Il Governo Meloni sta per licenziare un Decreto-legge dal
titolo kilometrico che inizia con un incipit apparentemente rassicurante “Disposizioni
urgenti per la tutela ambientale del Paese” per poi rivelare, ad una lettura nell’articolato, delle perle che con la tutela ambientale c’entrano come i “cavoli a merenda”.
In particolare, l’articolo 6 di questo Decreto-Legge ha
una rubrica dal titolo “Misure urgenti per la promozione di politiche di
sostenibilità ambientale ed economia circolare nell’ambito della realizzazione
degli interventi infrastrutturali”. Se andiamo nel merito del testo di questo
articolo troveremo l’ennesimo esempio di come il nostro legislatore utilizzi le
paroline magiche circolare e sostenibilità per nascondere obiettivi esattamente
opposti a quelli dichiarati.
Ma veniamo al contenuto di questo articolo 6. La norma
modifica la legge 130/2018 (QUI) ed in particolare l’articolo 9-bis (Semplificazione
delle procedure di intervento dell'Autorità di sistema portuale del Mar Ligure
occidentale). L’articolo 9-bis definisce, nella sua versione attuale (QUI),
i compiti del Commissario Straordinario per l’adozione del programma
straordinario di investimenti urgenti per la ripresa e lo sviluppo del porto e
delle relative infrastrutture di accessibilità.
Tra i compiti rientranti in detto programma c’è anche
quello della realizzazione della diga per il porto di Genova finalizzata a
potenziare l’accesso allo scalo ligure di navi portacontainer di maggiori
dimensioni.
P.S. la proposta del Decreto Legge suddetto è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale. Alla fine di questo post troverete un commento al testo definitivo della norma (QUI) che tratta dello sversamento nei vasconi per realizzare della diga di Genova.
L’0RIGINE DELLA
NUOVA NORMA DEROGATORIA: UN POCO DI STORIA RECENTE
Per capire da dove nasce questo articolo 6 del nuovo Decreto Legge che modifica il sopra
citato articolo 9-bis della legge 130/2018 occorre considerare che, come
riportavo in questo mio post QUI
dello scorso 1 agosto, la Procura
del Tribunale di Genova ha aperto una inchiesta sullo sversamento nel
canale tra la diga foranea e l’aereoporto di Genova di materiale dai dragaggi
per un totale di 700.000 m3. L’accusa risulta quindi quella di avere smaltito
(sversato nel caso) illegalmente rifiuti potenzialmente classificati come
pericolosi.
Come riportavo in quel post del 1° agosto subito dopo la notizia della azione della magistratura penale sono cominciate le solite dichiarazioni di preoccupazione per la continuazione dei lavori nel porto compresa la diga, considerato che alla luce anche della inchiesta nessuno, degli enti tecnici competenti, si è assunta la responsabilità di autorizzare lo sversamento dei fanghi ulteriori di dragaggio (oltre ad altri materiali di origine terrestre) neppure nei cassoni da collocare in mare per la costruzione della diga.
Nei giorni successivi alla notizia della inchiesta molti addetti ai lavori
invece di preoccuparsi degli aspetti ambientali, hanno subito
cercato scorciatoie per accelerare lo sversamento di detti fanghi e materiali
potenzialmente classificabili rifiuti pericolosi. Si è arrivati a rispolverare la
procedura del c.d. Piano nazionale dragaggi sostenibili, peraltro mai approvato. Così è iniziata la litania su o accelerare la approvazione di detto
Piano o far approvare qualche norme in deroga e acceleratoria per risolvere il
problema che tradotto voleva dire aggirare i vincoli della normativa
ambientale, litania.
In realtà la voglia di produrre norme
ultrasemplificatorie sui dragaggi in deroga a quelle ambientali è questione relativamente vecchia. Visto che già nel Piano del Mare (QUI)
si prevedeva la riforma in chiave semplificatoria della normativa sui dragaggi.
Sulla base di quel Piano il Ministro delle Politiche del Mare ha delegato la
stesura di detta nuova normativa al Cipom composto soprattutto da
rappresentanti della lobby portuale (QUI).
