SEZIONI DI APPROFONDIMENTO E DOCUMENTAZIONE

mercoledì 16 ottobre 2024

Eccesso rifiuti gestiti in un’area: condizioni per dire no all’ampliamento o un nuovo impianto

Il Consiglio di Stato con sentenza (QUI) n° 8146 del 11 ottobre 2024 ha considerato legittima l’atto con il quale la autorità competente (nel caso la Città Metropolitana di Milano) ha dichiarato improcedibile la istanza di valutazione di impatto ambientale di una impresa relativa al progetto di ampliamento della discarica per rifiuti speciali, sita in Comune di Inzago, per contrasto con il cd. “fattore di pressione comunale” previsto quale indicatore dal Piano Regionale di gestione dei rifiuti.

In sostanza secondo questo fattore non possono essere autorizzati impianti di rifiuti in un’area dove il volume di rifiuti trattati sono eccessivi in rapporto alla estensione dell’area stessa oppure l’estensione del territorio comunale interessato dal progetto oggetto della istanza.


Vediamo meglio come motiva la sua sentenza il Consiglio di Stato.

 

IL FATTORE DI PRESSIONE AREALE E COMUNALE NEL PIANO REGIONALE RIFIUTI LOMBARDO

Il Programma Regionale di Gestione dei Rifiuti (P.R.G.R.) ha introdotto un nuovo criterio escludente per individuare aree non idonee all’insediamento di impianti di discarica, il cd. “fattore di pressione”, declinato in due varianti, “fattore di pressione areale” e “fattore di pressione comunale”. In base a detto criterio non possono essere realizzati nuovi impianti quando si supera un determinato rapporto tra volumetria esistente e autorizzata degli impianti e area circostante (fattore areale) o tra volumetria esistente e autorizzata e superficie territoriale (fattore comunale).

Il progetto di ampliamento di cui si discute era compatibile con il primo indicatore, ma non con il secondo, oggetto delle doglianze formulate dalla parte appellante.

A prescindere da questo aspetto che riguarda la specificità del caso esaminato dalla sentenza risulta rilevante la parte della sentenza che riguarda la legittimità del parametro areale suddetto in rapporto al DLgs 152/2006

 



LA LEGITTIMITÀ IN SÉ DEL PARAMETRO FATTORE DI PRESSIONE AREALE

Secondo il Consiglio di Stato, nella sentenza qui esaminata, è chiara la legittimità del criterio in discussione, fondato sull’estensione (e sulla densità) delle circoscrizioni amministrative comunali esistenti in prossimità degli impianti.

Criterio che, aggiunge la sentenza, detto per incidens, non è affatto irragionevole in sé, perché si fonda su di un dato, appunto quello dell’estensione del territorio comunale, che rappresenta un elemento di base per la stessa pianificazione territoriale e urbanistica, a sua volta, strettamente connessa, per evidenti motivi, a quella avente ad oggetto la collocazione degli impianti di trattamento dei rifiuti.

 

 


LA LEGITTIMITÀ DEL PARAMETRO AREALE RISPETTO AL DLGS 152/2006

Secondo la sentenza il parametro, al contrario della tesi della società appellante, rientra pienamente nelle competenze che gli articoli 195, 196 e 197 del DLgs 152/2006 assegnano alla Regioni o direttamente o per esclusione dalle competenze statali e della Provincia (e/o Città Metropolitana).

 

L’art. 195 (competenze dello Stato QUI), comma 1, lett. p), del d. lgs. 152 del 2006 prevede la competenza dello Stato nell’indicazione dei criteri generali con riferimento alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione, ma non prevede nulla in termini contenutistici. Dunque non limita la discrezionalità, né con riferimento alla tipologia delle caratteristiche né con riferimento alla composizione dei parametri. Il che significa che la legge ha inteso riservare ampio spazio al decisore amministrativo nell’individuazione degli indicatori delle aree non idonee o già sature.

 

L’art. 196 (competenze delle Regioni QUI), comma 1, lett. n) DLg 152/2006 prevede, per quanto concerne i poteri delle regioni, che questi enti possano individuare gli indicatori, nel rispetto dei criteri generali. E poiché, come appena visto, questi ultimi sono indicati in modo molto generico dalla normativa, è evidente che residua ampio spazio alla discrezionalità regionale in materia per individuare le aree non idonee all’installazione delle discariche.

 

L’articolo 197 (competenze delle Province QUI) alla lettera d) comma 1 afferma che “d) l'individuazione, sulla base delle previsioni del piano territoriale di coordinamento, nonché sentiti l'Autorità d'ambito ed i comuni, delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti, nonché delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di recupero e di smaltimento dei rifiuti.”

Secondo la società appellante le sole province potrebbero decidere quali siano le zone non idonee per l’insediamento di discariche, mentre invece, dettando un criterio generale, la Giunta Regionale avrebbe indebitamente invaso le prerogative del suddetto ente locale, oggi in parte delegate alla città metropolitana, come nel caso di specie.

Secondo il Consiglio di Stato le Province individuano le <zone dove collocare i siti degli impianti mentre a norma del precedente art. 196, comma 1, lett. n), del citato decreto legislativo, spetta alle regioni l’individuazione dei criteri di distribuzione sul territorio degli impianti e quindi i criteri attraverso cui selezionare, da parte delle Province i siti idonei alla localizzazione degli impianti.

 



RAPPORTO TRA I CRITERI DI PIANIFICAZIONE REGIONALI NELLE LOCALIZZAZIONE DEGLI IMPIANTI DI RIFIUTI E LE PROCEDURE DI VIA

Secondo la società appellante, in sintesi, la procedura di VIA se positiva si può sovrapporre al criterio del parametro areale del piano regionale.

Secondo la sentenza del Consiglio di Stato le due procedure (verifica rispetto criteri pianificazione regionale e procedure di VIA) non sono sovrapponibili.  Precisa in questo senso la sentenza: il fatto che, per un progetto sia prevista la sua sottoposizione a VIA non esclude né “assorbe” la diversa valutazione, avente ad oggetto la verifica del rispetto del parametro rappresentato dal “fattore di pressione comunale”, che è criterio autonomo e diverso dall’impatto ambientale, che mira ad evitare la concentrazione degli impianti di trattamento di rifiuti su determinati territori, già saturi. Mentre con la VIA, che valuta il complessivo impatto ambientale dell’intervento, si esprime un giudizio contenutisticamente e funzionalmente diverso. In definitiva il criterio in esame non rappresenta un criterio inutile né superfluo, perché copre spazi valutativi differenti da quelli che sono oggetto della valutazione di impatto ambientale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Nessun commento:

Posta un commento