regionale avrebbe indebitamente invaso le prerogative del suddetto
ente locale, oggi in parte delegate alla città metropolitana, come nel caso di
specie.
Secondo il Consiglio di
Stato le Province individuano le <zone dove collocare i siti degli impianti mentre
a norma del precedente art. 196, comma 1, lett. n), del citato decreto
legislativo, spetta alle regioni l’individuazione dei criteri di distribuzione
sul territorio degli impianti e quindi i criteri attraverso cui selezionare, da
parte delle Province i siti idonei alla localizzazione degli impianti.
RAPPORTO
TRA I CRITERI DI PIANIFICAZIONE REGIONALI NELLE LOCALIZZAZIONE DEGLI IMPIANTI
DI RIFIUTI E LE PROCEDURE DI VIA
Secondo la società
appellante, in sintesi, la procedura di VIA se positiva si può sovrapporre al
criterio del parametro areale del piano regionale.
Secondo la sentenza del
Consiglio di Stato le due procedure (verifica rispetto criteri pianificazione
regionale e procedure di VIA) non sono sovrapponibili. Precisa in questo senso la sentenza: il fatto
che, per un progetto sia prevista la sua sottoposizione a VIA non esclude né
“assorbe” la diversa valutazione, avente ad oggetto la verifica del rispetto
del parametro rappresentato dal “fattore di pressione comunale”, che è criterio
autonomo e diverso dall’impatto ambientale, che mira ad evitare la concentrazione
degli impianti di trattamento di rifiuti su determinati territori, già saturi.
Mentre con la VIA, che valuta il complessivo impatto ambientale
dell’intervento, si esprime un giudizio contenutisticamente e funzionalmente
diverso. In definitiva il criterio in esame non rappresenta un criterio inutile
né superfluo, perché copre spazi valutativi differenti da quelli che sono
oggetto della valutazione di impatto ambientale.
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