Peraltro già l’articolo 4 della legge 156/2021 (QUI) aveva modificato l’articolo 184-quater del DLgs 152/2006 introducendo un nuovo comma 5-bis con un indirizzo chiaro per il "riutilizzo" in ambienti marino costieri vale a dire sversare in mare il materiale escavato. Ma il comma 5-bis costituisce una mera enunciazione di principio visto che rinvia ad un nuovo decreto che doveva disciplinare nei particolari come realizzare questo "riutilizzo" vedi alla voce “sversamento in mare”!
Decreto mai approvato. Così si è cercato di colmare questo ritardo con la proposta del Governo attuale di nuovo regolamento sulle terre e rocce di scavo (per una analisi ed il testo della proposta di regolamento vedi QUI). La proposta di regolamento tratta anche dei materiali di dragaggio e della possibilità di un loro riutilizzo ma solo a terra mentre per gli sversamenti in mare prevede la piena applicazione dei due Decreti ministeriali del 2016. Di fronte a questa proposta di regolamento si dichiarano insoddisfatti (QUI) gli operatori portuali che speravano invece di poter applicare il nuovo regolamento (che permette di classificare le terre e rocce di scavo come sottoprodotti e non più rifiuti) anche per lo sversamento in mare dei fanghi di dragaggio. Dopo questa insoddisfazione il regolamento si arena almeno per ora.
Arriviamo all’oggi e a questo articolo 6 del nuovo Decreto-legge in corso di pubblicazione licenziato dal Consiglio dei Ministri...
IL CONTENUTO DELL’ARTICOLO
6 CHE INTRODUCE LA PROCEDURA SPECIALE PER LO SVERSAMENTO DEI FANGHI DI
DRAGAGGIO E ALTRI MATERIALI PER REALIZZARE LA DIGA DEL PORTO DI GENOVA
Per aiutare chi legge a seguire la mia analisi su questo
articolo 6 riproduco qui il testo completo.
Prima di tutto questo nuovo articolo 6 non definisce nuovi criteri di riutilizzo dei fanghi di dragaggi anche al fine dello sversamento in mare come invece ci si poteva aspettare.
La ragione è che non è questa la
finalità di questa norma (semmai questo arriverà con il regolamento sulle terre
e rocce di scavo se e quando arriverà)
Il nuovo articolo 6 ha una duplice finalità:
1. citare le norme vigenti in materia di dragaggi ed in
particolare il Decreto Ministeriale 173/2016 e la versione vigente del già
citato articolo 184-quater del DLgs 152/2006 ma solo nelle parti più generiche;
2. ottenere che il piano per la gestione integrata e
circolare dei rifiuti e materiali che ne garantisca il migliore utilizzo adottato
dal Commissario straordinario, si possa realizzare anche senza i pareri di enti
tecnici e uffici vari se negativi, vista la “urgenza” della realizzazione della
diga.
Ma il vero obiettivo è quello di creare un precedente normativo per poi arrivare ad una nuova normativa più permissiva per gli operatori portuali del Decreto n° 173 del 2016 come dimostra questa nota, QUI, del Commissario presso la Commissione Pnrr-Pniec del ministero dell’Ambiente. Indiscutibile quindi che la filosofia "decisionista" dell'articolo 6 qui esaminato si vuole estenderla a tutti i dragaggi dei porti italiani compresi quelli in siti di bonifica come il caso di Spezia.
Le rimozioni dell’articolo
6 del nuovo decreto legge
Intanto è curioso, forse la "fretta" che ha portato a
questo testo, che dell’articolo 184-quater del DLgs 152/2006 si citino solo i
primi due commi ma non gli altri. Soprattutto non si cita il comma 5-bis che, pur rinviando come abbiamo
visto ad un nuovo decreto specifico, però prevede in modo più restrittivo principi
sulla possibilità riutilizzo, dei materiali derivanti dall'escavo di fondali di
aree portuali e marino-costiere, in ambienti terrestri e marino-costieri anche
per singola frazione granulometrica ottenuta a seguito di separazione con
metodi fisici. Peccato che però la possibilità di sversamento richiederebbe un nuovo
decreto altrimenti si applica il Decreto 173/2016 (per una analisi approfondita
di questo Decreto 173 vedi QUI).
Chi ha scritto il nuovo articolo 6 sa bene quanto sopra per
cui prevede alla lettera a) del comma 1 che nei vasconi per la diga di Genova
possono finire solo materiali di dragaggio marino o litoraneo ai sensi del
Decreto 173/2016. Peccato che questo Decreto al suo allegato indica la
necessità di seguire specifici protocolli metodologici riguardo la
determinazione dei parametri eco-tossicologici: “Le metodologie analitiche
da utilizzare per la determinazione dei parametri fisici, chimici,
microbiologici ed ecotossicologici devono essere conformi a protocolli
nazionali e/o internazionali standardizzati o riportati su Manuali e Linee
Guida del Sistema Nazionale delle Agenzie.”
Quindi è centrale nella attuale vigente normativa in
materia l’ìstruttoria degli enti ed uffici tecnici per dare il via libera agli
sversamenti.
Non solo chi ha scritto l’articolo 6 ha rimosso la risposta del 2023 del Ministero Ambiente) ad un interpello sulle questioni della gestione del materiale di dragaggio. In sintesi, secondo il Ministero, le operazioni di recupero dei materiali di dragaggio devono sempre avvenire nel rispetto di quanto prescritto dall’art. 184-quater D.lgs. 152/2006 anche qualora siano effettuate direttamente in sito/ciclo produttivo in quanto fino a completamento della procedura di detto articolo i materiali di dragaggio restano rifiuti e devono essere accompagnati nel loro trasporto dal FIR (formulazione identificazione rifiuti ex art. 193 DLgs 152/2006). La dichiarazione di conformità, pertanto, dovrà essere redatta all’esito delle operazioni di recupero, ma prima della verifica delle autorità competenti, ossia prima dell’ultimo adempimento utile per poter qualificare, ai sensi dell’art. 184-quater, D.lgs. 152/2006, come non rifiuti i materiali in parola.
Le lettere b), c) e d) del comma 1
del nuovo articolo 6 permettono di sversare nei vasconi della futura diga del
porto ligure una serie di materiali di vario genere di origine terrestre. Anche
qui si citano norme esistenti in modo generico compreso l’articolo 184-quater
del DLgs 152/2006 dimenticando che questo articolo cita materiali di dragaggio
non altri materiali di origine terrestre e che anche il futuro decreto previsto
dal comma 5-bis di detto articolo 184-quater fa riferimento al possibile sversamento
solo di “materiali derivanti dall'escavo di fondali di aree portuali e
marino-costiere”.
Non solo ma il Decreto 173/2016 prevede che non si
applichi “alle movimentazioni di sedimenti in loco funzionali all'immersione
dei materiali di cui all'articolo 109, comma 1, lettera b, del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152.” Dove la lettera b) dell’articolo 109 fa
riferimento “b) inerti, materiali geologici inorganici e manufatti al solo fine
di utilizzo, ove ne sia dimostrata la compatibilità e l'innocuità ambientale;”.
Le competenze alle autorizzazioni
Peraltro, per i materiali di origine terrestre lo sversamento in
mare è soggetto ad una autorizzazione che però non è detto sia solo regionale a
seconda da dove provengono i materiali (se da costruzioni nuove si applica la
VIA se di competenza statale l’autorizzazione diventa ministeriale).
Invece per lo sversamento di materiale da dragaggi la competenza è della Regione (come confermato dal comma 8 articolo 5-bis legge 84/1994 compreso lo sversamento in particolare nelle casse di colmata) salvo avvenga in aree classificate protette cosa che non riguarda il caso della diga di Genova qui esaminato.
N.B. Quello che risulta con chiarezza è che per gli sversamenti in mare di materiali che originano dai dragaggi marini esiste come abbiamo visto una normativa che è il Decreto 173/2016 ma non esiste normativa specifica di sversamento di materiali di origine terrestre se non il generico riferimento della lettera b) comma 1 articolo 109 DLgs 152/2006 ad una dimostrata: “compatibilità e innuocuità ambientale”. Così le regole tecniche di sversamento sono rinviate, dall'articolo 6, al Piano del Commissario straordinario!
L’AUTORIZZAZIONE DELLO SVERSAMENTO AL COMMISSARIO
STRAORDINARIO
E’ il Piano di gestione integrata a definire quantità e qualità dei materiali da sversare (secondo il comma 1-quinques del nuovo articolo 6) peccato che questo venga adottato dal Commissario. Vero che l'adozione avviene previa parere di ASL Arpal ma c’è un comma finale in questo articolo 6 che rischia di rendere il tutto molto rischioso. Infatti, il comma 1-sexies dell'articolo 6 recita: ”L’adozione del Piano sostituisce tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, parere, concerti, nulla osta e assensi comunque denominati, necessari alla realizzazione degli interventi contenuti nel medesimo Piano ivi incluse le autorizzazioni di cui all’articolo 109 comma 2 DLgs 152/2006”.
Intanto viene da rilevare che neppure la normativa
prevista dal Piano dei dragaggi sostenibili prevedeva una norma simile di scavalcamento
di ogni autorizzazione o parere ambientali, infatti detto Piano dei Dragaggi
sostenibili, della legge 108/2021 citata in precedenza, prevede al massimo che la
approvazione del Piano costituisca variante ai piani regolatori di sistema
portuale e non altro.
Non solo ma le autorizzazioni ex articolo 109 DLgs
152/2006 citate da detto comma 1-sexies, bypassate dalla approvazione del Piano del Commissario straordinario, sono proprio quelle allo sversamento in
mare del materiale sia di dragaggio di origine marina che di origine terrestre.
La domanda che si pone nel caso genovese risulta inevitabile: visto che ad oggi le autorità tecniche competenti in materia ambientale non hanno voluto rilasciare pareri favorevoli a scaricare fanghi di dragaggio o altri materiali nei vasconi per la diga anche alla luce della inchiesta della magistratura sugli sversamenti precedenti, nel caso in cui questi parere non arrivassero ma addirittura fossero negativi la norma di cui al sopra citato comma 1-sexies del nuovo articolo 6 potrebbe bypassare tale diniego? Dal testo dell'articolo 6 sembrebbe proprio di si!
Che quanto sopra sia legittimo non lo credo proprio anzi lo
definirei addirittura anticostituzionale visto che la Corte Costituzionale con
sentenza n° 233 del 3 dicembre 2021 ha affermato che “È bene precisare che,
quando si tratta delle procedure di tutela ambientale, il valore della
semplificazione s'invera nella definizione di modelli organizzativi fondati
sull'efficiente collaborazione e sul coordinamento delle competenze, non certo
sulla mera velocizzazione delle tempistiche.” Aggiunge la Corte: “La
protezione dell'ambiente non è, d'altronde, contrapposta alla semplificazione,
ma è anzi perseguita proprio attraverso «una migliore qualità ed efficienza dei
procedimenti”.
CONCLUDENDO
Insomma, l’articolo 6 da un lato fa riferimento alla normativa vigente che almeno per lo sversamento dei fanghi di dragaggio esiste ed è chiara anche nelle competenze come pure delle complesse istruttorie da svolgere per analizzare il materiale prima dello sversamento. Attività che richiede siano svolte dai soggetti istituzionali con competenze specifiche adeguate quindi prima di tutto Arpal Asl, uffici regionali. Occorre poi aggiungere che secondo l’articolo 4 del Decreto 173/2016 occorre anche il parere della commissione consultiva locale per la pesca e l'acquacoltura, ove istituita. Peraltro questo ultimo parere è l'unico che la legge riconosce come superabile da una forma di silenzio assenso, cosa che non sta scritta in nessuna altra norma nazionale o regionale per gli enti tenici come Arpal Asl e uffici regionali competenti.
L’articolo 6 dalla lettera della norma, viste oltretutto le dichiarazioni che lo precedono da parte del Ministero Salvini "sulla diga decido io", permette di bypassare gli eventuali pareri
negativi di tutti questi soggetti istituzionali e cosa ancora più grave non
esiste normativa tecnica chiara per lo sversamento del materiale di origine
terrestre non essendo sufficienti, a mio avviso, quella delle norme sui rifiuti per classificare l’end
of waste degli stessi trasformandoli in sottoprodotti perché riguardano
recuperi a terra in attività impianti specifici.
E' vero che il Decreto 173/2016 permette al comma 5 articolo 4 alla autorità competente di avvalersi di enti o istituti pubblici per la valutazione della documentazione tecnica allegata alla domanda di autorizzazione. Ma l’Autorità competente secondo detto Decreto è la Regione e il Ministero dell’Ambiente che deve decidere chi coinvolgere nella istruttoria tecnica non certo Commissari o subcommissari tanto meno di Autorità di sistema portuale. Non solo ma il riferimento a enti e istituti garantisce sempre la loro natura pubblica da cui necessariamente non sono possibili incarichi a soggetti professionali privati sia pure dotati di adeguati curricula, propio al fine di garantire la terzietà della loro attività istruttoria. Quindi è chiara la ratio gli enti e istituti pubblici non possono che essere Arpal Asl.
P.S.
Il subocommissario della diga di Genova sul Secolo XIX del 13 ottobre scorso dichiara che: "Il piano prevederà l’utilizzo di materiali recuperabili in
accordo alle normative in tema di gestione dei materiali. Quindi niente fanghi
tossici nei cassoni".
Dopo questa dichiarazione sorge una domanda allora se si
rispettano le norme ambientali previgenti, seguendo le parole del subocommissairo,
al decreto legge che sta per pubblicare il governo a cosa serva la norma
introdotta dal Ministro Salvini?
In realtà non è questo che dice la nuova norma proposta
dal Ministro Salvini come abbiamo visto sopra.
Infatti la nuova norma non richiama chiaramente, almeno
nella lettera del testo, tutte le norme ambientali che richiedono procedure di
verifica rigorose prima di potere recuperare i fanghi di dragaggio nei cassoni
da depositare in mare, oltre a rimuovere la problematica delle lacune normative sullo sversamento di materiale di origine terrestre. Soprattutto la
nuova norma rimuove con l'autorizzazione del Commissario straordinario gli
eventuali pareri contrari proprio degli enti che devono effetturare dette
procedure di verifica rigorose.
Morale non c'è bisogno di questa nuova norma speciale si applichino le norme vigenti e le relative procedure e vediamo di non prendere in giro la nostra intelligenza!
Di semplificazioni ne sono state fatte anche troppe su dragaggi a cominciare dalla rischiosissima introduzione del dragaggio/bonifica e compresa quella assurda che vede due decreti diversi (il 173/2016 esaminato sopra e il 172/2016) a seconda che il dragaggio avvenga in siti di bonifica nazionali o regionali, come se in termini scientifici ambientali le due problematiche siano diverse, sic!
PUBBLICATO IL TESTO DEFINITIVO DELLA NORMA SULLO SVERSAMENTO PER LA DIGA DI GENOVA
Con un volo quasi "ossimorico" la norma pubblicata ora diventa l'articolo 5 mentre nella proposta era articolo 6) da un lato prevede che per sversare detti materiali sia necessario il parere vincolenta di Arpal e ASl (cosa che nel post dimosto comunque obbligatoria ma nel testo iniziale del Governo non c'era). Dall'altro lato in un comma successivo della norma (l'articolo 5 del Decreto Legge 153/2024) si conferma che l'adozione del programma di sversamento bypassi ogni parere autorizzazione anche ambientale sic!
Questa contraddizone può risultare rilevante nel caso in cui il Parere di Arpal e ASL sia negativo ma soprattutto non arrivi. Potrebbe accadere che la norma del secondo comma funzioni da silenzio assenso come peraltro avviene già per il parere della consulta della pesca per gli sversamenti in mare dei soli fanghi di dragaggio. A mio avviso l'ideale per evitare interpretazioni pericolose tra la contraddizione letterale dei commi 1-quater e 1sexies, sarebbe stato un emendamento tipo "nel rispetto comunque dei pareri vincolanti di arpal asl ". Sarebbe coerente con quello che afferma il secondo periodo del comma 1-sexies che fa salvo comunque l'obbligo di VIA se necessario. Ma chissà perché per arpal asl questo passaggio non c'è!
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